Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: roxy92    09/08/2012    2 recensioni
Chi ha sbirciato la fic che ho cancellato prima avrà una vaga idea di come scrivo. Mi piacciono le cose che non piacciono alla massa, trattate in modo non ordinario. Io lo so che me le cerco, ma ognuno, quando libera la fantasia, produce i risultati più disparati. Il mio è questo.
Dal prologo:
"Quando non ricordi il tuo passato, è come se un macigno fosse sempre in procinto di caderti addosso. Ce l’hai sospeso sopra alla testa, trattenuto da un filo sottile. Il terrore che il presente sfumi come il tempo trascorso è una morsa che attanaglia lo stomaco e a tratti non fa respirare.
Se sei abbastanza forte, ore, giorni, minuti e secondi, ti scivolano addosso come se il tempo non esistesse. Le tue mani sembrano vuote ai sentimenti e ti ritrovi sempre a stringere il niente. Non hai nulla per cui vivere e nulla per cui morire."
Io mi metto alla prova nel disperato tentativo di creare qualcosa che superi almeno le più basse aspettative... Qualcuno di voi mi da una mano e mi dice che ne pensa? Anche sapere se è meglio lasciar stare... Se ne avete il coraggio, buona lettura. :)
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Piccolo, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era buffo come in quei momenti, che sapeva avrebbero dovuto essere gli ultimi, i ricordi della sua vita precedente le ripassassero davanti dopo esserle mancati così a lungo.

La bambina che tremava cercando di impugnare un'arma troppo grande per le sue mani, aveva la sua stessa paura in quel momento. Era alta la metà della lama e doveva brandirla come un prolungamento di sè.

Avrebbe imparato presto, ma il dolore dei tagli e dei colpi inferti avrebbero mutato profondamente anche la fragilità della sua anima. Si chiese da che parte fosse finita quella bambina, mentre scrutava gli spostamenti del maestro come una preda braccata.

Forse era semplicemente rassegnata, preparata al fatto che tutto dovesse finire. La morte li avrebbe abbracciati entrambi: lei e il suo maestro, le ultime due bestie del clan.

Bestie, sì, così li chiamavano, loro che si battevano, per scelta o per imposizione, come esseri privi di senno.

Secondo Haldir, solo l'istinto contava: quello guidava l'intelligenza. Ma l'istinto era lontano dall'onniscenza: Galen non sapeva spiegare in che modo. Ciò che era certo, era che con quello scontro sarebbe stato chiarito tutto.

Mentre Haldir ruggiva e con l'anima a pezzi ripartiva alla carica, lei chiudeva gli occhi per concentrarsi. Non avrebbe indietreggiato di un passo e finchè sarebbe stata in vita non gli avrebbe dato possibilità di vittoria.

Basta dimenticare, basta scappare. Saltò in alto e lasciò che il suo corpo diventasse vento. Insieme al suo maestro, si gettò nel gorgo della tempesta.

Il cielo sereno si rabbuiò in fretta per il contrasto delle loro aure. Le nubi si addensarono grigie all'orizzonte. Prese a sibilare il vento per quella radura. Presto l'erba avrebbe assaggiato gocce di pioggia che avevano il sapore del sangue.

Dende osservava il cielo. Capiva benissimo cosa stava accadendo e teneva le spalle basse, affranto.

Una goccia di pioggia gli lambì la pelle verde, la guancia delicata. Alle sue ciglia sfuggì una lacrima, che terse col dorso della mano, in fretta.

Non era giusto. Non voleva permettere che allieva e maestro si battessero a quel modo. Aveva accolto subito quella accorata preghiera.

“Trattienilo! Non permettere che si svegli e torni da me. Ti scongiuro!”

Si tormentava al pensiero dell'amico, ancora intontito per l'intervento di Galen. Di sicuro Piccolo non l'avrebbe raccontata se lei non avesse cercato di proteggerlo.

Ma lui, il supremo, era davvero obbligato a lasciare andare le cose così?

L'antico accordo tra il primo supremo della terra e quella razza era chiaro: le creature del vento promettevano di non danneggiare gli esseri umani, a patto di avere il pieno controllo delle terre estreme; il supremo non avrebbe mai dovuto interferire nelle loro questioni, in nessuna di esse, soprattutto se riguardavano l'arte bellica.

Possibile che avesse davvero le mani legate per quello stupido patto? Galen e Haldir erano diversi dai loro simili: non erano mai stati crudeli per il gusto di esserlo.

Come supremo, Dende aveva la facoltà di conoscere le loro storie e aveva scoperto quanto fossero differenti. Quei due non meritavano quella fine.

Il patto però restava: reciproca indifferenza. Tutte le creature dell'aria se ne fregavano del supremo e lui doveva fare altrettanto.

