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Autore: Ginx    11/08/2012    5 recensioni
Erano passati sette anni da allora.
Sette anni in cui avevo provato a ricostruire la mia vita, in cui avevo tentato di dimenticare il passato.
Sette lunghissimi anni senza un messaggio, una chiamata, un qualsiasi segno che mi provava che stessero ancora cercando di rintracciarmi.
Ma come potevano, dopo quello che avevo fatto loro?
Due settimane dopo il diploma sono scappata da Lima senza guardarmi indietro, senza dare spiegazioni alle persone che amavo.
Non potevo restare lì. Lima era il centro del mio dolore.
Pensavo che trasferendomi a New York tutto sarebbe passato, che l'avrei dimenticata, che sarei riuscita a ricominciare.
Eppure fu in una classica giornata a Central Parck, mentre riflettevo sulla mia vita, che, a causa di un piccolo incidente, li ho ritrovati.
Tutti.
Tranne lei.
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. Quinn's back

 

La bionda si voltò, rivelando un viso infantile e un paio di occhi blu profondissimi.
Quinn sgranò gli occhi.
Non ci poteva credere. Era lei.
«Brittany?»

 

 

La ballerina sbatté per un paio di volte gli occhi azzurri, confusa.
Quando riuscì a mettere a fuoco la persona davanti a lei, un sorriso a trentadue denti le si stampò sul viso.

«Oh mio Dio, Quinn! Sei tu!» esclamò, saltando addosso alla più bassa, facendole rotolare entrambe per terra.
«Oh mio Dio! Oh mio Dio! Oh mio Dio! Non riesco a crederci!» urlò, mentre tutte le persone si giravano verso di loro. «Sei veramente qui! Non sei una mia immaginazione! Oh, per tutte le papere del mondo!» aggiunse, tastando tutte le parti del corpo sotto di lei a cui riusciva ad arrivare.
Quinn dal canto suo, non riusciva a vedere più niente, a causa dell'enorme pancia della ballerina.
«Britt, ti prego! Non respiro!» ansimò la più bassa, cercando far spostare la ragazza sopra di lei, seduta esattamente sul suo petto.
«Ops, perdonami!» esclamò la ballerina, scendendo da sopra all'amica con un agile balzo e aiutandola a rialzarsi.
Quinn si ripulì i pantaloni dalla terra e poi osservò la bionda. Non era cambiata affatto in sette anni: gli stessi enormi occhi blu, pieni di innocenza e allegria, le stesse cosce sode da ballerina e i muscoli delle braccia, lo stesso sorriso allegro, gli stessi lunghissimi, scintillanti capelli biondi, le stesse costellazioni di lentiggini intorno al naso.
L'unica cosa che stonava era l'enorme rigonfiamento sulla pancia.
«Britt, sei incinta.» disse sorpresa la ragazza, spalancando gli occhi e indicando l'addome della più alta.
«Già! Troppo bello vero?» rispose lei entusiasta, picchiettandosi la pancia.
«Sei veramente incinta.» aggiunse Quinn, sbattendo gli occhi.
«Sì!» esclamò la ballerina, che iniziava a pensare che gli orchetti avessero invaso la testa di Quinn.
«Veramente molto incinta!»
«Sì Quinn, sono sei mesi che mi hanno infilato dei semi di cocomero nello stomaco.» concluse la ballerina, incrociando le braccia scocciata.
Calò il silenzio tra le due, ognuna fissava l'altra.
«Quinn?» chiese Brittany preoccupata di averla offesa, vedendo che la bionda non reagiva.
«B... tu... Mi sei mancata!» esclamò la più bassa, gettando di nuovo le braccia al collo all'amica, mentre Beth batteva le manine, sorridendo.
«Anche tu Q, a tutti noi.» disse Brittany, accarezzando dolcemente il caschetto dell'amica. Quinn allontanò il viso dalla spalla della ballerina.
«Noi?» chiese, confusa.
«Sì! Tutti noi del Glee! Sono sette anni che ti cerchiamo!» le spiegò la bionda, sedendosi su una panchina. «Quando sei sparita assieme a lei-» disse indicando Beth con un piccolo broncetto- «-ti abbiamo cercato per tutta Lima, ma era come se Mamma Odi ti avesse fatta scomparire.».
Quinn sorrise afferrando subito l'allusione a “La Principessa e il Ranocchio”.
«Perdonami, avevo bisogno di allontanarmi per un po'.» le spiegò la bionda, abbassando gli occhi. «Di scappare da tutto ciò che...» aggiunse, prima di afferrare bene la frase dell'amica.
«Aspetta, sei rimasta in contatto con loro? Tutti loro?» domandò , per poi scuotere la testa e bloccare le labbra della ballerina che stava per ribattere. «Ok, aspetta. Ti va di parlarne davanti ad una cioccolata calda?» aggiunse in seguito, prendendo per mano Beth e tendendo l'altra a Brittany, che la prese tutta contenta.


