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Autore: GraceBlack    10/08/2012    2 recensioni
Dominique Weasley, dolce e tenera adolescente convinta che i suoi genitori non la amino, scappa di casa... Verrà ritrovata da qualcuno molto speciale. Dal testo: << Domi, un giorno di questi mi devi spiegare come fai! >> La ragazza lo guardò sorridente senza capire però. << A far cosa, zio? >> << A sorridere mentre il tuo cuore piange. >> Quella frase la colpì in pieno petto. Suo zio sapeva, le leggeva l’anima. Infondo era la proiezione di un sogno tutto quello.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill, Weasley, Dominique, Weasley, Fleur, Delacour, George, e, Fred, Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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La musica era alta, troppo alta. Dominique stava cercando di dipingere il ritratto del suo gatto, per tenerlo buono gli aveva lasciato un gomitolo di lana giallo canarino che ora si passava da una zampa all’altra come se fosse un gran campione di calcio.
La porta della stanza e le due enormi finestre erano chiuse per non far trapanare nessun rumore fastidioso.
La giovane Weasley stava sbuffando, non sopportava quando Louis alzava il rumore dello stereo così ad alto volume, la deconcentrava. Posò la tavolozza sul tavolo da lavoro e si precipitò a grandi passi verso la stanza del fratello.
Iniziò a bussare contro la porta nella speranza di vedere il suo gemello affacciarsi, ma così non fu’.
Stava per iniziare ad urlare quando mantenendo la calma scese velocemente le scale diretta in cucina.

<< Mamma! Vuoi far spegnere quel frastuono a mio fratello?! >>

Da dietro il bancone della cucina la bellissima Fleur Weasley non sembrò accorgersi della sua secondogenita che si lamentava e stava continuando ad affettare le verdure che sarebbero servite per la zuppa quella sera.
Dominique con un grandissimo sforzo si morse il labbro inferiore e si avvicinò alla madre le toccò il braccio e questa, che non si era accorta della presenza della ragazza, sussultò.

<< Dio Domi, mi hai spaventata! >> La donna si sfilò dalle orecchie i tappi che aveva stregato per guardare un po’ di sottecchi la figlia.

Dom indossava la sua tuta da lavoro, quella che metteva sempre mentre si accingeva a dipingere o per aiutare il padre con il giardinaggio, anche se la madre le faceva sempre notare come quegli indumenti avrebbero fatto scappare qualsiasi pretendente, come se questo a lei potesse importare.
Già, perché il suo cuore ormai era stato rapito, da un ragazzo del settimo anno che si stava impegnando, dopo i M.A.G.O. per diventare Megimago.
La giovane Weasley cercò di ignorare lo sguardo di rimprovero che gli veniva riservato, come sempre e continuò nel suo intento.

<< Mamma per favore dì qualcosa a Louis, non riesco a concentrarmi! >>

Fleur si passò una mano tra i capelli e ripose nuovamente la sua attenzione alla cena liquidandola con un “ Va da tuo padre”
Dominique si girò senza dir niente, con sua madre non si poteva mai parlare e ormai dopo diciassette anni si era rassegnata.
Uscì a grandi passi da Villa Conchiglia e si diresse verso la spiaggia dove sapeva che avrebbe incontrato il padre intento a pescare o a fotografare i gabbiani.
Stava per inciampare in un accenno di scogliera quando sentì un clic e vide la rossa chioma ribelle di Bill Weasley muoversi al volere della brezza estiva.
Aveva immortalato la quasi caduto della figlia e sorrideva compiaciuto della fotografia.

<< Mi cercavi? >>

Dominique raccolse il fiato per prepararsi in uno dei suoi soliti monologhi in cui segnalava l’inadeguatezza del gemello.

