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Autore: slice    13/08/2012    2 recensioni
Affetta/o da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest.
Il pair è Shika Shiho, lo dico perché non ho trovato Shiho tra i personaggi e così potete evitare di entrare qualora non vi aggradi.
Shikamaru prova che cosa vuol dire avere una ragazza che arroscisce per te e, con poca sorpresa, non lo trova spiacevole. Che seccatura, eh? XD Oh, e Shiho non scopre niente... è inutile e rapisce l'attenzione di un genio: non me lo spiego. Invece, mi spiego come questa coppia possa funzionare nella mia testa: lui è pigro e intelligente quindi ci vuole qualcuno di intelligente e stimalante, sì, ma anche gentile. Io son pigra e chi mi rompe davvero, nel modo in cui tutti pensano che Temari debba fare con Shikamaru, finisce defenestrato. Se mi si trascina con decisione e gentilezza invece si può avere la mia completa attenzione, per quasi ogni tipo di attività. ù_ù
Un'altra storiellina della buonanotte, sì, e diciamo che non impensierisce molto, anzi; ^^' altrimenti non insisterei.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Crack, fanon o canon? Slash, het o threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »















L'imprevisto sbeffeggia lo stratega
di slice





Se ci avesse pensato con calma e fosse riuscito a unire tutti i famosi puntini, quel giorno sarebbe rimasto a letto. Invece Shikamaru Nara alle otto di mattina, come volevano le regole di Yoshino, era in giro a fare commissioni. Decifrava codici e andava a comprare il sale, servivano tutti e due, ma avrebbe volentieri fatto a meno di entrambi per dormire un paio d'ore in più.
Quando arrivò davanti al negozio degli Yamanaka, tappa obbligatoria se voleva vivere, si accorse di non essere passato dalla Godaime come avrebbe dovuto fare.
Oh be', pensò, però ho il sale!
In realtà aveva accuratamente evitato l'Hokage per ben due settimane, conscio che l'unico argomento trattato sarebbe stata Suna e un suo ipotetico trasferimento per un periodo come ambasciatore. Lo riteneva il miglior candidato.
Ai Nara, per lo meno i maschi della famiglia, non era mai piaciuto dover decidere, non piacevano i cambiamenti radicali e neanche la sabbia che si insinuava ovunque.
Questo non c'entrava col fatto che la Godaime stesse disperatamente cercando di convincerlo a non andare; quella donna si era convinta di poter usare la psicologia inversa, col solo risultato di essersi beccata trecentosettantanove sbuffi e quindici “ha ragione lei, non andrò”. Questo perché il chuunin non sprecava il suo fiato inutilmente, aspettava che la donna finisse e poi concordava pacato e, col passare dei giorni, anche infastidito.
Comunque. Tsunade era dentro il negozio di Ino proprio in quel momento e, nonostante gli agguati sul suo quotidiano cammino, Shikamaru cercava sempre di scacciare il pensiero che se la sarebbe trovata a dormicchiare sul prato con lui, un giorno di quelli. Pensiero alquanto fastidioso.
Ovviamente non poteva non entrare, ed era decisamente troppo pigro per inventarsi una scusa Kakashiana.

Quando entrò l'unico a salutarlo fu il campanellino.
Anche se, in effetti, essere ignorato fosse un'ottima cosa, nella sua situazione, non riusciva a sentirsi adeguatamente rilassato; la sua dolcissima compagna di team infatti stava parlando, neanche fossero stati segreti segretissimi della Nazione del Fuoco, fitto fitto con la Godaime, e la cosa che più lo infastidiva erano le continue occhiate che gli lanciavano entrambe alternativamente.
Quando piombò il silenzio fu abbastanza chiaro che la successiva frase sarebbe stata rivolta a lui, quindi prestò particolare attenzione.
“Caro Shikamaru, ho delle buone notizie da darti,” disse la donna, tornando eretta dopo essere stata sdraiata sul bancone come una ragazzina di sedici anni.
“Immagino...” borbottò Nara, sempre più irrequieto.
“Sai, Shika, dovresti ringraziare la Godaime che cerca sempre il modo di andare incontro alle tue esigenze,” squittì Ino melliflua, facendo sudare freddo il chuunin.
“Dal momento che non vuoi giustamente andare a Suna, per non creare incidenti diplomatici ti affiderò una missione qui, così avrai un ottimo pretesto per rifiutare la mia offerta,” sorrise l'Hokage, infida.
Shikamaru si guardò intorno come a controllare di non avere davvero vie di fuga, poi si grattò la testa irritato e condannato.
“E quale sarebbe questa missione?” chiese, incerto se volerlo sapere sul serio.
“Semplice, dovrai nuovamente occuparti dell'ufficio di decriptazione.”



