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Autore: moonlight8    09/08/2012    1 recensioni
«...Alcuni aspetti di Loki sono sempre stati un mistero. Ma conosco qualcuno che potrebbe aiutarvi, conosce mio fratello meglio di chiunque altro».
...
«...Penso che nelle vostre credenze lei possa essere identificata come madre natura»
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nota Autrice: Buongiorno, eccomi tornata! 
Spero che il capitolo precedente vi sia piaciuto, spero che il pezzo di Loki non vi sia dispiaciuto ma ne avevo bisogno per chiarire i suoi sentimenti! :D
Okay voglio avvertirvi che questo capitolo è un po' forte e anche "macabro", ma non spaventatevi! :D
Spero di riuscire a farvi immaginare la scena che avevo nella mia testa più o meno come avrei voluto!
Vi lascio alla lettura ora e vorrei davvero tanto sapere il vostro parere sul capitolo o sulla storia in generale, mi aiuterebbe molto come incentivo per continuare visto che non ho ancora capito come far concludere la vicenda! :D
Buona lettura
Moonlight8


 





Capitolo VI



 

 
Eve teneva gli occhi socchiusi, non voleva che terribili immagini le si ripresentassero alla memoria, ma la luce la accecava aveva così trovato quel compromesso.
L’ira bollente di poco prima si era dissolta, ora la sua mente sembrava una scatola di cartone vuota e consumata pronta per essere buttata e dimenticata. Fury aveva avuto ragione nel dire che non sarebbe resistita ancora per molto.
 
Non aveva paura della morte, ma non riusciva a sopportare l’idea di abbandonare la Terra in balia degli esseri umani e soprattutto non voleva che i Chitauri la distruggessero.
Ma se proprio doveva morire, era felice di aver rivisto almeno un'ultima volta Thor e Loki.
Non era arrabbiata con il gigante biondo per averla resa vulnerabile. Non era colpa sua infondo, lui era inconsapevole di cosa lo SHIELD aveva progettato per lei e il dio del tuono agiva sempre in buona fede, a volte fidandosi un po' troppo delle persone.
 
Invece solanto il nome di Loki le sembrava un balsamo per la mente, si concentrò quindi per figurarselo. Quando l'aveva visto dentro quella cella si era stupita del suo aspetto, sembrava ancora più alto, più magro e più bianco di quanto se lo ricordava. L'essere costretto a fuggire in luoghi desolati e ignoti non lo avevano rigenerato, anzi era ancora più triste, stanco e duro con sè stesso.
Nonostante la sua facciata di divinità sicura e spavalda Eve aveva visto la verità: un ragazzo che cercava di essere accettato, che cercava attenzioni. Quei sentimenti lo avevano accompagnato per tutta la vita e anche per questo Eve aveva deciso di non rivelargli chi era. Non le sembrava opportuno metterlo al corrente che lui non era un vero Asgardiano, ma un gigante di ghiaccio troppo debole e minuto per quel nome e abbandonato perfino dalla sua razza.
Sperava solo che un giorno Loki l'avrebbe perdonata per quello che lei considerava un tradimento. Non credeva certo che l'uomo avesse dimenticato così facilmente grazie a quel bacio: quel contatto non aveva cambiato la situazione, era solo un tocco di nostalgia, in cui i ricordi erano passati come in una pellicola di un vecchio film nella loro mente.
 
Ma ormai nulla aveva più senso, non riusciva a trovare un modo per liberarsi da quella situazione, non vedeva una via di fuga e nemmeno il suo sviluppato senso di autoconservazione la stava aiutando. Aveva perso la speranza, anche se ricordò un detto umano, la speranza è l'ultima a morire. Di sicuro chi aveva inventato quel proverbio, non si era mai trovato in una cella chissà dove, con veleno di serpente in circolo e con sette armadi che si divertivano a giocare con lei.
 
