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Autore: LiquidScience    12/08/2012    2 recensioni
[Spin-off della serie A-Team]
Ed ecco, quando tutto sembra andare sempre in peggio, che fa la sua ricomparsa l'A-Team, dopo molti anni di inattività. Ma i membri che lo compongono non sono gli stessi, ma i loro figli, riuniti insieme da uno scherzo del Destino.
La storia inizia con il racconto di Mike Murdock, intervistato da una giornalista.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dieci anni fa i figli di un commando specializzato operante in Vietnam rifondarono un leggendario gruppo sciolto da tempo. Usando un vecchio negozio come quartier generale, vivono a Los Angeles, lavorando in incognito. Sono tuttora in azione, se avete un problema che nessuno può risolvere, e se riuscite a trovarli, forse potrete ingaggiare il nuovo A-Team!


Hun Smith e Spike Baracus stavano aspettando il ritorno di James Peck nei pressi della pista di decollo di un aeroporto. Maddie non c’era, studiava alla facoltà universitaria di medicina veterinaria ed era con loro solo nei week-end.
L’A-Team aveva appena ricevuto un nuovo incarico, il primo fuori città. Fino ad allora avevano risolto solo piccoli incarichi nella loro zona, a volte un po’ più lontano ma sempre a Los Angeles.
Il titolare di un piccolo hotel di Chicago ultimamente riceve delle visite poco gradite dagli scagnozzi di un riccone che minacciavano costantemente il proprietario di mettere al lastrico l’edificio se non avesse venduto.
Arrivò Face, con un’aria da agnello innamorato.
“Buone notizie: cercavamo un volo che non costasse tanto? Beh ho trovato un modo per volare gratis. Salvo spese di carburante, intendo” disse James e Hun sorrise compiaciuto. Spike invece non sembrava molto convinto.
“Purtroppo siamo senza pilota. Da qualche parte dovevo pur risparmiare, no?” continuò.
“E come pensi che lo faremo decollare, scusa?” chiese Smith, serio.
Uno starnuto alle loro spalle interruppe la conversazione.
“Scusate ma sono allergico alla polvere” disse una voce familiare alle loro spalle. Tutti si girarono e videro Mike che si strofinava il naso con il dorso della mano.
“Ah! Sei riuscito a farti prestare di nuovo il giubbotto di tuo padre?” disse Face indicando la giacca in pelle.
“Non se l’è fatto prestare, glie l’ha sequestrato!” intervenne Spike e il matto lo fulminò con lo sguardo.
Hun lo prese sottobraccio.
“Ecco il nostro pilota!” disse. Mike lo guardò con un misto tra uno sguardo interrogativo e terrorizzato.
“Pilota di cosa?” chiese, con gli occhi spalancati.
“Del nostro jet diretto a Chicago, non è vero, Face?”
Face annuì e Mike guardò tutti in preda al panico.
“Senti Hun io vi raggiungo in macchina, è la prima volta che volo e non vorrei che fosse l’ultima” disse Spike.
“Ehi Ehi Ehi è vero che ho il brevetto ma solo per gli aerei leggeri… non ho la più pallida idea di come si piloti un jet!” disse Mike, gesticolando freneticamente e divincolandosi da Hun.
“Su, andiamo, non era tuo padre quello che diceva ‘se ha le ali, può volare’?” disse James.
“Ma…” Tentò di giustificarsi Mike.
“Forza, cammina…” lo interruppe Face, a denti stretti, spintonandolo verso l’aereo.
“ e tu vieni con noi” disse Hun trascinando una valigia trolley e prendendo Spike per la manica. Questi gemette, ma non oppose resistenza.
 