Erano ormai le quattro del pomeriggio, e le tre ragazze erano sedute da Starbuks ognuna con la propria tazza fumante davanti. Brittany e Beth avevano ordinato un frappuccino e un muffin, mentre Quinn aveva preso il solito the.
La ballerina morse il suo enorme dolcetto, sorridendo alla bambina che si era impiastrata tutta il viso.
«Allora, ti ricordi di me, piccola Bambi?» chiese Brittany a bocca piena, ridendo del viso impiastrato della bambina. Beth annuì alzando il polso, dove c'era un piccolo ciondolino a forma di mucca, che le era stato regalato da Brittany per il suo terzo compleanno.
La ballerina rise, alzando il polso a sua volta per mostrarle lo stesso bracciale.
Quinn guardava quella scena, sorridendo. Aveva sempre immaginato una scena simile, e ora le sembrava così spontanea e genuina, come se la vedesse tutti i giorni.
«Ma che cosa hai fatto in questi sette anni?» le chiese la ballerina, scompigliando i capelli a Beth.
«Niente. Ho trovato un lavoro come infermiera, mi occupo di Beth e passo le giornate a rimpiangere il mio passato.» rispose Quinn, senza tanti giri di parole. Sapeva che l'amica poteva capirla.
«Ti giuro Q, abbiamo provato a chiamarti e a spedirti delle lettere con il computer, ma non rispondevi. Poi tua mamma ci ha detto che eri partita.» sussurrò Brittany. 
«La colpa non era la vostra. Avevo solo bisogno di stare da sola.» la rassicurò. «Allora, racconta. Che cosa fai di bello?» domandò poi, bevendo un sorso della sua bibita.
«Ho un negozio di abiti.» rispose la bionda, mandando giù un boccone. «Io e Tubb inventiamo i disegni, e Kurt lo fa nascere da un pezzo di stoffa!» esclamò entusiasta, per poi abbassare la voce. «Sono sicura che viene aiutato dalle fatine.» annuì seria.
Quinn rise, tornando subito seria dopo la faccia corrucciata della ballerina.
«Allora, raccontami degli altri.» le chiese la più bassa, poggiando la schiena contro il divanetto. Si prospettava un lungo discorso.
«Oh sì! Siamo una grande famiglia! Enorme!» iniziò la ballerina ingoiando il boccone. «Come comincio? Giusto! Santana!» pensò poi, con aria sognante. «Lei è la luce dei miei occhi. È una giornalista sportiva, spesso lavora con la coach Sylvester. Anche se non c'è quasi mai, mi racconta tutto quello che fa, quando facciamo il bagno insieme, e anche alla nostra bambina».
La più bassa provò una punta di gelosia. Loro erano riuscite a d essere felici, avevano una famiglia, tornavano l'una dall'altra. Lei non era neanche riuscita a far restare il grande amore della sua vita accanto a lei.
«Quando faccio i miei esercizi di ballo inizia ad urlare perché dice che le ho tolto tutta la parte liquida dell'osso per restare incinta e ora le tolgo la vita a forza di spaventi. Non capisco cosa vuol dire, io ballo e basta.» le spiegò poi Britt ridendo.
«Perdonami, tu sei incinta e balli?» domandò Quinn confusa.
«Certo! Tutte le mattine, dopo la colazione inizio con la danza step e le flessioni; dopo pranzo faccio gli esercizi di yoga con la Wii e dopo cena mi metto un po' a ballare. Ogni tanto cambio parte della giornata però sì, lo faccio.» rispose, mordendo il suo muffin, come se fosse la cosa più normale del mondo.
«E poi Mike!» riprese con entusiasmo la ballerina, senza lasciare all'amica il tempo di stupirsi della sua spericolata routine. «Lui è come un fratello! Quando Sannie non c'è, viene sempre da me a farmi compagnia. Lui mi fa ballare senza problemi.» rise, ripensando. «Lui fa quel lavoro strano, quello che assomiglia al frutto.» aggiunse, puntandosi un dito sulla testa.
«L'avvocato.» disse Quinn sorridendo.
«Sì, lui! Lavora insieme a Finn! Li devi vedere, sembrano due pinguini vestiti a sera!» concluse soddisfatta.
«Wow, non ce lo vedevo proprio Finn come un avvocato!» esclamò Quinn, sorseggiando il suo tè.
«Vero! Lui si è sposato l'anno scorso con Tina! Mike dico, non Finn. Non credo che a Finn piaccia Tina, ma a lui non piace nessuna perché ha sempre quel muso lungo. O forse è solo il suo viso a essere di forma strana. Comunque, dicevo, è stato un matrimonio asiatico, proprio come lo immaginavamo al liceo. Hanno anche una bambina, Jenna, che è bellissima! Ama gli unicorni quasi quanto me, infatti Tina dice che la colpa è la mia perché le raccontavo degli unicorni che mi intrecciano i capelli la mattina.» aggiunse, imbronciandosi. Beth sorrise, annuendo.
«Anche a lei piacciono gli unicorni. Ne ha tre di peluche.» tradusse la madre, accarezzando i capelli della figlia.
«Che belli! Me li fai vedere un giorno?» chiese Brittany congiungendo le mani. Beth annuì ridendo, silenziosamente, come una pazza.
«Ti ringrazio!» esclamò la ballerina, tornando a guardare l'amica. «Dicevamo. Kurt lavora con me, anche se lui è uno stilista. Il nostro negozio si chiama Hummel-Pierce Stile e sono tutti abiti di marche importanti!» riprese. «Lui è sposato con Dave, che è uno di quei medici che fa nascere i bambini. Ha detto che sarà lui a sgonfiarmi il pallone che ho nello stomaco!» annuì, tamburellando sul rigonfiamento. «Hanno anche una bambina, ed è la bambina più viziata del mondo ed è strana: parla come se avesse trent'anni, a volte non la capisco nemmeno io. Una donna l'aveva abbandonata nell'ospedale dove Dave lavora quando aveva solo due anni. Lui l'ha presa e l'ha portata a casa, il giorno del compleanno di Kurt. Da allora nessuno dei due la lascia sola.» aggiunse, bevendo la sua cioccolata calda.
