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Autore: harrys    11/08/2012    20 recensioni
«Filofobia - annuì, abbozzando un sorriso - Soffri di filofobia, la paura inspiegabile di innamorarsi o amare una persona»
«Questa l’ha cercata su Google, lo ammetta - assentii, saltando in piedi e dirigendomi imperterrita verso l’uscita - La seduta è finita, grazie tante»

Una ragazza, un ragazzo, l'ex-fidanzata e uno psicologo di mezzo. Che succederà?
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Non voglio andare in quel postaccio - assentii, contemplando il mio nuovo taglio di capelli allo specchietto retrovisore - Io non sono una squilibrata mentale, affatto!»
«Già.» annuì distrattamente papà, picchiettando le dita sul volante a ritmo di ‘We are the champions’ che stavano trasmettendo alla radio.  Sbuffai, giocherellando coi ciuffi color cioccolato scappati alla coda di cavallo.
«Jade, ti potrebbe aiutare a superare la tua timidezza - borbottò mamma, ficcando in bocca un biscotto integrale - Ed è tutto gratuito, quindi perché rifiutare?»
«Perché sto benissimo, e perché quel tizio non mi piace - mormorai - L’unico che avrebbe bisogno di una cura è lui, con tutte le sue fobie e il suo odioso tic all’occhio!»
«Siamo arrivati!» esclamò con entusiasmo papà, dopo aver posteggiato la macchina.
Non avrei mai capito il perché di quella visita, dato che ero una delle poche teenager che eccelleva a scuola e non teneva le scorte di birra sotto il letto per non farsi beccare dai genitori; insomma, una ragazza modello che non aveva assolutamente bisogno di stendersi su uno stupido lettino a raccontare della sua deprimente vita ad uno sconosciuto con la fobia per i capelli bianchi – infatti portava un parrucchino biondo-platino, un obbrobrio – e per i ricci di mare.
Mi strinsi nelle spalle con uno sbuffo, per poi dirigermi insieme ai miei verso un portone color fieno, sul quale era affissa una striscia in legno, che indicava a caratteri cubitali ‘Studio del dott. Styles, psicoterapia’.
«Entriamo» disse papà, abbassando la maniglia per poi filare dentro lo studio. Era la stanza più piccola e disordinata che avessi mai visto: risme di fogli sparsi ovunque, libri di Psicologia Infantile sparpagliati sulla scrivania, quadri raffiguranti gatti con facce umane appesi dappertutto.
«Mart!» esclamò l’uomo, tirando una pacca sulla spalla di papà. Strinse calorosamente la mano a mamma, poi mi si avvicinò e sciolse le labbra in un sorriso a trentadue denti. «Tu devi essere Jade, sei proprio come immaginavo: alta, magra e molto carina. Accomodati, prego.» Mi avvicinai riluttante alla poltroncina che l’uomo mi stava indicando con discrezione, per poi fiondarmici a peso morto, godendo del calduccio proveniente dal camino accanto.
«Allora noi usciamo.» disse papà che, seguito da mamma, andò via richiudendosi la porta alle sue spalle.
“Dopo faremo i conti, non la passerete liscia” mi dissi tra me e me, fissando con disgusto un quadro raffigurante un cavallo col viso di Obama.
L’uomo mi si avvicinò cauto, stringendo il mento tra pollice e indice, con uno sguardo vacuo e incerto. Sentii che da un momento all’altro avrebbe potuto saltarmi addosso con un pugnale pronto ad uccidermi, ma sentenziai che quello non era il momento adatto per farmi dei filmini mentali, così ondeggiai debolmente la testa e mordicchiai impaziente il labbro inferiore, in attesa che mi dicesse qualcosa.
«Filofobia - annuì, abbozzando un sorriso - Soffri di filofobia, la paura inspiegabile di innamorarsi o amare una persona.»
«Questa l’ha cercata su Google, lo ammetta - annuii, saltando in piedi e dirigendomi imperterrita verso l’uscita - La seduta è finita, grazie tante.»
«Ragazzina, non sto mica scherzando - esclamò, tornando improvvisamente serio – L’ho capito dal suo sguardo, noi psicoterapeuti abbiamo questa inspiegabile dote. Basta un solo sguardo, un movimento, un modo di fare. Se non crede nelle mie capacità, facciamo un gioco: mi risponda a quattro domande. Se indovinerò, dovrà ammettere che soffre di Filofobia.»
Mi strinsi nelle spalle, tornando a poltrire sulla poltroncina. Le cose sarebbero andate così: mi avrebbe fatto quelle domande, gli avrei dimostrato che ero sana come un pesce e sarei potuta tornare a casa dalle mie amatissime patatine alla paprika.
«Non ha mai dato il tuo primo bacio, e attualmente non ha un ragazzo.» iniziò cauto.
«Mh-h.» annuii debolmente. Andiamo, era solo una domanda, ne rimanevano altre tre, almeno una l’avrebbe sbagliata, e qui sarebbe cascato l’asino.
«Odia il rosa.» asserii, schioccando la lingua sul palato.
Annuii piano, avvertendo un brivido lungo la schiena. Come diamine faceva a sapere tutte queste cose? Più che uno psicoterapeuta, quello pareva un astuto praticante di tasseomanzia.
«Non hai mai guardato il Titanic.» continuò, accendendo un sigaro.