***
 
Mike si sedette ai comandi dell’aereo e Face affianco, nel posto del copilota (anche se non avrebbe sicuramente ricoperto quel ruolo).
“Spero che tutte quelle ore passate davanti a Flight Simulator X siano servite a qualcosa…” sussurrò tra sé e sé Mike.
“Coooooooosa?!” chiese James, sbarrando gli occhi.
“Ah no, niente” rispose il matto, apparentemente tranquillo.
“Ma avevi detto che ce l’avevi, il brevetto” disse Face con un tono da rimprovero.
“Sì, sì… ma…”
“E allora perché ti guardi attorno come se fosse la prima volta che Sali su un aereo?”
“Perché io ho il brevetto solo per gli aerei leggeri, non per i reattori” rispose Mike giungendo le mani e appoggiandoci il viso.
“Ah…Ah…” rispose James, un po’ preoccupato.
“Insomma Mike! Ricordi cosa diceva tuo padre? ‘se ha le ali, può volare!’” continuò James.
Mike fece una smorfia. Guardò i vari comandi, cercando di trovare quelli che gli erano più familiari. Erano piuttosto simili a quelli degli aerei leggeri, mentre erano quasi uguali a quelli del simulatore. Mischiando entrambe le conoscenze, forse avrebbe fatto partire quella carretta.
Chiese il permesso di decollo alla torre di controllo. Bene o male era uguale a quello sul computer.
Mike ebbe un nodo alla gola. Ora veniva la parte che più lo angosciava.
Accese il motore, che cominciò a ronzare. Il matto ingoiò della saliva e mise la mano sulle manette del gas.
Le spinse lentamente verso l’alto. Man mano che le tirava su, il rumore aumentava, aumentava… E ancora, finché non divenne molto forte.
Mike non resistette, mollò le manette del gas e si rannicchiò in un angolo, urlando come un pazzo.
James imprecò, roteando gli occhi.
“Senti, intanto che ti decidi mi procuro qualche paracadute. Non si sa mai” disse infine.
Hun fece capolino dalla porta.
“Che succede? Perché non siamo in volo?” chiese Smith, guardando James e cercando con lo sguardo Mike.
Il matto se ne stava rannicchiato nell’angolo dietro la sedia, tremando e con la testa infilata dentro il giubbotto.
“Cos’ è successo?” chiede Hun, in tono di conforto, ed entrò.
“Beh lascio a voi… io vado” disse James, sbuffando e alzandosi. Prima che potesse uscire, Mike lo prese fulmineo per un lembo della giacca, trattenendolo.
“Sei… senza cuore, Face” mormorò il matto, facendo capolino dalla giacca. Dopodiché, l’altro uscì.
Aspettò che la porta si chiuse, poi Hun si inginocchiò e posò la mano sulla spalla di Mike.
“Cos’è successo?” chiese ancora, con lo stesso tono.
“I… I rumori forti… Mi fanno… paura” balbettò il matto tirando fuori la testa dal giubbotto.
“E’ cominciato tutto da quella volta… L’incidente… tutti quei tonfi… Da allora, i rumori forti mi terrorizzano. E’ per questo che non sono mai salito su un reattore” spiegò Mike.
Il matto aveva paura del rombo dei reattori. Questo spiegava l’esitazione di poco tempo prima.
Anche il giubbotto. Lo aveva chiesto in prestito a suo padre apposta. Sperava che fungesse da ‘talismano anti-paura’, dato che suo papà non volava mai senza.
“Sai, sono quasi affogato una volta, ai tempi del liceo. Non riuscivo più immergere un solo piede in acqua, fare la doccia era già tanto” disse Smith, dolcemente.
“E come hai fatto a superarla?” chiese Mike.
“Ho affrontato le mie paure e le ho sconfitte. Semplicemente. Poi è passato” concluse Hun ed entrambi si alzarono in piedi.
