Era
una vita perfetta la mia, il destino era stato generoso con me
donandomi genitori meravigliosi, una buona intelligenza e un aspetto
non pessimo. Ero laureata in economia e commercio, avevo un buon posto
di lavoro in banca, una bella casa di proprietà, una
macchina, amici splendidi una vita splendida. Avevo tutto, ma
soprattutto avevo Samuele.
Lui
era il centro del mio mondo, il mio tutto, l’altra
metà della mia anima.
Ci
conoscemmo alle superiori attraverso amicizie in comune, lo ricordo
come fosse ieri, lui con quei capelli così scuri e ricci, il
suo sorriso sghembo e aperto, i suoi denti bianchi e perfetti, gli
occhi mutevoli nei quali ti potevi perdere. Fu amore a prima vista. Fu
un amore sereno e sincero, leale e affettuoso e, con il tempo,
sfociò in un’altrettanto serena convivenza. Tutti
i giorni ci risvegliavamo vicini e sorridenti, consapevoli che, ovunque
fossimo stati durante la giornata, la sera ci saremmo addormentati
abbracciati.
Signori,
non saprei dire quando tutto questo sia cambiato, forse la colpa
è mia che non ho dato peso a certi segnali, forse ho
minimizzato i problemi, pensando scioccamente che fossero solo momenti
di stanchezza per la monotonia delle nostre vite, i classici
“bassi” che tutte le coppie vivono. So solo che una
mattina non lo vidi sorridere, che rifiutò con una scusa il
bacio del buon giorno e l’implicito invito al fare
l’amore che conteneva. Ci rimasi un po’ male ma,
nonostante ciò, mi alzai e cominciai la solita routine
giornaliera preparando la moka mentre lui era in bagno. La suoneria che
annunciava l’arrivo di un sms sul suo cellulare
risuonò in maniera minacciosa nel silenzio innaturale
dell’appartamento o forse solo nella mia testa,
chissà, comunque l’eco di quel metallico BIP
risuonava ancora nelle mie orecchie, facendomi contorcere le viscere e
sudare freddo. O signori miei, che cos’è il tarlo
del sospetto! In sette anni signori, mai e poi mai mi ero permessa di
leggere gli sms del mio Amore, eppure, chiamatelo sesto senso se
volete, quella volta lo feci. Era un sms inviato da una certa Sara, non
so neanche se sia presente oggi, diceva soltanto “Le hai
detto tutto?”. Immaginate signori, cosa avreste pensato al
posto mio? Rimisi il cellulare al suo posto, dirigendomi meccanicamente
alla moka, spegnendola e versando due tazze di caffè che
quel giorno nessuno avrebbe bevuto, mentre lui già vestito
entrava in cucina intascando con aria colpevole il telefonino,
guardandomi con due occhi tristi che laceravano il mio cuore e
sembravano accusare me per il suo tradimento. Lui uscì ed io
piansi.
Non
andai al lavoro, non avvertii neanche, è vero, ma no
signori, non premeditai nulla, rimasi solo a piangere sul cuscino,
immaginando braccia non mie intorno al suo collo, labbra sconosciute di
una donna senza volto che esploravano la sua bocca, sussurri e risatine
complici a me estranee. Piansi tutte le lacrime del mondo, ne sono
sicura, inzuppai le lenzuola in disordine perdendo la cognizione del
tempo, forse mi addormentai. Mi svegliai di soprassalto sentendolo
rientrare, e ancora confusa per il dolore e il sonno afferrai il
coltello che tenevo nel cassetto per paura dei ladri. Lui
entrò, mi guardò, si sedette sul letto dicendomi
le solite banalità che si dicono quando finisce una storia,
dicendomi che non era colpa mia ma sua, che era lui
“sbagliato”. O signori, lo amavo così
tanto! Non so cos’è successo esattamente poi, so
solo che ha cercato di abbracciarmi, so che odorava di quella puttana,
scusate il termine, so solo che lo odiavo e che lo amavo e che per
questo lo odiavo più forte. Il coltello che scorreva nella
sua carne senza particolari resistenze, io che lo penetravo come tante
volte lui aveva fatto con me, lo uccidevo nel corpo come lui aveva
ucciso il mio cuore, sentivo il suo sangue che mi scorreva sulle mani
inzuppando il letto. Quel letto che ora è bagnato di lacrime
e sangue.
Signori
della giuria, non invoco
clemenza, quello che ho fatto è stato un atto terribile. Non
saprei che farmene della libertà come non so che farmene
della vita. Quello che chiedo signori miei è la comprensione
e una condanna anche per lui, anche se non c’è
più. Lui è colpevole quanto me.
Signori, io lo amavo così tanto…