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Autore: Dram66    10/08/2012    2 recensioni
“Io..dovrei sentire dolore, dovrei essere triste, dovrei..odiarti..ma non ci riesco. Non sento nulla di tutto questo, io non mi sento nemmeno in colpa. Io vedo solo te, io voglio solo te” Bulma prese il suo viso tra le mani e ricambiò il bacio con più passione, il respiro corto ed agitato. Vegeta la baciava e la accarezzava, come se fosse stata l’unica cose che avesse mai voluto fare nella vita.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo abbastanza lungo e vario e molto esplicativo(c’è poca azione,insomma). In mente ho tutto un mio progetto che si protrarrà un po’ e che andrà anche a coinvolgere nuovi personaggi e le loro vicende. Vorrei precisare una cosa però,che forse deluderà un pochino(..ma chi?!): Vegeta e Bulma non torneranno nell’altra dimensione, ora la loro vita e lì e lì resteranno (..ma chissà..?).
Come al solito fatemi sapere cose ne pensate e siate clementi!questo capitolo è un po’ particolare!!
Enjoy!
 
Era seduta sul pouf al centro della stanza, gambe distese e intenta a rammendare la tuta nera che Yamko aveva rotto giocando con suo fratello nei giardini. Da qualche giorno potevano uscire dagli appartamenti del Principe e recarsi nei giardini per stare un po’ all’aria aperta, nonostante fosse sempre torrida. I bambini giocavano fra loro o provavano ad allenarsi, ricordando gli insegnamenti impartiti dal padre sulla Terra, mentre Bulma passeggiava o si sedeva su una panca di granito ad osservarli.
Cucire la rilassava: i tarvisiani, verso i quali ora era meno diffidente, avevano pregato la loro signora per lasciare che fossero loro ad occuparsi dei rammendi ma Bulma aveva insistito. In questo modo rifletteva meglio, era sempre stata una che riordinava i pensieri tenendo occupate le mani: l’ozio la rendeva confusa e insicura.
Quanto era successo qualche settimana prima aveva dell’incredibile per Bulma. Non avrebbe mai e poi mai pensato che sarebbe finita tra le braccia, anzi nel letto, di Vegeta. Quel pianeta torrido e desertico la rendeva strana, più disinibita e incosciente. Non conosceva quell’uomo, non sapeva ancora se fidarsi di lui allora, eppure la sola vista le faceva sciogliere le ginocchia e sentire farfalle nello stomaco. Al pensiero di Yamko le si riempivano gli occhi di lacrime: si sentiva in colpa nei suoi confronti per quanto era accaduto, per quanto fosse accaduto in fretta, però mentre accedeva di sensi di colpa non ve n’erano stati nemmeno l’ombra dentro Bulma. Era sicura che avrebbe sempre amato suo marito, il padre dei suoi figli, ma allo stesso tempo qualcosa di magnetico ed irresistibile la attraeva,non solo fisicamente, verso l’alieno moro, e non c’era scampo. Quando la toccava, quando la baciava, ogni cosa perdeva valore, anche i giuramenti del suo matrimonio e l’amore per suo marito. Lui era morto, Bulma l’aveva visto coi suoi occhi e non l’avrebbe più rivisto, a meno che quelle sfere del Drago che aveva cercato da ragazzina funzionassero davvero come aveva detto Vegeta; lei però sapeva, nel profondo del suo cuore, che non rivoleva indietro Yamko. Lo avrebbe sempre amato,certo, ma ciò che la legava al sayan era più profondo ed ancestrale, erano predestinati ad amarsi, Bulma lo aveva capito dal lungo racconto fatto dal Principe e da quella prima notte che avevano trascorso insieme: non avrebbe più voluto nemmeno tornare sulla Terra, ormai un mucchio di sassi disabitati, il suo posto era lì con Vegeta, la sua casa era con lui.
E di nuovo le si riempivano gli occhi di lacrime: era il senso di colpa, per qualcosa di fatale ed inevitabile a cui lei non poteva porre rimedio.
La notte precedente, mentre giacevano insieme al buio, Vegeta le aveva parlato.