«Che tenerone che è Dave, è proprio un peluche!» esclamò Quinn, ricordando come si era dimostrato dolce quando si era dichiarato a Kurt.
«Vero! Lui lavora con Artie, che cura i bambini. Il suo ufficio è un vero e proprio parco giochi! Lo devi vedere.» continuò la ballerina, finendo con un morso il suo muffin.
«Lui e Sugar stanno insieme quattro anni, anche se, come ricorderai bene, avevano fatto un po' tira e molla al liceo. Lei è una parrucchiera molto brava, fa delle acconciature bellissime!».
«Sam è uno di quelli che vende le case.» continuò «È stato uno dei primi a trasferirsi a New York, ed è stato lui a vendere una casa a tutti noi. Dice che le persone che hanno bisogno di una casa gli ricordano la sua famiglia. Lui e Mercedes sono sposati, ma si amano come se fossero ancora al liceo, te li ricordi? Anche loro hanno un bambino, Alex, ed è un amore. È l'unico maschietto e ha solo un anno, infatti Mercedes ha smesso di lavorare perché si voleva occupare solo del suo piccolo gnometto.» raccontò.
«Anche Rory è con noi. Lui ha il pub Pot' O' Gold, dove noi ci rincontriamo due volte a settimana. Prima Finn lo aiutava un po', ma ora che ha un lavoro fisso ci va solo di sera.».
«Wow, come sono cambiate le cose in sette anni.» sospirò Quinn.
«Già. E c'è ancora di più!» esclamò la bionda «Ci sono anche Blaine e Sebastian ma neanche noi li vediamo spesso. Sebby è un modello di biancheria intima.» ridacchio, abbassando poi la voce. «Kurt ha le sue riviste chiuse nel cassetto dell'ufficio.» le disse. «Purtroppo è sempre in viaggio, quindi lo vediamo pochissimo. Blaine invece lavora a Lima da Gap e viene a trovarci insieme al ragazzo. La prima volta che ci siamo rincontrati, li abbiamo invitati ad una delle nostre cene. Dave ha urlato per tre ore, dicendo che non avrebbe mai permesso che Kurt stesse nella stessa stanza di Blaine. Ha detto che non gli importava se era fidanzato, doveva comunque stare lontano da suo marito, perché a causa sua aveva passato l'inferno. Kurt ha provato a farlo ragionare, dicendo che amava solo lui e che non gli importava più dell'altro ragazzo, ma Dave si è infuriato ancora di più dicendo che provava ancora qualcosa per quel “piccione con i capelli finti” e glielo stava nascondendo.» rise Brittany scuotendo la testa e accarezzandosi la pancia, mentre Quinn e Beth ascoltavano il racconto come se si trattasse di un film particolarmente avvincente. La bionda ci sapeva fare con i racconti.
«Alla fine San è riuscita a convincerlo a partecipare alla cena, ma non con le maniere buone. Ha giurato che se avesse rovinato la serata a tutti, avrebbe organizzato una serata solo per Blaine e Kurt. Lui si è lasciato convincere, ma ha borbottato per tutta la serata e ha costretto Kurt a mangiare in braccio a lui dalla parte opposta del tavolo rispetto al ragazzo, seguendolo ovunque andasse.» Brittany rise, insieme a Quinn e Beth.
«Sarebbe molto bello rincontrarvi tutti.» sospirò la più bassa, con un sorriso malinconico.
«Ci farebbe molto piacere. Sono sette anni che ti aspettiamo.» rispose con altrettanta tristezza la ballerina.
Quinn sentiva una domanda premere per uscire da quando B aveva aveva iniziato il racconto, ma aveva paura di rimanere delusa dalla risposta. Aveva paura degli effetti che avrebbe provocato in lei, se la risposta era quella che temeva. Non capiva se l'amica avesse parlato di tutti tranne che di loro due volontariamente, perché voleva evitare l'argomento, o perché, semplicemente, non erano compresi nel pacchetto della "grande famiglia"
«B... anche... insomma... anche Puck e...» iniziò, torturandosi le mani, notando il sussulto della ballerina. Non ce la faceva, persino dire il suo nome le faceva male, non ci riusciva. Sospirò, guardando con occhi supplichevoli la sua ritrovata amica.
«Oh, ma non ti ho fatto vedere le foto!» esclamò Brittany, dandosi una pacca sulla testa. Prese l'enorme borsa viola e iniziò a frugare, infilando quasi tutta la testa dentro.
Sì, vuole evitare l'argomento” concluse Quinn con un sospiro.
«Dove ho messo il portafoglio?» borbottò Brittany, iniziando a tirare fuori buste di caramelle, bastoncini di zucchero e pupazzetti dalla borsa. «Lee-lee ti ricordi dove ho messo il portafoglio?» domandò poi, rivolta alla sua pancia.
Beth guardò la mamma con aria interrogativa, che le rispose mimando con le labbra 'è normale che parli con la sua pancia, è Brittany' poi spostò lo sguardo sull'amica.
«Lee-lee?» domandò Quinn.
Brittany uscì fuori dalla borsa e la guardò come se le avesse domandato la cosa più ovvia del mondo.
«Leya Sophie.» rispose la ballerina. «È il nome che io e San abbiamo dato alla bambina. Lei le voleva dare un nome spagnolo, perché diceva che voleva che la nostra
bambina fosse attaccata al suo mondo, e io la volevo chiamare Sophie. Alla fine, li abbiamo scelti entrambi, perché nessuna delle due voleva rinunciare al nome.» sorrise.

