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Autore: AmaleenLavellan    13/08/2012    8 recensioni
Uno ghigna, l'altro sorride. Uno è pericolo, l'altro è sicurezza. Uno se n'è andato, l'altro c'è sempre stato.
Con uno era fiamme, ardore, lacrime e frustrazione. Con l'altro è dolcezza, delicatezza, sorrisi, sentirsi amata. Ed ora che si trova su un filo sospeso nel vuoto, Elizaveta deve decidere se tuffarsi nel buio o tornare a rifugiarsi al sicuro, in una teca che la protegge da qualsiasi passione...
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! :D 
Non mi sono fatta attendere così tanto questa volta, vero? :3
Eccomi qui con il nuovo capitolo! Un po' di angst, ma nulla di grave.
Il titolo del capitolo (che è lo stesso della storia u.u) è quello di una canzone di Taylor Swift, qui c'è il link per ascoltarla. 
Inoltre.. in questo capitolo, un grande ritorno! :D
Come al solito ringrazio la mia meravigliosa Twinsie/Beta Black_Hole_, che mi sopporta tutti i giorni *^* Ci vuole una grande forza di spirito, credetemi xD
Buona lettura! :3





Roderich tiene le braccia giunte, la testa bassa, come se stesse riflettendo. Mi mordo il labbro, osservandogli le mani: tremano. Sta cercando di calmare la rabbia, trattenerla, ingoiarla nei meandri più profondi della sua anima e lasciarla lì a sfumare lentamente, senza mostrarla. Gilbert, in piedi dietro di me come a volermi proteggere da un’ira che non scoppierà, sta in silenzio, aspettando che l’altro uomo dia il suo verdetto.
 
Raccontargli di quella sera non è stato facile. Ho tenuto per me i motivi per cui sono finita in quel vicolo, inventandomi che stavo cercando una scorciatoia per andare a casa di Natalia; fortunatamente ci ha creduto, e Gilbert non mi ha contraddetto. Roderich ha ascoltato tutto in silenzio, spalancando gli occhi infiammati di rabbia nel sentirmi parlare di quegli uomini, lanciando a Gilbert uno sguardo intenso, quasi concentrato, quando gli ho raccontato del suo arrivo.
Non ha detto niente, Rod. Nemmeno quando ho concluso il discorso. Si è limitato ad abbassare la testa, isolando se stesso dal resto del mondo per riportare a galla la parte razionale di sé e addormentare le emozioni.
Roderich è un uomo fatto di passioni, un uomo come tutti gli uomini; eppure odia questa sua natura tanto quanto ama la rigorosa perfezione della sua musica. Soffoca se stesso giorno dopo giorno, ingoiando, accumulando, esplodendo in moti di rabbia ed emozione che mi travolgono e sconvolgono ogni volta, e quel lucido pianoforte nero che sembra spiccare con prepotenza contro la parete bianca del salotto è la sua unica valvola di sfogo, il suo punching ball, l’unico accesso all’uomo assopito sotto uno spesso bozzolo di razionalità.
 
Di scatto, Roderich alza la testa, fissando il suo sguardo nel mio.
Le fiamme stanno ancora bruciando.
“Avete già sporto denuncia?” domanda, deciso. Mi ricorda un generale che organizza una battaglia.
Sto per aprire bocca e negare, ma Gilbert, con mia sorpresa, mi precede. “Abbiamo cominciato le ricerche. Abbiamo trovato i due di cui ho potuto fornire un identikit, ed un mio contatto nel corpo di polizia si sta adoperando per stanare gli altri della banda”.
Mi giro verso di lui, gli occhi spalancati dalla sorpresa: non mi aveva detto nulla a riguardo, e anche se ne avessimo parlato, io non avrei voluto rendere l’aggressione pubblica.
“Gilbert, no! Non voglio denunciare quei… quegli uomini. Hanno avuto quello che si meritavano, tu hai ottenuto la tua vendetta, denunciarli creerebbe solo il caos!”, affermo, con una sicurezza che non sento affatto.
All’improvviso, lo sguardo di Roderich è nel mio.
C’è qualcosa, nei suoi occhi, che mi pugnala al petto e mi spaventa al contempo: non la rabbia, ma il senso di tradimento. Roderich si sente tradito da me, perché non solo non sono stata sincera con lui, ma gli ho nascosto qualcosa di grave.
Io lo affronto, ricambiando il suo sguardo. So di avere ragione, so che i miei propositi erano buoni, so di non avergli nascosto tutto questo per me stessa, ma per lui.
Legge tutto questo nei miei occhi; lo so, perché assottiglia lo sguardo, come se cercasse di scavarmi dentro l’anima per leggervi dentro qualcosa che non riesce a distinguere bene.
 
