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Autore: Sery Black e SiJay    26/02/2007    5 recensioni
Stava per riprendere a correre quando una voce a lui famigliare lo chiamò dall’altra parte del corridoio. Harry. Si precipitò nella sua direzione felice come non mai, non solo perché non doveva più correre e disperarsi da una parte all’altra dell’ospedale, ma soprattutto perché finalmente poteva vederla. Finalmente poteva vederle.
Dedico questa fic a Gaia aka Gigia990 che ieri ha copiuto 17 anni **  Tantissimi auguri tesorina mia!!!!! Baci, SiJay
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa fic a Gaia aka Gigia990 che ieri ha copiuto 17 anni **  Tantissimi auguri tesorina mia!!!!! Spero che sia di tuo gradimento, c’ho messo dentro tutta la mia ammirazione per te xD

 

Perfetto

 

C’era un vento forte che soffiava su Londra quella mattina. L’asfalto era scuro, bagnato da un’inesorabile pioggia che aveva colpito la città per tutta la nottata fino a qualche ora prima.

 

Le nuvole erano grigio scuro, minacciose, e ricoprivano con uno spesso strato tutto il cielo. Nonostante questo si poteva scorgere un leggero chiarore segno che probabilmente l’alba si avvicinava, ma che nessuno avrebbe potuto ammirarla in tutto il suo splendore. Le strade erano pressoché deserte, a parte qualche povero lavoratore, costretto ad orari fuori dal normale. Non trovò traffico, quindi, Ronald Weasley, nessun impedimento nella sua corsa all’ospedale.

 

Non aveva nessuna voglia di perdere tempo quella mattina, di pazienza ne aveva già poca negli altri giorni, figuriamoci quel giorno che proprio non aveva tempo e voglia di aspettare davanti ad un semaforo rosso quando non c’era assolutamente nessuno.

Passò via tranquillamente tutti i semafori, inequivocabilmente rossi, che trovò nel su tragitto dal dipartimento Auror all’ospedale.

Sudava forte, e gli tremavano impercettibilmente le mani. Era passata un’ora buona da quando Ginny l’aveva chiamato dall’ospedale, ma il suo capo era stato irremovibile, e molto probabilmente oramai era troppo tardi. Era ancora una volta in ritardo, come gli capita sempre quando la situazione era importante.

E quindi eccolo lì a balzare giù dalla macchina sbattendo la portiera talmente forte da fare cadere lo specchietto.

 

“Voglio sapere dov’è Hermione Granger” disse, o urlò, dipende dai punti di vista, quando era ancora a metà corridoio per arrivare al banco delle informazioni.

“Un momento, signore” disse con tono monotono ed annoiato la giovane donna al di là del bancone.

Un momento? Senta signorina…Judie” concluse dando un’occhiata alla targhetta puntata sul camice da infermiera di lei “Io non ce l’ho un momento! Quindi, ora, lei mi dice la stanza in cui si trova Hermione Granger!” La suddetta Judie rimase interdetta, allibita e scioccata da un comportamento tanto indegno e poco galante. Prese in mano una lunga lista di nomi con le sopracciglia aggrottate, stizzita.

 

“Stanza 176” disse guardandolo torvo.

“Grazie tante” gridò di rimando, ricominciando a correre per un altro corridoio.

 

Di corridoi ne attraversò molti. Tanti. Troppi.

Salì cinque, forse sei rampe di scale, senza nemmeno l’ombra della stanza 176.

Non chiedeva niente di particolare, voleva solo trovare quella stramaledetta stanza e vedere Hermione. Solo questo. Era chiedere tanto? No, in fondo.

 

La sua coscienza già urlava perdono per il ritardo ormai enorme, non era il caso di tardare ulteriormente. Era una cosa importante, tanto, non solo per lui. Lo era per Hermione. E per Harry, per Ginny, per la sua famiglia e per l’intero Ordine della Fenice. Era un evento che aveva del sensazionale.

 

Una cosa che se gliel’avessero raccontata qualche anno prima sarebbe prima di tutto arrossito e poi sarebbe scoppiato a ridere, forse spinto dall’isteria.

 

E ora che era tutta realtà non voleva arrivare in ritardo cosa che, manco a dirlo stava già accadendo, come già detto.

 

Il sudore gli imperlava la fronte, e aveva il fiato corto. Si fermò ad un angolo sfinito, appoggiato con le spalle al muro, chiuse gli occhi e riprese fiato.

 

Non ce la faceva più. È vero, la fortuna non si può dire che abbia mai girato dalla sua parte, anche in quel ultimo periodo, in cui le cose sembravano andare a meraviglia, la sfortuna lo perseguitava. Non creava grandi catastrofi questo no, ma per le piccole cose, che potevano però avere una grande importanza, come appuntamenti, date importanti e anniversari, la dea bendata gli voltava le spalle, in cerca di qualcun altro a cui salvare il di dietro.

 

E lui rimaneva fregato.

 

Stava per riprendere a correre quando una voce a lui famigliare lo chiamò dall’altra parte del corridoio.

 

Harry.

 

 Si precipitò nella sua direzione felice come non mai, non solo perché non doveva più correre e disperarsi da una parte all’altra dell’ospedale, ma soprattutto perché finalmente poteva vederla. Finalmente poteva vederle.

