She came home just won the game
Long time struggle she fulfilled her dream
All she wanted was to make you proud
You weren't there
*
La mamma
è tornata felice insieme a me dall’ospedale, tenendo in braccio un fagotto
urlante. Appena atterrati abbiamo respirato a pieni polmoni l’aria limpida dei
Monti Paozu… la città non fa di certo per noi, anche quel bambino minuscolo ha
iniziato a ridere da quando siamo qui… e a dire la verità ne sono sollevato, ha
continuato a piangere per tutto il volo di ritorno, non ne potevo più. Sbuffo
andando a rilassarmi su una sedia della mia stanza preferita, in cucina, e un
paio di minuti dopo la mamma mi raggiunge. Avverto la sua presenza più
chiaramente, ne sento i passi, infine alzo lo sguardo stanco e la osservo, senza
emozioni particolari. Lei di rimando si preoccupa e si avvicina, chinandosi alla
mia altezza.
-
Allora, come stai?- chiede premurosa come sempre ma con una nota di imbarazzo
nella voce. Si sentirà in colpa per la mia stanchezza? O per il nuovo arrivato?
Ma di quello ne abbiamo parlato davvero tanto negli ultimi mesi, quasi non
passava giorno. Aveva uno scintillio di gioia negli occhi ogni volta che si
iniziava il discorso, tanto che non potevo fare a meno di stare ad
ascoltare.
- Sto
bene.- rispondo secco e svogliato, accoccolandomi contro le mie stesse braccia
incrociate sul tavolo. Logicamente ho solo aumentato i suoi timori; adesso gioca
con le unghie indecisa, poi all’improvviso azzarda un
sorriso:
- Tuo
padre sarebbe fiero di noi ora.
Quella
frase ha il potere di farmi scattare in piedi, lasciando cadere la sedia gambe
all’aria.
-
Fiero?- urlo incredulo… il cuore batte all’impazzata, il sangue ribolle, lei è
immobile ma spaventata… cosa sto facendo?! Sto perdendo il controllo davanti a
mia madre, per qualcosa che non è nemmeno colpa sua? Appena me ne rendo conto
abbasso le palpebre e respiro profondamente per calmarmi. Le rivolgo di nuovo
un’espressione “normale” ma è rimasta parecchio turbata, sembra aver perso la
voglia di parlare… e la sedia rovesciata non migliora il
quadro.
-
Scusa.- borbotto affrettandomi a raccogliere l’oggetto abbandonato e
risistemarlo. Lei arretra leggermente per lasciarmi lo spazio necessario, ma poi
non si ferma finché non tocca il muro con la schiena. Mi fissa, non osa
staccarmi gli occhi di dosso, scruta in silenzio, magari ha paura di fare altro
male aprendo bocca; o almeno l’impressione è quella.
- Gohan
tu… pensi che a “lui” importi qualcosa di… di tutto questo?- sussurra come un
unico gemito, affidandosi completamente al sostegno del muro. Sta cercando
disperatamente di non piangere: il labbro inferiore e il mento tremano, i
respiri sono corti e irregolari, i capelli mettono in ombra parte del viso
impallidito. Una risposta rassicurante è tutto quello che vuole ora, ma come
posso dargliela io se sono stato il primo ad essere preso dai dubbi quando è
iniziata questa faccenda?
- So che ci guarda.- rispondo d’istinto. Dopotutto è una verità da prendere come si vuole. Da parte mia lo sento, avverto sempre la sua presenza e ciò mi consolava nei primi tempi: era come se un angelo ci controllasse dall’alto ed ero sicuro del suo intervento in caso di necessità. Però adesso è nato il mio fratellino, non siamo in pericolo di vita va bene, ma non è comunque necessario che lui sia con noi? Perché non interviene… in qualunque modo, anche solo con qualche parola o con un segno per farci capire che esiste ancora?
Lo so che è colpa mia se sei
morto, prenditela con me, ma loro due non c’entrano niente! …Perché,
accidenti?!
Mi mordo un labbro a sangue e mi ritrovo anch’io con gli occhi offuscati; allora mia madre emette un debole sospiro e si allontana dal muro, precipitandosi ad abbracciarmi.
- Sono una stupida a farti certe domande; so che vuole bene a tutti noi, anche al tuo fratellino e anch’io gli voglio tanto bene ancora, ma mi capita a volte.- mi stringe forte accarezzando la nuca, le sue lacrime mi bagnano le guance e le mie non vogliono aggiungersi, ma sto tremando nello sforzo di controllarmi. Devo essere forte in entrambi i sensi, per noi.