“Avere qualche specie di talismano a volte aiuta” disse Smith. Mike sventolò i lembi del giubbotto, sorridendo.
“Bene. Credi di farcela?”
Il matto annuì e riprese i comandi. Prima di alzare le manette, frugò nelle tasche della giacca. Trovò tre o quattro pacchetti di gomme americane (tra cui uno a metà) nella tasca sinistra. Era la scorta segreta del padre. Nessuno, ad eccezione della famiglia, sapeva che H.M. Murdock era un chewing-gum dipendente.
Ogni volta che doveva pilotare un aereo, guidare una macchina, o semplicemente quando era nervoso, se ne masticava almeno due o tre.
Aprì il pacchetto a metà e ne mise in bocca una. Sperava che avrebbero allentato la tensione durante il volo.
Appoggiò la mano sulle manette e le alzò dolcemente, masticando nervosamente la gomma man mano che il rumore aumentava. Si fece coraggio e compì tutte le manovre necessarie: in poco tempo il jet si alzò in volo.
Nel frattempo, nella zona passeggeri, Spike aveva radunato tutti i sacchetti per il vomito che trovava. Non aveva mai preso un aereo, ma da come descriveva suo padre aveva l’impressione che i sacchetti sarebbero serviti. Dietro di lui, James era pensieroso. Si sentiva in colpa, forse era stato troppo duro con Mike. Le parole del matto gli riecheggiavano in testa continuamente.
Si alzò in piedi, diretto verso la cabina di pilotaggio. Aprì la porta.
“Come va?” chiese.
Hun si alzò e gli andò vicino.
“Bene. Aveva solo bisogno di un amico che gli stesse vicino” disse. Ora Face si sentiva un mostro.
“Facciamo cambio, vado a bere qualcosa. Vuoi una birra fredda, Mike?” disse Hun.
“No grazie, devo guidare” rispose il matto sorridendo, dopodiché Smith e James si cambiarono di posto.
Face osservò Mike mentre pilotava. Nonostante avesse inserito il pilota automatico, teneva le mani salde sopra la cloche, con gli occhi sbarrati e masticando nervosamente un chewing-gum.
“Tutto bene?” chiese a Mike, che si limitò ad annuire. Era visibilmente molto, molto teso. Forse chiacchierando lo avrebbe aiutato a sciogliere la tensione.
Iniziò James, raccontando di quando, da piccolo, aveva raccontato una piccola bugia per far colpo su una sua compagna di scuola, ma lei lo aveva sgamato subito.
“Cosa le hai detto?” chiese Mike, ridacchiando.
“Ehm… le avevo detto che le avrei fatto vedere la Batcaverna…” rispose Face, un po’ imbarazzato. Ok, allora aveva solo 10 anni.
“La Batcaverna?! Bella! La voglio vedere anche io!” disse Mike, estasiato.
“Era una balla, Mike!”
“Ah. Peccato.”
Rimasero a chiacchierare animatamente fino all’arrivo. Con grande sorpresa di Face, una volta sciolto Mike era anche più chiacchierone di lui. Parlava senza freni, anche se era piuttosto difficile seguire i suoi discorsi perché cambiava argomento in continuazione e senza preavviso.
Il matto parcheggiò il jet come se fosse una macchina, spense i motori e, insieme a James, raggiunse gli altri.
“Benvenuti a Chicago! Grazie per aver viaggiato con noi” disse Mike stiracchiandosi.
“Grazie, Mike. Si va in missione!” esclamò Hun.
Mike fu il primo ad uscire e a metà scala starnutì. Gli altri lo guardarono con aria interrogativa.
“Sono allergico alla polvere” si giustificò, poi scese.
“No, non lo è” commentò James, fermandosi.
“Come fai ad esserne sicuro?” chiese Hun dietro di lui.
“Perché io lo sono. Sto forse starnutendo?” rispose, riprendendo a scendere le scale.
“Chissà cosa si è messo in testa quel pazzo” commentò Spike.
 
