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Autore: DirtyWriter    09/08/2012    10 recensioni
Alternative Universe.
*Il potere dell’Athena incarnatasi in Saori Kido ha raggiunto il culmine permettendole di sigillare Hades e il suo esercito negli Inferi prima che la Guerra Santa iniziasse. Saga non ha mai ceduto al lato malvagio e con Mu, Rasgado, Deathmask, Aiolia, Shaka, Dohko, Milo, El Cid, Aiolos (Comandante dell'Esercito), Camus e Albafica vigila sul Santuario di cui Sage è il Gran Sacerdote.
Poseidon non ha mosso guerra alla Dea della Giustizia, concentrato a restaurare con i suoi Marines il regno di Atlantide. Kanon è rimasto il Marine di Seadragon ed è fedele al Signore delle Acque.
L’Anello del Nibelungo non è stato mai riesumato dall’oblio ed in una Asgard che vive in pace con il resto del mondo, Hilda ha abdicato in favore della sorella Flare rimanendo comunque Sacerdotessa di Odino*
In questa realtà June, Bronze Saint del Camaleonte, vive una vita da guerriera di Athena per cui ha lottato e sofferto.
Una vita che, comunque, non ritiene essere la sua perché sebbene serva devotamente la sua Dea la ragazza ode un Canto lontano che la invoca, al quale non può rimanere a lungo indifferente. Solo sulla scia di quel Canto, infatti, June potrà scoprire sè stessa...
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Chameleon June, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO 4
 
Quando aprì di nuovo gli occhi si sentì più spaesata e confusa che mai. Per un attimo non ricordò cosa fosse successo con esattezza, né dove si trovasse, ma subito il ricordo degli ultimi accadimenti la sommerse come un’onda anomala. Deglutì, poi si sforzò di muovere le membra per controllare che tutto fosse a posto: stava bene e a parte la spossatezza le sembrò quasi che nulla fosse successo.
Lentamente si sollevò a sedere e si accorse di essere sdraiata su di un enorme letto. Si guardò attorno, sorpresa. Era in una stanza arredata in torbido stile gotico, con mobili di legno scuro e pesanti tappezzerie dai colori cupi ed intensi, dalle coltri rosso cremisi, ai tappeti violacei, alle spesse tende grigie con impuntature blu e bronzo. L’ambiente era fiocamente illuminato da numerose candele sparse sui mobili, le quali creavano in realtà più ombre che luce con il risultato che una stanza che avrebbe dovuto risultare accogliente ed ospitale metteva addosso un profondo senso di disagio. Sulla parte di fronte al letto, infine, un enorme camino acceso proiettava anch’esso l’ombra dell’imponente scranno che gli si ergeva davanti con lo schienale rivolto all’interno della camera.
-Finalmente vi siete svegliata, June-.
La voce provenne calma dalla grande seduta e la fece trasalire, tanto suonò inattesa. Lenta, vide sollevarsi le figura familiare di un uomo, il quale prese le sue fattezze definitive ai suoi occhi quando essi si furono abituati al forte bagliore del fuoco. Hagen di Merak, God Warrior di Asgard. Colui a cui doveva la vita.
Si sorprese a constatare come prima cosa quanto fosse assurdo che lui riuscisse a stare così vicino al ruggente ed enorme fuoco del camino senza alcuna difficoltà. Poi, immediatamente, si riscosse quando percepì i suoi occhi celesti su di lei e le sue mani volarono convulsamente al viso.
-State tranquilla, la maschera è al suo posto. Mi sono limitato a condurvi a Palazzo ed a farvi riposare. Mi perdonerete se ho avuto l’ardire di scegliere la stanza dove di solito risiedo quando mi trovo qui, ma non ce n’erano altre pronte. Sapete… Non riceviamo quasi mai “ospiti” inattesi- le spiegò placidamente lui, senza preoccuparsi di nascondere l’accento di ironico rimarco che aveva messo sulla parola ospiti.
Lo vide avvicinarsi al letto e piantarsi ai suoi piedi con le gambe divaricate e le braccia conserte. Non ne riusciva a scorgere bene l’espressione, trovandosi lui contro luce rispetto al camino, ma avrebbe scommesso che la stava fissando con sospetto. Per quel motivo non riuscì a fare a meno di ritrarsi, intimorita.
-Percepisco la vostra tensione, June, e non nascondo che essa è motivata. Sappiate che ho convocato il Consiglio e che non appena sarete in grado di camminare, vi condurrò al cospetto della… Regina-.
L’esitazione di Hagen nel nominare la sua sovrana le parve come una nota stonata in quel discorso, ma non diede peso alla cosa. Ora un’altra urgenza occupava completamente i suoi pensieri: cosa avrebbe fatto, una volta condotta davanti al Consiglio Reale di Asgard? Come avrebbe giustificato l’episodio intercorso tra lei, una semplice estranea mortale, ed una Valchiria, Dea e Nume tutelare di quelle terre?
Sospirò, dicendosi che cercare di prepararsi preventivamente un discorso non aveva senso. Non poteva immaginare come sarebbe stata accolta, cosa le sarebbe stato chiesto né tantomeno poteva prevedere come lei stessa si sarebbe sentita di fronte alle massime cariche di quel luogo.
Fece per scendere dal letto, ma la voce di Hagen la bloccò. –Prima di andare, June… Volete dire a me cosa è successo là fuori? Vi aiuterò, se posso, ma dovete mettermi in condizione di farlo-.