 

Gli arrivò di fronte e si piegò su se stesso, appoggiando le mani alle ginocchia facendo dei respiri profondi, al fine di placare il respiro affannoso dovuto alla corsa, e di calmarsi dall’agitazione che lo invadeva.

 

Eccolo, era arrivato il momento. Nemmeno lui sapeva dire da quanto lo attendeva. Sapeva solo che non stava più nella pelle.

 

“Dov’è” chiese stupidamente, raddrizzandosi, sapendo benissimo che si trovava nella (stramaledetta) stanza numero 176.

 

Harry gli fece un gran sorriso e gli posò una mano sulla spalla, e lo spinse nella stanza. L’ultima cosa che vide furono sua madre e sua sorella in lacrime.

 

Una volta entrato chiuse la porta dietro di sé, e cercò subito il suo letto.

 

Era l’unico letto occupato, in fondo alla stanza. Percorse il tragitto fino a lì tentando ancora di calmarsi, inutilmente. La luce era tenue, le nuvole si erano leggermente diradate lasciando passare qualche leggero raggio di sole che illuminava la stanza, e il suo viso sereno.

 

Si sedette sul suo letto senza dire una parola e con una mano le accarezzò il viso, che mai prima d’ora era stato così bello ai suoi occhi. Portava i segni della stanchezza, era pallida e con leggere occhiaie sotto gli occhi. Ma era bellissima, come mai prima.

 

Si stese al suo fianco passandole un braccio intorno alle spalle e stringendola a sè.

 

“Scusa” sussurrò appena, per non rompere l’atmosfera che si era creata attorno a loro “Ho fatto prima che potevo”

 

Lei sorrise apertamente “ Non fa niente, amore. L’importante è che sei qui, ora” Abbassò gli occhi, sorridendo ancor di più, invitandolo a guardare ciò che teneva tra le braccia.

 

Lui seguì il suo sguardo. Non aveva ancora osato guardarla con la paura che si sarebbe rilevato tutto un sogno, troppo bello per essere vero.

Invece era lì, bellissima, tanto quanto la sua mamma. E appena la vide si sentì tanto felice che l’idea che lei fosse solo un sogno era quasi insopportabile. Con una mano tremante le accarezzo la testolina, ricoperta da ciuffi ricci e rossi. Era stupenda, un dono divino.

Baciò Hermione sulla tempia, vergognandosi un po’ dei suoi occhi lucidi, con un sorriso sulle labbra, che era impossibile non avere alla visione di una creatura così dolce e bella.

 

“Non è meravigliosa?” Gli chiese Hermione, concitata.

 

“Non ho mai visto una bambina più bella” Le rispose dandole un buffetto sulla guancia.

 

“Ha i tuoi occhi” disse Hermione osservando i suoi occhi, e poi quelli della bimba “azzurro cielo, esattamente come i tuoi”

 

Rimasero per parecchi minuti a guardarla, in silenzio, senza parole.

 

“Ti rendi conto Hermione” riprese Ron, ridacchiando “ Questa adorabile bambina è nostra figlia, chi l’avrebbe mai detto che un giorno sarebbe successo”

 

Anche lei rise, “Oh, ma io lo sapevo, dimentichi forse che io so sempre tutto?” Ron non l’aveva mai vista così felice e allegra.

 

“Giusto!” Sorrise, abbassando lo sguardo.

“I suoi ricci le daranno qualche problema quando sarà più grande” disse guardandola con la coda dell’occhio, cercando di non scoppiare a ridere.

“Ancora qualcosa contro i miei ricci?” replicò fintamente offesa lei, alzando il mento con aria di superiorità.

 

“No, li trovo adorabili!” Scoppiarono entrambi a ridere, e Ron la baciò con trasporto, prima di dedicarsi di nuovo alla sua, alla loro piccolina.

 

“Ha un’aria così serena, pacifica…. Gaia!” .

 

“Vero! Quel aggettivo, quel nome, le si addice proprio…” Hermione gli lanciò un occhiata significativa.

 

“Però anche il nome che avevamo scelto qualche tempo fa mi piace, e piaceva anche a te, o no?” le chiese, dubbioso. La scelta del nome era una cosa che l’aveva preoccupato fin da quando aveva scoperto che Hermione era incinta. Ma quando, una sera stesi sul divano della loro casa avevano pensato a quel nome, gli era sembrato perfetto. Era semplice, ideale. Ellie Weasley ( tutti i diritti sono riservati xD Gigia sei la mia dea!) suonava davvero bene.

 

“Certo, mi piace ancora infatti. Ma perché non usarli tutti e due?” Ron fece un gran sorriso a quelle parole.

 

Quella donna era sublime.

 

“Perfetto” sussurrò “Benvenuta in famiglia Ellie Gaia Weasley”

 

 

Fine.

 

Allura, che dite, meglio che la prossima volta lascio perdere? xD Ancora auguri a Gaia, spero che torni presto l’ispirazione per LTB attendiamo tutti con ansia il prossimo capitolo xD

Dite la vostra, mi raccomando ^___^

Baciotti-potti, SiJay

 

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