REGINE
Gabrielle & Ginny
 

Ho amato una fanciulla rossa come l’autunno,
con il tramonto tra i capelli.
A Clash of Kings, G. R. R. Martin

 
 
 
 
«Hai visto? Hanno tutti i capelli rossi!» mi domandò Fleur in francese, appena arrivai alla Tana con i miei genitori, per il matrimonio di mia sorella, che era venuta ad accoglierci.
«Ma i capelli rossi portano sfortuna!» protestai.
Fleur mi rimproverò con lo sguardo e io biascicai sommessamente le mie scuse, guardando i Weasley avvicinarsi.
Avevo già conosciuto Ron Weasley, quando Harry Potter mi aveva strappata dalle acque del Lago Nero per riportarmi da mia sorella. I suoi capelli neri spiccavano nitidi tra tutto quel rosso, così come la cespugliosa chiome dell’altra ragazza. Anche lei era stata convocata nell’ufficio del preside di Hogwarts con me per la seconda prova del torneo Tremaghi. Hermione Granger, mi sembrò di ricordare. Anche Bill, il ragazzo che Fleur stava per sposare e che corse verso di noi, raggiungendoci prima del resto della famiglia, era un volto a me noto. Avevo visto di sfuggita Percy e i gemelli, Fred e George a Hogwarts e riconobbi immediatamente i signori Weasley, data la loro età, e anche Charlie, un altro dei fratelli di Bill.
Ma non ero preparata a Ginny Weasley.
La vidi per ultima, quando ormai io e la mia famiglia ci trovavamo sommersi dai Weasley, cui stringevamo le mani e baciavamo le guance, ad uno ad uno. Intravidi Fleur e Bill emozionati nel vedere le loro famiglie nello stesso luogo, ma il mio sguardo venne subito attirato dall’unica sorella dello sposo.
«Ciao, io sono Ginny. E tu devi essere Gabrielle, sbaglio?» disse.
La sua mano era calda e le lentiggini sul viso le davano un’aria sbarazzina.
«Oui, Gabrielle. Ma davvevo ti chiami Jinnì? Sembva un… sopvanome? Sci dice così?»
Stupida, mi rimproverai. Che domanda stupida, posta da una ragazza stupida, che non sa parlare questa stupida lingua.
«Diminutivo, più che soprannome. Mi chiamo Ginevra» mi spiegò, sorridendo.
Ginevra.
La splendida moglie di re Artù, protagonista di numerose ballate, che celebravano la sua bellezza, la sua eleganza, la sua perfezione. Se quell’antica regina fosse stata bella anche solo la metà della Ginevra che ora Gabrielle aveva di fronte, non dubitava affatto che Avalon avesse perso la testa per lei, da Artù a Lancillotto, passando per il popolino.
«Oui, capisco, Jinnì» risposi, arrossendo. E ora che cose dirle?
Non avevo idee, ma volevo che la conversazione continuasse. Mi piaceva il suono della sua voce e mi piaceva la sua bocca. Stavo per farle notare che portava lo stesso nome della moglie di Artù, ma lei mi precedette.
«Mi piace come mi chiami. Jinnì. Ora devo andare, Gabrielle, a dopo» mi disse, regalandomi un sorriso ancor più bello del precedente, che mi seccò la gola al punto che non riuscii a risponderle.
Chissà dove altro ha le lentiggini, mi sorpresi a domandarmi scioccamente, mentre lei si allontanava.