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Autore: WestboundSign_    13/08/2012    2 recensioni
Il titolo di questa storia rimanda ai Blink-182, perché l'ispirazione per questa storia mi è arrivata proprio ascoltando quella canzone.
Beh, che dire. E' un misto tra finzione e realtà, il tutto basato su un'esperienza personale.
Parla della storia di tre ragazzi, la loro silenziosa esistenza, circondata da figure passeggere, le loro anime che vorrebbero urlare, ma non possono, rinchiuse in una drammatica gabbia.
Avvertenze: sarò cattiva con loro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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I letti bianchi, l’odore di candeggina, un leggero “bip”, lontano. Vicino. Demon aprì gli occhi accecandosi con il neon giallognolo del reparto.
Alzò un braccio per pararsi gli occhi, ma provò troppo dolore.
Così si scoprì fasciato per metà.
Le braccia erano coperte da bende candide, il viso duro, anch’esso soffocato.
Aveva mal di testa.
Puntò gli occhi color turchese sulla porta, chiusa, di fronte a lui.
La guardò, finché la vista gli andò insieme.
Allora spostò lo sguardo nella stanza, non era solo.
Una bambina dal volto sfigurato lo stava fissando, gli occhi verdi spalancati, i capelli radi e scoloriti a farle da corona.
Si guardarono per qualche minuto, poi Demon si decise a parlare.
-Ciao.
La bambina lo guardò ancora un po’, indecisa se fidarsi o meno dello strano ragazzo bendato. In fondo, era solo una settimana che si trovava lì, il tipo. E aveva dormito tutto il tempo. Che stupido. Era il secondo che a cui veniva assegnata la sua stessa stanza, durante quel mese che era rimasta in ospedale.
Rimase zitta.
-Okay, se non vuoi parlare per me va bene, sto solo cercando di capire perché sono qui.
-È stato trovato in mezzo al bosco in fiamme.-, intervenne una voce.
Demon spostò lo sguardo sulla porta, dove un’infermiera, nella sua divisa bianca, lo fissava inespressiva.
-Il… bosco…
-Sì, il bosco. Presenta ustioni di quarto e quinto grado sul viso e sulle braccia, che sono rimaste ferite mentre cercava di trascinare Juliet Shadow.
-Juliet?!- Il cuore di Demon perse un colpo –Lei come sta? È viva? Dov’è?
-La paziente al momento è in prognosi riservata, su consiglio dei parenti.
-Come in prognosi riservata?!
-Sì.
-Mi dica almeno come sta, la prego.
-L’incendio l’ha lasciata in fin di vita, signor Smeat. Lei stesso era messo molto male, si è svegliato oggi dopo quattro giorni di coma. Un miracolo.- Lo guardò con sguardo giudicatore. –E ora, non mi chieda più niente. Nei prossimi giorni riceverà la visita del commissario locale, volevo avvisarla.
-La polizia?
-Sì, signor Smeat. E se ne ha bisogno potrà chiedere dello psicologo. Per ora lei non può muoversi, mi ha capita?
-Sì…
-Non provi ad alzarsi.
L’infermiera se ne andò, lasciando Demon e la bambina soli.
Si guardarono.
Un orologio ticchettava nella stanza, assieme ai costanti “bip” dei macchinari.
Chissà come avevano fatto a salvarli dall’incendio, non ricordava poi molto.
Una stilettata di dolore gli attraversò il corpo quando tentò di raggiungere il bicchiere d’acqua sul comodino alla sua destra.
“Come faccio ad alzarmi in queste condizioni?!”
Maledì mentalmente l’infermiera.
“E in più, anche la polizia.”
La sua vita stava crollando, di nuovo.
   
 
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