- Mamma, anch’io ti voglio bene e ti aiuterò, lo prometto.- dico stringendo i denti e cercando rifugio tra i suoi capelli che profumano di buono. ‘Ma non so se ce la farò’ concludo con me stesso.
*
He had his birthday few days ago
He got some presents a big party too
And there were congratulation calls
As the years before not ever one from
you
*
Sono passati tre anni… già? No, sono stati pieni di novità, a cominciare dalla nascita di mio fratello. Vederlo crescere è un’esperienza continua, sembra non voler smettere mai. Lui ne ha compiuti tre appunto qualche giorno fa e la casa è ridiventata un viavai di gente e telefonate. I nostri amici ormai si riuniscono ogni volta qui e non mancano di portare regali e auguri per lui… è diventato quasi un “Goku in miniatura”, forse è anche per questo che tutti lo vezzeggiano in modo un po’ esagerato. …Non sono geloso! E’ solo che tutti non fanno che ripetere le stesse cose milioni di volte: ‘Oh quanto è simile a Goku’, ‘Sai Chichi, gli assomiglia sempre di più.’, ‘Mi chiedo perché tu non gli abbia dato lo stesso nome!’, ‘Gohan è più una via di mezzo fra voi due’.
Ognuna di quelle frasi colpisce me e la mamma più di un pugnale; se solo riuscissero a guardarci oltre i sorrisi compiaciuti se ne accorgerebbero, ma invece continuano, non se ne importano, sembrano voler infierire. Soltanto Piccolo e Vegeta si astengono da certi commenti, sarà anche solo per il loro carattere, sarà anche solo perché non badano alle apparenze quanto gli altri, sarà perché ti conoscevano molto bene … qualunque sia il motivo sono loro molto grato.
Uhm… mi dispiace papà, ora Goten ha ricominciato a lamentarsi e la mamma è uscita. Devo andare a dargli il biberon vista l’ora, continuerò a raccontarti un’altra volta se vorrai ascoltarmi.
*
You weren't there distant far away
It's like this every day
They see you in their heads
Wonder if you'll come
Afraid to close their eyes
And miss you once again
*
She cut herself on a piece of paper
It didn't hurt but she saw the blood
She could need that embrace you weren't
there
*
Sangue
rosso. Rivedo ancora il sangue sul pavimento. Il sangue della mamma sul
pavimento. Avevo sentito un tonfo e stavo arrivando in cucina quando ho notato
quel luccichio e lei inginocchiata a terra che si fissava corrucciata le dita
ferite.
- Cosa è
successo?- ho detto entrando.
- Mi
sono tagliata…- mi ha risposto come soprappensiero, sbirciandomi poco dopo,
mentre mi avvicinavo con un tovagliolo.
- Fa
vedere meglio.- ho sollevato ulteriormente quella mano e succhiato via il
sangue, per poi fasciarla.
- Com’è
successo?- ho indagato ancora. La mamma ha sorriso incantata e io non capivo
come mai; devo aver fatto una faccia strana perché lei si è affrettata a
giustificarsi.
- Oh,
scusami, sei gentile Gohan grazie... mi era rivenuto in mente…- poi si è
imbarazzata d’un tratto e non ha aggiunto altro, ma avevo già intuito a chi si
riferisse- Ecco, mi sono tagliata con quei fogli ed è caduta la busta della
spesa, tutto a posto.- ha concluso rapidamente indicando gli
oggetti.
- Bene.-
l’ho aiutata a rialzarsi tranquillo- Stai più attenta però, altrimenti chi
cucina qui??
- Ehi
ehi…- ha fatto l’espressione offesa a braccia conserte-… pensa a studiare
signorinello!
- Vado
giusto a fare quello, a dopo!- sono sgattaiolato via, sicuro di averle lasciato
almeno un residuo di quel sorriso sulle labbra.
*
Did he have to cry louder
Would that make you hear him
You see his heart was broken for the first
time
*
Ciao
papà, è passato molto tempo dall’ultima volta che ti ho raccontato qualcosa. Ho
cercato di evitarlo, perché mi sembra da pazzi parlare con qualcuno dal quale
non puoi ricevere risposta, ma oggi devo. La mamma si è arrabbiata molto con
Goten.
