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Autore: LizzieCarter    10/08/2012    2 recensioni
"Si china a terra e raccoglie un libro che ha urtato col piede avvicinandosi al bagagliaio aperto.
 -Un ponte per Terabithia?- chiede, con una sfumatura indecifrabile nel tono divertito [...]; sorride, sembra stia per dire qualcosa, ma poi si limita ad avvicinarsi e a riporre con delicatezza il libro nello scatolone che tengo in mano..."

Un'appassionata di libri in fuga dal passato,
un ragazzo che non è solo un attore famoso,
un giardino sempre misteriosamente fradicio,
una coinquilina stalker,
dei chiassosi polletti,
la storia di un'intrepida panettiera,
una nuova Terabithia...
"- E' meglio...- si schiarisce la voce, lasciandomi le mani per infilarsi un paio di guanti di pelle chiara; - E' meglio se ti tieni bene-.
Annuisco contro la sua spalla, sobbalzo lievemente quando lui toglie il cavalletto e fa partire la moto con un rombo, e poi... poi c'è solo il vento sul mio viso.
Cosa estremamente poetica, non fosse che mi sono mangiata metà dei miei capelli!"

[con illustrazioni all'interno :)]
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un nuovo ponte per Terabithia'
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UNPPT Mi chiamo Grace. Grace e basta.
Oh, sì, un cognome ce l'ho, e ho anche dei genitori, ma è come se nè l'uno nè l'altro esistessero davvero.
La mia non è la solita storia: non solo la figliola prodiga che litiga coi genitori e scappa; non sono nemmeno l'orfana che parte alla ricerca delle sue origini.
In realtà sono l'orfana che scappa dalle sue origini, e queste origini sono inglesi e hanno un nome: Patrick e Shana O'Donnelly.
Potrà sembrare strano che non abbia accolto a braccia aperte i miei genitori, quando hanno deciso di tornare a prendermi al piccolo orfanotrofio davanti al quale mi avevano lasciato in fasce; sarà che mi ero abituata a vivere la mia vita come se fossi nata sotto un cavolo, sarà che la loro giustificazione per avermi abbandonato non mi ha convinto tanto quanto ha fatto con le suore, fatto sta che ho sempre rifiutato di vederli, ogni volta che tornavano a trovarmi per "stabilire un legame".
-Adottate qualcun altro!- urlavo contro la porta del dormitorio delle bambine, all'interno del quale mi rinchiudevo ogni volta che li vedevo; tanto, che differenza ci sarebbe stata? Per loro ero un'estranea, non potevano pretendere che accettassi di tornare ad essere figlia loro solo perchè mi assomigliavano un po'.
Le altre bambine non capivano, mi consideravano capricciosa e stupida perchè non volevo cogliere la meravigliosa occasione che mi veniva offerta; loro, però, non avevano sentito l'assurda spiegazione che mi avevano rifilato i miei genitori.
Shana e Patrick mi avevano raccontato del mio fratellino Jeremy: era di un paio di anni più vecchio di me e, a detta loro, noi due andavamo molto d'accordo. A cinque anni, però, Jeremy prese una forma molto grave di Salmonella, e loro fecero una scelta: decisero di darmi via. A sostegno di quello che fecero, Patrick e Shana dissero di non voler correre il rischio che mi ammalassi anche io, così piccola, e che, non avendo parenti vicini, non erano in grado di prendersi cura allo stesso tempo di me così piccola e del figlio malato.
Jeremy non ce la fece.
Prima che i due riuscissero a superare il lutto e avessero il coraggio di tornare da me, però, trascorsero almeno tre anni e, quando finalmente si presentarono all'orfanotrofio Grace of God e riconobbero la loro bambina, non ressero all'emozione di rivedere quei tratti che a loro ricordavano tanto il piccolo Jeremy... e se ne andarono senza nemmeno rivolgermi la parola. Forse, se mi avessero ripresa con loro quando avevo cinque anni, li avrei perdonati... Magari avrei anche ripreso il nome che mi avevano dato loro: Rose, nome che non si erano nemmeno degnati di scrivere in un qualche foglietto a beneficio delle suore, le quali, a corto di fantasia, presero ispirazione dal nome dell'istituto e mi chiamarono Grace.
Tornarono invece sei anni dopo, quando si resero conto di esser pronti per un altro figlio, ma vennero anche a conoscenza del fatto che Shana non poteva più rimanere incinta.