«È veramente un bellissimo nome.» le disse Quinn, mentre Brittany ricominciava a svuotare la sua borsa.
«Eccolo!» esclamò la ballerina, sventolando un portafoglio a forma di papera, da cui sfilò quattro pezzi di carta.
«Lei è Jenna, ha due anni!» disse la bionda, mostrando la prima foto. Ritraeva una bambina mora che sembrava la sorella gemella di Mike. Aveva un paio di codine strette in due elastici rosa. Gli occhi marroni leggermente a mandorla erano del padre, come le labbra rosa. Il nasino invece era della mamma, piccolo e a patata.
«Wow, è uguale a Mike.» commentò la ragazza, mentre Brittany cambiava immagine.
«Lei è Emily. Lei è la più grande dei bambini, ha otto anni.» spiegò la ballerina. Se non fosse stato per gli occhi azzurri e i lunghi riccioli l'avrebbe scambiata per Beth.
Gli occhi assomigliavano a quelli della ragazza di fronte a lei, solo che quelli della bambina erano più chiari e i lunghi e disordinati riccioli cadevano sul cuscino.

«Oh, mio Dio che bella!.» disse Quinn, mentre osservava un'altra foto.
«Lui è il piccolo Alex.»
La più bassa rimase stupita. Essendo il figlio di Mercedes, si era immaginata un bambino con la pelle scura, invece il bambino aveva la candida pelle del padre. Per il resto, i capelli a caschetto, i grandi occhi marroni, il naso piccolino e la bocca carnosa, aveva ripreso dalla mamma.
«E lei, è la mia Lee- lee.» concluse Brittany, mostrandole il fermo immagine di un ecogramma. Si distingueva perfettamente la testa e una manina vicino al naso, mentre la bimba era intenta a succhiarsi un pollice.
«È veramente bellissima!» le disse Quinn, dandole un bacio sulla guancia. Poi tornò seria. «Brits, ascoltami.» riprovò, ma Brittany alzò una mano.
«Cameriera!» chiamò, ma la più bassa le bloccò la bocca con un dito.
«Ascolta!» esclamò. «Anche Puck e... insomma... loro sono qui?» domandò poi, faticando a trattenere l'espressione di dolore a ripensare a loro due.
«Mi dispiace Q. nessuno ha più avuto contatti con Puck e Rachel.» iniziò, ma vide il sussulto dell'amica al nome della ragazza. «Insomma, sono spariti proprio come te. L'ultima volta che l'ho vista è stato il giorno del diploma.» rispose la ballerina, abbassando la sguardo. «Lei era in lacrime, aveva detto che tu eri scappata perché stava partendo con Puck. Aveva detto di dirti che le saresti mancata, e che sarebbe tornata da te il prima possibile. Aveva lasciato anche una lettera, ma noi avevamo pensato che avevi ricominciato la tua vita, così l'abbiamo lasciata a tua madre.» confessò.
Quinn cercò di mascherare la delusione di quella risposta dietro ad un sorriso. Non capiva se sperava che lei fosse a New York, insieme a loro, o se non era l'unica che l'aveva vista l'ultima volta sette anni prima.
«Tranquilla B. Non è colpa tua.» la rassicurò accarezzandole i capelli. «L'ho superata.» aggiunse. Beth la guardo, incrociando le braccia e alzando un sopracciglio. La madre le fece segno di tacere, mentre l'amica le sorrideva debolmente.
Quinn lanciò uno sguardo all'orologio, sospirando.
«Sono già le cinque e mezza...» osservò stiracchiandosi. Brittany sbarrò gli occhi.
«Le cinque e mezza?» esclamò nel panico. «Oh mio Dio. Santana sarà a casa tra venti minuti!» aggiunse, rimettendo gli oggetti sul tavolo dentro la borsa.
«Brit, calma!» le disse la più bassa, cercando di bloccare quell'uragano biondo.
«Devo prendere il biglietto dell'autobus e devo raggiungere la fermata!» continuò, infilando la borsa nella spalla. «Arriverò in ritardo e Santana si arrabbierà e inizierà a urlare in spagnolo e non mi parlerà.» gemette.
«Ti accompagno io se vuoi.» propose Quinn, riuscendo finalmente a catturare l'attenzione dell'amica.
«Lo faresti veramente?» le domandò la ballerina.
«Vieni, ti porto alla macchina.» rispose sorridendo, prendendo la borsa e uscendo dal locale, seguita dalle altre due.
Arrivarono al parcheggio in un attimo, con Brittany che osservava l'orologio ogni due secondi. Quinn allacciò velocemente Beth al seggiolino e poi salì nell'abitacolo, seguita dalla ballerina.
«Dove abiti?» le domandò la più bassa, avviando il motore e facendo retromarcia per uscire.
«Long Island.» rispose la bionda, che ballava sul sedile sull'orlo delle lacrime.
Quinn sgranò gli occhi, stringendo il volante per non lasciarselo sfuggire. Se ricordava bene, ci volevano quaranta minuti per raggiungerlo.
«Scusami, come sei arrivata qui allora?» chiese ancora.
«Mi ha accompagnato Mike prima di andare a lavoro.» rispose la bionda.
Il silenzio scese nella macchina.
Brittany tamburellava le dita sulla pancia, mordendosi un labbro, mentre osservava l'orologio sul cruscotto della macchina; Beth si aggrappava al seggiolino mentre
Quinn superava di gran lunga il limite di velocità. Il rumore delle dita della bionda le dava sui nervi, dove assolutamente trovare un modo per farla distrarre. 
Pensò a qualcosa che avrebbe catturato l'attenzione della ballerina e che l'avrebbe fatta smettere di fare quel suono con le dita.
L'idea le venne in mente mentre superavano Centra Park, i pensieri rivolti al giorno delle loro prime Nazionali. Osservò l'amica di sottecchi e prese un respiro profondo.

 

*In the middle of the night, I’m in bed alone
Don’t care if you’re glass, paper, styrofoam
When I need some water, baby *

 

Brittany sorrise, riconoscendo subito le note della sua canzone.
«Te la ricordi ancora?» le domandò la ballerina ridendo.
«Come potrei dimenticarla? È una delle canzoni preferite di Beth!» rispose la più bassa, prendendo un' altro respiro.

*You’re the only thing, I wanna put them in
My cup, My cup
Sayin’ “what’s up?”
To my cup
My cup
More of a friend than a silly pup
My cup *

 

Stavolta cantavano tutte e tre. Insomma, Beth mimava muta le parole della canzone, muovendo la testa a ritmo, come la mattina, mentre le altre due intonavano le canzone.
Allungarono la durata dell'ultima nota, scoppiando poi a ridere
«Io e Artie avevamo provato per mesi e io ero terrorizzata, perché gli orchetti mi avevano fatto i dispetti ed ero sicura che avrei sbagliato.» le spiegò la ballerina sorridendo.
«Oh, me lo ricordo. Tutti erano rimasti scioccati quando avevi detto che l'avresti voluta cantare alle Nazionali.» le disse ridendo Quinn. «L'unica a cui piaceva era Santana.»
La bionda rise, mentre l'altra sorrideva soddisfatta: era riuscita a distrarla dal ritardo e aveva percorso il tragitto in venti minuti.
«Siamo arrivate.» le fece notare la ragazza al volante, imboccando la strada per entrare nel quartiere. «Dimmi dove devo svoltare andare.» le chiese poi.
Brittany si fece seria, cercando di ricordare quello che le aveva detto Santana per trovare la sua casa. Doveva girare dove c'erano tre di quelle grosse scatole che mangiano le buste.
«Qui, penso.» le disse la ballerina, riconoscendo la via. «La terza casa a destra.» aggiunse.
Quinn si fermò davanti ad un palazzo bianco.
«Eccoci.» disse, per poi indicare una finestra al terzo piano. «Io abito lì».
«Sono felice di averti ritrovata B.» le disse la più bassa dolcemente.
«Anche io Q, mi sei mancata.» ripose Brittany, abbracciandola. «Senti, ti andrebbe di venire alla nostra cena venerdì?» le chiese poi, infilandosi la borsa sottobraccio.
«Sei sicura?» domando Quinn «Sei sicura che mi rivogliano?»
«E' ovvio. Sei una di noi.» sorrise la ballerina. «Ci vediamo alle sette davanti al Pot'o'Gold okay? E' sulla Lexington, è tutto verde, lo riconosci subito.» le disse la
ballerina, dandole un bacio sulla guancia e uscendo dalla macchina il più velocemente possibile.

