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Autore: Jadis96    10/08/2012    2 recensioni
La mattina del 20 novembre, in un modesto appartamento di Londra, un uomo muore. Unico sospettato dell'omicidio: il suo migliore amico.
Sherlock e John si occupano del caso.
La mattina del 21 novembre, un misterioso scambio di corpi sconvolge le loro vite.
Come se la caveranno l'unico Consulente Investigativo al mondo e il suo inseparabile blogger l'uno nei panni dell'altro?
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Lestrade , Sherlock Holmes , Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La casa di Samuel Welch era il primo luogo candidato ad essere responsabile del nostro “scambio di corpi e di vedute”, come lo aveva definito Sherlock.
Decidemmo di proseguire le indagini, nella speranza di venire a capo di quella strana faccenda (“Io risolverò il caso, tu farai finta di essere me e non aprirai bocca davanti agli ispettori, almeno che non sia per avvertire che Scotland Yard sta andando a fuoco”, aveva detto Sherlock, con un tono che non ammetteva repliche).
La mattinata proseguì con un irritante litigio sui vestiti che avremmo dovuto indossare.
<< Io indosserò i miei vestiti! >> s’impuntò Sherlock.
<< Non puoi andare in giro nel mio corpo con i tuoi vestiti! >> tentai di farlo ragionare.
<< Non andrò mai in giro con i tuoi orrendi maglioni >> ribatté.
<< Nessuno ci farà caso perchè in questo momento tu sei me! >>.
<< Non importa. Finché mi resterà un minimo di buonsenso non indosserò niente che sia stato nel tuo guardaroba… e non c’è nulla che tu possa fare per farmi cambiare idea >> incrociò le braccia, fermo sulla sua posizione.
<< Ne sei certo? Potrei chiamare Mycroft e dirgli che è il fratello migliore del mondo e che gli voglio tanto bene… se fosse necessario potrei anche andare a dirglielo di persona >>.
Sapevo che era molto crudele da parte mia, ma non potevo perdere l’occasione di ricattare Sherlock.
<< Non oseresti… >> rispose lui, improvvisamente privo di tutta la sua sicurezza e anche un po’ impaurito.
<< Sì che lo farei >> assicurai.
Sherlock rimase in silenzio per qualche istante, dopodiché il suo sguardo s’illuminò nuovamente.
<< Allora io farò coming out… mister “non c’è nulla di male” >>.
 
Durante il resto della discussione ci rendemmo conto di avere entrambi la possibilità di metterci in imbarazzo in un’infinità di modi diversi, pertanto concludemmo con un patto: niente ricatti.
La faccenda dei vestiti venne liquidata quando concordammo di avere cose più urgenti da sbrigare.
 
Le due ore successive sembrarono trascorrere velocemente.
Iniziammo a camminare per la casa, nel disperato tentativo di abituarci ai nostri nuovi corpi.
Io inciampai numerose volte nei miei stessi piedi, mentre Sherlock avanzava lentamente e con passo strascicato.
Persi il conto di quante volte mi rinfacciò di essere troppo basso, di non vederci bene come lui, di pensare troppo lentamente, di avere troppa fame, eccetera eccetera… ma dopo un po’ imparai a chiudere la mente ai suoi lamenti.
Mi riusciva incredibilmente semplice con il corpo di Sherlock. Forse aveva una naturale propensione ad ignorare chi non voleva ascoltare.
 
