NOT A “GOODBYE…”
-
Hanakomachi…
adesso… non è qui… - Miyu riuscì
a dire solo questo, trovandosi d fronte a Christine.
Guardandola piangere, le vennero le lacrime agli occhi a lei stessa. Le
sembrava di guardare in uno specchio. Era consapevole del fatto che presto
sarebbe stata lei al suo posto. Sapeva cosa significava soffrire per amore.
-
Come faccio a credere a te, proprio a te?
Tu, che sei entrata nella sua vita solo qualche giorno fa chissà come, contro
di me, che lo conosco dalle medie! Non posso di certo
avere neanche un briciolo di fiducia in te! –
Miyu la
fissò e improvvisamente Christine si zittì,
continuando a singhiozzare ogni tanto. Si guardarono per qualche istante.
-
E’ andato via un’ora fa. Ora, non è qui.
– sussurrò Miyu, sentendosi il cuore pieno di ferite
che le bruciavano ogni volta che aggiungeva una parola. Chris
scosse la testa, continuando a piangere.
-
Io… ero ad una festa… dei miei genitori…
e doveva venire anche Kanata… però, quando ho
incontrato Santa… ho scoperto che era passato davanti a questa casa e lo aveva
visto entrare… assieme a te… non sono potuta venire prima, perché sono stata
costretta a rimanere a quella stupida festa… ma vedo che sarebbe stato comunque troppo tardi… -
Miyu si
sentiva il respiro affannoso, sul punto di scoppiare a piangere. Ma non l’avrebbe fatto adesso. Non di fronte ala fidanzata di
Kanata. Doveva… doveva
essere forte. Pensava di non sapere cosa dire, ma le parole le uscivano dalla
bocca spontaneamente.
-
Ascolta… Hanakomachi…
so che ora mi odi, e per quello che sto per dirti mi
odierai ancora di più, se possibile… ma io non sono pentita. Non sono pentita
di essermi innamorata di Kanata, né di averlo
baciato. L’unica cosa per cui sento di dovermi scusare
è per la sofferenza che stai provando in questo momento. Probabilmente non
credi che io possa provare alcun sentimento positivo,
perché dal tuo punto di vista io ho sedotto il tuo fidanzato… ma non è così.
Non ho fatto assolutamente niente affinché succedesse tutto questo. Sono
confusa quanto te… ma per quanto riguarda il diritto… -
Prese il respiro, mordendosi il
labbro inferiore per impedirsi di piangere. Christine
la fissava con gli occhi pieni di lacrime, ma non singhiozzava più.
-
… tu, hai il diritto di precedenza. Per
cui, puoi stare tranquilla: non… non lo vedrò più. Vedendoti piombare qui, mi
hai ricordato me stessa quando anch’io soffrivo tanto… non voglio imporre a
qualcun altro tutto questo. E… nonostante, io… lo ami…
così tanto… - Miyu sentì con rammarico che una
lacrima le scendeva sulla guancia - … devo farmi da parte… poi andare a casa
serenamente, Hanakomachi… se mi guardi negli occhi,
capisci che non sono una traditrice, né una bugiarda… ti sto parlando con
sincerità… lo capisci? –
Chris
la fissò e lentamente cominciò ad annuire. Con una mano si asciugò una lacrima
e cercò di fare un sorriso.
-
Alla fine… soffriamo tutte e due… come
ragazzine… in fondo, siamo simili… -
Miyu
sorrise a fatica, mentre Christine si dirigeva verso
il cancello del giardino.
-
Chissà, se ci fossimo conosciute prima e
in altre circostanze avremmo potuto diventare amiche…
- sussurrò e Chris rise malinconicamente.
-
Può darsi… chi lo sa… -
Miyu
guardò la ragazza sparire dietro l’angolo. Rimase al freddo nel giardino, con
il cancello aperto mentre i lampioni del marciapiedi
la illuminavano a malapena. A quel punto, si lasciò andare ad un pianto
fragoroso e andò a chiudersi in casa per poi sedersi sui gradini, prendendosi
la testa tra le mani mentre i capelli le ricadevano sul pavimento tanto erano lunghi.
