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Autore: Akemi_Kaires    13/08/2012    2 recensioni
{MitsuMei; Miles/Franziska}
Lo aveva sognato. Ancora.
Erano trascorsi mesi da quel maledetto tredici marzo, eppure il ricordo di quel terribile giorno non voleva scivolare nell’ombra. Ritornava sempre, durante i suoi sogni, pronto a minarla e a far vacillare pericolosamente la sua compostezza. Pronto a farla piangere.

Prima classificata al "Songfictions Contest" indetto da Black Dahlia_ su Spy Attorney.
Prompts: Emozioni, Lacrime
Genere: Angst, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Franziska von Karma
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Guten Tag

Guten Tag! Finalmente ho trovato il tempo per postare questa Fanfictions, incentrata particolarmente sulla figura di Franziska e sul suo rapporto con Miles. Giusto per non creare confusione, vi anticipo che è ambientata in Trials & Tribulations (Caso 5: Confronto Finale), precisamente qualche ora prima del processo Stato Vs Iris (Avvocato Difensore: Miles Edgeworth; Procuratore: Franziska von Karma). Detto questo, mi auguro che questa shot sia di vostro gradimento. Buona lettura a tutti! E ricordatevi che le recensioni non mi fanno così schifo.

Questa fic è arrivata prima al contest “Songfictions” indetto da Emma su Spy Attorney. Partecipa alla “One Hundred Challange” con Prompt Emozioni, e partecipa anche alla “Six Prompts For Valentine” con Prompt Lacrime.

Pi esse: Vi consiglio caldamente di ascoltare la canzone Memories – Within Temptation, dato che la Songfiction è incentrata su questo testo.

 

 

 

Memories

 

 

 

{In questo mondo hai provato

A non lasciarmi indietro da sola

Non c’è altro modo

Pregherò gli dei dicendo “Fatelo restare”

I ricordi placano il dolore interiore

Ora so perché}

 

Raggi lunari fiochi e pallidi fecero capolino dalla finestra socchiusa, insinuandosi leggiadri nella stanza buia e irrorandola di una flebile luce. Sfiorarono con delicatezza l’arredamento, definendone i contorni morbidi, fino a carezzare il volto di chi giaceva tremante sotto le confortevoli coltri del letto.

In quella notte placida e silenziosa, gli occhi lucidi di Franziska si schiusero alle tenebre, sbocciando in tutta la loro rara bellezza. Lacrime calde presero a scorrere lungo il suo viso, provato e sciupato dalla spossante giornata lavorativa, manifestando l’enorme tristezza che albergava nel cuore della giovane.

Sbottò di rabbia, asciugando col dorso della mano quelle odiosissime perle salate per cancellare quel raro e odioso segno di debolezza. Piangere la rendeva inerme e indifesa al mondo, facile preda di quel passato doloroso che non accennava a risparmiarla neanche a distanza di anni.

 

Un von Karma non deve piangere. Mai.

 

Lo aveva sognato. Ancora.

Erano trascorsi mesi da quel maledetto tredici marzo, eppure il ricordo di quel terribile giorno non voleva scivolare nell’ombra. Ritornava sempre, durante i suoi sogni, pronto a minarla e a far vacillare pericolosamente la sua compostezza. Pronto a farla piangere.

Dopo tutta la fatica che aveva impiegato per raggiungerlo – i viaggi, le speranze, i sogni e la sofferenza -, se lo era lasciato sfuggire ancora una volta, da sciocca, vanificando così i suoi sforzi.

Aveva sfiorato la sua mano, l’aveva trattenuta a sé per un miserrimo istante, per poi lasciarla andare come se nulla fosse accaduto. Nel profondo del suo cuore, qualcuno le aveva gridato di afferrarla e stringerla ancora, di ignorare le aspettative della gente e di ricominciare a vivere. Là, in quelle macerie desolate, la piccola, debole e sciocca Franziska le aveva implorato di restare in America.

Invece lei aveva dato voce solo alla sua atroce agonia, sputando in faccia a quel procuratore la velenosa verità. Senza alcun indugio, incitata dalla rabbia che sgorgava a fiotti dalle sue labbra, lo aveva insultato, rimproverandogli di averla lasciata da sola per tutti quegli anni. Malcelata in quelle parole cariche di odio ed astio, vi era la muta preghiera che lo scongiurava di voltarsi e di notarla, di starle finalmente accanto.

Miles le aveva dato ascolto. Le aveva proteso quella mano, calda e invitante, pronto a prestarle soccorso. Aveva risposto al suo appello disperato, come da desiderio.

Se era davvero ciò che la procuratrice desiderava, perché allora aveva rifiutato di accettare il suo aiuto?