Eve sentì dei passi che si avvicinarono, a circa duecento metri da oltre la porta. Probabilmente gli agenti l'avevano vista accasciarsi e avevano inteso il suo gesto come un crollo mentale e non solo fisico, almeno Eve si sarebbe goduta quel piccolo momento in cui avrebbero capito che la sua mente resisteva ancora tenacemente.
Il rumore dei passi aumentò fino ad arrestarsi davanti la porta, sentì un tonfo che non riuscì a spiegarsi, ma poi la porta scorrevole si aprì. La ragazza continuò a tenere la testa bassa e gli occhi socchiusi; qualcuno si avvicinò e con  l'indice e il medio le fece sollevare il capo.
 
Si era dimenticato che non potevano toccarla? Che questo avrebbe segnato la sua morte? Tanto meglio per Eve, un uomo in meno che l'avrebbe torturata. Ma prima che potesse fargli ribollire il sangue nei vasi sanguigni si lasciò sollevare il capo per poter vedere gli occhi del condannato. Due iridi azzurre dietro a una maschera blu con una A stampata in fronte la guardarono preoccupati ma sollevati nel vedere che era cosciente.
La dea aprì gli occhi di scatto, non si aspettava proprio di rivedere quel volto conosciuto poche ore prima e di trovarlo così bello e rassicurante.
«C-Captain»sussurrò ma fu una mossa sbagliata: le avevano rotto molte costole e se la infastidiva respirare, parlare le provocava una fitta allucinante.
«Ssh, ora ti portiamo fuori di qui»le disse dolcemente l'uomo, appoggiò lo scudo a terra e guardò perplesso i blocchi alle mani. Ne afferrò uno e spinse con tutta la sua forza; i muscoli delle braccia si tesero e una vena sul collo si ingrossò per lo sforzo, ma la pietra rimase immobile a compiere il suo lavoro.
Steve guardò arrabbiato quell'oggetto, «Thor, serve il martello»chiamò allora. La sua voce non si era ancora dispersa nell'aria che il gigante biondo comparì alla porta rimanendo immobile a fissare Eve.
 
Il suo corpo era un ammasso di carne sanguinolento: ciò che era rimasto del vestito si era colorato di rosso con chiazze chiare e scure a seconda che il sangue si fosse rappreso o meno. Ovunque profondi tagli rudimentali rappresentavano i delicati tatuaggi oro, diverse bruciature lasciavano la pelle viva in evidenza, come se gocce di inchiostro rosso fossero cadute su una pagina bianca rovinandola irreparabilmente. Anche il volto di Eve non era messo meglio, l'unica parte ancora sana della ragazza erano gli occhi che lo guardarono confortata.
 
Thor si avvicinò cauto, i suoi occhi erano disperati e il senso di colpa iniziava a scavare il suo rifugio dentro la sua mente.
«Stai indietro»disse tuttavia al capitano, che riprese lo scudo e protesse Eve. Il dio del tuono alzò il martello e colpì la dura pietra; la stanza tremò e una luce accecante si propagò. Eve sentì la roccia sgretolarsi sotto la forza del Mjolnir e la sua mano liberarsi dalla stretta mortale. D'istinto il braccio cadde per il peso della stanchezza ed Eve si accasciò sull'altro che si sarebbe rotto per lo scatto se Steve non avesse avuto i riflessi per sorreggerla.
Il capitano sorrise tuttavia la sua voce risuonò seria, «non abbiamo molto tempo, l'allarme potrebbe suonare in qualsiasi momento e non credo che resisterà ancora per molto».
Thor annuì e frantumò le altre tre pietre che la bloccavano; appena il piede sinistro fu liberato un suono acuto, prolungato e più fastidioso di un neonato piagnucolante iniziò a risuonare per tutto il complesso.
«Pensavo che ci avesse pensato Stark all'allarme! Io prendo la ragazza, tu comprimi le spalle»si esasperò Steve, ma il suo istinto da soldato prese il sopravventò coordinando la fuga.
 
Il patriota sollevò di peso Eve come se fosse una bambina, aiutandola a cingerli con un braccio il collo. Il soldato inorridì quando vide mani e piedi della ragazza: erano gonfi e di uno malsano colore blu violastro, avevano rischiato di andare in cancrena.
Steve sentì ribollire il sangue per la rabbia: tanto tempo fa aveva deciso di arruolarsi per combattere gli spacconi e ora si ritrovava a difendere di nuovo i più deboli contro i prepotenti, ma stavolta i cattivi non erano nazisti, ma uomini del suo stesso Paese e alieni.
Eve cercò di alzare il braccio inerte sulla sua pancia in direzione di Thor, ma Steve la tranquillizzò, mentre il dio uscì tenendo sollevato il martello nel caso di un attacco a sorpresa.
 