<< Papà Louis è impossibile! Gli ho ripetuto mille volte di abbassare il volume dello stereo quando sono in camera a dipingere! Non riesco a concentrarmi e già è un miracolo se riesco a far star buona Minù per più di 20 minuti! Ti prego fa tu qualcosa! >>

La ragazza stava supplicando il padre con gli occhi, lui sapeva quanto fosse importante per lei la pittura e quanto fosse maniacale per certe cose.
Il padre la guardò con rimprovero e le disse: << Niki lo sai che Louis ne ha passate tante, non devi esser tanto egoista. >>
Così chiuse il discorso riprendendo in mano la macchina fotografia e dirigendosi sul bagnasciuga.
Dominique strinse i pugni lungo i fianchi dal nervoso, com’era possibile che suo padre non l’assecondasse mai?
Tornò in casa con gli occhi pieni di lacrime, il nervosismo le pulsava nelle vene come un veleno letale.
Passò dal bagno per prendere dei tappi da stregare, si sentiva pronta alla resa, lì non l’avrebbe mai capita nessuno.
Aveva l’aria stanca quando entrò in camera sua, ci vollero pochi secondi affinché Domi si rendesse conto  che qualcosa non andava.
Alzò lo sguardo verso il treppiedi posizionato vicino alla finestra e quello era rovesciato per terra, la tela che stava dipingendo era stata ridotta a brandelli. Minù si trovava sull’armadio con il pelo ritto sulla schiena in posizione d’attacco.
Voltò lo sguardo verso il letto e vide metà del suo guardaroba sparso per la stanza mentre sua sorella era intenta a provarsi il suo vestito preferito, quello che le aveva spedito da Parigi sua zia Gabrielle per i suoi diciassette anni.

<< Che diamine stai facendo?! Che è successo alla tela?! >>

La giovane Weasley era ad un passo da una crisi di nervi quando sua sorella si girò verso di lei con il suo solito sorriso angelico.

<< Oh, Niki! Stavo cercando tra le tue cosucce qualcosa da indossare all’appuntamento con Ted, sai ormai conosce a memoria tutto il mio guardaroba! >>

Victorie le stava parlando con la sua aria franca, con la sua solita sicurezza, lei era sempre convinta che tutto le fosse dovuto che gli altri vivessero solo per compiacere i suoi capricci, purtroppo era stata sempre viziata da tutti.

<< Non chiamarmi Niki! Poi chi ti ha dato il permesso di mettermi in subbuglio la stanza?! Poi ti ripeto: cosa-è-successo-alla-mia-tela! >>

Dominique stava parlando a denti stretti cercando di misurare il nervoso, non poteva saltare a conclusioni affrettate o mettersi nei guai con i suoi genitori.
Vic non ebbe modo di pensare ad una scusa plausibile che Matisse il suo gatto uscì da sotto al letto con un pezzo del dipinto di Dominique incastrato tra le zampe.

<< TU! Inutile ammasso di pulci! Io ti ammazzo! >>

La giovane Weasley le si avventò contro, il gatto scattò in braccio alla padroncina mentre Minù dalla sua postazione continuava a soffiare tra i denti sibilando contro il suo simile.

<< Niki così spaventi Matisse! >> la maggiore delle sorelle Weasley stringeva forte al petto il suo adorato gatto incapace di difenderlo.

<< Vic come hai potuto! Come hai potuto permettergli di farmi una cosa del genere! Io..Tu! >>

Non riusciva più a parlare le lacrime le rigavano il viso, era devastata, non poteva credere che la sorella le avesse fatto una cosa del genere.
Minù scese di scatto in difesa di Dominique e questo mise in allarme Matisse che mentre cercava di liberarsi dalla stretta di Vic graffiò il vestito di Domi che rimase a bocca aperta mentre le lacrime continuavano a rigarle il viso che stava trattenendo un urlo di dolore.
Il suo bel vestito era rovinato e la colpa era tutta di Vic, guardò la sorella con odio mentre vedeva i brandelli di seta gialla cadere per terra. Victorie guardava il vestito che aveva indosso con aria mortificata.
I rumori che provenivano dalla stanza di Dominique avevano fatto sopraggiungere Bill e Fleur che interdetti avevano bloccato i gatti con un incantesimo.

<< Che diavolo succede? Vic! Che ti è successo tesoro? >>

Fleur incurante di Dominique ridotta ad uno straccio seduta per terra in lacrime si era precipitata da Victorie che guardava il vestito della sorella completamente rovinato.