La maschera inespressiva si voltò verso di lui, ma il tono di voce della ragazza lasciò trasparire la sorpresa e la perplessità. –Aiutarmi? Io… Io vi ringrazio, Cavaliere, della vostra premura, davvero… Eppure perdonatemi se non comprendo per quale motivo voi dovreste farlo…-.
Hagen tacque come a voler riordinare le idee, ma non abbassò gli occhi. Non v’era incertezza nel suo sguardo, soltanto il dubbio.
-Ad essere sincero non saprei rispondervi. Non sono conosciuto per essere un tipo particolarmente altruista, per altro. Eppure qualcosa dentro me mi dice che non siete un pericolo per Asgard e che in voi c’è molto di più di quello che traspare. Ed io ascolto sempre il mio istinto-.
June si alzò, calzando gli scarponi riposti ordinatamente in terra. Poi gli si avvicinò ed osò toccargli un braccio.
-Mi spiace, Hagen, ma… Io non so cosa rispondervi. Ciò che posso dirvi, però, è che finora siete stato l’unica persona a mostrarmi comprensione e questo non lo dimenticherò. Spero di non deludervi. Ora andiamo: l’ultima cosa che desidero è dare ulteriore disturbo a questa Corte…-.
Lui tacque guardandola in modo neutro, sebbene il tocco di lei lo avesse impercettibilmente turbato. Poi fece un lieve cenno di assenso e, così, le indicò la porta chiedendole silenziosamente di precederlo.
 
-Voi, misera femmina: non penserete che crederemo ad una sola parola delle vostre insulse ciance, vero?!-.
La voce roboante e furiosa dell’immenso vichingo dai capelli grigi che le era a pochissima distanza risuonò in ogni angolo, facendola trasalire.
Dopo aver lasciato la camera da letto, Hagen l’aveva condotta alla Sala del Trono di Palazzo Polaris. Quando entrarono dall’immenso portone in pesante legno, borchiato con ferro lavorato a foggia runica, percepì subito una sensazione di gelo non solo sul corpo, ma anche nell’anima. Austerità, severità, freddezza: era ciò che il pavimento di pietra e le gigantesche colonne, fiocamente illuminati da numerosi bracieri accesi, dicevano a colui che si avventurava all’interno. Né i drappi alle pareti o i broccati dei tappeti riuscivano a rendere meno evidente il senso di oppressiva durezza che da quel luogo proveniva. Mentre proseguivano, alla fine della lunga navata June scorse quella che pareva essere una fontana di fuoco, ma che si rivelò semplicemente un enorme braciere scavato nel pavimento nel quale un altrettanto enorme falò bruciava, in guizzi alti e scintillanti. Dietro di esso, infine, scorse una scalinata di circa 10 gradini che conduceva ad una piattaforma rialzata. Su di essa, circondato da due grandi grifoni, il Trono di Asgard. Così finalmente, superata la fontana di fiamme, giunsero al cospetto del Consiglio.
I suoi occhi, in pochissimi attimi, catturarono la scena che la attorniava. L’imponente seduta del trono era occupata da una fanciulla, la quale avrà avuto approssimativamente la sua stessa età, abbigliata in modo sobrio con vesti bianche e dorate, che mettevano in risalto il candore della sua pelle, il chiarore dei folti e ricci capelli biondi, nonché la limpidezza delle sue iridi azzurrine e scintillanti. Alle sue spalle, in piedi, scorse un’altra figura, una donna alta e sobria di una bellezza innegabile, drappeggiata in quella che era sicuramente una veste sacerdotale azzurra ornata da catenine d’oro ed una spessa collana a collare. I suoi occhi grigi facevano risaltare ancor di più i tratti del viso cesellati ed incorniciati da lunghi e lisci capelli chiarissimi acconciati in un taglio sfilzato.
A seguire, sulla scalinata, cinque uomini occupavano progressivamente ogni gradino alternandosi sui due lati della loro regnante. Tre postazioni, lo notò subito, erano vuote ma prontamente vide Hagen sorpassarla e prendere posto sul secondo gradino, alla destra del Trono. Il Consiglio di Asgard.
Deferente, abbassò il ginocchio in terra e, chinando la testa, si portò una mano al petto. –Mia Signora… June è il mio nome. Giungo in pace dalla lontana terra di Grecia, in cui fui Bronze Saint in nome di Athena che ivi regna. So che il God Warrior di Merak, a cui devo la vita, vi avrà narrato le vicende che mi hanno riguardato e per questo chiedo il vostro perdono, Sovrana di Adgard. Lo chiedo per qualsiasi cosa io possa aver involontariamente fatto per arrecare offesa a queste terre. Giuro sul mio onore che non era mia intenzione e che comunque i motivi che mi spinsero fin qui non rappresentano minaccia alcuna per il vostro popolo o il vostro Regno…-.
Era stato allora che il gigante che stazionava sull’ultimo gradino alla destra del trono l’aveva aggredita.
Immediatamente ed inaspettatamente, però, una voce di donna dal tono delicato ed accomodante si andò a sovrapporre alla eco della frase di accusa pronunciata dall’uomo.