“Mi sento un mostro” disse “ per quello che abbiamo fatto, per come è iniziata. E’ colpa mia: tu eri confusa e in lutto e io ne ho approfittato sapendo come erano le cose tra noi. Mi dispiace, mi dispiace davvero.”
“Non devi.” Sospirò pesantemente “Non sono una ragazzina impaurita. Sono una donna e una madre, e sono cosciente delle mie azioni e delle conseguenze, per quanto” sospirò di nuovo “ho agito senza pensare, lo ammetto, di istinto, senza riflettere e come se non ci fosse un futuro. In quel momento non ero più Bulma, moglie di Yamko, madre di Yamko e Rhaego, ma ero solo..tua. E’ una cosa che nemmeno io so spiegarmi, non sono una donna di quel genere.” Gli occhi azzurri vagavano nel buio “Spero solo che Yamko, ovunque si trovi, possa perdonarmi. E che in un futuro possano farlo anche i miei figli.”
“Loro sono al sicuro qui. Non gli accadrà mai nulla di male, te lo prometto” Vegeta le prese una mano e la baciò. I mesi precedenti di solitudine ed incertezza avevano spazzato via parte dell’orgoglio e della vergogna nei suoi confronti, si sentiva più libero e disinvolto nei suoi riguardi.
“Come stanno? Non sono riuscito a stare molto con loro, temo di fargli paura.”
“Rhaego sembra felice. E’ piccolo, non credo abbia capito la situazione. Sta sempre dietro a una di quei piccoli alieni bianchi, Irri mi pare si chiami. Ride, scherza, gioca, è felice insomma. Per Yamko è più dura, ha visto il padre morto e sa che non tornerà più nulla come prima. I suoi occhi sono cambiati.” La voce di Bulma si incrinò lievemente “Sono tristi.”
“Mi dispiace” . Vegeta balbettò poche parole dopo, piene di insicurezza. “Io..vorrei..cioè potrei..vorrei poter stare con loro..insomma, aiutarli..a crescere..” Sospirò con decisione “So bene che non potrò mai sostituire loro padre, e non ci proverò mai, ma vorrei poter esserlo per loro, vorrei farli crescere,prendermi cura di loro, insegnargli a combattere, perché vedi io..”  Ti amo. Non le disse quelle parole,le pensò soltanto. Era riuscito solo un paio di volte, quando era con la Bulma dell’altra dimensione, a dire che l’amava e sempre di notte, credendo, o sperando, che lei dormisse; le pensava di continuo, ma puntualmente gli morivano in gola.
Bulma lo accarezzò leggermente, la mano delicata e morbida sulla mascella appuntita e ruvida.
“Lo so” disse soltanto.
 
Le settimane passavano e Vegeta trascorreva sempre più tempo con Bulma e i suoi figli. Nonostante non avessero una gran libertà di movimento, confinati com’erano nei seppur grandi appartamenti del Principe e nei giardini sottostanti, Vegeta cercava di dar loro una vita che potesse definirsi in un qualche modo ‘normale’. Bulma si occupava della loro istruzione, cercando di riprenderla da dove era stata interrotta sulla Terra e Vegeta stava anche pensando di affiancargli un maestro alchimista, per fargli apprendere tutto quanto concernesse il pianeta Vegeta e il popolo sayan. Ma soprattutto il principe aveva cominciato ad allenarli: personalmente, tutti i giorni, in un angolo dei giardini, al riparo da occhi indiscreti. Sapeva che Yamko era un guerriero mediocre, ma era stato comunque bravo a gettare le basi e Vegeta contava che con il suo allenamento sarebbero diventati bravi guerrieri, seppur non all’altezza dei sayan.