<< Oddio, ma cos’è stato? Immagino sia stata quel ammasso di peli bianchi! Oh, Bill ti ho detto che dovremmo portare indietro Minù! Non mi piace quella gatta! >>

Bill stava guardando il resto della stanza, ora tutta la casa era avvolta nel silenzio fatta eccezione per i singhiozzi di Dominique, anche Louis aveva spento lo stereo e si era affacciato in camera della gemella.
Si dice che tra i gemelli di solito ci sia un rapporto, unico, particolare, chi crede a queste storie non ha mai conosciuto Dominique e Louis.
Louis si era sempre dimostrato indifferente ed alle volte indisponente  nei confronti della gemella che aveva sempre cercato un punto d’incontro.
Fleur stava ancora stringendo Vic tra le braccia e guardando il vestito mentre inveiva contro la povera micina che non era colpevole di quel danno.
Bill si avvicinò a quello che restava della tela e ne raccolse un pezzo, si avvicinò a Dominique e le chiese se stesse bene, la ragazza alzò gli occhi verso il padre con un barlume di speranza negli occhi e gli raccontò l’accaduto.
La madre non le permetteva di parlare che le parlava sopra mentre minacciava di portare il gatto dal medico per farlo sopprimerlo.
Dominique continuava a singhiozzare, a guardare di traverso la sorella e a parlare con il padre fino a che la madre non le si avvicinò prendendola per il braccio e obbligandola ad alzarsi per guardarla negli occhi.

<< Busciarda! Come puoi accussiare tua sorella! Vergognati! Esci di qui! >>

Dominique si guardò intorno, sua sorella evitava il suo sguardo, Louis era tornato in camera sua annoiato e suo padre la guardava con aria delusa; scosse la testa sconcertata non le credevano come sempre, prese una manciata di vestiti che ormai giacevano sparsi per la stanza guardò in modo gelido sua sorella e si diresse verso l’ingresso pronta a chiudersi la porta alle spalle per sempre.
Senza pensarci due volte si smaterializzò lontano da Villa Conchiglia, non voleva saperne più di quella casa ne della sua famiglia.
Arrivò ad Hogsmeade e nascosta da un cappello di Louis che aveva afferrato nell’ingresso di casa si diresse alla guferia pubblica, prese un gufetto bianco che sembrava contento di prendere il volo gli consegnò una lettera da consegnare a casa Finnigan.

"Ehi, sono io. Non mandarmi gufi a casa, non li riceverei. Sono andata via. Non so dove andrò, farò in modo di farti sapere i miei spostamenti.  Scusami. "

Una lacrima firmò il messaggio, non aveva voglia di spiegare neanche a Erik cosa le passava per ma mente, era stanca.
Liberò il gufo sospirando, si asciugò il viso e abbassato il berretto sul viso iniziò a camminare con le mani in tasca per le strade del paesino tanto famigliare. Passò davanti alla sede dei Tiri Vispi ma non ebbe la forza di entrare per quanto avesse voglia di sfogarsi con sua cugina Roxanne, ma in realtà lei non aveva voglia di far sapere al mondo la sua infelicità.
Era sempre stata solare, vivace, allegra, ma tutto in apparenza.
Non sopportava i continui rimproveri di sua madre, né l’atteggiamento di suo padre che vedeva Louis come il ragazzo  perfetto.
Victorie e Louis non erano da meno, l’avevano sempre trattata con sufficienza e non importava a nessuno se era la miglior Corvonero che la scuola avesse mai visto o che fosse Prefetto o che da un anno era il Capitano della squadra di Quiddicth e che aveva portato la Casa a vincere sia la coppa delle case sia quella del Quidditch, no lei era quella inadeguata.
Erano ore che camminava senza meta per le strade del villaggio, non si rese conto neanche di dove fosse finita, alzò gli occhi per la prima volta da quando era uscita dalla stazione dei gufi e si rese conto di esser arrivata in periferia, vicino alla Stamberga Strillante.
Si mise a sedere con la schiena contro la staccionata, sull’erba fresca, cosa avrebbe fatto adesso?
Non poteva andar alla Tana, né dagli zii, l’avrebbero trovata subito.
Un primo istinto la spingeva a partire per la Francia almeno lì dai nonni materni sarebbe stata più al riparo ma come poteva partire?
Come poteva lasciare Erik senza avergli neanche parlato..
Non poteva andar da lui, lo sapeva bene, sarebbe stato il primo posto in cui Victorie sarebbe andata a cercarla, infondo sua sorella la conosceva anche se non si era mai preoccupata veramente di ciò che le stava a cuore.
A Victorie non piaceva molto la relazione di sua sorella con il bel Finnigan, non lo riteneva all’altezza di far parte della famiglia Weasley, nonostante non fosse il primo a farne parte.
Qualcosa nella tasca del pantaloncino che indossava si surriscaldò, Dominique mise la mano in tasca per afferrare un vecchio galeone e vi lesse una frase:

“Dove sei? Non farmi preoccupare!”