-Placate il vostro ardore, Thor di Pecda. Non ammetto tali modi durante un Consiglio, a maggior ragione se la nostra ospite non vi concesse pretesto alcuno per subire un tale attacco! Moderatevi, perciò, Cavaliere e provvedete piuttosto a presentarvi come la qui presente June ha fatto a nostro uso. E voi, miei God Warrior, fate lo stesso: che non si dica mai che Asgard non sia in grado di accogliere chicchessia nei suoi confini senza farlo sentire poco più di un prigioniero…-.
June sollevò la testa, sorpresa. A parlare era stata la giovane Regina, che ora aveva posato i suoi espressivi e rassicuranti occhi su di lei.
Dopo un piccolo momento di stasi, in cui nessuno parlò o si mosse, vide il guerriero sul primo gradino portarsi una mano al petto e chinare appena il capo verso di lei.
-Siegfried di Dubhe. Primo Cavaliere di Asgard e comandante in capo dell’Esercito del Nord-. Siegfried era alto e molto affascinante. Gli ondulati capelli biondissimi e lunghi ricadevano sugli spallacci della sua armatura scura dalla foggia di drago, ed i suoi occhi sembravano due pozze ghiacciate. In essi June riuscì a leggere una forza ed una sicurezza senza pari, qualità che lo avevano di certo condotto meritatamente ai ruoli che ricopriva.
-Hagen di Merak, vice comandante dell’Esercito e… Guardia personale di Sua Maestà-.
Dal secondo gradino, Hagen le diede la sua presentazione formale. E nella sua voce, di nuovo, poté cogliere un’incrinazione quando il Cavaliere fece accenno alla persona della Regina, e per la seconda volta le venne da domandarsi come mai proprio colui che si fregiava del titolo di Guardia personale non facesse nulla per velare i tentennamenti verso colei che doveva proteggere.
Quelle domande si dissiparono al suono di una nuova voce, melodica ed armoniosa. –Mime di Benetnash, bardo di Corte-.
Dopo aver pronunciato quelle parole, il biondo Mime le puntò addosso i suoi occhi malinconici e pizzicò una serie di delicate note sulla cetra che teneva tra le mani. La sua armatura color del rubino parve vibrare come le corde dello strumento, e June si sentì come rapita dalla malia che la melodia sprigionava.
-Perdonate l’ardire di Mime, damigella… Ha un vero talento per mettersi in mostra-.
L’incantesimo che la stava avvincendo fu spezzato da una voce tagliente, dal tono irrisorio e provocatorio, la quale si mostrò appartenere all’ennesimo God Warrior. Un giovane non troppo alto, esile, le cui membra erano fasciate da un’armatura indaco la cui foggia ricordava dei cristalli di ametista. La sua espressione era indecifrabile, sebbene se ne cogliesse la sfumatura irriverente ed astuta in quel poco che si intravedeva negli occhi verde prato coperti dall’incolta zazzera.
-Mi presento, il mio nome è Alberiech di Megrez, signora. E sono consigliere reale nonché… stratega, se così vogliamo definirmi- concluse la frase con una risatina soffusa, accolta da una serie di borbottii degli altri.
Gli occhi di June colsero un movimento sul gradino sotto quello dove Alberiech troneggiava e notò immediatamente le selvagge sembianze di un altro God Warrior. Nella sua armatura nera dai riflessi blu cupo si riconosceva distintamente la forma di un lupo. E proprio al ringhio di un lupo assimilò la sua voce quando, dopo aver appena chinato il capo verso di lei ed averla inchiodata con iridi di un castano così chiaro da sembrare giallo, disse asciuttamente –Fenrir di Alioth, difensore dei confini-.
Rabbrividì e poi trasalì. Il senso di oppressione che le giunse dall’immane figura che si stagliava sull’ultimo gradino poco lontano da lei le addossò un tale senso di nausea che ebbe l’impeto di arretrare. Soffocò l’impulso appena in tempo: che immagine avrebbe dato delle donne  del Santuario se avesse mostrato incertezza in quel momento e proprio davanti alla rappresentanza di un paese che giocoforza possedeva una tradizione guerriera di stampo unicamente maschile? No, piuttosto che mostrarsi vulnerabile si sarebbe fatta mozzare un arto.
Così si fece forza e, sollevando il mento, simulò una sicurezza che non aveva in attesa che il gigante che già all’inizio l’aveva aggredita parlasse di nuovo.
-Come già detto da Sua Maestà, io sono Thor di Pecda e la mia vita è al servizio di Hilda di Polaris- furono le parole ringhiate dal guerriero con un neppure troppo velato tono astioso.
A June venne spontaneo voltare lo sguardo verso la donna che, silenziosa, fino a quel momento era stata in piedi al fianco della Regina. Sentitasi evidentemente chiamata in causa aveva mosso un passo in avanti, profondendosi in un’elegante riverenza. Tutto nel suo portamento dichiarava il rango nobile a cui apparteneva, e la sua bellezza fredda ma sfolgorante nella semplicità del suo abbigliamento non ne era altro che un’ulteriore conferma.
-Che gli Aesi ed i Vanir siano benevoli con voi, fanciulla, finchè i vostri passi solcheranno le bianche nevi di Asgard sotto la protezione della Casa Reale. Io sono Hilda, primogenita della famiglia regnante di Polaris ed officiante del culto di Odino, nostro Padre  protettore-.
C’era diffidenza nelle parole della donna, ma era evidente che la forma imponeva cautela, cosa che Hilda non ignorava affatto.