Al giovane namecciano si illuminarono gli occhi: Galen per prima aveva contravvenuto al patto, nel momento in cui l'aveva pregato di non svegliare Piccolo. In quel modo, lui era diventato automaticamente libero di fare altrettanto!

Annuì deciso per la sua intuizione. Corse all'interno del palazzo, urlando a gran voce il nome di Piccolo. Forse era un tentativo inutile, ma era l'unica cosa che poteva fare.

Mentre volava giù dall'obelisco, il guerriero namecciano ripensava alle parole di Dende. Avrebbe voluto conoscere fin da subito la storia di Galen e del suo maestro, ma non immaginava fosse così particolare.

La loro razza spadroneggiava sulla terra da molto prima che il pianeta fosse colonizzato dagli esseri umani. Loro altro non erano che i discendenti delle prime divinità naturali che giravano sulla terra.

Il loro potere era stato incontrastato fintanto che il pianeta conservava la sua verginità. Poi, con la colonizzazione da parte degli umani, diminuendo il potere del pianeta, diminuiva anche il loro.

Da divinità superiori, erano divenuti poco più che guerrieri, spettri dei loro antenati, così vendicativi da covare sempre il desiderio di vendicarsi degli uomini, quali distruttori della terra.

Pur essendo forti quanto i sayan, quando questi erano atterrati come invasori la prima volta, anche se capaci di porre fine subito alla loro minaccia, vollero restare in disparte, tanto accecati dalla vendetta da preferire la distruzione propria e del pianeta. Bastava che il genere umano terminasse con esso.

Avrebbero preferito quella sorte piuttosto che sopravvivere ancora, fianco a fianco dei loro nemici.

Il primo supremo, garante della sicurezza degli uomini, aveva combattuto a lungo contro di loro, trovando un po' di pace solo con quel maledetto patto. Quell'accordo era stato buono per millenni.

Reciproca indifferenza. Tutte le creature dell'aria, orgogliose e meschine, l'avevano sempre rispettato.

Solo Galen, fino ad allora, l'aveva tradito. Ma Galen non era come i suoi compagni. Non lo era mai stata. In lei il desiderio di affrancarsi dai dettami della sua gente era sempre stato linfa vitale, sangue che scorre nelle vene.

Haldir, anche lui, scosso dal seme del dubbio instillato dall'allieva, era tanto che non si comportava come nessuno dei suoi simili.

Pur di proteggere quell'allieva che amava come una figlia dalla furia di un sovrano folle, era arrivato a scomodare la magia più potente, fin quasi a distruggere il proprio corpo per togliere a Galen la memoria. Era a quello schifoso mondo degli esseri uomini che aveva affidato il suo bene più prezioso, l'unica possibilità di salvezza per la ragazza.

Per anni, si era mimetizzato lui stesso in quella razza ostile, che detestava eppure rispettava, per osservare la ragazza e vegliare silenzioso su di lei. Pur odiandoli, non aveva mai alzato le mani su un essere umano. Aveva anzi imparato a lavorare per loro, per guadagnarsi soldi in cui vivere, si era costretto a tollerarli abbastanza da viverci in mezzo, con grossi sacrifici. Alcuni, forse, addirittura li amava.

Prima lui poi Galen. Quel sovrano pazzo che voleva decimarli era tornato alla carica. Li voleva morti, entrambi, gli ultimi diversi della loro razza.

Haldir era giovane nel corpo, ma troppo vecchio nel cuore per fidarsi di un supremo bambino, quand'anche lui gli avesse offerto il suo aiuto. Non gli avrebbe mai creduto.

Conosceva solo l'ineludibilità della legge del suo re. Per questo avrebbe ucciso la sua allieva per poi morire lui stesso.

Dende sapeva di non essere abbastanza forte per opporsi a quel proposito, ma Piccolo e gli altri forse si. Per questo li chiamava a raccolta. Gli aveva chiesto di separare quei due, farli ragionare, promettergli che li avrebbero aiutati quando i loro simili, sentendoli ancora vivi, sarebbero venuti in forze a reclamare nuovamente le loro vite.

Piccolo aveva accelerato ulteriormente l'andatura. Doveva raggiungere gli altri prima possibile, condurli da quei due. Da solo poteva bloccarne uno solo. L'aiuto di Goku e Gohan gli era indispensabile.

Un solo attimo, si ripeteva, e avrebbe potuto essere troppo tardi.

Per quanto mi riguarda, ancora pochi capitoli e si concluderà la storia.

Nel caso la trama non fosse chiara (mi rendo conto che per il mio particolare modo di scrivere potrebbe succedere) fatemi sapere e provvederò ad aggiungere nel prossimo capitolo un altro breve riassunto.

Se ancora ci siete, buona lettura. :D


  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: roxy92