Era Rox, come prevedibile. Rimise la moneta in tasca sospirando poi si smaterializzò a Diagon Alley, aveva bisogno di soldi e per sua fortuna i nonni gli avevano dato abbastanza soldi per aprire un conto a suo nome nella Banca dei maghi.
Guardò l’orologio che aveva al polso, le 19.57 il padre sicuramente non era in sede, tirò un sospiro di sollievo e attraversò la pesante porta d’ingresso.
Un folletto incuriosito dalla sua aria furtiva le si avvicinò con aria interrogativa, prima che potesse dire qualcosa la ragazza lo anticipò: “Ho bisogno di accedere alla mia camera blindata, la 4390.”
Il folletto fatto un segno d’assenso si diresse verso la porta che portava alle camere sotterranee ma prima di varcarla si girò per chiederle:

<< E Dominique Weasley ha la chiave della sua camera blindata? >>

Dominique sentendosi chiamare per nome deglutì spaventata, sapeva che i folletti avevano buona memoria ma sperava che la sua aria trasandata avesse contribuito a non farla riconoscere, tentennando uscì una chiave d’oro dalla tasca della borsa e il folletto soddisfatto si accinse a farle strada.
Dominique non era mai scesa nella sua camera blindata, non ne aveva mai avuto bisogno prima di quel giorno, quando vide il carrello traballante rimase un po’ perplessa, ma infondo non doveva aver paura quello era pur sempre il posto di lavoro di suo padre.
Il viaggio non fu’ di certo tranquillo, le ruote del carrello cigolavano, l’intero sistema viaggiava ad una velocità indescrivibile, Domi dovette reprimere un conato di vomito per più di una volta, quando vide l’insegna della sua camera blindata tirò un sospiro di sollievo, era viva.
Recuperati un po’ di soldi si chiuse le porte della banca alle spalle, quel viaggio non l’avrebbe voluto riprendere neanche da lì a cent’anni, motivo per il quale avrebbe dovuto cercarsi un lavoro, i suoi averi non sarebbero durati in eterno.
Erano passate ormai quasi tre ore da quando era arrivata fuori dalla Gringott ma ora non sapeva che fare.
Non sarebbe tornata a casa, questa era la sua unica certezza.
Non poteva di certo prendere una stanza al Paiolo Magico, l’avrebbero subito rintracciata. Non aveva molte alternative, ripensò alle varie ipotesi che le si paravano davanti ed estrasse la bacchetta dalla tasca del giacchetto, stava guardandola per cercar ispirazione quando un rumore improvviso di freni la fece spaventare.
Un grande autobus a due piani le si fermò ad un millimetro di distanza, era il famoso Nottetempo aveva tanto sentito parlare di quel mezzo di trasporto magico che si sentì una stupida per non averci pensato prima.
Dalla vettura scese un uomo che poteva avere si e no una quarantina d’anni, le si presentò:

 << Bella giovane signorina io sono Keith! Per servirla >>

Fece un inchino e le sorrise per poi raccogliere la sua borsa.
Iniziò a tempestarla di domande, non sapeva davvero cosa rispondere, non aveva voglia di aprirsi con un perfetto sconosciuto, in più non aveva molta voglia di dire il suo vero nome.
Gli si presentò come Gabrielle Waimer, che era il nome da sposata di sua zia, ma non volle dirgli la sua destinazione, anche perché non l’aveva ancora decisa.
Gli chiese il permesso di riposare qualche ora ripromettendosi di dirgli la destinazione quando si fosse svegliata.
L’uomo che aveva voglia di saper altro su quella ragazza troppo riservata acconsentì di mal umore e andò a parlare con il conducente.
Non le ci volle molto tempo per prendere sonno, era stremata. Aveva pianto tanto e le sue forze si erano ormai esaurite, ma nonostante tutto ancora non ci credeva, aveva lasciato la sua casa e questa volta per sempre.
Il sonno aveva preso il sopravvento ma tutto ciò le era piacevole, non avvertiva più neanche le frenate brusche del NotteTempo.


