DEJAVU
La dottoressa Temperance Brennan
raccolse i suoi strumenti e si avviò verso la tenda che, lì in Egitto, era la
sua casa.
Stava lavorando allo scavo dell’ennesima tomba di chissà quale faraone del
quale nessuno ricordava il nome.
Non che il progetto la entusiasmasse più di tanto.
Le mummie avevano tutte la stessa storia da
raccontare; non c’erano grandi novità o idee da sperimentare, niente
sensazionali scoperte che avrebbero salvato la vita a questa o quella persona.
C’erano solo quelle stupide ossa, vecchie di tremila anni.
Solo ossa…
Fino a pochi anni prima non avrebbe mai pensato una cosa del genere. Fino a
pochi anni prima quelle ossa erano la sua vita.
Ma poi era arrivato il periodo al Jeffersonian e, piano
piano, senza che lei lo volesse, tutto era cambiato.
Temperance aveva sempre pensato che fosse pericoloso
affezionarsi alle altre persone perché c’era sempre un’alta percentuale di
rischio di rimanere delusi. Le ossa erano più affidabili. Le ossa non potevano
cambiare, né partire per chissà dove ma, soprattutto, le ossa non potevano
morire.
Malgrado tutto questo, al Jeffersonian aveva
trascorso il periodo più bello della sua vita e lì aveva trovato delle persone
che l’avevano accettata per ciò che era, con le sue stranezze e il suo
carattere freddo e fin troppo razionale. Aveva, insomma, trovato dei veri
amici, Angela in primo luogo.
Angela che, solare e vitale, rappresentava la sua esatta antitesi e che, anche
ora che lei mancava da Washington da quasi quattro anni, le telefonava ogni
settimana, anche solo per sapere come stava.
E poi, naturalmente, c’era lui, Seeley Booth. Agente speciale Seeley Booth, come lui si presentava sempre.
E per lei speciale lo era stato davvero.
Una piccola foto scivolò fuori dalla tasca dei suoi
pantaloni, andando a posarsi sulla sabbia rossiccia. La donna si chinò per
raccoglierla e il guardare quell’immagine le riportò
alla mente ogni cosa di quei due mesi che erano stati il suo paradiso e il suo
inferno personali.
Aveva lavorato per più di tre anni con l’uomo ritratto insieme a lei in quella fotografia. Un sorriso triste apparve sul
suo volto, vedendo quel gigante buono che l’abbracciava… un abbraccio eterno,
unico e immutabile, stampato per sempre su quel pezzetto di carta.
Lui l’aveva amata da subito ma non le aveva mai fatto
pressioni. Aveva semplicemente aspettato che lei superasse quelle sue stupide
insicurezze, che alzasse il naso dalle sue ossa per rendersi conto che nella
vita c’era molto di più del lavoro.
Quando finalmente lo aveva fatto, però, e aveva scoperto che c’era una nuova
vita, là fuori, una vita con lui, era stato troppo tardi.
Un bacio. Tutto era iniziato con un semplice bacio, dato quasi per gioco, dopo
il lavoro. A questo ne era seguito un altro e poi un altro ancora, finché tutto
aveva smesso di essere un gioco e si era trasformato in qualcosa di più.
Poi c’era stato il viaggio, quel meraviglioso viaggio insieme, durante il quale
era stata scattata quella foto.
Lui aveva quasi dovuto strapparla a forza dal laboratorio e portarla di peso
sull’aereo, ma alla fine era stata lei quella più entusiasta dell’idea di
partire, di staccare dal mondo per godersi un piccolo momento di eternità tutto
per loro.
Il ritorno da quella vacanza era stato l’inizio della fine. A Booth era stato affidato un caso difficile e pericoloso,
che gli aveva procurato molti nemici nelle alte sfere della mafia locale ma lui non se ne preoccupava più di tanto, diceva che
era al sicuro… ed era quasi riuscito a convincerla che non c’era nulla di cui
aver paura.
Che idiota era stata a credergli.
Quella sera erano usciti a cena perché Bones, come la
chiamava affettuosamente lui, aveva un’importante notizia da dargli.
Dopo il dessert gli aveva piantato sotto il naso quattro ecografie e aveva
aspettato la sua reazione.
Aveva quasi le lacrime agli occhi, l’agente speciale Seeley
Booth, guardando le primissime foto di sua figlia.
Lacrime, già.
Lui era capace di piangere, lo era sempre stato. Lei, invece, sembrava non
riuscire più a farlo.
Erano usciti dal ristorante abbracciati, innamorati e
felici come una coppia di sposi.
Luce.
Bianco.
Rosso.
Un tuono.
No.
Uno sparo.
Confusione.
Niente e tutto e poi lui, lì, disteso davanti a lei in un lago di sangue con
una pallottola in petto.
Un debito era stato saldato dalla famiglia di chissà quale mafioso che di certo
non sapeva di non aver distrutto solo una vita, ma
tre.
Temperance non aveva pianto al suo funerale. Avrebbe
voluto, ma non ci era riuscita.
La donna si strinse al cuore la fotografia consumata dal tempo e dal troppo
viaggiare.
Dopo la morte di Booth le erano rimasti tutti vicini,
le era stato assegnato un nuovo agente, ma lei non era più la stessa. Aveva
lasciato il Jeffersonian
dopo pochi mesi per dedicarsi ad un lavoro diverso. Non era quello che voleva,
ma sapeva fin troppo bene che non sarebbe più riuscita a collaborare con l’FBI.
Non era normale, per la fredda dottoressa, farsi cambiare così la vita da un
uomo. Per lei il lavoro era sempre venuto prima di tutto… Ma
le ossa mai avrebbero potuto darle tutto il calore, l’amore e la gioia che le
avevano dato quei pochi giorni passati con lui.
Una lacrima, la prima da anni, scivolò giù per la sua guancia, facendola quasi
rabbrividire per la sorpresa.
Molti, forse, avevano già dimenticato quell’uomo alto
e moro dal sorriso facile che era stato Seeley Booth, ma lei non lo avrebbe fatto mai.
Asciugando quell’unica lacrima ribelle che era
fuggita dai suoi occhi, Temperance posò un bacio
sulla foto, la ripose nella tasca e riprese a camminare.
Una bambinetta mora di quattro anni si affacciò
all’entrata della tenda.
“Mamma!” Gridò, saltando al collo dell’antropologa.
“Ciao, tesoro.”
“Mamma, ha chiamato zia Angela… Quando andiamo a trovare lei e papà?”
“Presto, amore, presto.”
E, dicendolo, Temperance Brennan
lo promise anche a se stessa.
-Fine-
DISCLAIMER: I personaggi
citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho
solo preso liberamente spunto dalla serie "Bones"
di proprietà della FOX.
NOTE: Questo è il mio primo lavoro
su Bones ed è una specie di ritratto psicologico di Temperance. é angsty alla
massima potenza, ma credo non sia malaccio... giudicate
voi!