Ciò che più lo preoccupava era Bulma: sapeva che non poteva lasciarla per sempre con le mani in mano e permettere che un’intelligenza come la sua si occupasse solo dell’educazione dei suoi figli era un gran spreco. Vegeta era determinato a farla entrare nell’ordine degli Alchimisti, si sarebbe rivelata utile,ne era certo, e allo stesso tempo la metteva in una posizione inattaccabile. Ma re Vegeta era stato chiaro ed irremovibile, ‘Non ci servono i terrestri e la loro futile tecnologia’,sterminandoli tutti; il giovane era convinto che si sbagliasse, e cercava di fare pressioni sul resto del consiglio, come su Cavage o su Nappa, e maestro Calabacìn continuava ad interpellare il Re in merito, asserendo che il Principe aveva ragione, e la tecnologia terrestre non era affatto sciocca, ma molto utile, soprattutto nel campo della medicina e della chimica, dove i sayan erano un po’ ignoranti, e sarebbe stato prezioso sfruttare quell’unica scienziata terrestre rimasta. In realtà il vecchio maestro aveva intuito che dietro le intenzioni del Principe si celava qualcosa d’altro, ma temeva che domandarlo esplicitamente avrebbe offeso ed irritato sua altezza.
 
Era intenta a scrivere e a riordinare fogli quando qualcuno si schiarì la voce brevemente. Bulma alzò lo sguardo dalle sue carte e si ritrovò la guerriera che spesso scortava il Principe, in piedi sulla soglia della sua stanza. Si fissarono per qualche istante, Bulma non sapeva in che lingua rivolgersi a lei: da un paio di settimane Vegeta le aveva affiancato un giovane maestro alchimista di nome Gurka, discepolo diretto del Sommo Alchimista Calabacìn, un ragazzo molto sveglio e di larghe vedute, per aiutarla con l’istruzione dei bambini e per insegnarle la lingua sayan e tutto ciò che riteneva fosse importante conoscere sulla loro civiltà. Era una lingua difficile, molto complessa e dai suoni aspri e articolati, ma Bulma era un’allieva svelta e sapeva già biascicare qualche parola e qualche frase. Ciononostante non sapeva se la giovane guerriera avesse la pazienza di interpretare i suoni strani che le uscivano dalla bocca.
“Devo portare Principe alla riunione del Consiglio” esordì Rapaney in una sgrammaticata lingua terrestre.
Bulma la guardò di sottecchi “Il Principe non è qui.”
Rapaney strabuzzò gli occhi “No, lui qui. Devo portarlo al Consiglio, è mio compito!” disse divenendo rossa in volto.
“Bè, mi dispiace ma non è qui, non ancora almeno. Potresti aspettarlo, magari si farà vedere.”
La guerriera rimase in piedi, dritta e rigida, spostando di tanto in tanto il peso da una gamba all’altra. Bulma le indicò dei cuscini poco distante da dove si trovava.
“Accomodati, siediti” disse dolcemente
“No”
“Potrebbe volerci molto, forse dovresti..”
“No”
Bulma stirò le labbra seccata, scuotendo leggermente il capo e ritornando ad osservare i suoi fogli.
“Come ti chiami?”
La ragazza rimase dubbiosa un attimo, forse non aveva capito la domanda.
“Rapaney, figlia di Rettich”disse infine con fierezza.
“E’ un piacere conoscerti Rapaney, io mi chiamo Bulma” disse gentilmente. Era la prima volta da che era lì che parlava con una persona del suo stesso sesso, dal momento che non considerava veramente femmine le piccole tarvisiane. Inoltre il giovane maestro Gurka era molto gentile e paziente, ma estremamente ligio al dovere e poco propenso a fare banalmente ‘quattro chiacchiere’.
“Io qui per princ..”
“..per il principe Vegeta, lo so Rapaney” Bulma scosse di nuovo il capo, sorridendo “Ma mi farebbe davvero piacere se tu potessi sederti un istante qui vicino a me.”
La giovane la fissò coi suoi grandi occhi tondi poi decise di assecondare la terrestre e si sedette a gambe incrociate sui suntuosi e voluminosi cuscini.
“Sei una guardia Rapaney?Vedo che sei sempre fuori dal portone e accompagni il principe ai suoi impegni”
Il viso di Rapaney si arrossò di sgomento “Io sono guerriera!” disse fiera battendosi un pugno sul petto. “Io sono nell’esercito scelto di sua altezza!E sua guerriera personale! Non domestica!” digrignò i denti.