Il trio percorse l'anonimo corridoio fino ad arrivare a un bivio. I due uomini si guardarono per decidere quale fosse la direzione giusta, ma in quel momento da uno dei due corridoi apparvero una dozzina di uomini armati fino ai denti lanciati con impeto verso di loro. Thor appoggiò una mano sul braccio di Steve facendolo arretrare, poi si lanciò verso gli agenti con un urlo.
Il capitano e la dea videro il gigante scagliarsi contro di loro e iniziare una lotta furiosa. Ma mentre il dio del tuono era impegnato con loro, dall'altro corridoio giunsero altrettanti agenti. Senza pensarci due volte Steve depose delicatamente Eve contro il muro all'imbocco della via da dove erano venuti e si abbatté con il suo scudo contro i nuovi arrivati proteggendosi dalle raffiche di proiettili.
 
Eve si sentiva debole anche se le era rimasta abbastanza energia da rimanere sveglia, grazie anche all'insopportabile allarme che continuava a spaccarle i timpani. Ma all'improvviso un altro rumore si aggiunse al suono stridulo e al rumore della battaglia: una voce profonda e glaciale stava urlando ordini ai suoi uomini.
Eve si voltò per vedere la squadra 8 correre verso di lei.
Lo sguardo del rosso era pura morte, non sopportava che qualcuno avesse provato a portargli via il suo giocattolo preferito. La dea lo fulminò con uno sguardo micidiale e un sorrisino di pura perfidia si dipinse sul suo volto: sollevò un braccio e quegli esseri si arrestarono a qualche metro da lei, come se dei fili invisibili li tenessero imprigionati. Sebbene questo gli costasse un enorme sforzo non cedette: finalmente avrebbe avuto la sua vendetta.
 
Torse il polso e chiuse le dita a pugno stringendo così forte da far penetrare le unghie nella pelle fino a sanguinare. Nello stesso istante i quattro uomini in fondo, quello biondo, uno castano e due mori, caddero a carponi iniziando a tossire. Rivoli di sangue scuro iniziarono a sgorgare dalle orecchie e dalle narici mentre sputavano il sangue che si accumulava in bocca per cercare di respirare. Alzando leggermente il pugno, Eve fece alzare la testa ai quattro per vedere i loro volti: orrore e dolore si confondevano sui quei visi grondanti di liquido scuro, i loro occhi erano spaventati, come bambini impaurita dal mostro sotto il letto. Quell'immagine fece allargare ancor più il sorriso della ragazza prima di riaprire la mano in modo tale che anche i vasi sanguinei nelle cornee esplodessero colorando i loro occhi.
Uno dopo l'altro si accasciarono al suolo mentre una pozza di sangue si allargava da ogni corpo per poi mischiarsi tra loro.
 
Gli altri tre uomini videro la scena senza poter far nulla contro la potenza della vendetta e i loro occhi erano sbarrati per l'orrore appena visto e alla loro fine imminente. Eve spostò lo sguardo verso l'uomo in mezzo, l'altro castano del gruppo, e l'immagine di lui con una fiamma ossidrica le si parò davanti: li avrebbe ricambiati con la stessa moneta.
 
Allargò le dita irrigidendole e una corrente d'aria bollente partì dalla mano centrando il suo petto, l'uomo iniziò a gridare e a piagnucolare appena il getto lo raggiunse.
La tuta ermetica che indossava si sciolse per la temperatura bollente bruciando la carne. Lembi di pelle iniziarono a staccarsi lanciandosi al suolo come tuffatori professionisti, lasciando macchie rosso fuoco su tutto il corpo. Il condannato cercò di svincolarsi da quella tortura ma Eve lo teneva ancora nella morsa d'acciaio, come un leone che non si lascia sfuggire la sua preda ma la azzanna fino a che la vittima non esala l'ultimo respiro.
Il macabro spettacolo non durò a lungo, l'uomo resistette solo pochi secondi, la sua stazza non aveva aiutato la sopportazione e quell'ammasso di carne si accasciò al suolo.
La cosa ai piedi dei due uomini non assomigliava più a un essere umano ma a un gelato alla fragola dimenticato al sole.
 
