Capitolo
16
E
se…? – prima parte
Avrebbe potuto
insultarla, pretendere delle spiegazioni, persino decidere di ignorarla per il
resto della vacanza.
Pochi giorni, a
dire la verità.
Ma una domanda
del genere, così, a bruciapelo?
Nella luce
arancione del tramonto, gli occhi di Urumi, spalancati per la sorpresa, parvero
ancora più grandi.
Gli occhi di
una bambina.
Lo amava
ancora?
Amava Dave?
No.
Questa era la
risposta.
Un monosillabo.
Sarebbe stato
così facile aprire la bocca e pronunciarlo, fugando tutti i dubbi dallo sguardo
del ragazzo di fronte a lei.
Non lo
amava…non più come prima.
Ma la sua
presenza pesava ancora, la loro storia era stata troppo importante.
Ci sarebbe
sempre stata una parte di lei, per quanto nascosta e rinnegata, che avrebbe
ripensato con nostalgia e tenerezza a quel ragazzo così esuberante ed espansivo
che le aveva insegnato a muovere i primi passi in un mondo così lontano da
quello a cui era abituata; un mondo frenetico, dove tutto era più
grande.
Che speranza
poteva dare a Rukawa?
In piedi di
fronte a lei a fissarla, con quell’espressione indecifrabile sul viso.
E che in che
speranze poteva cullare se stessa?
Ne valeva
veramente la pena?
Al termine
della sua vacanza lei se ne sarebbe tornata negli Stati Uniti, dove c’era tutta
la sua vita ad attenderla.
In Giappone
Rukawa era la realtà, e la delusione per Dave sembrava solo un brutto sogno.
Ma una volta
tornata a casa la situazione si sarebbe inesorabilmente capovolta.
Fu per questo
motivo, forse per non illudere se stessa, che esitò.
E bastò
quell’attimo di indecisione perchè Urumi, pietrificata dai sensi di colpa per
dei sentimenti che non avrebbe dovuto provare, per dei timori che non aveva
senso avere, fosse costretta a seguire, come a rallentatore, i movimenti di
Rukawa che in poche falcate le passò oltre, continuando a camminare, sempre più
veloce, fino a sparire dietro l’angolo.
Senza dire
nulla.
Senza lasciar
trasparire nulla più che la delusione.
Una leggera
brezza scompigliò i capelli di Urumi, ancora ferma in mezzo al cortile
ghiaioso.
Era ancora una
bambina.
Hanamichi
gironzolava pigramente per i corridoi, con la testa tra le nuvole, quando
rischiò di essere travolto da Rukawa che, come una furia, lo oltrepassò,
ignorando i suoi insulti, e si diresse verso la sua
camera.
-Ma
che…maledetto!!!
-Credo c’entri
tua cugina – disse qualcuno dietro di lui.
Il ragazzo si
voltò, solo per specchiarsi negli occhi della sua amata.
-Li ho visti
parlare in cortile.
La sorellina
del gorillone.
-Poi lui è
scappato via.
Così carina,
quel giorno, con quel vestitino giallo.
-Haru…Harukina?-
balbettò.
Possibile che
di fronte a lei debba sempre fare la figura dell’idiota?? Svegliati Hanamichi!!
Tu sei il sublime, magnifico…
Perso nelle sue
elucubrazioni mentali non si accorse dello sguardo un po’ diverso che la ragazza
di fronte a lui gli stava riservando.
Forza Haruko.
Diglielo. Diglielo. Invitalo a fare questa benedetta passeggiata e faglielo
capire. Fagli capire che ti piace. Perché lui ti piace. Fine del
discorso.
Oh mio
Dio.
Ho appena
deciso che mi piace Hanamichi.
Con le gote
rosse rosse, lo fissò attentamente per qualche istante, prima di voltarsi e
lasciarsi sfuggire una frase che si era preparata a lungo, davanti allo
specchio, per non correre il rischio di sembrare ridicola.
Girandosi
un’ultima volta a guardarlo, con un mezzo sorriso e la voce tremante gli
disse:
-Hanamichi, ti
va di fare una passeggiata insieme, tu ed io?
Il cuore del
ragazzo mancò un battito, mentre se ne rimaneva imbambolato a fissare la ragazza
della sua vita chiedergli di fare insieme una semplice
passeggiata.
Tutti i suoi
sogni di gloria avevano quindi una possibilità di
realizzarsi?
Era giunta
l’ora del riscatto?
Le campane
suonavano a festa, nella mente dell’immenso Hanamichi Sakuragi, mentre fianco a
fianco, in silenzio imbarazzato, si avviavano insieme, lui e Haruko, verso il
cortile.
Poi, di punto
in bianco, la ragazza prese l’iniziativa e infilò il suo esile braccio sotto a
quello, molto più forte, di Hanamichi.
Che si
pietrificò, ovviamente, colto alla sprovvista da cotanta
audacia.
Stai calmo
Hanamichi. Haruko è Haruko. È sempre gentile con te. Non farti strane idee.
Nel frattempo,
però, le sue guance si erano tinte di un rosso acceso.
Stava
letteralmente andando a fuoco.
In un baleno si
dimenticò di Urumi, di Rukawa e di tutto il resto.
Ciò che contava
era la sua Harukina, stretta al braccio del campione.
Seduta su una
panca poco distante, Urumi vide suo cugino e Haruko passeggiare a braccetto
lungo il sentiero che portava ai giardini.
È giusto
così, pensò.
Hanamichi se lo
merita.
Tirò le
ginocchia verso il petto e ci appoggiò la testa,
sospirando.
Che diavolo hai
pensato di fare, eh, Urumi? Va bene divertirsi…ma venire in Giappone per
dimenticare un ragazzo e tornare negli Stati Uniti dopo aver perso la testa per
un altro non è proprio una mossa saggia…
Meglio così, si
disse.
Meglio che
Rukawa la odiasse, in quel momento.
Meglio che
tornasse a trattarla con freddezza.
Tutto a un
tratto l’idea di tornarsene a chilometri di distanza non le pareva più una
grande tragedia.
Una volta là,
avrebbe chiuso definitivamente tutti i ponti con il passato: si sarebbe sfogata
con l’ex-ragazzo e l’ex-amica, sputando loro addosso tutta la rabbia che si era
portata dietro e avrebbe finalmente messo la parola FINE su tutta quella
faccenda.
Su quella
dolorosa e ridicola faccenda, durata troppo a lungo.
Poi avrebbe
iniziato a pensare al futuro.
Era una
ragazzina. Voleva godersi la vita.
Era così
sbagliato?
Come si faceva
solo a pensare di potersi imbarcare in una storia Giappone-Stati
Uniti?
In un futuro,
chissà…
Lei sarebbe
potuta tornare a vivere in Giappone.
Magari.
Oppure Rukawa
avrebbe veramente intrapreso una carriera sportiva nella patria del
basket...
Forse.
Sta di fatto
che se era destino che loro due stessero insieme, bè, allora si sarebbero di
certo ritrovati, no?
Non era una
cosa impossibile, no?
Ma tutto ciò le
dava sollievo?
Per
niente.
…
Ma come faceva
a godersi la vita se non era neanche in grado di lasciarsi andare con il ragazzo
che le piaceva senza farsi mille paranoie?
Tremende,
bruttissime, inutilissime paranoie.
…
Rimase immobile
così per almeno quindici minuti.
A pensare a
tutto.
A pensare a
niente.
A pensare a
Rukawa.
Poi, tutto ad
un tratto, si accorse di qualcuno in piedi di fronte a
lei.