“Quando sei diventata così egoista, Elizaveta?”
 
Sbatto le palpebre varie volte, rifiutandomi di assimilare ciò che mi ha appena detto.
Roderich mi ha dato dell’egoista.
Roderich, lo stesso uomo che mi ama alla follia, e darebbe tutto per me.
 
“Rima-
“Egoista?” domando, atona, interrompendo Gilbert che aveva cominciato a parlare. Prima che Roderich possa aprire bocca per spiegarsi, ho già ripreso il mio discorso.
“Egoista?” ripeto, “tu dai a me dell’egoista?!” Sento la furia montare nella mia voce, le mie mani stringersi a pugno così forte da farmi sbiancare le nocche. “A me, che da due anni non faccio altro che tentare di compiacerti, renderti felice?! Io che ho sopportato i tuoi continui sbalzi d’umore senza fiatare, io che mi sentivo ripetere quanto fossi infantile a desiderare la tua compagnia! Quante notti ho passato da sola, perché tu eri in viaggio per fare concerti, a quanti momenti insieme ho dovuto rinunciare perché i tuoi colleghi erano in città e dovevi passare tempo con loro! E quante, quante volte mi sono sentita dire da te di stare ferma ed in silenzio a quei tuoi eventi pieni di gente spocchiosa che non faceva altro che domandarmi quanto guadagnassi con il mio lavoro e perché non mi facessi semplicemente mantenere da te; quante volte ho dovuto sorridere delle loro battutine e ingoiare tutta la rabbia ed il disprezzo solo perché tu volevi che fossi la tua bella statuina! Ma la sai una cosa, Roderich?! Io non sono la tua bella statuina! E sono stanca di stare in silenzio, stanca di ignorare e sospirare, stanca di tutto questo! Non ti ho mai detto niente perché sapevo che era necessario, perché si tratta del tuo lavoro, perché sapevo che sentirti dire queste cose ti avrebbe reso infelice, ma dopotutto io non sono altro che un’egoista, giusto?!”
 
Corrugo le sopracciglia, il mio volto ormai una maschera di rabbia cieca, il mio petto che si alza e abbassa velocemente per recuperare l’aria che ho perso urlando.
Roderich mi fissa sconvolto, gli occhi spalancati dallo shock, la bocca socchiusa, l’intero corpo inerte sotto la furia delle mie parole. Sembra pietrificato dal terrore mentre punto gli occhi nei suoi; vedo che è confuso, non riesce a capire cosa mi abbia fatto scattare, spinto a dire quelle parole; apre la bocca per dire qualcosa, ma nemmeno un filo di voce esce da quelle labbra.
Hai bisogno di tempo per riflettere, Roderich. E anche io.
“Devo stare da sola”, dichiaro, prima di voltarmi e sparire oltre la porta di casa.
 
Non compio nemmeno due passi, prima che una voce al mio fianco mi blocchi.
È Gilbert: nella furia del mio sfogo, non mi ero nemmeno accorta che fosse uscito, lasciando me e Roderich da soli.
“Liz”, mi richiama. Lo ignoro, continuando a camminare, uscendo dal giardino e dirigendomi verso la fermata del tram senza voltarmi.
“Liz!” grida di nuovo, “Aspetta! Dobbiamo parlare!”
È in quel momento che decido di fronteggiarlo, girandomi verso di lui e piantando gli occhi nei suoi.
"Gilbert, ho bisogno di stare da sola. Per favore."
Sarà il tono deciso, sarà la mia voce che si spezza sulle ultime due parole, ma per qualche motivo Gilbert sembra capire. Annuisce, guardandomi però negli occhi come se cercasse di scovare la sorgente di quella rabbia appena esplosa, e mi supera, dirigendosi chissà dove.
Ma non ho tempo di pensarci adesso.
 