Perché era arrivata al punto di rinunciare scioccamente alla sua carriera e a Lui?

 

«Ma non ho intenzione di fermarti. Se hai deciso di abbandonare la carriera di procuratore… Allora siamo destinati a separarci ancora, Franziska».

 

Aveva pianto. Aveva continuato a versare lacrime, come mai non aveva fatto prima di allora, perché desiderava davvero stare al suo fianco. Sognava sinceramente di poterlo spalleggiare ovunque, di affidarsi a quel “Fratellino” un tempo tanto adorato.

Si era lasciata sfuggire la sua grande opportunità, ignorando la voce del suo cuore. Se n’era resa conto solo quando lui si era voltato, abbandonandola ancora una volta.

Aveva pregato che tornasse indietro, che l’abbracciasse come era sempre successo anni addietro e che la costringesse a restare.

 

Ma non lo aveva fatto.

 

Credeva di aver vinto la sua lotta interiore, di tornare in Germania vincente e di poter finalmente vivere libera dal pesante giogo della perfezione. A dispetto delle sue aspettative, invece, aveva fatto ritorno a casa con un pugno di ricordi su cui piangere e sorridere amaramente.

Frammenti di passato, droga di cui non poteva più fare a meno.

Piccoli tasselli di un puzzle infinito, capaci di sopire il tormento interiore.

Ricordi, scia del suo futuro perduto.

 

{Tutti i miei ricordi

Ti tengono vicino

Tutto riguarda noi

Mi immagino che tu sia qui

Tutti i miei ricordi

Ti tengono vicino

In silenziosi sussurri,

Silenziose lacrime}

 

Franziska si trascinò lentamente, priva di forze, fino a quella che un tempo era la camera di Miles. Spalancò la porta con ansia, inspirando avidamente quell’aria ancora impregnata del suo profumo, immergendosi in quei ricordi dal sapore agrodolce.

Scivolò silenziosa ai piedi del suo letto, fissando quelle coperte immacolate ove un tempo entrambi si sedevano per discutere segretamente tra loro.

Paure inconfessate. Incubi ricorrenti. Il loro futuro insieme.

In quella piccola, accogliente, stanza riecheggiavano ancora le loro giovani voci, allegre e giocose, assieme a risate gaudiose. Poteva ancora sentir chiaramente quei litigi, i discorsi, i pianti e quei “Ti voglio bene” soffocati per eccessivo orgoglio.

Erano silenziosi sussurri scambiati durante le notti giovani, all’ombra di quel padre sempre vigile e onnipresente. Solo in quelle piccole bonacce trovavano rifugio da quel terrore cieco, che solo il loro Maestro era in grado di incutere. Fuggivano dal loro presente carico di aspettative e dolore, rannicchiandosi in quell’angolo di pace e sicurezza.

Quante volte si era nascosta lì, assieme al suo “Fratellino”, per curare le ferite derivate dai violenti rimproveri del padre?

Quante volte era corsa da lui, non appena lo aveva sentito piangere al ricordo del caso DL-6?

Quante volte sua madre li aveva sorpresi, mentre sonnecchiavano placidi, mano nella mano?

Di quei momenti fugaci di gioia era rimasta solo una memoria, frammenti di ricordi persi nel tempo. Il passato scorreva in lacrime silenziose, scivolando lungo le guance di quell’adolescente cresciuta troppo in fretta, di quella Franziska che non era mai stata bambina.

Aveva mai pianto, quando era piccola? Non lo ricordava. Non lo aveva fatto perfino mentre Manfred la picchiava, neppure nei momenti di assoluta disperazione e neanche alla morte del leggendario von Karma.

Perché un von Karma non piange, tantomeno per un traditore come lui.

Lo aveva fatto solo in presenza di Edgeworth, quel tredici marzo, concedendogli l’onore di placare quel tormento trattenuto troppo a lungo. Aveva singhiozzato per quei ricordi del passato, per quella vita che suo papà le aveva strappato a forza.

 

E Miles, a modo suo, l’aveva consolata.

 

{Mi facesti promettere di provare

A trovare la via del ritorno per questa vita

Spero ci sia un modo

Per darmi un segno che stai bene

Che ne è valsa la pena

Quindi posso andare a casa}

 

«Te lo dirò per l’ultima volta. Noi procuratori non lottiamo per l’onore, né tanto meno per l’orgoglio personale. Spero te ne renderai conto anche tu, un giorno. Così potrai frustare chi davvero se lo merita».

 

Le aveva mostrato una via di fuga a quel tormento, un modo per potersi riappropriare di quella vita rubata e una strada da percorrere per poter ricominciare a vivere. Finalmente avrebbe potuto sciogliere quel cuore di ghiaccio, congelato da quando quel padre tiranno le aveva portato via ciò che di più caro aveva al mondo.