***
 
Poco tempo dopo l’A-Team  si trovava al piccolo hotel di Sam Raynolds, il loro cliente. Avevano quasi finito di rimettere a posto la reception, messa a soqquadro di recente. Insieme a loro c’era anche la cugina del proprietario, Jenny, che aiutava Sam con la gestione.
Mike starnutì. Affianco, Spike si infastidì. Stava pulendo un mobile con uno straccio e il matto ci aveva appena starnutito sopra.
“Eh no, qui è ancora sporco” disse Mike indicando il punto sul mobile. L’altro si arrabbiò.
“Basta! Sono stufo di pulire continuamente dove tu sporchi, pazzo! Arrangiati!” rispose, consegnando lo straccio al matto, che starnutì non appena lo ebbe in mano. Spike si riprese i panno per le pulizie e riprese a fare quello che stava facendo prima.
Quando tutti ebbero finito, si sedettero sui divanetti per discutere.
“Quindi questo Christopher Fulton manda i suoi tirapiedi per convincerti, con le buone o con le cattive, a vendergli il tuo hotel?” chiese Hun Smith.
“Christopher Fulton? Quel Christopher? Mi chiedo cosa se ne fa il proprietario di una catena di lussuosi alberghi di un hotel a tre stelle” esclamò Face, stupito.
“È quello che cercheremo di scoprire” rispose Hun.
“Abbiamo chiesto aiuto alla polizia, ma hanno voluto ‘dare la precedenza ai casi di maggiore importanza’” disse Jenny.
“Ma figurati… non cercano rogne contro i pezzi grossi” commentò James.
“Per caso” continuò Smith “quest’edificio si trova in una zona particolarmente importante?”
“Beh, non è in pieno centro e nemmeno tanto vicino alle arterie principali. Il numero di clienti settimanali è sempre costante e siamo sicuri che non ci sono beni minerari o simili sotto terra. Nemmeno i guadagno sono esorbitanti, giusto per pagare le bollette e mandare avanti l’attività” spiegò Jenny.
“Il caso si fa interessante. Face, andrai tu da Mr. Riccone. Cerca di scoprire tutto quello che puoi” ordinò Hun “Mentre noi ci prepareremo per accogliere i tirapiedi come si deve, eh eh!”
“Ah, perché proprio io?” protestò James.
“Fidati. Conosco le tue potenzialità” rispose Hun.
“O preferisci che mandi Mike?” continuò, indicando il matto rannicchiato sul divano che blaterava chissà cosa con il giubbotto chiuso fino al collo.
“Vado io. Vado io” disse James, facendo in modo di non lasciare a Hun il tempo di continuare.
Mentre usciva, passò davanti a Mike.
“Ma che diavolo stai facendo?” gli chiese.
“Fa freddo a Chicago, eh?” rispose il matto. Ma di cosa stava parlando? Non era affatto freddo, Spike era addirittura senza maniche!
Face tirò fuori il suo smartphone.
“Guarda. Che c’è scritto?” chiese.
“Due chiamate senza risposta?” rispose Mike.
James guardò. Mentre lo girava per farlo vedere al matto aveva distrattamente attivato il blocco schermo. Lo disattivò e lo fece vedere di nuovo.
“Ah! Ci sono 80°F (circa 27°C). E allora?” rispose Mike. Face lo lasciò perdere ed uscì dall’hotel.
 
***
 
Nel frattempo, a Los Angeles, H.M. Murdock stava guardando la Tv. Si annoiava, non trasmettevano niente di interessante.
Da quando il vecchio A-Team si era sciolto, non molto dopo la morte di Hannibal, si era visto con i suoi commilitoni sempre più raramente.
Presa una decisione, si alzò dal divano e prese le chiavi appese al muro.
“Io esco. Torno fra un po’” disse alla moglie.
“Dove vai?” chiese Kelly.
“Vado a trovare un vecchio amico” rispose.
“Non fare tardi, eh!” disse la moglie.
“Ok” rispose il marito aprendo la porta. Salì in macchina e partì.
Una volta giunto a destinazione, scese e suonò il campanello. Una figura familiare aprì la porta.
“Ciao Bestione!” esclamò Murdock.
“Ehi, vecchio pazzo! Da quant’è che non ci si vede?” rispose P.E.
“Molto, molto tempo”
“Su, entra” disse Baracus. Quando tutti e due furono in casa, P.E. offrì al suo ospite un bicchiere di latte.
Si sedettero attorno a un tavolo rotondo, in cucina.
Quando i loro figli Spike e Mike frequentavano le elementari si incrociavano spesso al parcheggio o alle riunioni dei genitori. P.E. non era cambiato una virgola (fatta per eccezione per barba e capelli grigi), nemmeno dopo tutti quegli anni.
Murdock sorseggiò un po’ di latte.
“Ho visto Spike l’altro giorno. Accidenti, il tempo passa! Mi sembra ieri che andavano a scuola insieme!” disse.
“Ha ha è vero! A proposito, è da un po’ che non vedo Mike in giro. Cosa gli è successo?” chiese P.E.
“È in ospedale” rispose Murdock, un po’ serio. Anche Baracus si incupì.
“Oh, mi dispiace… cosa gli è successo?” chiese. H.M. non poté non sorridere.
“No, non in quel senso! È in reparto psichiatria” disse.
“Ah, quell’ ospedale! Dovevo immaginarlo, quel ragazzo ti somiglia troppo!” concluse P.E. e tutti e due ridacchiarono.
“Tale padre tale figlio, no? è sempre stata” disse Murdock.
“Tua figlia Maddie invece? Spero non sia matta anche lei, altrimenti dovrò dire che siete una famiglia di pazzi!” chiese Baracus.
“Oh, no, no, lei è a posto. Studia medicina veterinaria all’università” disse H.M. .
La conversazione continuò, saltando tra un argomento all’altro. Sembrava che gli anni non fossero passati affatto: Erano ancora “Pessimo Elemento” il Bestione brontolone e il Matto Urlante che non stava mai zitto.
 