Quinn aspettò che l'amica entrasse dentro il portone, poi lanciò uno sguardo alla finestra e ripartì.
Era sicura che, quando Brittany aveva indicato il suo appartamento, una figura con i capelli scuri si era allontanata dal vetro.
 

//

 

Le due bionde rientrarono a casa che erano le sei e mezza passate.
Quinn era esausta. Aveva bisogno di sdraiarsi sul divano e di non pesare assolutamente a niente. Erano successe troppe cose tutte insieme, il suo cervello aveva bisogno di riordinare lentamente i pensieri.
Appese i due cappotti sull'attacca panni e ripose le scarpe nella scarpiera.
«Allora amore. Facciamo il bagnetto e poi guardiamo un film?» le chiese la madre, prendendo le loro ciabatte dal tappeto.
Beth annuì, dirigendosi verso la sua camera, mentre Quinn si infilava nel bagno. Accese lo scaldabagno e aprì l'acqua della vasca, aspettando che si scaldasse. Poi chiuse il buco dello scarico con il tappo e rovesciò un po' del sapone preferito della figlia, all'olio di avocado e burro di karitè.
Beth fece la sua comparsa, avvolta nell'accappatoio verde. Quinn le sorrise, prendendo in mano una paperella di gomma e un orsacchiotto, sempre di gomma.
«Papera o orso?» le chiese con un sorrido.
La bimba prese la papera e la poggiò sul pelo dell'acqua.
«Più chiara non potevi essere.» sorrise la mamma, spogliando la bambina e infilandola dentro l'acqua saponata.
Era impressionante quanto spesso Beth potesse assomigliare a Brittany. La sua passione per le papere, alcune delle sue espressioni, le sue risate mute.
«Troppo calda?» le domandò la mamma, facendo scorrere l'acqua sui capelli della bambina. Beth scosse la testa, schizzando acqua su Quinn, mentre giocava con il pupazzetto.
Quinn le insaponò i capelli, scuotendole, a momenti, un po' più forte, per farla ridere.
«Cosa vuoi mangiare per cena?» le chiese, prendendo una scodellina e rovesciando l'acqua sulla testolina di Beth. La piccola osservò la madre, alzando un sopracciglio.
«Hai ragione. Oggi abbiamo mangiato come due piccoli tacchini.» le disse Quinn, ridendo e facendo il solletico alla figlia. Beth, in tutta risposta, mise le mani a coppa e le lanciò l'acqua, inzuppandola.
Quinn si alzò di scatto, scuotendo le mani e i vestiti mentre la bambina rideva, sbattendo le mani sull'acqua.
«Sei una piccola peste. Non ho nient'altro da aggiungere.» disse la mamma, prendendo la spugna a forma di pesciolino da sopra all'angoliera di metallo. «Quei pochi anni con tuo padre hanno avuto troppa influenza su di te.» borbottò poi, porgendole la spugna. Mentre Beth si insaponava il corpo ridendo, Quinn prese il balsamo e la spazzola e prese a spalmare la crema bianca sui capelli della bambina, alternando il movimento mano-spazzola.
"Troppi anni con tuo padre. Troppo pochi con lei." pensò, stappando la vasca e riaprendo l'acqua, aiutando la bionda a mettersi in piedi. Le sciacquò velocemente il corpo e poi le massaggiò i capelli, cercando di eliminare ogni traccia di balsamo dai morbidi riccioli biondi. Strinse le due manopole dell'acqua e appoggiò il soffione sopra ad essi; poi prese l'accappatoio da sopra il lavandino e ci avvolse la bambina, stringendola tra le sue braccia.
«Lo sai che ti voglio bene, vero?» le disse dolcemente, strusciando il suo naso contro quello della figlia, che annuì sorridendo.
«Ferma qui, che vado a prendere il pigiamino.» le disse, facendola sedere sul ripiano del mobile e scomparendo dietro la porta bianca. Entrò nella camera azzurra accendendo la luce; si diresse verso il comodino e prese dal cassetto un paio di mutandine, una canottiera e un paio di calzini con le papere disegnate sopra, poi prese un pigiama, con la stessa fantasia, da sotto il cuscino e tornò in bagno.
Beth osservava la lampada sul soffitto, muovendo piedi e testa a ritmo di una musica a lei sconosciuta. Rimase per qualche secondo sulla porta, ad osservarla. Come le sarebbe piaciuto sapere a cosa pensava, sentire la sua voce, sentirla ridere...
Spesso si ritrovava a pensare che, se l'avesse lasciata a Puck, magari non sarebbe cresciuta in quel modo, non sarebbe stata così riservata, così... muta. Era sempre stata gelosa del loro legame, perché tra padre e figlia c'era una sintonia che lei non poteva capire.
Quinn si avvicinò alla bambina, tirando fuori un asciugamano dal mobile.
«Forza passerotta, giù la testa.» le disse, avvolgendole la testa nella spugna soffice; poi l'aiutò a mettersi in piedi sul ripiano. Le sfilò l'accappatoio, con cui asciugò con cura le parti del corpo della bambina ancora bagnate, la aiutò a infilarsi la biancheria e la mise in piedi sul tappeto.
«Ora ci asciughiamo i capelli e poi vai a scegliere il film, ok?» le disse la mamma, tirando fuori il phon e la spazzola.
La bambina aveva dei capelli talmente fini e pochi che non le ci volevano mai più di cinque minuti per asciugarli.
«Ecco fatto. Pulita, lavata e stirata.» concluse Quinn, qualche minuto più tardi, dando un bacio sulla fronte a Beth che le sorrise e uscì dalla stanza bianca.
La bionda ripose l'asciugacapelli nel proprio cassetto, sciacquò i bordi della vasca dai residui del sapone e andò nella sua camera. I jeans le sembravano una gabbia da cui non vedeva l'ora di liberarsi. Gettò la maglietta e i pantaloni sopra al cesto dei panni sporchi, senza neanche controllare che lo avesse veramente centrato, e si infilò una tuta comoda e la maglietta del pigiama. Legò i capelli in una piccola coda, lanciò uno sguardo alla sua immagine riflessa nello specchio raggiunse la figlia in sala. La bambina era seduta davanti al mobile della televisione, il cassetto dei CD aperto, e trafficava con le scatoline di plastica cercando l'oggetto del suoi interesse.
«Cosa cerchi cucciola?» le chiese la mamma, inginocchiandosi accanto alla bambina e cercando di capire quale cartone volesse vedere.
Beth scosse la testa, sventolando la custodia di “Cars” e infilando il dischetto nelle lettore DVD. La bionda si diede della stupida: sapeva che se voleva vedere qualcosa di diverso dal cartone che stavano per guardare e Mulan, doveva sceglierlo lei. Erano i due che preferiva la bambina e li vedeva almeno tre volte a settimana. A testa.
«Quante volte lo hai visto questa settimana? Trentadue?» le sorrise, accomodandosi vicino a lei sul divano. Beth rise muta, poggiando la testa sulle cosce della mamma e sdraiandosi sulla penisola. Avviò il cartone da sola, regolò il volume e appoggiò i telecomandi sul bracciolo, mentre Quinn spegnava la luce dall'interruttore accanto al divano. Appena rimasero al buio, la mente della ragazza si scollegò completamente. Cercava di concentrarsi sulle immagini che scorrevano sullo schermo, ma il suo cervello non le obbediva. Le rimbombavano in testa le parole di Brittany: “Ci farebbe molto piacere. Sono cinque anni che ti aspettiamo.”
Non riusciva a capire. Aveva trattato tutti malissimo, tutti in modi diversi e peggiori. Aveva picchiato Santana, aveva urlato contro Mike, Artie e Kurt che erano venuti a consolarla, aveva insultato Dave e Mercedes. E aveva ferito tutti quando era scappata dicendo che la loro compagnia la feriva troppo. Perché sarebbe dovuta mancare a qualcuno?
La prima settimana dopo la sua partenza era rimasta rinchiusa dentro la sua camera, al buio, con la voglia di continuare a vivere che diminuiva di ora in ora. Non aveva mai pensato che una persona potesse contenere così tante lacrime, che il ticchettare dell'orologio potesse assomigliare ad un martello pneumatico, che la sua stanza potesse diventare la sua unica ancora di salvezza. Aveva riflettuto molto durante quelle eterne giornate. Pensava che se avesse tagliato tutti i ponti che la collegavano a lei, sarebbe riuscita a dimenticarla e a smettere di soffrire a causa sua, e alcuni di quei ponti erano i suoi amici. Stava per ripensarci quando Shelby le ave riportato la bambina. La piccola Beth allora era l'unica persona che le tenesse compagnia senza ucciderla dentro, anche se a malapena si teneva in piedi. Ma aveva bisogno di uscire di casa, di allontanarsi da sua madre e i sui sguardi compassionevoli, dall'angolo dove si era rannicchiata per una settimana, e tutto in quella piccola città sapeva di lei: il parco dove passeggiavano tutti i pomeriggi, la scuola, la sua casa dove avevano passato la loro prima notte insieme, anche la musica, tutto le ricordava lei, e non poteva sopportarlo. Così, da perfetta vigliacca, era fuggita senza dire niente a nessuno.
Lentamente i suoi occhi si chiusero, il cervello si staccò dal resto dal mondo e lei volò via.


