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Autore: Mike72    09/08/2012    2 recensioni
Una ragazza che si è persa, un batterista con una villa enorme (e ingannevole), un cantante/chitarrista isterico, un ragazzo interessante e molti altri personaggi.
Cosa succederebbe se una ragazza totalmente ignorante in fatto di Green Day (anzi, che quasi li odia pure) si trovasse a vivere per qualche giorno a casa di uno di loro?
Che dite, vi interessa scoprirlo? ;)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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INTERESTING BOY

 

Allie passò ancora due giorni da malata, a casa Wright. Tutti e tre, in particolare Ramona, la riempivano di attenzioni e quant'altro, sempre assicurandosi che avesse mangiato a sufficienza, che non avesse troppo freddo o troppo caldo. Allie si sentiva quasi imbarazzata dall'essere così circondata; in qualsiasi istante della giornata, infatti, non c'era membro della famiglia che non passasse davanti alla sua camera, entrasse e chiedesse: “Tutto bene? Hai bisogno di qualcosa?”.

La ragazza rispondeva sempre con un timido “Sì, grazie” oppure “No, grazie” accompagnato da un sorriso, ma erano talmente tante le domande che le venivano poste, che dopo qualche ora aveva male al muscolo della mascella.

Ramona era, tra tutti quanti, quella che passava più spesso a farle visita. Insieme leggevano, discutevano di qualche rivista, guardavano un film o semplicemente chiacchieravano e scherzavano. Lei era una ragazza straordinaria: solare, aperta, sempre allegra e spiritosa e sempre con la battuta pronta da dire, proprio come suo padre.

Nei tre giorni che le due ragazze passarono insieme diventarono molto amiche, tanto che Allie era felicissima perché non aveva mai avuto degli amici a Oakland; e tanto da promettersi che, quando si sarebbero trovate una a New York e l'altra a Seattle, si sarebbero scritte e sentite spessissimo. Chissà, forse si sarebbero anche riviste da qualche parte, magari proprio a Oakland.

Il giorno in cui aveva scoperto l'identità del suo “protettore”, ovvero mercoledì 11 luglio, Allie aveva ascoltato, più che altro per non annoiarsi, il primo CD della neonata trilogia dei Green Day, vale a dire ¡UNO!. La ragazza aveva ascoltato in particolare Oh Love, singolo che sarebbe uscito da lì a qualche giorno, e l'aveva commentato così:

– Mmh, sì. Carino.

– In che senso, “carino”? – le aveva chiesto Tré, leggermente piccato.

– Nel senso che non sarà mai ai livelli di Basket Case e American Idiot, ma avreste potuto fare di peggio e nel complesso la canzone è carina.*

– Mmh. Non dirlo a Billie, – le aveva strizzato l'occhio il batterista.

Allie aveva sorriso senza chiedere il motivo di quel gesto, ma appena Tré era uscito dalla stanza si era giurata che quell'intero disco, eccetto per Carpe Diem e Let Yourself Go, sarebbe finito al più presto nel dimenticatoio.

In tutto ciò, i Pritchard, ovvero la famiglia del bassista (di cui aveva finalmente scoperto il cognome d'arte, cioè “Dirnt”), avevano deciso di tornare il 14 insieme agli Armstrong, quindi la ragazza aveva dovuto rinunciare a scoprire il più presto possibile l'indirizzo della zia.

 

Sabato mattina, ormai praticamente guarita, Allie scese le scale di buon grado e si diresse in cucina, dove sapeva che l'attendeva un'immensa colazione.

Passando in salotto salutò Frankito, sdraiato sul divano intento a guardare un film, e raccolto il suo saluto entrò in cucina, dove trovò Tré intento a togliere dal sacchetto di Starbucks l'ennesimo bicchiere di Orange Mocha Frappuccino.

– 'Giorno, – salutò la ragazza.

– Oh, ciao, Allie! – ricambiò il batterista voltandosi verso di lei. – Dormito bene?

– Ottimamente, grazie, – rispose la ragazza, sedendosi al tavolo della cucina stracolmo di cibo. – Quel letto è sempre più comodo.