-
Perché, perché
non mi sono comportata più egoisticamente? Perché non
ho difeso le mie ragioni? Sono una stupida... una stupida… una stupida… -
Pianse per la maggior parte della
notte e verso l’alba si addormentò con gli occhi lucidi sul primo gradino della
scala di legno, appoggiata allo corrimano. Quando si svegliò, erano le dieci del mattino. Si strofinò
gli occhi rossi per il troppo piangere e andò a farsi un caffè. Accese i
fornelli e si sedette a tavola, per poi appoggiare la testa sul tavolo. Aveva
esaurito le lacrime. In compenso, al loro posto era rimasta una tristezza
immensa e cupa, come non ne aveva mai provata in vita
sua. Quando cominciò a mettere abbondante zucchero nel
caffè, convinta che le avrebbero dato abbastanza energia, sentì squillare il
telefono e il cucchiaino le cadde di mano per poi atterrare sul pavimento con
un tintinnio. Si diresse verso il soggiorno e guardò il telefono: e se era Kanata? Come avrebbe potuto spiegare quello che era
successo la sera prima? Esitò per alcuni secondo, poi alzò
istintivamente la cornetta.
-
P-pronto…? –
-
Tesoro! –
Miyu
tirò un sospiro di sollievo. Era sua madre. Per
fortuna.
-
Mamma… che bello sentirti… -
-
Si direbbe proprio
così… cos’è quel tono sollevato? Stavi aspettando una brutta telefonata,
forse…? –
-
No… mamma… va tutto bene… sono solo
contenta che tu mi abbia telefonato… -
-
Bene, perché non ho
buone notizie. Ho bisogno di te, qui in America. Domani. –
Miyu
spalancò gli occhi e si lasciò cadere sul divano.
-
Domani? E’ impossibile
prenotare un aereo per allora, è troppo tardi! –
-
Ci ha già pensato papà! L’importante è
che tu prepari subito le valige e ti imbarchi oggi
pomeriggio alle cinque. –
-
Ma perché? –
-
C’è una cosa importante che dobbiamo
dirti e devi fare. Noi non possiamo pensarci da soli. –
-
Non me la potete dire al telefono? –
-
Perché ci tieni
tanto a rimanere lì in Giappone? Hai per caso incontrato qualcuno? –
Miyu
arrossì.
-
No, no, cosa vai a pensare! Posso tornare
quando vuoi! –
-
Bene, allora siamo d’accordo. –
In quel momento, il campanello
suonò. Miyu si sentì gelare il sangue nelle vene. Non
aveva scordato di essere allerta. Deglutì, mentre il cuore cominciava a
batterle a mille.
-
Mamma… hanno suonato alla porta… perciò… -
-
Oh, attendo in linea. –
Miyu
avrebbe voluto terminare così la conversazione, ma dovette
appoggiare sul tavolo la cornetta e andò ad aprire la porta. Di fronte a sé
(aveva lasciato il cancello aperto la sera prima) vide un uomo con delle
cartelle in mano.
-
Salve, sono il postino. C’è un pacco
urgente per lei. –
Miyu
era tanto sollevata quanto delusa. Firmò alcune carte e rientrò in casa, per
poi riprendere in mano la cornetta.
-
Non è niente, mamma, solo un pacco. –
-
Oh, meno male. Te l’ho mandato io,
infatti. –
Miyu
spalancò gli occhi leggendo il nome di sua madre e il suo indirizzo in America
sul pacco. Lo aprì in tutta fretta e
vide una busta di un fotografo da cui andava quando faceva sviluppare le foto
in America.
-
E cos’è questa? –
Miki
ridacchiò dall’altra parte del filo.
-
Sono fotografie. Però,
non devi aprire la busta, non sono cose nostre, ma per un amico. Vorrei che oggi, prima di tornare qua, passassi a consegnargliele. –
Miyu
sbuffò. Ci mancava solo che si mettesse a fare il postino per conto di sua
madre.
-
Ma perché gliele
devo dare io? –
-
E’ una questione di fiducia… e poi, sono
sicura che il nostro amico sarà contento di rivederti… -
-
Rivedermi? Ma
chi è? –
-
Oh, probabilmente non ti ricordi di lui… si chiama Osho Saionji. –
Sentendo quel cognome, Miyu rabbrividì e senza accorgersene strinse la busta fino
a stropicciarla. Del resto, non poteva certo pensare che avesse a che fare con
chi credeva lei. Quanti Saionji c’erano in Giappone?