Bulma trattenne un sogghigno. “Non volevo offenderti, guerriera”
Restarono in silenzio per qualche minuto, mentre Bulma risistemava le sue carte e Rapaney, che tornava ad un colorito più roseo e meno congestionato, la osservava.
“Sei alchimista, mia signora?” mormorò indecisa la sayan.
Bulma scoppiò in una risata “Alchimista? Oh no, sono soltanto un’ingegnere.”
Rapaney la osservava, non capendo.
“Una scienziata?” provò Bulma.
“Cos’è scienziata?”
La terrestre cercò di trovare le parole “Una scienziata dunque..sì, praticamente un’alchimista, ecco” sbuffò infine.
Rapaney assentì in silenzio, pensierosa.
“Tanti parlano di te, mia signora” decise di dire.
“E cosa dicono, guerriera?” Maestro Gurka in uno dei loro incontri le aveva fatto intendere che molto guerrieri della Prima Classe trovavano sconveniente che il Principe tenesse nelle sue stanze una donna aliena. ‘Concubina’ la chiamavano, usando un termine straniero alla lingua sayan, che indicava usanze sessuali dei pianeti vicini a Vegeta, considerati molli di indole e libertini, il contrario di quello che erano i sayan.
“Loro..che tu non sei..che tu sei male,che potresti rovinare Principe”
“Perché dovrei rovinare Vegeta?”
“Uomini sayan non tengono donne vicino a loro. Come dio Khal non tiene dea Maek vicino a sé” Lo sguardò di Rapaney vagò nella stanza “Uomo e donna si vedono solo per fare cuccioli, ma non vivono vicini. Rende debole guerriero. Non è nella nostra tradizione” Bulma aveva appreso che la tradizione era estremamente importante per il popolo sayan: non si cambiavano rituali vecchi di migliaia di anni.
“Anche tu pensi che io sia il male?”la stuzzicò Bulma.
Rapaney sbiancò, boccheggiando d’indecisione. “Io..”poi scosse il capo “Principe Vegeta è più forte che mai. Lui non è diventato debole, quindi io non credo così. Io penso quello che voglio, non quello che altri mi dicono di pensare”
A Bulma piacque quella risposta e pensò che forse la giovane guerriera Rapaney le sarebbe potuta essere di grande aiuto in futuro.
 
Vegeta stava compiendo i suoi allenamenti nel gymnasium reale, quando Zukko entrò scortando un alchimista tutto trafelato e rosso in volto.
“Altezza” si inginocchiò “un grave problema. L’ultima spedizione tornata da Kalkantus, a ovest della galassia delle Tempeste, stanno morendo, tutti, una qualche malattia, qualcosa che non conosciamo, sono già morti in quaranta e anche gli altri sono messi male.”
Vegeta afferrò un panno e si ripulì il sudore dal viso e dalle spalle.
“Pensavo voleste essere informato, mio signore” concluse l’alchimista.
Il pianeta Kalkantus si trovava nell’occidente della galassia delle Tempeste, una delle più pericolose dell’universo, in quanto continuamente flagellata da intemperie e temporali, e di conseguenza il pianeta non era da meno: rovesci ininterrotti che per un abitante del pianeta Vegeta,dove non piove mai, era un evento spaventoso.
Paludi e stagni coprivano l’intera superficie del pianeta, abitato da piccoli alieni anfibi che tra loro si chiamavano kalikali. Le temperature oscillavano dal freddo pungente e umido al caldo più soffocante  e piovigginoso che potesse esistere. Il contingente di guerrieri sbarcato per la conquista si era trovato in un ambiente ostile e malsano. Non c’era da stupirsi che si fossero per la quasi totalità ammalati,dal momento che il fisico dei sayan non era adatto ad un ambiente umido, e pianeti del genere nell’universo da loro fino ad allora esplorato e conquistato,non esistevano.
Vegeta ordinò dall’alchimista di farsi portare al Iatreio,l’infermeria, in modo da poter osservare di persona la situazione.