Central Parck è caotico anche ora. Ormai non ci stiamo più dentro.
Sono sdraiata sul bordo della fontana a prendere il sole, un paio di occhiali scuri che mi proteggono gli occhi.
Poi una sensazione di bagnato parte dalle mie cosce bollenti e mi tiro su. Beth è davanti a me sorridente con le manine sporche di sabbia sulla mia pelle.
Non posso fare a meno di sorriderle mentre infilo le gambe nell'acqua e le sciacquo. Beth mi imita ridacchiando e poi inizia a schizzarmi bagnando tutta la gonna rossa che indosso. La prendo in braccio e le do un colpetto sul naso.
«Smetti di bagnarmi o la Coach Sylvester mi farà fare giri di campo extra.» le dico, mentre raccolgo la maglia della mia divisa e la metto sotto braccio.
«Scusa mamma.» risponde Beth con la voce squillante, scalciando per essere messa giù. Sorrido al suo tono acuto e l'accontento, poggiandole i piedi a terra e rinfilandomi il top della divisa.
Poi la prendo per mano e apro la porta di casa.
Vedo Syu che mi aspetta dietro l'isola della cucina, un piatto della mia pizza preferita davanti.
«Bentornata. Ho preparato la cena.» mi dice sorridendo.
Aggrotto le sopracciglia confusa mentre osservo le sue labbra aprirsi e chiudersi, ma un ronzio fastidioso mi tappa le orecchie.
«Devo lavare Beth.» dico rinunciando a decifrare le parole.
Entro nel bagno e vedo Beth dentro al lavandino intenta a giocare con l'acqua.
«Non bagnare il pavimento.» provo a dirle, ma non riesco a sentire le mie parole.
Il ronzio diventa sempre più forte, tanto che devo tapparmi le orecchie. La bambina sbuffa e indica qualcosa dietro di me.
Mi volto e vedo Jenny seduta sul divano, intenta a parlare parlare parlare. Il ronzio si trasforma in una serie di frasi, ordini, consigli senza senso. Vorrei chiuderle la bocca, ma ricordo che al lavoro devo mantenere la calma.
Infilo le mani nel camice e scendo le scale, cercando di ignorare la ragazza che aveva preso a cantare. Non capiva le parole, ma sentiva di conoscere il motivetto.
Entro nel salotto, ma la musica fastidiosa ancora arriva alle mie orecchie sovrapposta ad altri rumori che vengono da un lato della stanza.
Vedo Brittany che saltella su un palco, imitando delle immagini che vede scorrere sullo schermo della TV.
«B, cosa stai facendo?» le chiedo, non riuscendo di nuovo a sentire la mia voce.
La ragazza mi dice qualcosa, ma non riesco a capirla con i rumori del suo gioco e la voce di Jenny.
«Andiamo nell'altra stanza, non ti capisco con Jenny che continua a cantare.» provo a urlarle, sperando che riesca a sentirmi.
Lei si volta verso di me e mi fissa con aria confusa.
«Chi è Jenny?» chiede, massaggiandosi l'enorme pancia.
Improvvisamente riesco a capire le parole della canzone e rimango un po' stordita: perché quella donna conosce “Don't rain on my parade”?
«Nessuno.» sussurro risalendo lentamente le scale.
La voce sta cambiando, non è più roca e tagliente, ma è morbida e perfetta.
Entro in cucina e vedo LEI che tira fuori la pizza dal forno, il ciondolo con la stellina d'oro che le brilla sul petto.
«Ciao amore.» sorride. «Te l'avevo detto che sarei tornata.»
Le sorrido di ramando e il mio cuore batté più forte.
«Lo so, torni sempre da me.»
Aggrotto le sopracciglia. Quella non è la mia voce.
Mi giro e il mio cuore si spezza di nuovo.
Puck è lì.
Beth in braccio e un sorriso felice sul viso.
Registro vagamente il bacio che lei gli da sulla guancia, concentrata sulla visione di mia figlia che canta in braccio a lui.
Li osservo impotente mentre la raggiungono. Lui le da un bacio sulle labbra e la prende per mano, accompagnandola verso la porta, mentre un raggio di luce, fa illuminare l'anello alla sua mano.