***
 
“Capo, c’è un tizio all’entrata che chiede di vederla. Dice di essere un ispettore della sicurezza” disse un tirapiedi a Christopher Fulton.
“Fallo entrare e vediamo che cos’ha” rispose il ricco proprietario da dietro la sua scrivania.
L’altro uomo fece entrare l’ispettore.
“Grazie mille. Piacere, sig. Fulton, io sono Frederick Mill del dipartimento di sicurezza, sezione alberghi ed edifici pubblici. Sulla lettera che vi avevamo mandato c’era scritto il perché della mia visita ” disse questi. Gli altri presenti lo osservarono con un’aria interrogativa.
“Oh, no! Non mi dite che non v’è arrivata!” esclamò l’ispettore “Maledette segretarie. –oh sì, ci pensiamo noi-  dicono -non si preoccupi- ! e poi invece mi fanno fare queste figuracce!” continuò.
Christopher sorrise sotto i suoi baffoni biondi.
“Non si preoccupi, la colpa è della segretaria. Mi dica pure” rispose.
Perfetto. Ci aveva abboccato in pieno. In realtà l’ispettore era James Peck che metteva in pratica un vecchio trucchetto che gli aveva insegnato suo padre Templeton.
“Allora, ci sono giunte delle segnalazioni da parte di alcuni clienti di questo albergo riguardo ad alcune aree che non rispettano le norme di sicurezza” disse James.
“Impossibile!” ribatté Fulton.
“Incredibile ma vero. Le segnalazioni non mentono. Adesso dovrei controllare i progetti di quest’albergo, per verificare le zone che ci sono state segnalate, sa… se non le dispiace” concluse il finto ispettore.
L’altro annuì e si avvicinò a una cassaforte a muro, nascosta dietro un quadro. Era elettronica, ma dal movimento della mano Face poté ricavarne facilmente la combinazione. Fulton tirò fuori i progetti e li porse al finto ispettore.
James prese un foglietto dalla sua cartella e cominciò a guardare le carte una ad una.
“Una è questa” disse scegliendo una zona a caso, quella che gli sembrava più ‘a rischio’, facendo a finta di confrontarla con il foglio in mano, che in realtà era la lista della spesa. Ne scelse altre due o tre, in piani diversi.
“Incredibile” esclamò il proprietario.
“Già, già, ma non si preoccupi, appena finito manderemo un squadra per mettere tutto a norma. Sarebbe utile verificare le cose di persona, per sapere poi il punto giusto dove agire” disse Face.
“Oh, sì, certamente. Da questa parte” disse Fulton, indicando allo scagnozzo di aprire ala porta. Uscirono tutti e altri due gorilla (così James chiamava le guardie del corpo) si unirono a loro. Lo scagnozzo di prima si avvicinò a Christopher.
“Capo, quel tizio non mi piace per niente. Soprattutto il modo in cui la osservava mentre prendeva le carte” disse.
“Nemmeno a me convince molto. Deve averlo mandato Raynolds. Tienilo d’occhio” ordinò Fulton e l’altro annuì.