Tutto è
partito dal fatto che ormai, grazie alle storie della buonanotte, per lui sei
diventato un eroe delle fiabe, un personaggio che immagina, che sogna di
imitare, sebbene senza averti conosciuto realmente. Ciò che sa nei tuoi riguardi
non gli basta mai, vuole conoscere sempre di più, supplica di parlargli di te
non appena si crea un attimo di silenzio; a colazione ha chiesto come eri
vestito e voleva addirittura avere una tuta uguale alla tua arancione da
indossare. A quel punto la mamma ha posato ogni cosa sul lavandino e si è
rifiutata categoricamente. Il suo sguardo per la prima volta mi ha fatto
veramente paura… era completamente freddo e deciso… se lo sarà aspettata prima o
poi da Goten qualcosa di simile. Lui però si è imbronciato e ha insistito. Lei
ha di nuovo detto NO, ma niente da fare, mio fratello è testardo e ha
continuato imperterrito; vedendo che molto stranamente la madre non gli dava
retta come al solito è saltato in piedi e si è messo a sbatterli frignando. In
quel momento ho visto una mano tesa sollevarsi per ricadere in uno schiaffo su
mio fratello, mentre gli veniva intimato di lasciar perdere per una buona volta
tutte quelle sciocchezze. Era cieca di rabbia.
Io mi
sono alzato e ho preso in braccio Goten trascinandolo in camera nostra,
chiudendo la porta, continuando a tenerlo stretto mentre urlava. Appena dopo ho
sentito la mamma scoppiare in un pianto dirotto di là in cucina. Mi sono sentito
solo; gli ho accarezzato la testa scossa dai singhiozzi e lui mi ha guardato con
occhioni smarriti.
-
Pecché?- mi ha domandato toccandosi la guancia arrossata.
- Non
devi fare questa commedia, l’hai fatta arrabbiare ed ecco il risultato.- gli ho
risposto cercando di consolarlo e preparando una caramella nel pugno nascosto
dietro la schiena.
- No,
pecché non vuole che gli chiedo di papà?
Sono
rimasto muto, non sapevo cosa dire, come potevo spiegargli... l’ho fissato per
qualche secondo e ho trovato una risposta adatta:
- Perché
tu già assomigli moltissimo a papà, non c’è bisogno di chiedere queste cose.
Anzi… se vuoi anche diventare forte come lui ti aiuterò io!- ho concluso
mostrandogli la caramella.
Goten ha
sorriso mostrando tutti i denti da latte, annuendo, e ha agguantato
l’incarto:
- Grazie
fratellone!!
Mi è
saltato al collo ed ho dovuto portarlo in quel modo fuori casa. Nonostante i
capricci gli voglio un mondo di bene, grazie perlomeno del regalo
papà.
*
You weren't there distant far away
It's like this every day
They see you in their heads
Wonder if you'll come
Afraid to close their eyes
And miss you once again
*
Cannot turn back time
A wish yet to come true
They're making up these stories about you
Vorrei
poter mandare indietro il tempo. Vorrei davvero. Quante volte l’ho desiderato da
quel giorno? Ho perso anche il conto, nonostante sia bravo in matematica.
Tornare a quei momenti: combattere daccapo contro Cell, riprovare il dolore
fisico e morale, il sapore del sangue, l’odio profondo, ma riuscire a cambiare
il finale! Non comportarmi da pazzo orgoglioso rovinando tutto, evitare il tuo
sacrificio disperato, evitare anni senza di te a chi ne avrebbe avuto più
bisogno oltre me… eliminare quel mostro definitivamente sfruttando l’occasione
del momento buono, come mi avevi incitato di fare, finché potevo.
Riflettere ed avercela con te, per non essere tornato
approfittando delle sfere del drago, mi fa sentire solo più colpevole. In fondo
è colpa mia se tutto questo è accaduto; se non ti avessi costretto ad ucciderti
col mostro avresti avuto la sola scelta di tornare a casa con me, non credi?
Avresti fatto compagnia alla mamma, almeno un po’ di più, mentre lei aspettava
Goten e invece si sentiva sempre sola e ti voleva indietro. L’ho aiutata ma non
quanto e come potevi farlo tu, immagino ci sia una bella
differenza.
Così
intanto io continuo a parlare con te, la mamma e Goten parlano di te, gli amici
anche. Sei nei discorsi di ognuno di noi, nei nostri pensieri, perfino nei
nostri sogni. Allora perché ti ostini a rimanere lontano? Possibile che adesso
mi odi a tal punto? Mi avevi assicurato che ero stato perfetto, che avevo fatto
pure ciò che tu credevi oltre le mie possibilità, che ti sentivi orgoglioso di
me… davvero? Torna per dirmelo, ne ho bisogno.
Osservo Goten dormire attaccato
ad un mio braccio e ti rivedo… è una benedizione e maledizione allo stesso
tempo… lo guardo ancora, in ogni particolare del visetto rotondo; ho paura di
chiudere gli occhi e perdere anche lui. Mi manchi.
*
You weren't there
distant far away
It's like this every day
They see you in their heads
Wonder if you'll come
Afraid to close their eyes
And miss you once again
Miss you once again