Eravamo nel mezzo dell’ennesima discussione (non ricordo neanche cosa riguardava) quando squillò il cellulare di Sherlock.
Per circa tre secondi ci guardammo perplessi, poi Sherlock scattò dall’altro lato della stanza e prese il cellulare.
<< Io ti dico cosa dire, tu parli >>, ordinò Sherlock.
Accese il vivavoce. Era Lestrade.
<< Sherlock, ho i risultati degli interrogatori a Thomas e Joanne Carlton. Lui si rifiuta di parlare. Non ha voluto dire dove si trovava al momento della morte di Samuel. Non ha confermato il fatto che fossero amici di vecchia data.
Joanne è sotto shock. Dice cose apparentemente insensate. Continua a ripetere che suo marito “non era più sé stesso”.
Ecco la sua versione dei fatti: la mattina dell’omicidio Samuel ha chiamato Thomas, chiedendogli di passare a trovarlo. Quando Thomas è uscito di casa per dirigersi al piano di sopra non è parso diverso dal normale; poi Joanne ha udito lo sparo e poco dopo Thomas è tornato a casa. Aveva un taglio sulla mano e una sorta di tic nervoso per cui inclinava la testa in continuazione.
Joanne giura che l’uomo che ha visto tornare non era suo marito, nonostante ne avesse le sembianze. Abbiamo fatto accurate ricerche per accertarci dell’identità del signor Carlton, ma non ci sono dubbi: quello è Thomas.
Adesso lo stiamo trattenendo in centrale come sospettato dell’omicidio.
Joanne è stata rilasciata. >>
Sherlock aveva ascoltato con estrema attenzione. << Il signor Carlton porta i capelli lunghi? >>, mi sussurrò, ed io ripetei la domanda al cellulare.
Lestrade rimase in silenzio per qualche istante, stupido della domanda.
<< No. >>
<< Ha un ciuffo che gli arriva all’altezza del sopracciglio? >> insistè Sherlock.
<< Non mi risulta >>
<< Voglio sapere se ha cambiato taglio di capelli ultimamente, se era un uomo nervoso e se questo tic si era già manifestato in precedenza. Joanne ha menzionato qualcosa riguardo i suoi rapporti con Samuel? >>.
<< Sì. Ha accennato che non provava molta simpatia per lui. Ma al contrario lui l’ha sempre trattata con molto riguardo >>.
Lo sguardo di Sherlock s’illuminò, come se avesse finalmente trovato una pista da seguire.
<< Devo tornare a casa di Samuel >> dichiarò ad alta voce. Io mi affrettai a ripetere, sperando che Lestrade non avesse sentito la prima frase detta con la voce di John Watson e l’inconfondibile intonazione di Sherlock Holmes.
<< Forse manderò John a dare un’occhiata per me >> aggiunsi, certo che in ogni caso Sherlock non mi avrebbe mai permesso di andare ad investigare per conto suo. E considerando che ero nel suo corpo… non l’avrebbe fatto neanche sotto minaccia di morte.
<< D’accordo. Mi assicurerò che sia lasciato entrare >>, rispose Lestrade.
Pensai che la conversazione fosse finita e mi stavo accingendo a chiudere la chiamata, quando l’ispettore parlò ancora. << Ehm… Sherlock? >>
<< Sì? >> risposi, allarmato.
<< Stai bene? Sembri strano >>. Lestrade sembrava sinceramente preoccupato.
Guardai Sherlock, che mi fulminò con lo sguardo. Uno sguardo che sembrava volesse dire: “Ogni cosa che dirai potrà e sarà usata contro di te. Hai il diritto di restare in silenzio”.
Scelsi il silenzio.
Ma non fu una buona idea.
<< Pronto? Ci sei ancora? >>.
Decisi di improvvisare.
<< Sì. Va tutto bene. Cosa c’è di strano? >>. Cercai di imitare il tono leggermente irritato che Sherlock assumeva quando gli si poneva una domanda a cui non era interessato a rispondere.
<< Il tuo modo di parlare mi sembrava… diverso. >>
Una voce dall’altro capo del telefono chiamò Lestrade. Il mio salvatore mandato dal cielo, supposi.
<< Devo andare. Ti terrò aggiornato >>. Terminai la chiamata.
<< Grazie, chiunque tu sia! >> esclamai, sollevato.
 