Solo alla fine la bella fanciulla che sedeva sul trono si alzò in piedi, con un mite sorriso dipinto sulle labbra. –Io sono Flare, secondogenita della casata Polaris e Regina di Asgard, fanciulla. Ti porgo il mio benvenuto nelle mie terre…-.
La sua voce era delicata come una pennellata di rifinitura di un pittore sulla sua opera magna, e June se ne sentì rapita. Lentamente la osservò discendere la gradinata sotto lo sguardo attento e vigile dei suoi paladini e raggiungerla mentre ancora era inginocchiata. Le porse la mano senza smettere di sorridere e la aiutò a sollevarsi. Un senso di quiete, serenità e bontà sprigionava dall’esile figura della Regina, talmente intenso che la piccola amazzone non ebbe fatica a comprendere quale fosse la fonte del carisma di colei alla quale quei guerrieri truci e diffidenti sembravano essere così devoti.
-Ora, June: Hagen ci ha già riferito dettagliatamente ciò a cui ha assistito oggi. Il suo è un rapporto di parte, sebbene io confidi in moto particolare nell’obiettività del mio God Warrior, quindi gradirei che voi, ora, spieghiate a me ed a questo Consiglio chi siete realmente, cosa ci fate qui e… Si, magari ci esponiate le motivazioni per le quali non dobbiamo considerarvi una minaccia per il popolo e le terre del Nord. In nome dei buoni rapporti che intercorrono con Atene, June… Ve ne prego-.
Quello che ai fatti era un ordine suonò come una cortese richiesta. Anche se fosse stata maldisposta, June comprese che non si sarebbe comunque tirata indietro dopo un approccio così coinvolgente.
Con un sospiro iniziò il suo racconto, dalla partenza dal Santuario fino al momento in cui i suoi occhi si erano arresi all’avanzare dell’oblio sulla scogliera. Sentiva di potersi fidare della giovane Flare, eppure una parte di sé era rimasta all’erta sin dal primo momento che aveva poggiato piede sulle granitiche pietre di Palazzo Polaris. Aveva come l’impressione che, sebbene Asgard fosse diplomaticamente in pace con Atene, in quelle terre non tutti vedessero di buon occhio quell’alleanza che ai fatti relegava le terre del Nord sempre e comunque in un angolo del globo terracqueo dimenticato dagli altri pantheon che non fosse quello norreno. Fu per quei motivi che, prudentemente, decise di omettere dettagli sui suoi sogni, sul canto e sul fatto che la sua crisi finale avesse avuto luogo proprio nel loro luogo di culto più importante, il Picco della Preghiera. La versione ufficiale che fornì, perciò, fu che qualcosa dentro di lei, probabilmente il suo cosmo ancora instabile, l’aveva spinta ad abbandonare il Grande Tempio in cerca del suo reale posto nel mondo. Per quanto riguardava l’esplosione di potere che da lei era provenuta, poi, dovette dare fondo a tutta la sua inventiva, imputando quel fenomeno ad una forma difensiva propria della Costellazione del Camaleonte la quale, sebbene avesse abbandonato il servizio di Athena, sembrava in qualche modo vegliare ancora su di lei. Quando pronunciò tale argomentazione, sotto la maschera si morse appena il labbro inferiore, pregando la Dea della Sorte di assisterla in quel momento. Non era mai stata brava a mentire, ma in quel frangente c’era in gioco probabilmente la sua incolumità.
-… E questo è quanto, mia Signora Flare. Alla fine il mio lungo peregrinare mi condusse qui ad Asgard dove, come ben saprete, ho ricevuto la calda accoglienza della Valchiria Hrist per delle motivazioni che al momento mi rimangono oscure… Ripeto che le mie intenzioni sono meramente di natura conoscitiva, Regina. Vi prego quindi di credermi se vi dico che sono qui semplicemente come visitatrice e non come nemica…-.
Con quelle parole terminò il suo racconto. Un pensoso silenzio cadde nella sala del trono, e durante quei lunghi istanti June ebbe come l’impressione che le ombre gettate sui muri dalle lunghe lingue di fuoco alle sue spalle stessero prendendo le sembianze di maligni spiriti, pronti a sussurrare all’orecchio della Regina condanne inappellabili per la sua persona. Temette, inoltre, che non fosse poi tutta suggestione, visto che Flare, nell’istante in cui si volse a guardarla di nuovo, la stava scrutando con occhi dubbiosi e pensosi.
Ma i timori si dissiparono quando, di colpo, la giovane regnante volse appena la testa sulla propria spalla ed interpellò la sorella.
-Tutto ciò è davvero singolare, non trovi anche tu, sorella mia? Le Divinità del Vallhalla non si sono mai disturbate ad intervenire in faccende apparentemente futili come questa, men che meno le Valchirie, il cui compito è da sempre così singolare ed unico… Hai interrogato le rune, Hilda? Cosa puoi dirmi in merito a tutta questa faccenda?-.
Dal mezzo delle scale si percepì una risatina irriverente e, in un sussurro volutamente udibile, una voce scandire –Come se l’evidenza non fosse già schiacciante…-.
-Alberiech, non abusate della mia pazienza o della vostra posizione per dare giudizi non richiesti- disse Siegfried avanzando di un passo minacciosamente verso il God Warrior di Megrez, il quale non apparve affatto impressionato e sfidò l’altro a proseguire con sguardo irrisorio.