Ora, cosa avreste fatto voi, se vi avessero detto che siete stata abbandonati in favore di un altro figlio e che, non fosse stato per problemi di infertilità, i vostri genitori vi avrebbero sostituito con un altro neonato lasciandovi per sempre ignari della loro esistenza? Ecco.
Io, poi, avevo imparato a prendere alla leggera il fatto di essere senza genitori, perchè consideravo i bambini e le suore del Grace of God la mia famiglia; non me la prendevo quando gli adulti che venivano a conoscerci non adottavano a me. Ero una tipa forte, mi dicevo: potevo cavarmela anche senza di loro.
Forse, non ho sentito la mancanza di genitori anche perchè questa è stata colmata dalla biblioteca del nostro stabile, una volta che Shana e Patrick hanno rinunciato a cercare di portarmi via con loro.
Ebbene sì, avevamo una biblioteca proprio al piano terra dell'Istituto, a fianco dell'ufficio della Capo-Suora ( o almeno, così chiamavamo colei che sovrintendeva ai colloqui con gli aspiranti genitori) poichè, vista la carenza di fondi della nostra cittadina, insufficienti ad affittare un edificio in cui sistemare gli scaffali, si era deciso di incastrarli da noi.
E così, nella routine del Grace of God Institute vennero ad insediarsi parecchie decine di libri, qualche sporadico lettore e un'adorabile vecchina incaricata di occuparsi dei prestiti.
Facemmo subito amicizia, io e quella vecchina.
Un giorno, infatti, cercando un posto in cui scampare alla visita dei miei genitori, mi rifugiai in quella stanzetta buia che era la biblioteca. Stavo vagando in religioso silenzio tra quegli immensi scaffali che, al tempo, ai miei occhi di undicenne sembravano alti come cattedrali, quando un improvviso rumore di passi mi spaventò; urtai un libro col gomito, arretrando bruscamente nell'ombra di una libreria, e questo cadde a terra con un tonfo secco.
- C'è qualcuno?- chiese allora una vocina. Io rimasi in silenzio, temendo una strigliata, dato che quel posto non sembrava fatto perchè potessero bazzicarci i bambini, e sperai che la signora si decidesse presto ad andarsene.
La vecchia Mary Margaret, invece, preoccupata per la salute dei suoi libri, si avventurò tra gli scaffali e mi scoprì subito. -Oh, pensavo fosse entrato un gattino randagio, e guarda chi mi ritrovo!- si limitò a dire; - Vuoi un biscotto?-.
- No, i dolciumi cariano i denti- risposi, ripetendo saccentemente le parole delle suore, accettando però la mano che mi tendeva; lei ridacchiò, senza prendersela a male: - non i miei, cara,- disse - sono per i diabetici, senza zucchero-.
- Allora devono essere disgustosi- borbottai, seguendola tra gli scomparti.
- Puoi provarne uno, se non ti piace lo finisco io - mi blandì Mary Margaret, frugando nel cassetto della sua scrivania ed estraendone una scatola di latta piena di biscotti che sembravano deliziosi.
Trascorremmo tutta la giornata in biblioteca a mangiare biscotti a parlare; ricordo che mi chiese com'erano i miei voti a scuola, che mi ascoltò leggere ad alta voce e mi fece i complimenti, battendo le mani, e poi mi chiese se avessi mai sentito una storia. - Come quelle della Bibbia?- chiesi; lei annuì, poi mi spiegò che esistevano molte altre storie non collegate alla Bibbia, unica cosa che ci leggevano le suore che si occupavano di noi, e mi lesse Biancaneve, destreggiandosi con espressioni, vocioni e vocine a seconda dei personaggi di cui leggeva. Avevo undici anni, al tempo, e mi affezionai perdutamente a lei.
Ogni pomeriggio trovavo sempre almeno un'ora per andarla a trovare, e insieme leggevamo le fiabe, a turno, perchè non le si stancasse la voce.
Ogni volta che a leggere toccava a me, insistevo perchè mi prestasse i suoi occhiali; mi piacevano così tanto! Erano un po' allungati verso l'esterno, rettangolari, di un rosso tenue e un po' perlaceo, ma la cosa che mi piaceva di più erano i brillantini che avevano alle estremità, negli angoli superiori: sembravano polvere di stelle.