Arrivati alla prima zona designata, James si mise a controllare in giro, facendo continui riferimenti al codice di sicurezza.
“Eh no, questo non è conforme con l’art. 4 comma 7 del Codice di Sicurezza. No, no, no…”
Quando ebbe finito, Face si sistemò il paio di occhialetti sospirando e tirò fuori del nastro isolante rosso.
“È necessario fare delle ‘x’ su ogni singolo punto che ho indicato, così la squadra saprà dove agire” disse “Prima però ho un’urgenza… dov’è il bagno?”
“Attraversi il corridoio e giri a destra. È la terza porta sulla sinistra, non può sbagliare” rispose Fulton.
“Mi lasci pure il nastro, ho seguito con attenzione ogni sua parola” disse un gorilla. Dopo un po’ di esitazione consegnò il rotolino alla guardia.
“Mi raccomando, eh! Dopo passo a controllare” lo avvisò James, poi se ne andò.
Guardandosi attorno, il finto ispettore si avvicinò alla porta dell’ufficio. Aprì la porta e raccolse un piccolo pezzo di compensato fine che cadde a terra. Lo aveva posizionato prima di uscire, in modo da consentirgli l’accesso una volta fuori.
Entrò e si diresse verso la cassaforte. Digitò il codice che aveva memorizzato e l’aprì. Facile. Fin troppo.
Estrasse le scartoffie che conteneva e le esaminò una ad una. Riguardavano tutti l’albergo, tutti tranne una.
Sembrava una vecchia mappa del tesoro. La fotografò con il suo smartphone e poi rimise tutto a posto, come se niente fosse.
Missione compiuta.
Uscì dalla stanza soddisfatto, ma non fece a tempo di percorrere metà corridoio quando si ritrovò i due gorilla davanti e Fulton dietro.
“Il bagno è dall’altra parte” disse una delle due guardie.
“Ah, Ecco! Accidenti questi corridoi sono tutti uguali… ero certo di essermi perso…” si giustificò Face.
Uno dei gorilla lo prese per il bavero della giacca, sollevandolo un po’. James emise un lamento, spaventato. Non sapeva più che pesci pigliare. Nota per la prossima volta: mai usare il vecchio trucco del bagno.
Fulton si avvicinò alle guardie.
“Ti ha mandato Raynolds, vero? Adesso ti faremo vedere cosa succede a chi cerca di fregarci, damerino” disse questi.
“Oh, insomma, dai, possiamo parlarne? Insomma…” chiese Face cercando di arrampicarsi sugli specchi.
Vedendo che le guardie non mollavano, dovette ricorrere a un piccolo trucco.
“Oh mio Dio! Che diavolo è quello?” disse, mimando una faccia terrorizzata. Non sembrava dare gli effetti sperati, ma almeno distrasse la guardia per un tempo sufficiente per consentire a Face di sganciargli un destro in faccia.
Il finto ispettore scappò per i corridoi massaggiandosi la mano dolorante, inseguito da Fulton e i suoi scagnozzi.
Approfittando del vantaggio, si infilò di nascosto dentro uno sgabuzzino.
I suoi inseguitori passarono dritti e, quando la via fu libera, Face aprì la porta e verificò la situazione.
L’aveva scampata. Per un pelo.
 