Lei era in un grande prato verde.
Era primavera inoltrata, si vedeva dai colori che gli alberi sulla collina avevano preso.
Tutta l’atmosfera era rilassante. Stava camminando a piedi nudi, adorava la sensazione dell’erba fresca sotto i piedi.
Camminava a passo spedito, sapeva qual era la sua meta. Il suo amato ciliegio.
Quando si trovò al riparo sotto i suoi rami le sembrò quasi di aver ritrovato un vecchio amico, sì perché per lei quel ciliegio era sempre stato il suo più fidato confidente.
Si arrampicò senza indugi tra i suoi rami, come quando da bambina sfidava Fred e James, era considerata un mezzo maschiaccio anche per questo.

<< Sei la solita piccola Domi! >> Una voce la fece fermare, si aggrappò al ramo su cui si era poggiata e guardò in basso.

Un ragazzo alto e snello le sorrideva, aveva una folta capigliatura rossa e un sorriso allegro e gioioso.

<< Beh, non inviti il tuo zietto a raggiungerti?! >>

Fred.
La raggiungeva sempre nei sogni e quell’albero era il loro segreto: suo, di George e di Fred.
Dominique si sedette comoda e aspettò pazientemente che lo zio la raggiungesse. Era buffo, non sembrava più abituato a certi sforzi.

<< Domi, un giorno di questi mi devi spiegare come fai! >>

La ragazza lo guardò sorridente senza capire però.

<< A far cosa, zio? >>

<< A sorridere mentre il tuo cuore piange. >>

Quella frase la colpì in pieno petto.
Suo zio sapeva, le leggeva l’anima. Infondo era la proiezione di un sogno tutto quello.

<< Mi mancava questo albero… >> Disse guardando in alto invece di rispondergli.

<< Tornaci allora, forse troverai le risposte che cerchi non credi? >> Fred le fece un occhiolino sorridendo e si sporse verso di lei per darle un bacio sulla fronte.

<< Non dovresti esser triste. Tutti ti vogliono bene.. >>

<< Non i miei genitori, zio. Per loro esistono solo Victorie e Louis, non c’è posto per me. >>

La frase l’aveva pronunciata serenamente come se il suo cuore fosse rassegnato. Aveva convissuto per anni con il senso di inadeguatezza e ora si sentiva più libera.

<< Credi preferiscano loro? E allora perché sono in giro per tutta l’Inghilterra per cercarti? >>

<< Zio ti stai sbagliando… >> La voce della ragazza non sembrava più tanto sicura, anzi era incerta e tremante.

<< Torna. >>



Dominique fu’ svegliata da una brusca frenata. Aprì gli occhi e guardò fuori dal finestrino.
Incredibile ma vero, era a pochi km dalla Tana e quindi da l’unico posto che la faceva sentire a casa.
Si alzò di scatto e pregò l’autista di fermarsi.  Keith la guardò perplesso e l’aiutò a scendere dalla vettura.
Non appena il bus si fu’ allontanato Domi cominciò a risalire la collina che tanto amava. Ad ogni passo aveva la sensazione che il sole si alzasse con lei.
Era arrivata quasi in cima quando sotto il ciliegio notò una figura che sonnecchiava.
Era ancora troppo lontana per poterla riconoscere, accelerò il passo convinta che fosse Fred.
Sapeva che era impossibile, ma lei ci sperava.
Quando fu’ a pochi metri di distanza dalle radici dell’albero rimase stupita vedendo chi vi stava riposando.
Capelli castani, lineamenti delicati, fisico scolpito e un’espressione dolce sul viso.
Lasciò cadere la sua borsa e iniziò a correre per quei pochi metri che la separavano da Erik.
Il ragazzo avvertendo una presenza aprì gli occhi e subito si rialzò per accoglierla in un abbraccio che valeva più di mille parole.