Sherlock era già andato di sopra, in camera mia. Impiegò circa due minuti per prepararsi.
La sua scelta degli abiti non fu tragica come avevo creduto: aveva semplicemente imitato il mio abbigliamento del giovedì precedente.
<< Come sto? Sembro te? >> mi chiese.
<< Bene alla prima, no alla seconda >> risposi in tutta sincerità.
Nulla nel suo atteggiamento era simile al mio. Tutto il resto… era identico.
<< Cerca di impegnarti almeno un minimo >> lo pregai.
Lui sbuffò. << D’accordo… ci proverò >>.
Tornò indietro fino alla porta del soggiorno, e poi rientrò nella stanza con una camminata teatrale.
<< Sherlock! >> esclamò. << Hai di nuovo sparato contro il muro?! Un giorno di questi i vicini chiameranno la polizia, che certamente non avrà nessuna voglia di trascorrere altro tempo in tua compagnia. Per non parlare di Mrs. Hudson! Stai distruggendo la sua casa e saremo costretti a pagare i tuoi danni con i nostri soldi >>.
Rimasi a bocca aperta. Sherlock aveva ripetuto parola per parola la ramanzina che gli avevo fatto due settimane prima, imitando perfettamente i miei gesti e le mie espressioni.
Mi sembrò davvero di trovarmi di fronte ad uno specchio, oppure di essere tornato indietro nel tempo, come in quella serie che trasmetteva la BBC. Doctor… qualcosa.
 << Sei… me >> ammisi.
Sherlock fece un inchino, soddisfatto.
<< Lasciati dire che non sei altrettanto bravo a fingere. Resterai qui… almeno per adesso >>.
<< Cosa dovrei fare qui?! >> domandai, irritato.
<< Quello che faccio io di solito. Spara contro il muro, lamentati di essere annoiato, controlla le dita nel frigorifero, suona il violino… no, dimentica quest’ultima >> aggiunse frettoloso.
Sbuffai, ma alla fine acconsentii di malavoglia.
<< Tornerò tra qualche ora >> disse, e uscì con passo spedito.
 
Credevo che quel pomeriggio sarebbe passato in fretta.
Avevo programmato di leggere il giornale, accendere il computer, fare un pisolino…
Invece non mi fu possibile fare nulla di tutto questo.
La noia rendeva insopportabile ogni istante. Avvertivo il disperato bisogno di fare qualcosa, ma qualsiasi cosa tentassi di fare non era abbastanza.
Il mio cervello, quello di Sherlock, si ribellava prepotentemente all’inattività.
Era una sensazione orribile ed esasperante.
Allora è questo che lui prova continuamente, pensai. Non doveva essere piacevole essere Sherlock a tempo pieno.
 
Circa tre ore dopo, lo chiamai.
Non rispose.
Scaraventai il mio cellulare dall’altra parte della stanza. Se l’era meritato.
Due minuti dopo, ancora più avvilito, andai a recuperarlo e richiamai.
Squillò a vuoto per dieci volte, all’undicesima la voce di John Watson rispose.
<< Sono occupato >>.
<< Sherlock. Aiuto. >> dissi, incapace di articolare pensieri diversi. La mia voce venne fuori monotona e malinconica, identica a quella di Sherlock.
<< Che succede? >> chiese lui, con una nota di preoccupazione.
<< Mi sento di impazzire. Non so che fare. Mi annoio terribilmente >>.
<< Mi hai chiamato perché ti annoi?! >>
<< Sì, ma è quel tipo di noia che conosci bene. Io non so come gestirla >>.
<< Oh… >>.
Trassi un respiro di sollievo al constatare che Sherlock l’aveva presa seriamente.
<< Fuma qualche sigaretta >>, mi consigliò.
<< Non se ne parla! >>, ribattei deciso.
<< Allora usa un paio di cerotti alla nicotina. Ti rilasseranno >>
Mio malgrado, accettai. La soluzione funzionò, almeno temporaneamente.
Avevo fatto i conti con il rovescio della medaglia dell’essere Sherlock. Ora l’unica cosa che restava da fare era trovare il “dritto” della medaglia.
 
Angolino buio e solitario dell’autrice:
Eccomi con il secondo capitolo. Mi dispiace di aver fatto passare così tanto tempo dal primo, ma prometto che da ora in poi gli aggiornamenti saranno più rapidi.
Come sempre, tutte le recensioni, positive o negative che siano, sono più che gradite.
A presto!
Jadis


   
 
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