Era una cosa semplice, dopotutto, continuava a ripetersi da quando se ne era andato. Insomma, non c'erano ninja che volevano il suo scalpo e nemmeno c'era da procurarsi quello dei nemici, non c'erano Daimyo grassi con la paura della propria ombra da dover proteggere o gatti ancora più obesi da ritrovare.
Doveva mettere in moto il cervello, certo, ma considerato che anche con tutta la buona volontà raramente lo teneva spento, non era poi un grande sacrificio.
A parte Shiho.
Non che lo infastidisse. Shiho vantava un'intelligenza fuori dalla media, non ingombrante come quella dei Nara, ma questo era solo un punto a suo favore. Una persona metodica e precisa come lei avrebbe dovuto essere anche puntigliosa e spacca ghiande come Ino, invece l'aveva scoperta il contrario: tutta l'intelligenza di quella ragazza sembrava votata a farlo sentire a proprio agio. Ed era qui che la sua fronte si aggrottava.
Aveva visto Hinata arrossire fino a svenire tante di quelle volte da spingerlo a chiedersi se ci potessero essere ripercussioni sullo stato mentale della ragazza, ma la prima volta che Shiho era arrossita davanti a lui non aveva provato le stesse cose. Affatto.

Era un quieto pomeriggio di sole e brezza, uno di quelli subito dopo la ricostruzione, subito dopo Pein, e probabilmente sarebbe sembrata una bella giornata anche se avesse piovuto; comunque il sole era alto, il cielo era privo di nubi di una certa rilevanza, gli uccellini cantavano eccetera eccetera.
Sul retro del palazzo dell'Hokage c'era ancora, ricostruito, il famoso ufficio decriptazione e lì, che ci sia il sole, la pioggia, la neve, Pein o un'epidemia, si decripta. Sempre, senza sosta.
Il fatto che non si sia sempre in guerra non vuol dire niente e, anzi, significa magari il contrario.
In guerra raramente ci sono messaggi da decodificare perché gli alleati preferiscono mandare un ANBU, o un sottoposto qualsiasi, di persona, piuttosto che farsi fregare il messaggio a metà strada, e quindi non si necessita di metterlo in codice. In guerra si ha meno tempo per queste cose. Oppure si può anche non avere alleati da cui ricevere alcun tipo di messaggio.
Invece in tempi di pace i villaggi che hanno stretto alleanze sono guardinghi ma fiduciosi abbastanza da affidare un codice, che per quanto macchinoso può essere decriptato da chiunque con la giusta chiave, ad un fragile anche se addestrato falco viaggiatore. E, Shikamaru sospirava tutte le volte che ci pensava, sembra incredibile ma hanno sempre qualcosa da dirsi questi Paesi.
Quindi, morale della favola, c'era più lavoro in quei tempi calmi che non quando tutto sembrava scivolare in una fangosa e tetra guerra.

Quella mattina Shikamaru era contento, anche relativamente incline a muoversi più del dovuto, dal momento che la gamba era guarita e gli avevano finalmente tolto il gesso. Era stato felice fino a quando la Godaime lo aveva assegnato ancora a un servizio sedentario adducendo come giustificazione la sua condizione di convalescente. Lui, soldatino stanco, si era dunque recato all'ufficio decriptazione per dare una mano.
Aveva aperto la porta sbuffando, si era seduto sbuffando, aveva salutato tutti sbuffando, e si era messo davanti ad un codice con la testa tra le mani, sbuffando.
Quando però, dopo un paio d'ore circa di intenso scervellamento, nel suo campo visivo era apparso un caffè, si era astenuto da quella vaga forma di sprezzo e aveva alzato gli occhi sulla ragazza che glielo stava porgendo.
Forse con il fatto di essere stato per così tanto tempo in silenzio, e con la gola conseguentemente secca, la sua mente aveva ovviato per una scelta consona, era quindi stato un caso: lui aveva semplicemente sorriso invece di ringraziare. E Shiho era arrossita.