– Benissimo, sono contento, – sorrise Tré sedendosi di fronte a lei. – Oggi è il grande giorno, sei pronta?

– Quale grande giorno, scusa? – chiese Allie con un'espressione stupita.

– Come, “quale”? Ovviamente quello in cui conoscerai i miei compagni di band! Stasera c'è la cena, ricordi?

Un lampo attraversò la memoria di Allie.

– Oh, certo, la cena! – esclamò battendosi una mano sulla fronte. – Che idiota che sono. La facciamo qua?

– Sì. E tra l'altro… – aggiunse Tré. – Ieri ho chiamato Billie chiedendogli se poteva venire qua, appena tornano, per portarti l'elenco telefonico. Così dopo cena o anche domattina posso accompagnarti da tua zia…

– Oh, – esclamò Allie. – Giusto, mia… mia zia.

Aveva appena realizzato che se ne sarebbe dovuta andare. Già. La sua casa a Oakland non era quella villa enorme e confortevole, abitata da tre persone tra le più gentili e simpatiche sulla faccia della terra, ma un'altra villa altrettanto enorme e confortevole, abitata però soltanto da una vecchia zia iperattiva.

Le sarebbe mancato, il calore di quella casa, così come le sarebbero mancati i suoi abitanti. E mentre ci rifletteva, odiando la febbre perché se n'era andata troppo presto, mandò a quel paese anche il maledetto elenco telefonico che Billie le avrebbe portato tra poche ore.

Mentre lo faceva, però, fu assalita da un enorme senso di colpa per i suoi genitori e soprattutto per la povera zia, che probabilmente stava cercando la pronipote per tutta Oakland e si stava maledicendo per non aver mandato qualcuno all'aeroporto a prenderla. Pensato ciò, Allie si vide costretta a considerare che presto o tardi avrebbe dovuto fare la valigia e andarsene da quella casa meravigliosa.

– A che ora dovrebbe passare, Billie? – domandò a Tré.

– Non me l'ha detto, ma in ogni caso dopo pranzo. Forse nel primo pomeriggio.

Allie annuì. Aveva ancora qualche ora per rilassarsi, quando fosse arrivato l'elenco avrebbe chiamato sua zia e l'indomani sarebbe andata con calma a casa sua. Senza volerlo si accorse di essersi affezionata tantissimo ai Wright, sebbene fosse stata insieme a loro solo per tre giorni e una sera, e che le dispiaceva tantissimo immaginare di andarsene.

Sperava solo che la zia non abitasse troppo lontano, così per lei e Ramona sarebbe stato più facile vedersi.

 

Alle due e venti di sabato 14 luglio, mentre Allie era sdraiata sul divano a leggere un libro prestatole da Ramona, suonarono al campanello di villa Wright.

Finalmente! – esclamò Ramona, lanciando sul divano il portatile che stava usando e afferrando il citofono. – Sì? Ciao! Vi stavamo aspettando, entrate!

Quel “vi” suonò molto strano alle orecchie di Allie, poiché si era immaginata che Billie sarebbe arrivato da solo, tuttavia era anche curiosa di sapere da chi sarebbe stato accompagnato.

– Papà, Frankito, sono arrivati! – urlava frattanto Ramona.

Quando poi la porta d'ingresso si aprì, senza dare il tempo alle due figure di mettere piede in casa, la giovane Wright si lanciò e abbracciò la più vicina, gridando: “Zio Billie!” e sommergendo la faccia in una massa di capelli gialli.

– Ehi, ehi, calma! – rise la massa, ricambiando l'abbraccio della ragazza. – Ti mancavo così tanto?

– Oh, ma tu mi manchi sempre, zietto caro! – rise a sua volta Ramona, sciogliendo l'abbraccio.

– E tu diventi più bella ogni giorno che passa, nipotina mia! – ribatté Billie con un sorriso.

Finalmente Allie poté soddisfare la sua curiosità osservandone la figura, dato che l'ultima volta che aveva visto una sua foto era dei tempi di American Idiot, quasi dieci anni prima.