Il capo e l'altro moro, l'artista dei tatuaggi, videro il loro compagno cadere, ma non ci fu tempo per disperarsi perché Eve si concentrò su loro.
«Te l'avevo detto che ti avrei fatto dei tatuaggi»sussurrò la ragazza, non era sicura che il moro l'avesse sentita ma avrebbe capito comunque tra pochi istanti.
Questa volta la dea scagliò contro l'uomo una raffica potente che, come coltelli invisibili, gli tagliarono la pelle lasciando zampillare il sangue. Una lama recise entrambe le arterie femorali facendo inginocchiare il tatuatore.
Eve fissò quegli occhi verdi mentre la vita li lasciava poco a poco, fino a che il sangue non colò dal centro della fronte percorrendo tutto il volto: un punteruolo immaginario aveva trapassato la sua testa.
Il corpo di riversò a terra, cadendo in avanti mentre sulla schiena macchie di sangue si allargavano impregnando la tuta.
 
Eve voltò lentamente il capo in direzione del rosso: non le rimaneva molta forza, ma non si sarebbe lasciata sfuggire l'occasione di far pagare a quell'uomo tutto ciò che aveva passato. «Forza principessina, fai del tuo meglio»la schernì il torturatore cercando di suonare autoritario e arrogante, ma Eve sentì una punta di terrore e sconfitta nella sua voce.
Con un sorriso inquietante alzò l'indice e il medio muovendoli verso destra, contemporaneamente una striscia di pelle dalla spalla fino alla mano del dannato si strappò con violenza, come si fa con un cerotto rimasto incollato per troppo tempo. Il rosso si era morso il labbro facendolo sanguinare, ma nemmeno quel tentativo gli impedì di urlare quando sul braccio apparve alla vista il muscolo striato.
La ragazza ripeté il gesto in altre direzioni e ovunque lembi di pelle si staccarono, scuoiando l'uomo, che divenne dello stesso colore dei suoi capelli. Nonostante quelle ferite il colosso era ancora cosciente e gli occhi color ghiaccio, che gli avevano sempre dato un'aria inumana, erano ancora aperti.
Eve decise di porre fine alle sue sofferenza, aveva avuto la sua vendetta tanto agognata, così aprì il palmo della mano verso di lui. Si era chiesta se quell'uomo avesse un cuore e quello era il momento migliore per verificare.
Strinse leggermente le dita e l'espressione del rosso le rivelò che l'aveva trovato e l'aveva strappato per sempre dal suo petto. Infatti mentre su quegli occhi calò l'ombra della morte, il muscolo involontario si fece strada nella pelle scorticata uscendo alla luce ancora pulsante. L'uomo si afflosciò al suolo sbattendo violentemente la faccio contro il pavimento zuppo di sangue ancora caldo. Il sorriso della ragazza si allargò mentre fece cadere quel cuore inanimato sul corpo del proprietario: la sua vendetta era compiuta e un senso di leggerezza la invase, anche se la sua sete di sangue era durata solo un paio di minuti in confronto alle ore in cui si era immaginata quel momento.
 
Tuttavia la stanchezza bussò alla sua porta, aveva esaurito anche l'ultima briciola di energia e sentiva già il suo cuore perdere qualche colpo e il respiro farsi più lento, mentre la sua mente sprofondava sempre di più nel nero dell'abisso: la sua vista si offuscò e i rumori attorno a lei le apparvero lontani come se provenissero da un mondo parallelo scontratosi per sbaglio con il suo.
Mentre sentì due braccia sollevarla da terra, il dio del tuono impotente e spaventato a morte fu l’ultima cosa che vide, poi il buio e il vuoto pervasero il mondo di Eve, come il sipario nero calato sul palco alla fine dello spettacolo.
  
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