Ino sembra sempre una di quelle persone che sanno quello che dicono, ma solo perché ostenta una sicurezza che il Nara e l'Akimichi, e probabilmente Sakura, sanno non essere sua. Mentre Konoha si rialzava in piedi sostenuta dal legno del Capitano Yamato, quando la pettegola kunoichi aveva alluso ad un interessamento nei suoi confronti da parte della tipa strana e occhialuta, come la chiamava lei, Shikamaru infatti aveva lasciato che quella importantissima informazione entrasse da un orecchio, passasse per tutte le sue sonnacchiose sinapsi, e uscisse dall'altro.
Lui, comunque, non l'aveva mai vista fare niente di particolare che lo spingesse a credere alle parole dell'amica d'infanzia. Fino a quel pomeriggio.
Rimase quindi sorpreso da quel rossore, ma si portò il caffè alle labbra e abbassò lo sguardo, aspettando che lei si distraesse per osservarla di sottecchi.
La guardò toccarsi il vestito e il camice, nervosa, la vide voltarsi e sospirare, gonfiando il petto, in ansia, poi le mani sudate si torturarono tra di loro; seguì i suoi passi verso la scrivania vicina e i movimenti delle sue mani, non del tutto ferme. La osservò bloccarsi e osservare fuori dalla finestra, togliersi gli occhiali e stropicciarsi gli occhi.
Tutte le volte che Hinata arrossiva, lui avvertiva una strana sensazione di fastidio. Non era lo stesso fastidio che lui conosceva bene, era una seccatura diversa.
Naruto era suo amico, ma Shikamaru gli occhi ce li aveva ed aveva anche un Signor cervello e non poteva, con tutto il bene che voleva al jinchuuriki, spiegarsi fino in fondo perché una ragazza come Hinata non trovasse il coraggio di dichiararsi apertamente ad uno come lui.
Be', a pensarci bene lo sapeva il perché, c'era arrivato, nonostante non fosse una donna, come dice sempre Ino per chiudere una discussione del genere e avere ragione a priori, però era seccante.
Aveva sempre pensato che lui si sarebbe accorto di una cosa così evidente. Una ragazza molto carina e posata e graziosa che arrossisce per te, fa sempre indubbiamente piacere. Vedere una ragazza come Hinata arrossire, piccola, da stringere, ma che sapeva uccidere un uomo con il palmo gentile in pochi secondi, era qualcosa che lo avrebbe esaltato, pensava. E quindi avrebbe notato subito una cosa del genere.
Certo, Naruto non aveva avuto i genitori, non era esattamente un diplomato in linee comportamentali e convenzioni sociali; era più, anche se ad un livello superiore, alla portata di Sai, ecco. Però gli risultava tutto così palese da disturbarlo nel profondo, e non erano nemmeno affari suoi. Forse, era da lì che veniva quello strano fastidio.

Comunque, la prima volta che Shiho arrossì, lui si sentì indubbiamente confuso, ma aveva anche avvertito un misto di sensazioni piacevoli in cui c'entrava anche l'euforia. Si era chiesto se, in un qualche modo meno chiaro, Naruto si sentisse così tutte le volte che Hinata arrossiva o sveniva davanti a lui. Si era sentito lusingato e parte di qualcosa in cui inconsciamente già sguazzava da molto tempo: l'adolescenza.
Lui non era esattamente un tipo gettonato - non si sentiva tale, almeno - e scoprirsi apprezzato tanto da istillare del nervosismo era come trovarsi nella posizione di Sasuke e per un attimo gli si era acceso qualcosa nel petto. Shikamaru non l'aveva mai trovato motivo d'orgoglio, dall'esterno, e non la considerava tale neanche in quell'istante, anzi: pareva qualcosa di molto stancante da non attirarlo minimamente. C'era però da ammettere che, pure se non la farai mai, avere una scelta tra le tue opzioni fa sempre piacere.