-
E… dove abita…? –
-
Dunque, se
ricordo bene, è in quella collinetta che si vede dalla stazione vicino a casa
nostra. Sta con il figlio in un tempio scintoista. –
Miyu si
lasciò andare contro lo schienale del divano. Allora era davvero chi pensava…
il padre di Kanata. Ma
perché tutte queste coincidenze? Lei che si perdeva proprio da quelle parti,
lui che le restituiva il cappello… e quella scintilla che avevano avuto
entrambi negli occhi nel momento in cui si erano visti… ora, sua madre che
doveva dare delle fotografie al padre di Kanata…
perché doveva accadere tutto questo? Aveva deciso di non rivederlo più. Però non poteva negare questo favore a Miki
senza una ragione precisa, perciò acconsentì. Si vestì, senza sapere cosa fare.
Non pranzò, tant’era
concentrata a pensare a qualcosa da escogitare per non incrociarlo. Poi le
venne in mente che, se Kanata aveva avuto un
colloquio di lavoro quella mattina, di sicuro la cosa si era protratta sino al
primo pomeriggio… non era detto che sarebbe tornato a casa entro le cinque. Se avesse fatto in fretta le valige e fosse andata al tempio
di volata, avrebbe dovuto aspettare per un’ora l’aereo, ma almeno non avrebbe
dovuto incontrare Kanata. Fece in tutta fretta le
valige e poi aprì la porta d’ingresso, mettendosi il cappello di paglia sui
lunghi capelli biondi. Osservò l’ingresso di casa: le sarebbe mancato quel
posto. Però, con tutta probabilità non sarebbe potuta
tornare tanto presto. Soprattutto dopo la ferita che quel
breve viaggio le aveva inferto. Chiuse il cancello con due mandate e con
il lucchetto, chiamò un taxi e si addormentò sul sedile posteriore, mentre si
dirigeva verso il tempio Saionji. Arrivata lì, il
taxista la svegliò e lei gli disse di rimanere per qualche minuto sul
marciapiede, perché avrebbe fatto molto in fretta. Prese la busta con le foto e
cominciò a salire lentamente i gradini della lunga scalinata di pietra. Respirò
profondamente il profumo del luogo: le pareva così familiare che si sarebbe
seduta a sentirlo più a fondo. Ma si impose di
resistere e arrivata in cima alla scalinata di pietra, andò verso la porta del
tempio. Suonò una piccola campana e attese, guardandosi intorno nervosamente.
Le sembrava di andare dentro la tana del lupo. Vide aprirsi la porta e si sentì
persa. Ma davanti a sé, vide un uomo calvo dall’aria
serena, vestito da monaco.
-
Il… il signor Saionji?
–
L’uomo alzò le sopracciglia e
annuì con un mezzo sorriso.
-
Sì, signorina? –
A Miyu
fece una strana impressione. Le sembrava una persona estremamente
calma, ma nei suoi occhi c’era una strana luce furba. In quella luce si vide
ricordare gli occhi di Kanata e le venne una grande malinconia.
-
Ecco… sono Miyu
Kozuki e.. le devo
consegnare queste da parte dei miei genitori, Miki e Yu Kozuki… -
L’uomo prese la busta dalle mani
di Miyu e pensò per qualche secondo. Poi fece un gran
sorriso, come se l’avesse riconosciuta.
-
Ho capito! Mi ricordo di te! Ma certo, Miki, Yu e Miyu Kozuki!
Che nostalgia! – la squadrò da capo a piedi – b’è, è davvero molto tempo che non ci vediamo.
Mi ricordo di te quando eri una bimba di
appena due anni… -
Miyu
cercò di sorridere. Era per questo che quel luogo le
pareva così familiare?
-
E’ un piacere conoscerla, signor Saionji… purtroppo, ho un aereo per l’America tra mezz’ora,
per cui devo andare… - mentì Miyu,
sempre più nervosa. Ma Osho
sembrava motivato a non lasciarla andare.