***
 
All’hotel di Sam l’A-Team stava preparando un piano, ma a nessuno dei tre componenti presenti ebbe un’idea valida.
“Vado ad osservare la situazione da fuori. L’aria fresca a volte aiuta” disse ad un certo punto Hun.
“Va a fumarsi un sigaro” spiegò Spike a Sam, vedendo la sua aria vagamente interrogativa.
Una volta fuori, Smith tirò fuori un sigaro e lo accese. Mentre fumava, osservò la locazione dell’hotel.
L’entrata era un po’ rientrata rispetto alla strada e ad un lato della costruzione alla sua sinistra. A destra, invece, c’era un piccolo parcheggio, ancora più arretrato dell’ingresso. La zona sembrava una specie di conca e quella particolare forma fece venire un’idea a Hun.
Da un lato sbucò James, guidando la macchina che avevano noleggiato da poco.
“Hey, Face! È andata bene?” chiese Smith.
“Dipende dai punti di vista” rispose l’altro.
Detto ciò, entrambi entrarono e Face raccontò di cosa aveva trovato. Tirò fuori il suo smartphone e fece vedere agli altri le foto che aveva scattato. Ritraevano un lembo di carta (o pergamena) ingiallita, su cui erano stampati una cartina di Chicago, una ‘x’ rossa su un preciso punto e sopra, rese quasi illeggibili dallo strappo, le parole ‘ova… l… Tesoro’.
“Sembra una mappa del tesoro! Come quelle dei pirati!” esclamò Mike.
“Non ci sono pirati a Chicago, idiota!” ribatté Spike.
“Una cosa è certa, è una mappa. Sembrerebbe che indichi un tesoro, per giunta” commentò Hun, zoomando la foto, in modo da inquadrare bene la croce.
“E questa croce indica proprio l’hotel tesoro… ehi!” disse Hun.
“Aspetta! Adesso ricordo!” esclamò Sam improvvisamente, allontanandosi dal gruppo per un istante.
Ritornò con un volantino pubblicitario assomigliante alla mappa.
“Avevamo stampato alcuni campioni dei volantini pubblicitari da distribuire all’apertura dell’hotel. Io e Jenny eravamo indecisi se distribuire questo o un altro. Alla fine abbiamo optato per il secondo. Mi chiedo dove Fulton abbia preso una copia di quello scartato” spiegò il proprietario.
“Nuova apertura,Hotel Tesoro:  inaugurazione il 12/3/2010” lesse Mike ad alta voce.
“E il nostro caro amico ha confuso ‘ova’ di ‘nuova’ con ‘trova’, ‘l’ di ‘hotel’ con ‘il’ e ‘Tesoro’ per uno scrigno prezioso. Ah ah!” disse Hun.
“Quindi… tutta questa storia è solo un enorme malinteso?” chiese Face.
“Precisamente. Eh eh! Incredibile quanto facilmente i ricconi si possono ingannare!”  commentò Smith.
“Ecco il piano…” cominciò Hun, spiegando ciò a cui aveva pensato.
 
***
 
Tre uomini, senza dubbio i tirapiedi di Fulton, entrarono nell’hotel spavaldi. Si avvicinarono alla reception.
“E tu chi sei?” chiese uno di loro a Hun, che occupava il posto dietro il bancone.
“Io sono Smith, il nuovo socio di Sam Raynolds” disse Hun.
“Porta qui Raynolds, io non parlo con i tirapiedi!” disse acidamente un altro scagnozzo.
“Il mio socio non c’è” puntualizzò Smith.
“Allora senti: Hai fatto un brutto affare con questo postaccio. Vi conviene accettare la proposta di Christopher Fulton. Vendete tutto per 500.000$ e niente più problemi. Raynolds non ha mai voluto accettare la nostra proposta, ma tu sembri ragionevole. Che dici?” spiegò uno dei tre, il primo che aveva parlato.
“La risposta è allettante” disse Hun “Ma dovete portarmi il vostro capo, io non parlo con i tirapiedi!”
Detto questo, Smith tirò dal sigaro e soffiò in faccia il fumo allo scagnozzo, sfidandolo.
“D’accordo” rispose l’altro, infastidito.
Dopodiché, fece un cenno agli altri due e se ne andarono.
Tutti gli altri fecero capolino dall’altra stanza, curiosi.
“Ha abboccato?” chiese Jenny.
“Come tre pesci lessi!” rispose Hun, ridacchiando mentre si spostava verso un lato della sala. Prese la sua valigia trolley e la trascinò fino al gruppo. L’aprì, rivelando il contenuto di quattro armi automatiche, due pistole e varie munizioni, con lo stupore di tutti i presenti. Passò una mitraglietta a Mike, James e Spike, mentre lui prese una pistola.
“Ah-ha!” esclamò Mike, mettendosi poi a simulare il rumore del mitra e fingendo di sparare.
“Calmati, pazzo! Non stai giocando con la playstation!” lo rimproverò Spike.
“Mio Dio, non saranno mica vere!” disse Face, un po’ inquietato.
“Certo che sì, altrimenti non le avrei portate!” rispose Hun.
Tutti gli altri lo fissarono con gli occhi sbarrati.
“Hun, sei matto! Noi non abbiamo mai imbracciato un’arma prima d’ora!” puntualizzò James.
“Eh, che lagna! Le saprebbe usare anche mio nipote di dieci anni!”
Hannah, la sorella di Hun, aveva un figlio di dieci anni. Essendo felicemente sposata e residente a Miami, non aveva molto interesse a seguire le scampagnate di suo fratello.
“Sono caricate a salve” disse Smith e tutti gli altri tirarono un sospiro di sollievo.
 