Dopo quell'episodio ce n'erano stati altri, alcuni provocati da lui per avere quella determinata reazione, altri casuali e altri ancora causati dalla sfortuna e dalla sbadataggine della ragazza; in ogni caso, non se ne spiegava bene il motivo, ma avevano sortito comunque, tutti, lo stesso effetto.
A lui piaceva il sorriso di Shiho, gli piacevano i suoi capelli biondo cenere, arruffati. Non faceva differenza che avesse degli occhiali enormi perché ormai lo sapeva che sotto c'era un cielo più chiaro di quello di Ino e più luminoso di quello di Naruto.

Quel giorno Shiho gli portò il caffè come tutte le altre volte e lui, più per indole pigra che per un preciso rituale, le sorrise.
Nonostante all'inizio avesse pensato di metterla in soggezione per una serie di motivi legati al fatto di essere un ninja e di avere un'importante quoziente intellettivo, in un secondo momento aveva anche pensato che Hinata non aveva queste stesse cose per cui arrossire. Naruto era ancora genin, non brillava per intelligenza e aveva anche una pesante dose di sfortuna.
Aveva però una caparbietà smisurata; lui si sarebbe rialzato sempre e Konoha viveva nella serenità grazie a questa consapevolezza, aveva un cuore così grande da farci entrare un paio di Villaggi e avere ancora spazio. Naruto era il ninja più imprevedibile e scaltro che conoscesse in battaglia e un tontolone di prima categoria nella vita, ma la sua sbadataggine era genuina, faceva sorridere di tenerezza e quel suo sorriso lo scagionava ormai anche dai pugni di Sakura. I suoi valori erano qualcosa di solido e sano che facevano riflettere tutti. Nara ne era sicuro, gli avrebbe affidato la sua vita e quella di tutti i suoi cari; tranne forse quella di Kurenai sensei, dal momento che Naruto non sapeva cosa fosse una donna incinta.
Alla luce di questi fatti probabilmente non erano solo certe doti che scatenavano quel tipo di interessamento, era più l'insieme, tutto ciò che rappresentava una persona. E la questione era ancora più esaltante dopo averlo realizzato.
Conseguentemente a questa rivelazione era anche giunto al perché il disagio non fosse scomparso con il tempo, perché Shiho non si fosse abituata ad averlo intorno e non si fosse rassegnata a non arrossire tutte le volte. Quello che provava Shiho non era una cotta. Poteva essere amore o diventarlo, ma non era una cosa passeggera.
Hinata non era Ino, ognuno ha il suo carattere, ma anche Ino, lui lo sapeva, era molto timida e non aveva mai avuto atteggiamenti del genere con Sasuke o Kiba. L'unico con cui aveva avuto questo tipo di reazioni - proporzionate al suo carattere, ovviamente, nonostante anche lei in un paio di occasioni fosse arrossita - era Sai; e non aveva mai sentito parlare di quel ragazzo in modo frivolo dalla sua compagna di team.
Persino Naruto aveva preso a balbettare e le sue guance si tingevano leggermente di rosso quando c'era Hinata in giro, adesso che aveva spinto il suo sguardo al di là delle spalle di Sasuke e Sakura. Quindi ecco la differenza.
Per quanto si possa essere timidi, introversi, o completamente estroversi, non si è intimoriti da una cotta, non c'è niente che dobbiamo aver paura realmente di perdere, siamo audaci perché vogliamo qualcosa, ma non c'è paura di un rifiuto, non c'è abbastanza paura del giudizio dell'altro come invece avviene nel caso in cui c'entri un interessamento più profondo.