-
Oh, allora c’è ancora tempo! Da qui
all’aeroporto ci vogliono cinque minuti! –
-
Ma sono venuta
in taxi… -
-
Ti ci porto io, fai
svuotare il taxi! Nel frattempo ti preparo un thè! –
Osho
sembrava davvero felice di vederla e lei non riuscì a mentire ancora, per cui eseguì ciò che le era stato detto. Lasciò le valige
in fondo alla scalinata e poi andò a sedersi al tavolo dei Saionji.
Osho si fece raccontare la sua vita in dettaglio e
dopo un po’ anche Miyu ci prese gusto a parlarne,
così non si accorse del tempo che scorreva.
-
Certo che è stato davvero un peccato… -
disse ad un certo punto Osho - ... durante quel
periodo, quando tu partisti per l’America, avremmo
dovuto ospitarti noi, ma ebbi un incidente in montagna e mio figlio Kanata dovette venire all’ospedale in India a recuperarmi!
–
Risero, nonostante Miyu si sentisse incredibilmente triste ogni volta che
sentiva quel nome.
-
Credo che sareste
andati d’accordo, voi due. Da bambini, giocavate insieme ogni giorno… -
Miyu
sorrise tristemente. Era andata così vicina alla felicità che subito si era
allontanata. Del resto, anche se fosse riuscita a farsi ospitare dai Saionji, non era detto che la felicità vera sarebbe stata
lì.
-
Senta, Osho… potrei andare al bagno? Vorrei rinfrescarmi
prima di ripartire. –
-
Oh, fai pure! E’ in fondo al corridoio. –
A Miyu
sembrò che quella casa fosse immensa, e non riuscì a trovare subito il bagno.
All’improvviso, si ritrovò in un corridoio che non conosceva. Probabilmente era
finita dall’altra parte della casa. Entrò in una stanza e vide che si trovava
in una camera da letto. Era ordinata al punto giusto, uno zaino accanto alla
scrivania. Sembrava la camera di un ragazzo. Dopo pochi
secondi, Miyu sentì dei passi per il corridoio, una
porta che sbatteva e una discussione. Si sentiva incredibilmente colta
con le mani nel sacco e istintivamente cercò un posto dove nascondersi. Senza sapere né come né perché, si ritrovò dentro all’armadio dei futon, nel buio più totale se non per una fessura da cui
poteva vedere quello che succedeva nella stanza. Sapeva di essere nei
guai, ma ancora non aveva capito in che tipo di guai. Pochi istanti dopo, vide Kanata entrare nella stanza. Vederlo di nuovo le provocò
una violenta accelerazione dei battiti del cuore e avvampò come una stupida, dato che lui non poteva vederla. Anzi, sembrava concentrato
su tutt’altro. Vide infatti
entrare dietro di lui Christine. Pensò di essere
finita in una situazione a dir poco imbarazzante, nella camera di Kanata, mentre c’era anche Christine
e loro pensavano di essere soli… ma stava accadendo
qualcos’altro. Stavano discutendo.
-
Stai cercando di dirmi – stava dicendo infuriato Kanata –
che sei andata a casa sua in piena notte? Sei impazzita, forse? –
-
Cosa dovevo fare?
Tu sei il mio ragazzo, accidenti! Se siamo fidanzati,
non dovresti permetterti di divertirti con un’altra! –
Kanata
sembrava sul punto di esplodere ed era un vero spettacolo, data la sua solita
freddezza.
-
Ma per chi mi
hai preso? Divertirmi? Quello non era divertimento e lei ha
un nome, Miyu! –
L’interessata, nascosta tra i futon, osservava la scena da quell’unica
fessura, sempre più agitata. Però tendeva le orecchie.
-
Non mi importa
niente di come si chiama! La cosa terribile è che ci sei andato a letto, ecco!
–
-
Andato a letto? Tu non sai nemmeno che
vuol dire! Finora sono stato buono ad ascoltare le tue paranoie, ma questa
volta stai esagerando! Tu stessa hai detto che ultimamente la nostra relazione
stava precipitando! –
Christine
era infuriata e al tempo stesso sul punto di piangere.