La bella sacerdotessa scese anche lei le scale, con le mani compostamente intrecciate davanti a sé e, passando davanti al comandante, gli rivolse uno sguardo eloquente che raggiunse il suo scopo: il silenzio tornò a regnare nella sala. Quando poi ella giunse di fronte alla sorella minore le rispose in tono basso e apparentemente costernato –Sono dolente, Flare… Gli Dei rimasero silenti alle mie preghiere di illuminazione… Credo che la Valchiria abbia detto il vero: hanno lasciato a noi l’arbitrio per discernere come comportarci in questo singolare frangente-.
La Regina apparve confusa, ma fu solo un attimo. Tornò immediatamente padrona di sé e, con occhi speranzosi e scintillanti, tronò a rivolgersi a June.
-A quanto pare siamo di fronte ad una situazione che non ha precedenti qui ad Asgard… Probabilmente in altri tempi i miei predecessori non avrebbero avuto dubbi sul fatto che allontanarvi sarebbe stata l’unica via da intraprendere. Eppure io sono convinta che questa sia un’occasione unica che le Norne hanno intessuto nel filo del destino di Asgard, una via alternativa che potrebbe costituire il primo spiraglio di apertura di queste fredde terre al resto del mondo-.
-Ma, mia Regina…-.
-Per favore, Thor! Non ho intenzione di trattare, stavolta. Tutti voi sapete quanto io tenga in considerazione l’opinione di tutti voi che siete difensori dei nostri confini, ma non possiamo ignorare il fatto che per troppo tempo Asgard ha costruito autonomamente il suo esilio. Ritengo che offrire asilo a questa ragazza potrebbe essere il primo passo verso un nuovo contatto con le assolate terre del Sud-.
Dopo aver detto quelle parole, Flare risalì le scale al fianco di sua sorella e riprese posto sul trono. Infine chiosò –Chi è con me, dunque, miei fedeli amici?-.
Subito Siegfried e Mime si fecero avanti, inchinandosi lievemente per dare man forte alla Regina. Dopo qualche istante anche Alberiech si fece avanti, assecondando la decisione con l’ormai consueto ghigno furbesco dipinto sulle labbra. Anche Hagen, dopo qualche momento in cui a June parve di veder scorrere sul suo viso una vasta gamma di stati d’animo tra cui il fastidio, l’indignazione, la rassegnazione, per finire con la consapevolezza della giustizia della decisione presa, si mostrò favorevole. Fenrir lo seguì immediatamente dopo, non lasciando trasparire emozione alcuna.
Inevitabilmente tutti gli sguardi furono calamitati dalla massiccia figura di Thor. Il gigante non si scompose minimamente, ma si limitò a dire –Il Consiglio non è al completo, mia Regina. La decisione andrebbe presa all’unanimità-.
Flare, sorprendentemente, gli dedicò uno sguardo materno e conciliante. –La vostra preoccupazione per il protocollo è ammirevole, Thor, ma come potete notare la decisione va presa ora mentre i vostri compagni potrebbero rientrare fra molto tempo…-.
-Ma potremmo…-.
Fu Siegfried di nuovo a prendere in mano le redini della situazione. –Proponete di imprigionare la ragazza, Thor? O magari, nell’attesa, relegarla in qualche tugurio fuori dai confini, a farla morire di freddo e fame? E con quale motivazione? Ragionate, ammesso e non concesso che la qui presente June possa essere un pericolo, non sarebbe preferibile tenerla qui con noi per poterla controllare? Come se non bastasse, poi, dobbiamo tenere a mente che comunque in questo paese vige una monarchia: avere la nostra opinione è una forma di cortesia delicata che la Regina Flare ci riserva, ma tutti noi sappiamo bene che non sarebbe affatto necessario!-.
Motivazioni inattaccabili. Ed anche il God Warrior di Pecda dovette pensarla allo stesso modo perché di lì a qualche momento chinò il capo e dette, sebbene con riluttanza, il suo assenso.
Lo sguardo compiaciuto di Flare si posò nuovamente su June. –La decisione è presa, fanciulla… Siete la benvenuta nelle gelide terre del Nord. Inoltre, provenendo voi dal Santuario di Athena, con il quale la mia casata mantiene pacifici rapporti diplomatici, sappiate che le porte di Palazzo Polaris per voi saranno sempre aperte. C’è soltanto un dettaglio da definire, per concludere…-.
June abbassò deferentemente il capo. –Vi ringrazio, mia Signora. Di qualsiasi cosa si tratti farò del mio meglio per venire incontro alle usanze del popolo di Asgard per non essere per voi un peso-.
Le parve di udire, proveniente da Fenrir, una sorta di ennesimo ringhio sordo, come a volerla sfidare soltanto a pensare di poter arrecare danno, ma subito Flare chetò gli animi.
-Come avrete ormai capito, June, in questo luogo l’ospitalità in quanto tale non è contemplata. Le persone sono abituate a darsi da fare per la sopravvivenza e ciò implica che sia impensabile non avere un fine, uno scopo, un’occupazione entro i nostri confini. Ebbene, cosa pensate di poter fare voi, qui?-.
La domanda sopraggiunse inaspettata e lì per lì non seppe cosa rispondere. La sua mente lavorò febbrilmente per trovare la miglior soluzione. Vagliò tutti i risvolti della faccenda: era ormai chiaro che Asgard rappresentava la fine del suo viaggio. Là, di sicuro, avrebbe trovato delle risposte ai suoi quesiti, ma le ci sarebbe voluto parecchio per capire cosa cercare e dove di preciso. Inoltre avrebbe avuto bisogno di una certa libertà di movimento ed imbarcarsi in una qualche attività di cui non aveva rudimenti le avrebbe fatto sprecare tempo prezioso. I pezzi si ricomposero da soli in un sol colpo, illuminandole la via.