 
Ogni passo è una fitta al cuore, ogni passo è una nuova domanda a cui ho paura di rispondere.
Perché ho detto quelle cose?
Da dove è emersa tutta quella rabbia, quella frustrazione?
Mi è salita all'improvviso, esplodendo come un fuoco d'artificio dopo aver acceso la miccia?
Oppure ha sempre ribollito dentro di me, crescendo, aspettando che qualcuno spaccasse il bozzolo in cui la tenevo rinchiusa?
Tutte quelle cose che ho gridato a Roderich, tutta quella frustrazione che gli ho vomitato addosso...
Fino a pochi istanti fa, con Roderich avevo sempre ingoiato gli impeti di rabbia, odiandomi per ogni cosa maligna che pensavo su di lui, come se quei pensieri fossero una cosa orribile, vergognosa.
E vergogna li consideravo, e come vergogna li nascondevo, e non ero mai stata in grado di sfogarmi con nessuno per i sensi di colpa che sentivo.
Sento le lacrime offuscarmi la vista, mentre comincio a camminare più velocemente verso la mia meta. Roderich mi ha salvato dalla depressione in cui stavo cadendo dopo l'abbandono di Gilbert, Roderich mi ha preso tra le braccia come una bambina, Roderich mi ha educato a una vita di pace e sicurezza, senza tensioni o emozioni violente.
Come avevo potuto mostrarmi così ingrata nei suoi confronti? Con quale coraggio gli avevo buttato addosso tutto quel veleno?
Mi accorgo di aver cominciato a correre solo quando, arrestandomi davanti al grande cancello di villa Braginski, mi rendo conto di essere in affanno. Suono il campanello, cercando di riprendere fiato; Natalia non si fa attendere oltre la porta di casa. Attraverso il viale che taglia a metà il giardino a testa bassa, senza incontrare gli occhi della mia migliore amica, ed é solo quando ormai sono di fronte a lei che oso alzare lo sguardo.
"Cosa c'è?" domanda lei, secca, fissando gli occhi nei miei.
Cerco di mostrare noncuranza, mentre alzo le spalle, incrociando le braccia come per difendermi dal suo sguardo inquisitore. "Volevo passare a salutarti, è un bel po' che non ci vediamo. C'è qualche problema?" ribatto, rapida, cercando di nascondere il tremolio nella mia voce.
Ma non si lascia ingannare, Natalia, ed è con un gesto quasi violento che mi afferra per le spalle, avvicinando il viso di porcellana al mio, come se cercasse di far entrare la sua anima nella mia per scoprire cosa mi turba.
"No, Elizaveta. Cosa c'è?" domanda ancora, sottolineando con il tono della voce le ultime due parole.
Si rende conto che sto per scoppiare in lacrime prima ancora che lo faccia io, e mi spinge contro il suo petto, stringendomi a sé con incredibile forza. È con immenso sollievo che mi abbandono alle sue braccia, stringendo convulsamente tra le dita la stoffa della sua maglietta, aggrappandomi a lei come se non mi fosse rimasto nient'altro al mondo, mentre lacrime salate cominciano a scorrere dai miei occhi chiusi, inzuppando entrambe; è un pianto di disperazione, un pianto di rabbia, un pianto di liberazione quello che mi scuote le spalle in singhiozzi spezzati. La mia mente è vuota, nessun pensiero sembra attraversarla mentre sfogo tutta la mia confusione contro il petto della mia migliore amica, lì, in piedi davanti alla porta di casa sua; perfino i sensi sembrano essersi addormentati, i singhiozzi giungono ovattati alle mie orecchie, e le carezze di Natalia sono nient'altro che un formicolio sui miei capelli.
Non so quanto tempo passiamo così, immobili; ma Natalia aspetta che i singhiozzi abbiano smesso di scuotermi le spalle, prima di condurmi dentro casa senza una parola, chiudendosi la porta alle spalle. Sono solo lacrime silenziose a solcarmi il viso, adesso, mentre andiamo in cucina; mi siedo, chiudendo gli occhi per calmarmi, mentre Natalia mi offre un bicchiere d'acqua.
Sta in silenzio, osservandomi bere mentre le lacrime si arrestano, e aspetta che trovi il fiato per parlare.
"La storia è lunga..." la informo, prendendo un profondo respiro. Lei risponde con una scrollata di spalle.
"Ho tempo", è la sua unica risposta.