Billie Joe Armstrong (aveva chiesto a Ramona il nome per intero, giusto per non fare un'altra figuraccia) era un uomo totalmente diverso da come Allie se lo ricordava. Probabilmente a causa del tempo che l'aveva invecchiato, o più probabilmente per la pessima memoria della ragazza, le sembrò quasi una persona diversa da quella che pensava di avere ben impressa in mente.

Billie Joe non era un uomo alto. Anzi, constatò Allie, era piuttosto basso, per essere un uomo. Folti capelli ossigenati, con almeno due centimetri di ricrescita nera, un rimasuglio sbavato di eyeliner sotto gli occhi, denti piccoli e storti e un abbigliamento piuttosto spartano, composto da una maglietta nera a righe orizzontali blu, dei jeans lunghi fino al ginocchio e delle semplicissime Converse interamente nere. Non male, per essere il cantante di una delle rock band più famose al mondo.

Ma quello che colpì in modo particolare l'attenzione di Allie fu il colore degli occhi dello stesso Billie Joe, di un verde intenso come non ne aveva mai visto prima.

Non era Brad Pitt, ma nel complesso si poteva dire che era tutto sommato un bell'uomo. Da ragazzo doveva essere stato carino.

Non c'è che dire, quest'uomo ha decisamente parecchio sex-appeal, si disse Allie. Mi stupisco che non vada in giro a Los Angeles in una Porche Cayenne decappottabile a rimorchiare, piuttosto che starsene in questo buco di posto con la famiglia.

Ma, evidentemente, a Billie Joe andava bene così.

– Ancora avances con mia figlia, Billie? – scherzò la voce di Tré, uscendo dalla cucina.

– Sempre e comunque, caro il mio batterista, – ribatté l'altro. – Fatti abbracciare.

E mentre i due si tiravano grandi pacche sulle spalle, dimostrando tutto l'affetto che provavano verso l'altro, con la coda dell'occhio Allie scorse Ramona che abbracciava la seconda figura, nascosta dietro alla porta d'ingresso, apostrofandola con un affettuoso “cuginetto”.

Questo, quando sciolse poi l'abbraccio con la ragazza, fece un passo in avanti ed entrò in casa, rivelandosi finalmente agli occhi di Allie. Fin dal momento in cui sentì Ramona parlargli, la ragazza capì istantaneamente chi era quella figura. Niente poco di meno che il famigerato “cugino” Joey.

Era molto vicino a come l'amica l'aveva descritto, ma, per qualche strano motivo, Allie l'aveva immaginato molto più brutto e molto più simile al padre. I due, infatti, ora in piedi l'uno accanto all'altro, non avevano assolutamente niente in comune.

Tanto per cominciare, Joseph era alto almeno almeno dieci centimetri più del genitore. Cosa piuttosto normale, per un adolescente in pieno sviluppo**.

Esaminandogli poi il viso, Allie notò vari particolari comuni: corti capelli castani, profondi occhi marrone scuro, denti bianchi; che però nel complesso davano al ragazzo un aspetto decisamente carino. Poi proprio i denti, perfetti e regolari (al contrario di quelli del padre), erano sempre aperti in un bellissimo sorriso che sembrava illuminare tutta la zona circostante. Il fisico asciutto, sebbene non esattamente magro, completava la figura dandone una prima impressione assolutamente positiva. Come se non bastasse, il “cugino” aveva un abbigliamento spartano tanto quanto quello del padre, cosa doppiamente stupefacente per il figlio di una delle rockstar più famose al mondo.

Esattamente come Allie aveva previsto, Joseph Armstrong pareva senza dubbio un ragazzo piuttosto interessante.

 

* Vedi la nota al capitolo precedente.

** Nda (Nota dell'autrice): infatti è Billie l'anormale ^^


_____________
Mike72's corner

Bene, bene, bene. Eccoci qua ancora una volta!
Non ho molto (anzi, niente) da dirvi, quindi vi lascio a quello che stavate facendo prima di cominciare a leggere questo capitolo :D
Alla prossima!

Mike72

  
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