Quando il foglio davanti a sé cominciò ad assumere forme buffe, Shikamaru si accorse di essere chiuso dentro quella stanza da ormai tutto il pomeriggio e, da quello che gli suggeriva la luna fuori dalla finestra, anche la serata. Pochi metri lontano da lui Shiho e un altro ragazzo addetto a quella sezione stavano parlottando a bassa voce.
Per un fugace momento qualcosa di strano si insinuò dentro lo stratega. Shiho muoveva le mani in modo deciso, non aveva tremori o dubbi, quel ragazzo non la metteva a disagio.
Nel momento in cui la sua dotata mente gli suggerì la parola “gelosia” lui sorrise, abbassando lo sguardo mentre lei si voltava leggermente nella sua direzione: Shiho non si sentiva a disagio con lui, ne era invaghita, attratta, innamorata, quel ragazzo invece non aveva questo privilegio e se lei avesse avuto nei suoi confronti gli stessi atteggiamenti, Shikamaru si sarebbe sentito deluso, in un modo o in un altro.
La ragazza si alzò, fece qualche passo nella sua direzione e si fermò, aspettando che lui alzasse lo sguardo.
“Shikamaru-kun, l'ultimo messaggio della Sabbia?” chiese Shiho, mentre guardava ovunque tranne che nei suoi occhi.
Nara storse il naso.
Erano mesi che le diceva che non aveva bisogno di un suffisso e gli ci erano voluti dei mesi per farla passare dal san al kun. Un traguardo, anche se non riusciva a farsi guardare negli occhi per più di mezzo secondo, nonostante lei fosse dietro spessi fondi di bottiglia.
Non era sicuro di voler stare con lei, qualunque cosa comportasse quello “stare”, ma sapeva di volere più confidenza tra loro. Il pensiero della settimana precedente, dove il dubbio che forse se avesse potuto vedere quegli occhi chiari più spesso avrebbe dormito meglio, la faceva da padrone. Certo, questo non aveva riscosso molto successo dalla sua parte razionale, tuttavia confidava nel momento rivelatore di cui parlavano tanto Ino, Sakura, Tenten e, se ci fosse stato così tanto silenzio da udirne il borbottio, persino Hinata.
Stava pensando al tanto chiacchierato bacio proprio mentre si alzava, ma tra la foga e l'essere stato seduto delle ore, si ritrovò a barcollare in avanti preda di un capogiro. Si appoggiò alla scrivania e rispose alla domanda postagli mentre si massaggiava gli occhi.
“Ho fatto il grosso del lavoro,” disse, rialzando la testa per guardare la sua interlocutrice, “finirò domani... E anche tu dovresti andare a casa,” concluse, giacché avendo inclinato la testa di lato aveva potuto intravedere le occhiaie della ragazza.
“No, be'...”
Anche senza la sua proverbiale pigrizia non avrebbe mai potuto competere con l'abilità innata di stacanovista di Shiho, così aveva imparato ad arrendersi in fretta senza per questo essere contento della sua dedizione in sfavore della propria persona, del proprio riposo e del proprio tempo libero.
Si mise il giubbotto da chuunin e si allontanò dalla sua scrivania senza aggiungere altro e prima di sparire oltre la porta l'aveva già salutata.