-
Tutti hanno dei brutti momenti! Non è una
buona ragione per tradirmi con la prima che passa! –
Kanata si impose su di lei con aria leggermente più calma.
-
Non è la prima che passa. Non sei stata
tu a dirmi che non è necessario conoscersi da tempo
per frequentarsi? Ascoltami bene, Christine… -
Kanata
posò le mani sulle spalle di lei e le si avvicinò. Miyu ebbe un incredibile attacco di gelosia, tanto che
dovette trattenersi dall’uscire dall’armadio e fare una scenata, nemmeno lei
sapeva come. Sospirò, mordendosi il labbro inferiore: perché era così
innamorata? Era quello ciò che chiamavano vero amore?
Ancora non riusciva a capire se fosse qualcosa di piacevole o spiacevole. Kanata aveva abbassato la voce, per
questo lei dovette tendere al massimo le orecchie e appoggiarsi all’anta
dell’armadio per sentire meglio.
-
… so bene che ho sbagliato, e ti giuro
che mi sentirò in debito con te per tutta la vita. Cercherò di farmi perdonare
in tutti i modi, davvero. Però, ti prego… finiamola
qui. –
Lo sguardo di Chris
si fece immensamente triste mentre lo guardava dritto negli occhi. Dal canto
suo, Miyu si sentiva davvero in preda ai sensi di
colpa: stava origliando qualcosa di molto privato, inoltre le sembrava di
essere una traditrice su tutti i fronti. All’improvviso, sentì un forte
solletico su una spalla e dovette muoversi lentamente tra i futon.
Intanto, Chris e Kanata continuavano a parlare.
-
Farla finita?! – gridò esasperata lei –
come puoi dire una cosa simile? Stiamo insieme dal liceo
e ora vuoi “farla finita”? Stai scherzando?! –
Kanata
sospirò, scotendo la testa e sia allontanò di qualche
passo da lei. La ragazza recepì il messaggio di quel
silenzio.
-
Io… - sussurrò piano, mettendosi una mano
tra i capelli e fissando il pavimento - … pensavo… che ci saremmo sposati, un
giorno… pensavo che questa tua titubanza a stare con me fosse solo timidezza,
ma… dimmi la verità, mi hai amata davvero? O sono
stata solo un intermezzo per aspettare quello che secondo te
è il “vero amore”? –
Kanata
esitò un attimo.
-
Non sei stata un
intermezzo e lo sai. Non sarei stato con te se non avessi provato qualcosa…
però, adesso come adesso, lo vedo più come affetto che come amore… mi dispiace,
davvero… -
Chris
sembrava molto seria.
-
C’è una cosa, Kanata,
che devo dirti... dopo di che ti lascerò in pace ed uscirò dalla tua vita… -
-
Ti ascolto. –
-
I tuoi occhi… quando eri con Kozuki… mi è sembrato di vedere in quegli occhi… che tu… -
Miyu
aveva appena teso le orecchie al massimo, quando sentì
un solletico terribile alla spalla, di nuovo. Era una strana sensazione…
fortunatamente, all’interno dell’armadio c’era una luce fioca, così che
voltandosi potesse vedere cosa le stava dando
fastidio. Si voltò lentamente, cercando di non fare rumore e si ritrovò faccia
a faccia con allegro ragno nero e peloso, spaventosamente grosso…
-
Aaaah, che
schifo! Che schifo, che schifo, che schifo!!! –
cercando di toglierselo dalla spalla, urtò un futon
che provocò una reazione a catena e le cadde addosso assieme a tutti gli altri,
mentre lei cadeva rovinosamente in avanti, aprendo l’anta dell’armadio. Si
ritrovò con la faccia sul pavimento, gambe all’aria. Solo allora si rese conto della situazione… davanti a lei, sbalorditi, c’erano
Christine e Kanata. Quest’ultimo la guardò come se fosse una creatura di un
altro mondo.
-
M-miyu… che
diavolo… che diavolo ci fai qui? –
-
Ehm… -
E
adesso? Christine si arrabbierà di nuovo, proprio
quando stava per mollare la presa? Kanata
si infurierà per aver trovato Miyu
in camera sua? Miyu tornerà in America?
CONTINUA…