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Autore: Half Of Nothing    10/08/2012    4 recensioni
“Ti starai chiedendo dove sei, ma soprattutto, chi sei.
Ti chiami Amelia Richards. Hai 17 anni, e soffri di una grave forma di amnesia. Probabilmente questa cosa ti sembrerà strana, ma leggi ogni mattina questo cartello, che hai scritto tu stessa.
Ora calmati, alla tua destra c’è il bagno. Quando sei pronta scendi al piano inferiore, in cucina ti aspetterà tua madre, pronta a darti tutte le spiegazioni di cui hai bisogno.
Stai tranquilla, andrà tutto bene.
È una promessa.”
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Without memories



Un giorno, quando leggerai i libri invece di tirarmeli addosso, spero tu sia fiero di questo .
- la tua “sorellona”

 
 
Mi sveglio.
Sono in una stanza che non conosco, con le pareti rosa, alla mia destra una finestra con una grande tenda bianca.
Sto per mettermi ad urlare quando la mia attenzione viene catturata da un grande cartello posizionato proprio sulla parete davanti a me.
 

“Calmati. Sei al sicuro qui.”

 
Non so per quale motivo ma mi calmo. Chiudo gli occhi e faccio un bel respiro profondo.
Poi, la mia attenzione viene catturata da un altro cartello, alla destra di quello letto in precedenza.
 

“Ti starai chiedendo dove sei, ma soprattutto, chi sei.
Ti chiami Amelia Richards. Hai 17 anni, e soffri di una grave forma di amnesia. Probabilmente questa cosa ti sembrerà strana, ma leggi ogni mattina questo cartello, che hai scritto tu stessa.
Ora calmati, alla tua destra c’è il bagno. Quando sei pronta scendi al piano inferiore, in cucina ti aspetterà tua madre, pronta a darti tutte le spiegazioni di cui hai bisogno.
Stai tranquilla, andrà tutto bene.
È una promessa.”

 
Finisco di leggere il cartello e mi accorgo che, stranamente, sono calma.
Per qualche ragione ci credo, forse perché è l’unica cosa a cui credere adesso.
Vado in bagno e mi precipito davanti allo specchio.
Quello che mi si presenta davanti è l’immagine di una ragazza, mora, con i capelli lunghi. È vero, avrà all’incirca 17 anni. Mi correggo, avrò.
Per qualche motivo non posso credere di essere io quella ragazza.
Poi, un’ondata di tristezza mi invade.
Ho perso 17 anni di vita.
La mia attenzione va alle foto che fanno da cornice allo specchio, sono io con una donna, credo mia madre; poi di nuovo io con un cagnolino; io che mangio un gelato. Sembro così felice, ma come posso esserlo se so che la mia felicità sparirà la mattina dopo?
Faccio un altro respiro e inizio a prepararmi, mi lavo e mi pettino, poi ritorno in camera a apro l’armadio. È strano, mi sento come una ladra che fruga nel guardaroba di qualcun altro.
Chissà di solito come mi vesto, magari sono una tipa tutto nero e borchie o una tutta gonnelline e fru fru. E probabilmente mi pongo queste domande ogni mattina. A questo pensiero mi scappa una risatina.
Alla fine mi metto dei jeans stretti, una felpa bianca e delle converse rosse.
Poi, decido di scendere per ascoltare la mia storia.
Quando entro in cucina, c’è una donna che sta facendo colazione, mi guarda e mi sorride tranquilla.
- Buongiorno tesoro- mi dice con un sorriso.
- Ciao…- non so che dire… è davvero mia madre?
- Ti starai chiedendo un paio di cose immagino…- poi sorride. Per lei è così semplice, non deve lottare contro se stessa ogni mattina.
- Allora, ti chiami Amelia Richards, hai 17 anni e soffri di amnesia. Ma questo lo sai già- mi dice alludendo al cartello trovato in camera.
Annuisco.
- Bene, da quando avevi 10 anni ogni mattina ti svegli senza ricordi. Sei così a causa di un incidente stradale, nel quale ha perso la vita tuo padre- rimango sorpresa da quelle parole, non mi ricordo niente di lui, perché dovrei essere triste?
- Beh Amelia è inutile che ti dica cose inutili, ora sei libera di fare quello che vuoi-
Un sussulto.
Davvero posso andare dove voglio?
- Dove ci troviamo? Intendo, in che città?- lei solleva gli occhi dal giornale che stava leggendo    - A Londra tesoro-
Ho sempre desiderato vedere Londra, forse posso uscire per fare un giro!
- Qui vicino c’è per caso un parco? Mi piacerebbe uscire un po’- lei mi guarda sorpresa.
- Di solito non esci molto… hai sempre paura di dimenticarti la strada per casa o perdere la memoria-
La guardo impaurita – E mi è mai successo?-
Lei si rilassa e mi sorride – Certo che no sciocchina!-
Fa una breve risata e poi inizia a spiegarmi come raggiungere il parco.
La ringrazio ed esco.
 
Il parco è davvero molto bello, grande e pieno di bambini. Mi guardo intorno meravigliata per alcuni minuti e poi decido di sedermi su una panchina che si affaccia proprio sul parco giochi.
Chissà che bambina complicata che ero.
Mentre sono immersa nei miei pensieri un ragazzo si avvicina e mi saluta.
Per un momento vado nel panico, magari è un mio vecchio amico e io non mi ricordo di lui, penserebbe che sono matta.
- Ciao- mi dice sorridendomi – è libero qui?- mi domanda indicando lo spazio vuoto vicino alla panchina.
Io annuisco e sorrido a mia volta.
Dopo pochi minuti mi tende la mano – Io sono Steven, piacere-
Tiro un sospiro di sollievo, non lo conosco.
Gli stringo la mano e mi presento – Io sono Amelia-
Vorrei aggiungere “almeno è quello che mi hanno detto”, ma decido di tenermelo per me.
Lui mi sorride e torna a guardare i bambini.
Io un giorno mi sposerò, e magari avrò dei bambini, e loro dovranno convivere con una madre che non si ricorderà nemmeno chi sono.
Mi si riempiono gli occhi di lacrime.
Lui se ne accorge e si gira – Tutto bene?- mi chiede un po’ preoccupato.
- Si sto bene, solo che non sono felice-
Ma dove cavolo ho la testa? Questo ragazzo che ho di fianco potrebbe essere un serial killer per quanto ne so.
Anche se non credo che i serial killer abbiano i capelli ricci marroni, gli occhi incredibilmente azzurri, un sorrido dolcissimo e somiglino a degli angeli.
- Ti va di raccontarmi perché non sei felice?- mi chiede guardandomi negli occhi e sorridendomi.
Annuisco e incomincio a raccontare, non tanto i fatti, quelli mi mancano, ma cosa sento.
Lui non mi guarda, anche se ogni tanto si gira per sorridermi quando si accorge che sono sul punto di piangere. La cosa strana è che funziona, non verso nemmeno una lacrima.
 
Quando finisco è ormai pomeriggio inoltrato, non ho fame, non ho sete.
Ho tutto quello di cui ho bisogno.
Ho Steven.
Non mi sono nemmeno accorta che da un po’ ci stiamo tenendo per mano.
Lui mi guarda, mi accarezza la guancia e mi abbraccia.
E io mi sento bene. Mi sento stramaledettissimamente bene.
E lui è riuscito a farmi sentire così con un solo abbraccio, forse il più bello della mia vita…ma questo non lo saprò mai.
 
Domani mi sarò dimenticata di tutto. Di lui, dei bambini, del parco, dell’abbraccio.
Ma per una volta, non mi importa.
   
 
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