 

Si svegliò. Nel suo salotto. A New York.
Beth era davanti a lei, che le tendeva la manina paffuta. La madre si guardò un po' intorno confusa, notando la televisione spenta e la luce della camera della bambina accesa.
«Scusa amore, non c'era bisogno che mi svegliassi.» le disse la bionda, stiracchiandosi. «Vieni, andiamo a letto.» aggiunse, alzandosi dal divano bianco e dirigendosi verso la camera della bambina. Beth si infilò sotto le coperte, stringendo il suo unicorno di peluche. Quinn le rimboccò le coperte, sistemando bene il piumone sotto il lenzuolo. La bambina si scopriva spesso durante la notte e la bionda non voleva che si prendesse un raffreddore. Le diede un bacio sulla fronte, infilando le coperte sotto il materasso. «Buonanotte micia, sogni d'oro.» le disse, spegnendo la lampada e uscendo dalla stanza.
Quinn entrò nella sua camera, sedendosi sul bordo del suo letto. Osservò la sua immagine riflessa nello specchio di fronte a lei. Subito notò un flebile bagliore provenire dal suo collo. La collana a forma di R, l'unica parte di lei che le era rimasta.
Non ce la fece più.
Si strinse le ginocchia al petto, ci poggiò il mento sopra e iniziò a piangere. Come sempre il suo ricordo aveva riempito la sua giornata, da quando si era svegliata a quando andava a dormire. E come sempre, appena rivedeva nei suoi ricordi i morbidi capelli castani e i profondi occhi scuri, le lacrime le pizzicavano gli occhi e riusciva raramente a trattenerle tutto il giorno. Spesso accadeva per cose stupide, come guardare la foto nel corridoio, ritrovare l'anello con il cuore rosso dentro il cassetto della biancheria o semplicemente, guardarsi allo specchio e vedere il suo pegno d'amore.
I singhiozzi le squassavano il petto, impedendole quasi di respirare; cercava di reprimerli il più possibile possibile, nascondendo il viso tra le ginocchia, cercando di non svegliare la bambina. Perché ancora ci stava male? Erano passati cinque anni, e soffriva come se fosse appena accaduto.
Il cigolare della porta che si apriva, la costrinse ad alzare lo sguardo. Beth era sulla soglia, con il cuscino e il suo pupazzo in mano, che fissava la mamma con uno sguardo compassionevole. La bambina salì sul letto, poggiando tutto nella sua parte di materasso, e gattonò sulle coperte verso la mamma, inginocchiandosi dietro la bionda e stringendole le piccole braccia paffute intorno al collo. Quinn le strinse il polso con la mano, baciandole le fossette sotto le dita, cercando si sopprimere i singhiozzi senza successo.
«Per-perdona-mi.» singhiozzò la bionda, voltandosi verso la piccola. Beth scossa la testa con un sorriso, staccandosi dal collo della mamma e dando qualche colpetto al materasso, invitandola a sdraiarsi accanto a lei. Quinn le rivolse un debole sorriso, tirando via l'elastico che le teneva il corto caschetto e infilandosi sotto le coperte, senza neanche infilarsi il pezzo sotto del pigiama, alzandole leggermente per far entrare la biondina. Questa si rannicchiò contro il petto della mamma, ignorando i singhiozzi che, man mano, diminuivano di intensità. Quinn nascose il viso nei capelli della figlia, come un cucciolo in cerca di coccole, e lei strinse le braccia intorno al collo della mamma. Beth rimaneva sempre l'unica persona che la capisse fino in fondo.

 

***

 