***
 
Poco dopo entrarono Fulton e i suoi. Si diressero subito da Hun, davanti al bancone. Questa volta era insieme a Sam e Jenny.
“Mi pareva che fossi da solo” disse Christopher.
“M’ero sbagliato, erano in bagno” rispose Hun.
“Abbiamo riflettuto sulla vostra proposta” continuò “E abbiamo deciso di rifiutare”
“Ok. Non vuoi 500.000$? Facciamo 550.000$” propose Fulton.
“Noi non vendiamo” rispose Jenny.
“Ah no? Basta, mi avete stufato. Vediamo se questa vi farà cambiare idea” disse Christopher tirando fuori una pistola.
Hun, tranquillamente, ne tirò fuori una a sua volta e la puntò contro il riccone.
“Non sei l’unico ad essere armato”
“E nemmeno l’unico ad avere compagnia!” Esclamò Mike alle loro spalle, sbucando quasi dal nulla.
Approfittando del momenti di distrazione, Hun disarmò velocemente Fulton e consegnò l’arma a Sam.
I tre scagnozzi cercarono di tirar fuori le loro armi, ma Spike e James uscirono dai loro nascondigli a lato puntandogli le armi automatiche addosso.
Mike starnutì e per poco l’arma non gli cadde dalle mani.
“Vedo che sei in difficoltà, eh Chris?” esclamò Hun.
“Hai fatto un grosso errore a minacciare i proprietari di quest’hotel, soprattutto per cercare un tesoro che nemmeno esiste” continuò Smith.
Quando Jenny mostrò la copia del volantino Fulton e i suoi cambiarono colore.
Face e Mike si unirono a Hun, mentre Spike legò Christopher e i suoi.
“Adoro quando le cose vanno come pianificato!” esclamò Hun.
“Aspetta, aspetta!” esclamò Mike.
“Vado matto per i piani ben riusciti” disse il matto, imitando Hannibal Smith così come glielo raccontava suo padre: sorrise mentre con la mano teneva fermo il (finto) sigaro in bocca.
Hun non poté far a meno di sorridere.
“Face, mi presti il tuo telefono? Il mio l’ho dimenticato” chiese Mike. James non fece una piega e glie lo diede, con l’unica raccomandazione di non romperlo.
Non era assolutamente vero che il matto aveva dimenticato in camera il suo cellulare, ma gli smartphone touchscreen lo facevano impazzire.
Compose il numero di sua sorella.
“Ciao Face!” disse lei.
“Maddie, sono tuo fratello” rispose lui.
“Perché chiami con il suo numero? Ok non rispondere, lo so già”
Dopodiché il fratello le fece un resoconto dettagliato della missione.
“Ah, sono felice che tu abbia superato la paura dei rumori forti, fratellone! Sembra che vi siate divertiti a Chicago, mi dispiace di non essere venuta. La prossima volta farò di tutto per esserci!” disse Maddie, poi i due fratelli si salutarono e Mike riagganciò. Riconsegnò il telefono al suo proprietario.
Poco dopo, l’A-Team fu pronto per ripartire per Los Angeles.
“Sono davvero contento di aver superato la mia terribile paura. Pronti a volare di nuovo?” disse il matto.
Tutti gli altri annuirono.
“E bravo il nostro capitano!” Disse Hun, spettinandogli i capelli scherzosamente.
Smith ebbe un dubbio. Appoggiò la mano sinistra sulla fronte del matto.
“Ehi, ma tu stai scottando!”



(Il capitolo è lunghetto, c'ho lavorato molto per scriverlo, spero non sia "un mattone". I prossimi li pubblicherò settimanalmente, un po' prima o un po' dopo a seconda del tempo a mia disposizione. L'illustrazione qui sopra l'ho fatta io, rappresentano i membri del nuovo A-Team, spero vi piaccia! n.d.a)
  
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