Il mio sguardo si perde in lontananza, mentre ripercorro l'ultima settimana, raccontandole ogni dettaglio, descrivendole ogni istante.
Quando arrivo a parlare dell'aggressione, vedo le sue dita tremare leggermente, le spalle entrare in tensione. In quegli occhi di ghiaccio appare una fiamma di rabbia, rapida come un fulmine, che si spegne l'istante successivo mentre vado avanti con la mia storia. Con un sospiro arrivo al momento in cui ho perso la testa e urlato contro Roderich, e il senso di colpa mi spezza la voce.
"Non so cosa mi sia preso, Natalia. Dopo tutto quello che ha fatto per me, io ho avuto il coraggio di dire quelle cose orribili a Roderich... Non so da dove sia nata tutta quella furia, è semplicemente comparsa ed esplosa, capisci?"
"Pensi sul serio le cose che gli hai detto?" mi domanda lei a bruciapelo, appena concludo il mio discorso.
Mi mordo il labbro, prima di andare avanti. Conosco benissimo la risposta a questa domanda, ma ogni parola è una fitta al petto. "Sì. Sì, le penso. Però avrei dovuto tenermele dentro, non lasciarle uscire... Rod mi ama, mi ha preso con sé dopo che Gilbert mi ha spezzato, dovrei essergli grata-
"Quando due persone si amano, è l'amore stesso a riempire il divario che il sentirsi in debito crea, Elizaveta. Se ami Roderich, sai di bastare a lui quanto lui basta a te; non dovresti fare nulla per renderlo felice di averti con sé, e sai che ho ragione. Tu invece provi questo bisogno di renderlo fiero di te, come se non foste alla pari e lui fosse superiore, come se tu dovessi fare qualcosa per raggiungerlo e colmare il debito che senti nei suoi confronti. Non negarlo, Elizaveta, perché è così", dice, la voce intrisa di tale sicurezza che non posso che darle ragione.
Natalia non ha torto. Ho sempre desiderato che Roderich fosse fiero di me, ho sempre voluto compiacerlo, fino allo stremo, ed è per questo gli ho permesso di riplasmarmi, rieducarmi a una vita senza forti passioni: volevo essere come lui mi voleva, anche se si trattava di soffocare il mio vero io.
Non l'avevo mai vista sotto quest'ottica, ma ora che Natalia l'ha svelata davanti ai miei occhi, mi rendo conto che non può essere altro che così; io stessa non ne sono stupita, perché è come se nel profondo l'avessi sempre saputo.
"Sei esplosa quando ti ha dato dell'egoista, giusto? È stato perché ti sei sentita insultata dall'uomo che più vuoi soddisfare, per il quale più sei cambiata, nonostante non se ne sia mai accorto", va avanti. Io annuisco: ha ragione. Come ho potuto non capirlo da sola?
Natalia mi trafigge con lo sguardo, prima di concludere il suo discorso. "Adesso dimmi: perché hai scelto Roderich, Eliza? Cosa ti spinge a volergli bene?"
Devo riflettere per un istante, prima di rispondere alla sua domanda.
"Mi fa sentire al sicuro... Amata. Protetta, trattata con cura, come se fossi una bambina".
Mi rendo conto di quanto sia ridicola la mia risposta nel momento esatto in cui sento le parole uscire dalle mie labbra; dette ad alta voce, assumono un significato decisamente meno romantico di quello che avevano tra i miei pensieri, nella mia mente.
Natalia prende un respiro, prima di continuare. "E ora dimmi: perché amavi Beilschmidt?"
 