Brittany chiamò l'ascensore, pregando le fatine che arrivasse velocemente. Odiava prendere quella brutta scatola di ferro, ma era stanca e non riusciva a fare tre piani di scale a piedi. Non aspettò nemmeno che le porte scorrevoli si aprissero completamente, ci entrò velocemente e premette più volte il tasto con il 3 luminoso sopra. Se Santana avesse scoperto che era uscita da sola, avrebbe ricominciato ad urlare, lanciando brutte parole a divinità di più religioni nella sua lingua natale. Non sopportava quando la latina le urlava contro. Sobbalzò quando l'ascensore partì verso l'alto e si appoggiò contro alla parete, con gli occhi chiusi, cercando di immaginare le fatine che volavano felici con le farfalle. La campanella annunciò l'apertura della porte e la ballerina uscì velocemente da quella scatola infernale, trovandosi subito di fronte al portoncino del suo appartamento, ricominciò a fregare nella borsa, sperando che gli orchetti non avessero fatto uno dei loro tanti scherzi. Toccò con la mano un pupazzo morbido che riconobbe subito come il portachiavi; tirò fuori le chiavi tintinnanti e le fece girare nella toppa velocemente, aprendo la porta.
«Brits?» la chiamò una voce dalla cucina e Brittany non poté fare a meno di rabbrividire. Santana era tornata, e aveva imparato a temere quella nota di rabbia e isteria nella sua voce.
«Sono io San.» rispose, lasciando la borsa sul tavolino del telefono. sentì il rumore dei tacchi della latina avvicinarsi sempre di più e Santana fece il suo ingresso nel salotto, bellissima come sempre.
«Dove sei stata?» le chiese, mettendo le mani sui fianchi e battendo nervosamente il piede contro il parquet.
«Al... parco.» disse la ballerina vaga, riguardandosi bene dallo specificare il nome del parco in cui aveva passato la mattina e gran parte del pomeriggio. Avanzò qualche passo timido verso la ragazza, sentendo il bisogno di sentire il respiro caldo della latina sulla sua pelle candida.
«E come ci sei arrivata al parco?» chiese ancora la mora, fingendo di non vedere la bionda che si muoveva nella sua direzione, alzando un sopracciglio.
«Mi ha accompagnato Mike... » sussurrò, avvicinandosi ancora verso la sua fidanzata, che però le mise una mano sul seno, impedendole di avanzare ulteriormente.
«Non mentire. Mike oggi doveva lavorare.» sibilò la latina, incrociando le braccia. Brittany valutò le possibilità che aveva. Non poteva mentirle, perché prima o poi, avrebbe scoperto la verità. Ma se le avesse detto che era stata da sola tutto il giorno, si sarebbe sicuramente infuriata.
«Infatti ero da sola...» confessò infine, fissando la punta bianca delle sue scarpe. Santana le diede le spalle con uno scatto, alzando braccia e occhi al cielo.
«Madre de Dios, Brittany!» urlò, come previsto, nella sua lingua.«Quante volte ti ho detto che non voglio che esci da sola? Quante? Cosa faresti se, per sbaglio cadessi, ah? Se inciampassi? Faresti del male a te, a me e a Lee-Lee!» aggiunse, iniziando a borbottare una sequela di imprecazioni in spagnolo, finché un piccolo singhiozzo non la fece smettere di colpo. Si voltò lentamente verso Brittany, trovandola con il volto rigato dalle lacrime e le braccia strette sulla pancia.
«Io... avevo solo bisogno di prendere un po' di sole...» sussurrò la ballerina, talmente piano che la latina fece fatica a sentirla. Si diede della stupida e si avvicinò alla sua piccola pulcina, avvolgendola con le sue braccia scure.
«Perdonami B. Ti prego.» le disse Santana, poggiando la guancia sulla fronte della ragazza. «Sai quanto divento ansiosa quando si tratta delle due persone più importanti della mia vita.» aggiunse, accarezzando l'addome gonfio della ballerina. Brittany annuì, nascondendo il viso nei capelli scuri della bionda.
«Odio quando fai gli occhi alla “Gatto con gli Stivali” solo per farmi smettere di rimproverarti.» borbottò la latina stampando un bacio sulle labbra alla bionda facendole tornare il sorriso.
«Senti, che ne dici se ti preparo un bel bagno caldo e poi ci facciamole coccole sul divano?» le chiese ancora Santana, prendendola in braccio e trasportandola fino alla porta bianca del bagno, mentre Brittany rideva di gusto.
Guardò la biondina a spogliarsi riempiendo, per un secondo, i sui occhi di quella visone celestiale.
«Come sei tornata a casa, tesoro? L'ultimo autobus è passato mezz'ora fa» le chiese con finto disinteresse, porgendole l'accappatoio giallo e la biancheria. Brittany abbassò lo sguardo per un momento.
«Debby. Aveva portato suo figlio al parco.» rispose velocemente la ballerina, infilandosi dentro il bagno. Santana sorrise. La sua ragazza non sapeva dire le bugie. E si dimenticava sempre che la loro segretaria non guidava, era rossa ed era single. Rimase un minuto a riflettere poi andò in camera, si sfilò jeans e maglietta e prese da sopra il comodino il piccolo cellulare bianco. Digitò velocemente tre parole, aspettando la attesa chiamata della fidanzata.
«San, vieni a fare il bagno con me?» chiamò , come se avesse letto nella mente della latina. Cercò velocemente il nome nella rubrica e gettò il cellulare sul letto, incamminandosi verso quello che sarebbe stato un lungo e sospirato bagno.
Il piccolo schermo era ancora illuminato quando Santana entrò nella stanza.

 

Quinn è tornata”
Invio in corso

 

 

 

Gina's Corner: Secondo capitolo!

 

Ok, non è proprio il secondo terzo. Diciamo che è la seconda parte del primo/secondo, ma pensavo ( e quando dico pensavo, vuol dire c'è lo zampino di una certa scassapalle aiutante .-.) che diviso in due parte avrebbe fatto più effetto.


Tranquilli, il sogno di Quinn non è una stronzata (anche se lo sembrerebbe) per allungare il capitolo. Tutto ha un perché logico.


Non so da dove diavolo sia uscita la fine Brittana stile “Ritorno al Pomeriggio (?)” ma mi serviva questa fine così... misteriosa u.u


Ve lo dico subito, non mi piace per niente e, se non ci avessi passato più di due lunghissimi mesi sopra, lo riscriverei tutto.


Grazie alle persone che hanno messo questa storia nelle preferite/seguite/ricordate, quelle che la leggono e la recensiscono e quelle che la leggono e basta. Vi adoro <3


Emily Sarah? O.o Il mio cervello si friggerà prima o poi .-.

 

And that's how Gina sees it.

Peace and Love ;)

 

 

P.S= Siete curiosi di vedere i piccoli bambini? Diciamo che io ho trovato quelli che fanno al caso mio ù.ù

 

Jenna Choen Chang-Chang

Allora, cosa dire della piccola asiatica? Essendo la figlia di Mike non posso fare altro che amarla con tutta me stessa *-*
Inoltre, sono sicura che questa foto sia stata fatta apposta per me (anche se è nella mia testa è più piccolina), visto che questa caramellina me la immaginavo proprio così =')

Alex Evans Jones

Il piccolo Alex con le labbra del padre... Non parlerà molto, perché ha solo pochi mesi, ma servirà un po' più in la...

Emily Hummel Karosfky

Ok, io questa bambina la AMO! *______*
Secondo me è la mia invenzione meglio riuscita!
E' più grande rispetto a come la vediamo qui e non è così... tenera. Vi dico solo che nel prossimo capitolo, in quel piccolo paragrafo in cui compare, imparerete ad amarla (o a odiarla, punti di vista xD) e che assomiglia molto ad uno dei nostri protagonisti preferiti!

Inoltre, avrei anche la sweet Leya Sophie ma.... perché rovinarvi la sorpresa?
La vedrete più in la =D


 



 

   
 
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