Mi sentivo un po' bibliotecaria anche io, con quegli occhiali addosso; mi sembravano indispensabili per leggere, anche se ero costretta a farli scivolare praticamente fin sulla punta del naso e a guardare al di sopra delle lenti, che erano così forti che attraverso di esse riuscivo a vedere solo macchie confuse.
Quando ne chiesi il motivo a Mary Margaret, pensando che facessero vedere bene solo alle vere bibliotecarie, lei mi spiegò che servivano a correggere la sua vista, in realtà, perchè i suoi occhi senza occhiali vedevano come vedevo io attraverso le lenti; al sentire ciò, mi impietosii talmente che non volli più privarla degli occhiali.
  Quando giunse il momento del mio compleanno, però, mi fece trovare un pacchettino con un grosso fiocco sulla sua scrivania e, con mia grande meraviglia, al suo interno trovai un paio di occhiali senza lenti, con la montatura sottile e argentata, a mezzaluna e con dei brillantini alle estremità che doveva aver applicato lei a mano a costo di qualche altro decimo di vista.
- Sono i miei primi occhiali da bibliotecaria-, spiegò Mary Margaret sbucando dallo scaffale in mezzo a cui aveva frugato fino a quel momento, vedendo che li guardavo affascinata; - erano gli occhiali che portavo quando mi assunsero per la prima volta. Purtroppo, ho dovuto togliere le lenti perchè anche allora ero piuttosto orba - ridacchiò, tornando a sedersi al bancone e guardandomi felice mentre li provavo, in piedi di fronte a lei, con un piccolo sorriso di gioia in volto: era il primo regalo di compleanno che avessi mai ricevuto.
   All'orfanotrofio, per festeggiare un compleanno, si soleva regalare un cupcacke al festeggiato, che poi lo condivideva con gli amici più stretti; era una sorta di incentivo a farsi molti amici (no, questa è una mia considerazione personale) ma, soprattutto, non c'erano abbastanza soldi per fare un regalo ad ogni bambino per ogni compleanno, e mangiare una fetta di torta ogni volta che un bambino lì compiva gli anni avrebbe di certo fatto cariare i denti a tutti nel giro di un anno.
- Sono un po' larghi-, commentò Mary Magaret, guardandomi con occhio critico mentre li indossavo con cautela, - ma quando ti staranno giusti saprai che hai l'età giusta per fare la bibliotecaria- concluse saggiamente. Forse l'aveva capito lei prima di me, che fare la bibliotecaria era quello che volevo fare del mio futuro; in quel momento, ci arrivai anche io. Mi si illuminarono gli occhi, e la strinsi forte.
- Grazie! Ti voglio bene, Ma. Ma.-.
Quello che volevo dire era un'abbreviazione del suo nome, MAry MArgaret, ma il risultato finale suonò molto come se l'avessi chiamata mamma.
Quando mi guardò, colma d'orgoglio all'idea che avrei seguito le sue orme e un po' commossa per quello che avevo detto, non mi passò nemmeno per la testa di rovinare il momento spiegandole il malinteso.
- Sai,- iniziò, posando con tinta noncuranza un dito sull'angolo dell'occhio per asciugarlo, - anche un grande personaggio di questo libro- fece scivolare sul piano della scrivania il libro che aveva preso prima dallo scaffale, in mia direzione, - ha  gli occhiali a mezzaluna... ed è molto saggio e gentile, come te-.
Quella fu la prima volta che mi sentii davvero orgogliosa di me stessa, e quello fu il primo vero libro che lessi, dopo aver letto tutte le fiabe di cui Mary Margaret fosse a conoscenza; il titolo era " Harry Potter e la Pietra Filosofale
".




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Salve a tutti! Ho sentito la mancanza delle vecchie recens... recensori femmine, non so come "convertirlo" O.o Recensrici? Recensitrici? Comunque, spero siate in vacanza e che vi stiate divertendo xD! Vi ringrazio comunque perchè senza di voi non sarei riuscita a portare avanti questa storia, e ringrazio di cuore anche  _Debby_ che la storia l'ha scoperta da poco :)
In questo capitolo ho deciso di raccontarvi un po' la storia di Grace, perchè quella di Josh la sapete già, mentre lei è ancora praticamente una sconosciuta :)
Bene, vi dico solo che con lei non è  finita qui, ma che comunque il prossimo capitolo tornerà al presente :D
Questo "intermezzo" vi ha interessato, o lo trovate troppo clichè :3?
Sperando di avervi avvinto (che PAROLONE *^*!), vi saluto :)!
 Liz
   
 
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