Con un po' di pazienza e mente fredda si capiva subito che dietro all'animo instancabile di Shiho non c'era altro che insicurezza: lei compensava il suo stupido pensiero di essere poco utile, rispetto ad un ninja, con maratone forzate di migliaia d'ore di lavoro alla settimana. Compensava in lunghezza quello che non credeva di avere in altezza.
Questo era sbagliato per un sacco di motivi ad a pensarci veniva solo un gran mal di testa. La cosa che invece lo fece tornare sui suoi passi fu il pensiero di non essere diverso da chi non le diceva di pensare più a se stessa e di prendere quel lavoro più con la consapevolezza che fosse anche solo un lavoro.
Rientrò quindi nella sala di decriptazione con un certo impeto, che fece cadere un volume piuttosto pesante dalle mani di lei, e facendole il giro intorno la obbligò a indietreggiare fino alla porta.
“Senti,” cominciò, mentre lei indietreggiava, “non mi va che tu lavori sempre fino a tardi e prenda il mio stesso stipendio.”
“Ma- ma... Io...”
Ecco l'Hinata nel panico che rossa in viso indietreggia perché lo vede avanzare verso di lei e non perché sta mettendo in discussione il suo approccio al lavoro, alla vita.
Ma Shiho non è Hinata, è maldestra e nonostante si nasconda dietro gli occhiali le sue nevrosi sorpassano la sua timidezza. Shiho ha sempre avuto, da che lui abbia ricordo, il vizio di spingersi gli occhiali sul naso con un dito, invece di lasciarli a debita distanza in modo da creare l'effetto specchio che potrebbe proteggerla di più.
È un gesto istintivo e in quell'occasione lo fece pur avvertendo la consistenza dura della porta alle sue spalle.
“Ma... dovresti iniziare a venire via con me, la sera.”
Shikamaru era decisamente stanco e, per una buona manciata di secondi, fu convinto di averle detto di fare un orario da pigrona e di non affogare nel lavoro, mentre poco dopo, nel tempo in cui la sua mano raggiunse la maniglia, ebbe la netta sensazione che lei lo avesse percepito come un invito. Il malinteso tuttavia non fece scaturire alcun fastidio e, anzi, fu proprio quel leggero e piacevole formicolio nello stomaco a distrarlo.
Fece pressione sulla maniglia ma, dimentico del suo aprirsi verso l'interno, spinse a vuoto, finendo esattamente addosso a lei.
In un primo momento poté constatare che la ragazza fosse davvero morbida rispetto a come se l'era immaginata; avendo avuto per molto tempo la sua minuta figura davanti agli occhi, si era convinto che avesse dovuto essere quasi spigolosa da abbracciare. In secondo luogo si accorse forse per la prima volta che le loro altezze erano simili e solo dopo una lunga serie di inutili constatazioni, come il fatto che lei non stesse respirando, prese atto del bacio che effettivamente si stavano scambiando.
Era in realtà un semplice sfiorarsi di labbra all'inizio, ma dopo le prime due considerazioni gli era parso logico, a lui ed al congresso di luminari in pensione che aveva in testa, approfondire quel contatto così piacevole. Aveva appena finito di pensare che non sapeva se voleva stare con lei ed eccolo lì, che approfondiva contatti a caso. Un genio, sì.
A ben vedere lui non era nessuno per contraddire il connubio tra il suo istinto e il suo cervello e, anche se la coerenza gli era sempre piaciuta, dal momento che quello era l'unico problema esistente, nonostante gli eventi fossero di una quasi epica importanza, non capiva bene cosa ci fosse ancora da discutere.
Shiho gli piaceva. Punto. Non c'era da ricamarci sopra futili pare, bionde o rosa che fossero.
Un'altra cosa lampante era il fatto che non ci fosse fretta. Lui di certo non si sarebbe allontanato da lei, non per primo, se solo non avesse avuto abbastanza chiaro che senza un addestramento ninja era difficile riuscire a trattenere il fiato molto a lungo.
Lei abbassò la testa, una volta libera, e, con una velocità che non ricordava certo i civili, si voltò, aprì la porta quel tanto che bastava per passarvi oltre e la richiuse.
Dopo Shikamaru poté udire abbastanza chiaramente le sue spalle scorrere dall'altra parte della porta, fino ad immaginarsela accasciata a terra.
“Shiho?” la chiamò, anche per interrompere il conto alla rovescia per il lancio dell'ennesimo sbuffo della giornata. Non sarebbe stato carino, insomma.
La risposta fu tanto flebile che per un attimo Shikamaru si chiese se non fosse entrato un gatto e avesse miagolato, tre stanze più là.
A sapere cosa dire, o anche solo ad avere l'enciclopedia Ino - “Tutto quello che volevate sapere ma non avete mai osato chiedere sull'amore” - a portata di mano, sarebbe stato facile gestire la situazione. E sarebbe stato anche utile visto che senza riuscire a comunicare con il linguaggio del corpo, tutto quello che rimaneva erano le parole.
Invece non aveva alcuna esperienza, quindi poteva soltanto andare per logica ed incrociare le dita.
Prima però mimò “che seccatura...” con le labbra, guardando il soffitto come se fosse stata tutta colpa sua.
“Tutto bene?” chiese.
Poteva sembrare una domanda stupida, ma a stare in apnea si diventa viola e poi si muore, quindi magari la sua preoccupazione era più che legittima.
“N... sì!”
C'era un certo margine di fraintendimento in una risposta del genere. Lei non era a posto perché lui l'aveva baciata, ma era contenta quindi anche se no in definitiva era , stava bene. Ed era anche una spiegazione sufficientemente contorta e intelligente da sembrare propria di Shiho.
“Allora... Posso aprire la porta?”
Ponendo questa domanda Shikamaru storse il naso perché l'immagine di uno Shikaku ubriaco saltò fuori in un agguato e gli mugolò addosso che le donne ti fanno chiedere il permesso per ogni cretinata. Ma quel ricordo puzzava d'alcool e di sudore e successivamente di grida notturne che dicevano che suo padre avrebbe dormito sul divano, e in niente di tutto questo c'erano permessi, perciò non reggeva.
“No... Aspetta!”
Aspetta.
Poteva voler dire tante cose, come ad esempio 'aspetta, sono confusa: credo che mi piacciano le donne', o un 'aspetta, mi sono strozzata con la mia - o era la tua? - saliva'. Era fraintendibile, ma non era un rifiuto.
Certo, nella sua testa il rifiuto della ragazza aveva le stesse probabilità di una sua eventuale omosessualità, però la vita gli aveva sempre mostrato che essere troppo sicuri di sé, specialmente dove tutto si ergeva su un qualsiasi fattore x, non era consigliabile.
Lo scorrere del tempo in ogni caso non giovava neanche a quelle blande convinzioni che aveva raccolto in quel periodo.
“Shiho?”
“Un momento...”
Questa volta era stata una risposta rapida, almeno. Aveva dimostrato di essere ancora lì, con la testa, e di aver almeno iniziato a pensare alla faccenda.
Si guardò intorno, chiedendosi se ci fosse un limite di tempo, se emettesse un suono una volta finito di pensare, se... Oh Dei, pensò, passandosi una mano tra i capelli, se pensava tanto quanto lui faceva bene a prendersi una sedia e mettersi comodo.
Mise la sedia davanti alla porta e vi si sedette sopra.