-Maestà, God Warriors tutti… Come ho specificato all’inizio sono in viaggio per ritrovare me stessa, e la me stessa che ho smarrito è un’amazzone guerriera che non ha trovato la sua collocazione al Santuario di Grecia. E’ evidente proprio in questa sede, presieduta da voi che dell’arte del combattimento e del potere bellico siete maestri, che mai in luogo migliore sarei potuta approdare. In queste fredde lande auspico di ritrovare e collocare il mio ego guerriero, perciò sono qui di fronte a voi a chiedere di essere istruita alla via del combattente del Nord. Mi offro come allieva, e ciò che chiedo è soltanto qualcuno che mi insegni-.
Flare guardò Hilda, la quale le fece un lieve cenno d’assenso, e poi Siegfried che fece altrettanto. Così, cosciente dell’assenso delle due persone a lei più vicine domandò –Qualcuno di voi, miei fidati God Warriors, accetterà l’incombenza e la sfida che costei rappresenta?-.
Non vi fu risposta subitanea, ma la stasi venne rotta da un arpeggio, e fu in quel modo che Mime richiamò l’attenzione degli astanti su di sé. –Come bardo di corte uno dei miei compiti è rammentare le tradizioni della mia terra natale… Qui ad Asgard vige il precetto per il quale “Ciò che troviamo ci appartiene”. In virtù di questo, quindi, direi che la responsabilità di questa ragazza non deve essere affidata ad un volontario, ma che è già di competenza di uno tra noi-.
-Starete scherzando, vero? Sono un guerriero, dannazione, ed uno dei migliori che questo posto possa offrire. Sono stanco di fare da balia!-.
Hagen eruppe in uno sfogo d’ira con quelle parole, e June se ne sentì in qualche modo toccata: in fondo lui le aveva salvato la vita, sarebbe stato così terribile farle da maestro? Non gli si stava chiedendo di prendersi cura di lei, ma da come il combattente aveva reagito sembrava quasi che si fosse sentito investito di tale onere.
-E sia. La decisione è presa. Con questo dichiaro sciolto il Consiglio, almeno per il momento-. Flare freddò l’inizio di un’eventuale discussione in tono autoritario, non lasciando possibili spazi per eventuali repliche.
Al suono di quella frase, Hagen la soppesò con occhi di ghiaccio. Ma alla fine si inchinò rigidamente e, senza aggiungere altro, lasciò la sala a grandi passi.
June lo scrutò di sottecchi andarsene, mentre la sua figura trasudava ira, disappunto e frustrazione. Possibile che quella reazione fosse legata solo a lei? No, doveva esserci dell’altro e, visto ciò che aveva potuto osservare, la Regina c’entrava in qualche modo. Cercò conferma di quell’ipotesi sul volto della giovane sovrana e, in effetti, la sorprese ad osservare l’uscita di scena del Cavaliere di Merak con una strana espressione addolorata e triste. Infine la vide sospirare e tornare a parlare a lei.
-E’ stata una giornata lunga, June, credo sia il caso che tutti ci congediamo e ci prendiamo del tempo per riordinare i nostri pensieri. Verrete scortata presso il vostro alloggio e sappiate che per qualsiasi cosa potrete venire da me… Benvenuta ad Asgard-.
 
Di nuovo camminava per i corridoi del palazzo reale, ma stavolta le spalle del God Warrior che fissava di fronte a sé erano altre. L’uomo che la scortava fino a quel momento era stato in silenzio, ma June aveva avuto l’impressione che tra tutti fosse quello meno mal disposto verso di lei. Dopo qualche tempo che procedevano, il Cavaliere si fermò davanti una grande porta che aprì, invitandola ad accomodarsi.
-La Regina Flare mi ha ordinato di scortarvi fin qui, fanciulla. Questi saranno i vostri appartamenti, almeno finché non vi sarete sistemata completamente ed avrete trovato la vostra giusta collocazione in Asgard-.
June entrò con titubanza, ma cercò di non dare a vedere lo stato di avvilimento e tristezza in cui versava. La maschera una volta di più la aiutò, mentre sistemava i suoi pochi averi nella stanza fingendo di non dare peso al fatto che l’alto e biondo guerriero fosse ancora lì, intento ad osservarla.
-Perdonatemi se vi sembrerò inopportuno, fanciulla, ma prima di congedarmi da voi vorrei chiedervi… Come dire… Un favore personale, se possibile-.
Si bloccò al suono di quelle parole, poi si volse al suo indirizzo e rispose –Consideratelo fatto per ciò che sarà in mio potere, nobile Siegfried-.
Ebbe come l’impressione che in quel momento il comandante delle truppe del Nord fosse in difficoltà, ma che non potesse esimersi dall’affrontare un argomento che in realtà non avrebbe voluto prendere.
-Si tratta di Hagen. So bene di non essere nella posizione di fare un discorso del genere, essendo io per voi un estraneo, e soprattutto visto che lui è un mio subordinato. Ma quel ragazzo, oltre ad essere il mio secondo è prima di tutto un mio amico e non voglio che debba patire ulteriori sofferenze come già gli è capitato…-.