«Certo che sì..» esclamai, abbozzando orgogliosa un sorriso.
«Non il cartone.» sbuffò, creando una nuvoletta di fumo davanti a sé.
Gli lanciai un’occhiataccia: un’ultima domanda, Jade. Concentrati, non può indovinare tutto, qualcosa la deve pur sbagliare.
«Indossi sempre e solo jeans.» squittì, ficcando il mozzicone di sigaretta dentro il portacenere, alla sua destra. Scosse debolmente il capo, per poi continuare a fissarmi sbattendo convulsamente le palpebre.
«Sbagliato.» mormorai, accennando appena un sorriso. L’uomo sbuffò, dopodiché  cominciò copiosamente a ridere. Scosse con veemenza il capo, passando il palmo della mano sulla fronte imperlata di sudore, quindi mi rispose.
«Non dica bugie, la prego - disse solamente, schioccando le dita – dica la verità, forza, non la mangio mica.»
«E va bene – ammisi, alzando le mani in segno di difesa – va bene, ha indovinato. E adesso, cosa vuole farmi? Vuole rinchiudermi in una casa famiglia, dovrò condividere la camera con degli psicopatici? Io non volevo neppure venirci qui, mi hanno costretto, okay?» dissi tutto d’un fiato, notando lo sguardo confuso dell’uomo.
«E’ una semplice terapia che ti aiuterà a risolvere questo problema, si basa su una teoria che prevede la memorizzazione di un certo numero di pregi e difetti di un essere umano dell’altro sesso. In poche parole, dovrai segnarti venti pregi e venti difetti di un ragazzo, ti servirà a risolvere il tuo problema e a renderti facile all’amore.»
Feci una smorfia. «Lei è pazzo, non ci penso nemmeno a fare un giochino del genere, è una cosa stupida e infantile!»
Scossi con veemenza il capo con uno sbuffo, ripresi la mia borsa e feci per avvicinarmi alla porta, quando vidi la maniglia abbassarsi brutalmente. Ebbi – fortunatamente - l’impeto di indietreggiare, tuffandomi nuovamente sulla poltroncina, perché di colpo la porta si spalancò ed entrò un ragazzo. Era molto alto, abbastanza magro, poteva avere massimo una ventina d’anni. Il viso, scarno e addolcito da due adorabili fossette, era incorniciato da una manciata di riccioli castano cioccolato.
«Lui, è lui!» ripeté l’uomo, indicando veemente con l’indice il nuovo arrivato, che si limitò a fare spallucce e a lanciarmi uno sguardo interrogativo.
Arrossii. «Chi sarebbe, lui?» chiesi, guardando con la coda dell’occhio il viso stralunato e confuso del giovane alla porta.  Era proprio un bel ragazzo, su questo non c’era dubbio: pelle chiara, occhi acquosi e un sorriso mozzafiato. Ma avevo un brutto presentimento.
«La terapia» sorrise il vecchio, facendomi l’occhiolino. Come immaginavo.
«No, no, no! - strillai, scuotendo con veemenza il capo – terapia? Quale terapia? Io non faccio e né farò mai quello stupido gioco, mai!»
«Non è un gioco, è una teoria studiata e approvata a pieni voti dai migliori psicoterapeuti di tutt’America!» sbuffò l’uomo, corrucciando la fronte.
«Volete spiegarmi che diamine succede qui?» sbottò il ragazzo.
Ammutolii, voltandomi in contemporanea con lo psicoterapeuta verso il nuovo arrivato, trattenendo a stento una risata. Il ragazzo ricambiò lo sguardo, sciogliendosi in una smorfia. 
«Harry, tu sei la sua anima gemella!» sbuffò drastico l’uomo, indicandomi con freddezza. Quindi il suo nome era Harry.
«Ma noi non ci conosciamo neppure!» urlammo in coro. Ci scambiammo fugacemente un’occhiataccia, per poi tornare a fissare increduli l’uomo.
«Provate a conoscervi, uscite insieme e poi mi ringrazierete» annuì lui, con un sorriso.
«Okay, ragioniamo un attimo - farfugliai - quei tirchi dei miei mi hanno costretto a venire qui solo perché la visita era gratis, okay? Io sto benissimo, ho i miei amici ed un papabile ragazzo, non ho assolutamente bisogno di uscire con uno stupido sconosciuto – scusami, Harry.. ti chiamavi così, vero? – di cui non conosco neppure il cognome. Quindi, adesso uscirò da questo posto, tornerò a vivere la mia vita, dimenticandomi di lei e di Harry, capisce? Perfetto.» dissi, guardando lo psicoterapeuta in cagnesco.
«Papà, ha ragione» borbottò Harry, ammiccando con veemenza.
Papà? Quindi Harry era il figlio di quel pazzo? Dove ero finita, in una gabbia di matti?
Agguantai la borsa e il cappotto, per poi girare sui tacchi e sgattaiolare fuori dallo studio, cercando di convincermi che quello era solo uno stupido incubo, e da lì a poco mi sarei svegliata a casa mia, sul mio letto.
 E magari guarita da quella stupida malattia chiamata filofobia.

- - -

Prima fan fiction, spero vi piaccia :)
Vorrei dirvi che Jade ha il viso di Michelle Trachtenberg, Harry già lo sapete (?), e dello psicoterapeuta devo ancora trovarlo. AHAHA
Vi dico comunque che avrà un ruolo importantissimo nella storia ;)
Ah, il bellissimo banner è della bellissima e bravissima Egg____s :)
Se questo Prologo vi è piaciuto, lasciate una recensione.. mi farebbe tantissimo piacere!
-lu (:



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