Akamaru gli leccò una mano mentre Kiba gli infilava una spiga in un orecchio e lui si svegliò di soprassalto, in ansia, convinto di avere tra i piedi quel cagnaccio che lo svegliava sempre in malo modo, invece di essere ancora nella sala di decriptazione. Il rumore secco della serratura e il fruscio della porta, che lenta si apriva, lo fecero alzare di scatto. La sedia cadde all'indietro, producendo un tonfo sordo nella notte silenziosa.
“Non mi sono addormentato,” biascicò, sulla difensiva.
Shiho rise, coprendosi le labbra con la mano a pugno chiuso.
“Mi dispiace,” disse, guardando per terra, “sai, panico...” alzò le spalle, come se fosse stata una cosa da niente.
“Oh, a me non dispiace.... Cioè, per il panico sì,” ritrattò, confuso e assonnato.
In realtà era come un accordo tra due Paesi. Un contratto che diceva che se lui poteva baciarla allora avrebbe anche aspettato su una sedia. Una scomodissima sedia, aggiunse la sua vena melodrammatica.
“Credo... Credo sia meglio andare a casa, adesso,” disse Shiho, cercando un orologio immaginario su una parete a caso, “è piuttosto tardi.”
Shikamaru non poté che darle ragione: era effettivamente molto tardi e l'orologio alle spalle di lei lo confermava.
“Hai ragione, però voglio il bacio della buona notte.”
In realtà le ultime sillabe vennero dette con dell'ansia poiché Shiho aveva perso l'equilibrio e si era addossata alla porta aperta, erano quindi scivolate entrambe all'indietro, lei rossa e la porta marrone.
“Scherzavo...” si crucciò, Shikamaru, prima di appuntarsi di dover agire piuttosto che informarla prima. Poi, evitando accuratamente di sfiorarle la mano, la accompagnò a casa senza pretendere troppo da lei e da quella serata. La pazienza era sempre stata un suo punto di forza, dopotutto.





Owari















Santo cielo! Sembra la fiera delle pare... Che ansia!
Ogni volta che tratto Shikamaru parto a diritto per ore con cose assurde. Voglio dire, forse dovrei provare a renderlo almeno vagamente intelligente e adeguatamente preparato, no? E invece viene fuori un ragazzo intelligente, ma con tutto il pacchetto adolescenziale. Non lo so, è che lo vedo così. Come dico sempre quando lo inserisco in situazioni sentimentali: lui è solo intelligente, eh. ù.ù





I personaggi e i luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.



  
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