-Sofferenze, Siegfried? Io non capisco…-.
-Un sorriso mesto si dipinse sulle labbra dell’uomo. –Vedete, fanciulla… Noi non siamo solo letali strumenti di morte nelle mani della Regina. Prima di tutto e cosa più importante, siamo uomini. Ed in quanto tali disponiamo di un punto debole che nemmeno mille battaglie ed i più duri allenamenti potranno mai eliminare. Sto parlando dei sentimenti… Certo, non per tutti noi potrei dire lo stesso, ma almeno per Hagen mi sento di poter affermare che sia così. Impeccabile e letale in battaglia, fragile e ferito nel cuore…-.
June reclinò il capo da un lato, ora fortemente confusa ma decisa a venire a capo di quell’ennesima stranezza. –Se posso azzardare un’ipotesi, nobile Siegfried… Ciò di cui state parlando ha qualcosa a che vedere con la Regina, vero? Sarò anche una ragazzina, ma ho ancora occhi per vedere e sufficiente discernimento per capire…-.
-Siete un’acuta osservatrice-.
-Capisco. Tuttavia mi è difficile comprendere come potrei mai essere io causa di qualsivoglia sofferenza per Hagen… E poi, perdonatemi, Siegfried: sebbene sia lodevole l’interessamento che un amico possa avere verso un altro, ho difficoltà  a collocare questo vostro intervento all’interno delle ferree meccaniche marziali di Asgard-.
Il comandante sospirò, massaggiandosi gli occhi. Poi si voltò e chiuse la porta. –Sappiate che questa conversazione che stiamo per avere, June, ufficialmente non sarà mai avvenuta. Ma ritengo sia corretto che una richiesta al limite dell’intimidatorio pari alla mia debba essere giustificata e spiegata. Vedete, fanciulla, una delle granitiche leggi che regolano Asgard lega l’erede al trono all’obbligo di congiungersi con un suo pari, un discendente di sangue reale per perpetrare la linea di sangue dei Polaris, l’unica famiglia in grado di “parlare” con gli Dei-.
Tacque un istante, come a volerle far metabolizzare l’informazione, poi continuò riprendendo la narrazione da un altro punto. –Hagen ed io apparteniamo a due importanti famiglie della casta militare ma, sebbene siamo nobili, nelle nostre vene non scorre sangue reale. Questo non ha impedito che crescessimo fianco a fianco con le due figlie del precedente Re, nei panni di loro guardie personali. Non credo che ci sia bisogno che vi dica come, nel tempo, il rapporto tra noi e le sorelle Polaris abbia preso una piega diversa rispetto a quello che dovrebbe legare due principesse ai loro sorveglianti…-.
Cadde qualche istante di silenzio, pregno di riflessioni e di amarezza. Poi, di colpo, June si portò istintivamente la mano alla bocca della maschera: aveva capito.
-Ci siete arrivata da sola, noto… Comunque credo sia giusto che lo sentiate dalla mia voce. Si, Hilda ed io ci innamorammo perdutamente l’uno dell’altra, sebbene consci che la sua posizione di erede al trono non ci avrebbe mai permesso di vivere a pieno la nostra storia d’amore. Fu così che la principessa, per amor mio, abdicò in favore di Flare. Ma…-.
-Ma il problema era che anche Hagen era innamorato di Flare…- lo interruppe June, involontariamente.
Siegfried, troppo preso dalla sua elucubrazione, sembrò non dare peso alla cosa e si riagganciò alla sua osservazione. –Esattamente. Ed il Fato avverso volle che nello stesso periodo in cui io feci la mia proposta di matrimonio ad Hilda anche lui dichiarasse i suoi sentimenti a Flare. Fu una tragedia. E non solo perché la principessa si trovava ormai ad essere vincolata ad accettare il trono, stroncando a priori ogni velleità di unirsi a lui… Lo fu principalmente, invece, perché al contrario di Hagen, Flare non provava amore per colui con il quale aveva condiviso buona parte della sua vita-.
-Per tutti gli Dei…- mormorò June.
-Flare vedeva Hagen come un fratello maggiore e, nel suo candore di ragazza, non mancò di confessarglielo quando lui gli aprì il suo cuore. Il peso di quel doppio smacco gravò su di lui come un macigno, tanto che neppure il suo spiccato senso del dovere e della moralità riuscì a sostenerlo in quel momento-.
-Cosa intendete?-.
-Hagen abbandonò Asgard. Partì per un viaggio e stette via svariati mesi. Poi, un giorno, senza preavviso si ripresentò chiedendo venia per le sue azioni. Flare, sebbene con riluttanza, decretò che su di lui ricadesse la pena marziale per diserzione: Hagen incassò cinquanta frustate nella piazza d’armi del Palazzo, senza che dopo potesse ricevere assistenza. Mi sembra ancora di vedere lo scintillio fiero dei suoi occhi mentre la frusta calava sulla sua schiena sebbene dalla sua bocca non uscisse neppure un suono…- concluse il guerriero, abbassando dolentemente gli occhi.
-Fu dura per voi assistere a quella scena…-.