“Altezza, non credo sia una cosa saggia,abbiamo constatato che è qualcosa di contagioso!”disse preoccupato il giovane maestro
“Un re che non osserva da vicino il rischio non è un vero re”disse con determinazione.
Le suppliche dell’alchimista e gli avvertimenti di Zukko non furono sufficienti a fargli cambiare idea, così Vegeta venne condotto nel Iatreio accompagnato dai borbottii di disapprovazione degli altri due.
C’era una distesa di brandine, con qualche alchimista dotato di una maschera con un piccolo foro sul mento e sulle guance,per limitare un possibile contagio via aerea, che si aggirava tra le brande.
“Quali sono i sintomi?”
“La temperatura del corpo è molto,troppo elevata, i guerrieri bruciano nei loro letti,in un inferno di fuoco e calore, la vista è annebbiata e il corpo non controlla più le sue più degradanti funzioni. E delirano, delirano senza pace. Molti sono morti, prosciugati in un bagno di sudore ed evacuazioni. Terribile,terribile morbo!”l’alchimista mi mise le mani sul volto.
Dalla descrizione dei sintomi a Vegeta parve una banale infezione intestinale, aggravata certo dalla febbre, forse contratta per via degli sbalzi di temperatura sul pianeta.
Ad un tratto il sayan vide un volto noto tra i malati.
“Ma..che diavolo ci fa Rapaney lì? Non è stata su Kalkantus!”
“E’ contagiosa, mio signore, molto contagiosa!” berciò il maestro.
Zukko abbassò lo sguardo. “Sua sorella Rave faceva parte della spedizione. Mi disse che sarebbe andata a trovarla al suo ritorno,deve essersi ammalata così.”
Vegeta tenne sotto controllo la malattia per due giorni, consultandosi anche con Bulma e alla fine decretò che si trattava di un’infezione all’intestino aggravata dalla febbre:nulla di grave, ma che se non curata per molto tempo, privando il malato del giusto cibo e delle dovute attenzioni, poteva evidentemente rivelarsi letale. Fu quando capì di cosa si trattava che Vegeta si illuminò: Bulma sapeva certamente come si curava e se non ricordava male la donna gli aveva detto che alla Capsule Corporation avevano anche un piccolo laboratorio di farmaceutica.
Così dopo molto tempo Bulma riuscì finalmente ad uscire dagli appartamenti del Principe e venne portata al Locus degli Alchimisti, il loro quartier generale. Lì maestro Calabacìn la accolse con le dovute cortesie e lui e gli altri maestri ascoltarono molto attentamente quanto doveva essere fatto per guarire i guerrieri malati. Con le cure giuste e con le medicine confezionate da Bulma, nel giro di un mese tutti i sayan infettati si rimisero prontamente. Gli alchimisti ribattezzarono le medicine Cura della Scienziata e la voce sull’alchimista terrestre che aveva guarito una cinquantina di guerrieri si sparse velocemente.
 
Qualche giorno dopo Bulma si riposava in quelle che ormai erano le sue stanze su una chaise longue rossa.
“Mia signora”
“Rapaney!Spero tu ti sia rimessa al meglio!Il principe non è qui, è ad allenarsi al gymnasium..”
“Io so” la giovane guerriera si avvicinò.
“Sei vera alchimista,hai salvato molte vite, ti ringrazio.”disse arrossendo un po’.
Bulma sorrise “Non c’è di che, Rapaney, ho fatto solo quanto era in mio potere.”
“Hai salvato miei compagni, mia sorella e me” la ragazza si morse le labbra “Nessuno ha mai fatto niente per me. Mia madre morta quando io sono nata e padre grande guerriero ma conosco solo il nome. Io e Rave cresciute da sole.”
Bulma si rattristò per la storia di Rapaney.
“Io ti ringrazio” la guerriera posò un ginocchio a terra mentre la terrestre la osservava stupita “Io leale al principe Vegeta, ma tu salvato mia vita. A te devo la mia fedeltà. A te devo la mia vita.”
Da quel giorno anche Bulma ebbe il suo piccolo esercito scelto.
  
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