<< Sapevo saresti venuta qui, e lo sapeva anche George >>

A quelle parole la dolce e fragile Dominique iniziò a piangere sconsolata mentre si aggrappava con forza alla maglietta del ragazzo.
Erik la stava coccolando sussurrandole parole dolci.
Sapeva che dietro l’apparente forza d’animo della ragazza che amava c’era un mondo fatto di cristallo e facilmente distruttibile.
Dominique si lasciò ricadere in ginocchio per terra, mentre Erik dolcemente le si sedeva accanto cullandola nel suo abbraccio.
Rimasero così a lungo. Stretti l’uno all’altra nella fresca brezza del mattino, fino a che Erik dopo averle lasciato un candido bacio sulle labbra le sussurrò:

<< Andiamo a casa? >>

Lei fece segno di no con la testa, non sarebbe tornata da chi non l’amava se l’era ripromessa mentre chiudeva dietro di sé la porta di Villa Conchiglia.
Erik continuò ad accarezzarle la folta chioma un po’ ribelle cercando di farla ragionare.
Erano passate diverse ore da quando si erano ricongiunti ma pochissime parole erano state dette.
Dominique era avvolta dalle braccia di Erik e non poteva chieder di meglio alla sua vita.
Ok, non aveva una famiglia che l’amasse per com’era ma Erik, lui l’aveva sempre amata e sempre l’avrebbe amata.
Si rilassò talmente tanto nel suo abbraccio che Dominique si riaddormentò.


<< Sei tornata, vedo.. Ma sei ancora sicura di quello che mi hai detto prima? >>

La voce di Fred fece girare Dominique in ogni direzione, fino a che non lo vide sullo stesso ramo dove l’aveva lasciato.

<< Sì, zio. Te l’ho detto! Loro non mi vogliono! >>

<< Il futuro potrebbe riservarti delle belle sorprese invece mia cara Dominique. >>


Dominique riaprì gli occhi, era ancora tra le braccia di Erik che la cullava. Gli sorrise dolcemente e gli diede un bacio dolce e carico di sentimento.
Sarebbe rimasta lì per sempre. Poi una serie di voci la fecero girare verso la vallata.
Un gruppo di persone correva arrampicandosi lungo la collina, il sole era quasi sorto completamente quando due forti braccia rapirono la ragazza dall’abbraccio del giovane amato.

<< Dio Dominique! Vuoi vedermi morto?! Sono stato così in pensiero per te! >>

Era suo padre, Bill, che la stringeva forte al petto come probabilmente non aveva mai fatto in vita sua.
Le accarezzava i capelli, per poi soffermarsi a guardarla prendendole il viso tra le mani, per poi riabbracciarla.
Non si era mai sentita soffocare da tanto amore.
Si voltò di lato e vide le altre persone raggiungerli. In testa c’era sua madre.
Era irriconoscibile. I capelli biondissimi di solito sempre in ordine ora le ricadevano lungo il viso come una matassa di lana.
Quando la vide iniziò a piangere e le si buttò addosso scostando il marito.

<< Oh Dominique! Oh, Mon tresor! Ma chérie! Stai bien? >>

Dominique guardava esterrefatta sua madre, aveva le occhiaie intorno agli occhi e l’espressione stanca, la stava studiando per bene per rilevare anche il più piccolo segno di una ferita.

<< Sta bene… >> intervenne Erik che si era estromesso un poco dalla scena famigliare.

Dominique si girò a guardarlo sorridente. Lo amava, lo amava profondamente.
Poi si girò verso il restante gruppo di persone.
C’era Victorie che sembrava aver bisogno di una doccia.
Louis che le sorrideva e cercava invano di dar un garbo ai capelli ribelli mentre nonna Molly lo rimproverava di esser troppo simile al padre.
Poi c’era la persona che Dominique più amava della sua famiglia. Sciolse l’abbraccio della madre e gli si buttò al collo.
George l’accolse volentieri tra le sue braccia, aveva sempre adorato la sua nipotina e aveva sempre ritenuto che suo fratello non la considerasse adeguatamente.

<< E’ stato lui… Era qui.. Sul nostro albero.. Ha sistemato tutto! >>

Dominique aveva ripreso a piangere, ma queste lacrime non erano di tristezza, bensì di gioia.
Tutti i presenti guardavano Dominique come se fosse impazzita, tutti meno che Erik e George.
Lo zio continuava ad accarezzare i ricci biondi della nipote e le sussurrava:

<< Lo sai, lui ci sarà per sempre. >>



Grace' Corner

Ok, non so cosa dire esattamente su questa storia.. Diciamo che è nata da sé. C'è molto di me in Dominique, questo si sa da un po' ormai.. Va bene bando alle ciance! Spero vi sia piaciuta, grazie a chi ha avuto la pazienza di legger fino a qui.

Questa storia è in qualche modo collegata a una mia vecchia One- Shot se siete curiosi.. The Old Cherry  
  
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