Lui alzò lo sguardo, ora duro e severo. –Lo fu principalmente perché in cuor mio sapevo che in qualche modo quella situazione era stata causata da me. Se non fossi stato così egoista, così accecato dai miei sentimenti, avrei visto a cosa avrebbe portato la mia unione con Hilda. Non ho valutato affatto la situazione di Hagen, ma ormai ciò che è fatto è fatto. Non posso cambiare lo stato delle cose, visto che ormai Hilda ed io siamo sposati, lei è l’officiante del culto divino e Flare è regina. Però una cosa ancora è in mio potere, ovvero provare a schermare il mio amico da un papabile nuovo dolore-.
June fece un passo indietro e percepì una sorta di indignazione crescerle dentro. –Nobile Siegfried, sebbene trovi le vostre intenzioni molto onorevoli, non credo che lo stato delle cose meriti un simile avvertimento nei miei confronti. Io sono qui con uno scopo preciso e lungi da me voler ferire chicchessia. Per altro fate questo discorso senza considerare che io sono una misera ragazzina: come potete temere che Hagen possa avere attrattiva nei miei confronti? E’ assurdo…-.
Gli occhi grigi di Siegfried divennero due fessure. –Difficilmente il mio sesto senso sbaglia, fanciulla. Dal primo istante che vi ho vista ho percepito in voi qualcosa di… Particolare. Non saprei ancora dire cosa, visto che non vi conosco affatto e non vi ho mai neppure vista in faccia. Ma già il fatto che Hagen vi abbia salvata crea tra di voi un legame che qui in Asgard può essere considerato sacro ed il fatto che sarete sua allieva implica che passerete assieme molto tempo. Lui uomo, voi donna. Non vi sto minacciando, June: vi sto chiedendo cautela-.
La ragazza sollevò il capo e cercò fieramente di ergersi al massimo delle possibilità concesse dalla sua statura. –L’avrete, Siegfried. Siete stato molto chiaro. Vi ringrazio per avermi messa al corrente dei fatti, ma una cosa mi sento di dirvela: placate il vostro senso di colpa. Hagen ha affrontato viso a viso una Valchiria… Non credo che abbia bisogno di essere difeso, men che meno se la motivazione sia un discutibile e tardivo lavarsi la coscienza da parte vostra. Perdonate la franchezza, ma credo che fosse doverosa. Ora vi prego, lasciatemi… Ho bisogno di stare sola-.
Siegfried spalancò gli occhi, ma incassò il colpo con signorilità. Si portò la mano al petto e con un lieve cenno di cortesia lasciò la stanza.
Una volta sola, June si tolse la maschera e si lasciò cadere sul letto. Sospirò. –Oh Numi, perché vi state accanendo a giocare con il mio Fato? Cos’altro dovrò aspettarmi, ancora?-.
Non giunse risposta alcuna e, nel fragoroso silenzio che la avvolse, si lasciò cadere tra le braccia di Morfeo.
 
 
Note dell’autrice:
Segnalo che in questa sede Flare è l’unica a non essere stata appellata con il nome originale per un motivo. Nell’anime, infatti, il pg è Freya Polaris. Ma essendo presente nella mia storia anche la Dea Freya, temevo che si creasse confusione ed ho optato per questa soluzione.

 
 
 
L’Angolo di June:
Inizio con il dire che sono una persona orribile, lo so. Questo capitolo era infinito e vi avrà tediato a bestia: perdono!! Ma era necessario… Cercherò di essere più morigerata nel capitolo 5, anche se ho già dei dubbi circa il riuscirci. Infatti il prossimo capitolo sarà ricco di interessanti avvenimenti che meritano di essere affrontati con il debito modo!
Questo capitolo lo voglio dedicare alla mia “figlia” preferita, ovvero la puccia-pink Fler, che nel mio gruppo di role gioca Flare. Spero di essere riuscita a non discostarmi troppo dal suo roseo modo di ruolare questa dolce principessina: figlia, non volermene, spero che ti sia piaciuta la Princy (anche se per me il tuo reale pg è un altro, lo sai)!!!
Tributo anche la citazione della frase “Se posso azzardare un’ipostesi” alla cara Jul… Non ce l’ho fatta, ho dovuto mettercela!!! XD (mamma mia, oggi il mio livello di plagio e furto di idee è alle stelle!!).
 
 
E adesso… “Visual matching time”!
Flare di Polaris:  Hilary Duff –
 http://www.videomusic.tv/wp-content/uploads/2007/06/hilary-duff-cute-look.jpg
Hilda di Polaris: Abbie Cornish – http://www.altezzaepeso.com/images/stories/famosos14/abbie_cornish.jpg
Siegfried di Dhube: Alexander Skarsgard – http://images.movieplayer.it/2008/09/15/alexander-skarsgard-in-una-foto-promozionale-della-serie-true-blood-88422.jpg
Mime di Benetnash:William Moseley – http://image.qpicture.com/image/w/artist-william-moseley/william-moseley-384923.jpg
Alberiech di Megrez: Ben Barnes – http://benbarnesfan.com/gallery/albums/photoshoots/professional/Set_004/normal_002.jpg
Fenrir di Alioth: Taylor Kitsch – http://images4.fanpop.com/image/photos/23200000/Taylor-Kitsch-taylor-kitsch-23298054-416-625.jpg
Thor di Pecda: Dirk Nowitzki – http://images.starpulse.com/pictures/2011/02/21/previews/Dirk%20Nowitzki-ABE-005983.jpg

Spero sia stato di vostro gradimento! A venerdì prossimo!
Un saluto solo a quelli che si lavano,
 
June
   
 
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