Perché avevo amato Gilbert?
Perché era il mio migliore amico assurdo con delle enormi manie di grandezza, perché era un bambino convinto di essere uomo. Per le risse fuori dai bar e le serate da ubriachi, per le dichiarazioni di amore fuori luogo e i baci sotto la pioggia, per le litigate e le urlate e i baci riparatori.
Per tutto ciò che mi dava e per tutto ciò che era, in maniera sconvolgente, totalizzante; perché ero così innamorata da arrivare alla follia, ecco come lo amavo.
 
 
"Perché era Gilbert".
 
Natalia sospira, chiudendo gli occhi per un istante, lasciandomi piuttosto sconvolta. Non sospira, Natalia: lei dichiara, sbotta, ride, grida, ma non sospira. C'è qualcosa di così terribilmente innaturale, in quel piccolo sbuffo di aria, che mi spinge a riflettere seriamente sulle risposte che le ho dato.
Io amavo Gilbert, questo l'ho sempre saputo e ammesso.
Ma Roderich... Lo amo davvero?
La risposta mi appare chiara all’improvviso, si presenta davanti a me con forza, come una luce abbagliante. Come sono potuta essere così sciocca per tutto questo tempo? Come ho potuto illudermi in questo modo?
"Devo andare a parlare con Rod", dichiaro, alzandomi.
Natalia annuisce, senza smettere di guardarmi, prima di darmi un ultimo consiglio.
"E ricorda, Liz, che di padre ne hai già uno, su questa terra. Non te ne serve un altro", afferma. Non posso fare altro che sorridere, sussurrando un "grazie" sentito, prima di uscire e dirigermi verso casa - anche se dubito che potrò chiamarla casa ancora a lungo.







E rieccomi! :D
Allora, che ve ne pare? 
La nostra Liz ha finalmente capito che quello che prova per Roderich non è amore... O almeno, non è amore amore. Sì, capisco che non ha senso, detta in questo modo, ma nel prossimo capitolo giuro che sarà tutto più chiaro. 
Potrebbe sembrare assurdo che Liz ci abbia messo due secondi a smontare una relazione di due anni, ma a mio parere non è così: Roderich ha toccato il tasto giusto, ha fatto scattare tutto il meccanismo; senza contare che lei ha sempre saputo dentro di sé che considerava Roderich quasi più come un padre che come un ragazzo; questo concetto è disseminato nei suoi pensieri più o meno in ogni capitolo!

Proseguendo: ecco a voi Natalia, il grande ritorno! Adoro scrivere di questa ragazza, perché è estremamente diretta, così diversa da qualsiasi altro personaggio... Lei pensa una cosa, e la fa. Punto. Senza stare a rifletterci sopra. La amo X°D 
E tornerà ancora, nel prossimo capitolo, per quel mini-skit di cui sto parlando da un secolo, e che finalmente riesco a far quadrare da qualche parte xD Sarà breve, e sarà figo, lo prometto. xD 

Beh, non so cos'altro dire, se non... Ah, sì! Mi è venuta l'idea di fare una pagina autore su facebook, così, tanto per tenere aggiornati gli interessati su quando aggiorno ecc... Perché esistono, degli interessati, vero? *W* Fatemi sapere cosa ne pensate v.v 

E dato che io non sono contenta se non mi faccio pubblicità spudorata in ogni capitolo di ogni ff, seguitemi su tumblr e avrete tanti unicorni di zucchero filato in omaggio! :D 

Ok, cazzate finite, promesso.
Amo tutti voi che mettete tra i preferiti, seguite, ricordate, che recensite (voi, vi amo in particolar modo AHAH), ma anche voi che leggete e basta... Siete tutti meravigliosi. Farei una statua ad ognuno di voi, sul serio, perché per sopportare me con i miei continui ritardi e cavolate ce ne vuole, di pazienza. 
Un bacio grande grande, e alla prossima! 
- Ivy
   
 
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