Ora lo sapeva. Se avesse potuto, avrebbe frustato chi davvero se lo meritava. Se non fosse morto, sicuramente sarebbe andata da quel Maestro, quel vile traditore, per punirlo di tutto il male che le aveva recato.

A suo tempo aveva cercato in ogni modo di compiacerlo, di soddisfare il suo volere, perché lo ammirava sinceramente.

Aveva cercato di emulare i suoi successi, di diventare come lui, perché gli voleva bene.

Era diventata procuratore a tredici anni, era cresciuta troppo in fretta, per sentirsi amata da lui.

Ma l’aveva ignorata, Genio imperfetto e indegno di attenzioni, per un motivo a lei sconosciuto. Era troppo impegnata a cercare di ottenere il suo affetto per domandarsi il motivo di questa mancanza di attenzione.

L’aveva sempre detestata a tal punto da privarla della vita, da portarle via perfino la persona che più amava al mondo. E, alla fine, aveva ingannato entrambi.

Aveva giocato con loro, sfruttandoli come meri pupazzi, rovinandoli e consumandoli. Aveva giostrato tutto alla perfezione, come si addiceva a lui, per poi abbandonarli nell’agonia e nel tormento.

Tutto questo per separarli.

Da quando quel maledetto caso era giunto a conclusione, da quando suo padre era stato condannato alla pena capitale, non aveva più ricevuto alcuna notizia da parte di Miles. Nessuna chiamata, messaggio o un miserrimo pensiero da parte sua. Cosa insolita dato che, da quando era partito per l’America, erano rimasti sempre in contatto.

Inizialmente, da perfetta sciocca qual era, non vi aveva fatto molto caso. Aveva pensato che fosse ancora scosso, esattamente come lo era lei, dalla verità venuta finalmente a galla. Franziska avrebbe tanto voluto sfogarsi con lui, dando voce alla sua rabbia e condividendo il suo dolore, se solo quel cellulare avesse squillato.

Ma non si era mai fatto vivo. Fino a quel giorno, quando ricevette una chiamata nel suo ufficio che annunciava la morte del procuratore Miles Edgeworth.

 

Impossibile.

Impossibile!

IMPOSSIBILE!

 

Non si era suicidato, lo aveva capito sin da subito. Non lo aveva fatto davvero, non senza averla contattata un’ultima volta. Dopotutto, erano come fratelli. Le era sembrato impossibile che lui avesse preso una così drastica decisione senza renderla consapevole di ciò.

Glielo doveva, no? In nome di tutti quei bei momenti trascorsi fianco a fianco e in onore di quelle avversità superate assieme.

Era stata colpa di quello sciocco avvocato, di Herr Phoenix Wright, quell’uomo che aveva rovinato la vita a tutti loro! Se fosse stato davvero un buon amico, lo avrebbe sicuramente fermato. Invece lo aveva lasciato fuggire, senza preoccuparsi delle conseguenze di quel gesto. Aveva addirittura avuto il coraggio di affermare che non gli interessava!

Ma lei lo sapeva, ne era sempre stata consapevole: Miles era vivo. Per questo motivo era partita, arrivando in quella terra maledetta: solo per porre fine a quell’incubo. Aveva cercato di vendicarlo, di ritrovarlo, per ritornare assieme in Germania.

Ed alla fine sì, lo aveva effettivamente trovato, ma nulla era andato secondo previsione. Lo aveva visto, ci aveva parlato, si erano sfidati e lei aveva perso ancora. Come sempre.

Aveva fatto ritorno a casa da sola, perché era giusto così.

Era valsa la pena soffrire, piangere morire a costo di ritrovarlo.

 

Ma il risultato ottenuto non era quello sperato.

 

Non era ancora finita. Aveva giurato sul suo orgoglio che avrebbe ricominciato a vivere e lo avrebbe fatto davvero, altrimenti gli sforzi di trovarlo sarebbero stati miseramente vanificati.

Dopotutto, i von Karma mantengono sempre le promesse.

 

Ma lei era ancora una von Karma?

 

{Tutti i miei ricordi

Ti tengono vicino

Tutto riguarda noi

Mi immagino che tu sia qui

Tutti i miei ricordi

Ti tengono vicino

In silenziosi sussurri,

Silenziose lacrime}

 

Sfiorò con delicatezza una loro foto, antico pezzo di carta che racchiudeva l’essenza di un importante e fugace frammento del passato, carezzando il volto amato di quel ragazzo che aveva asciugato le sue lacrime. Sebbene l’avesse lasciata nella sua ombra, nonostante l’avesse abbandonata numerose volte, aveva fatto davvero tanto per lei.

L’aveva sostenuta nel momento del bisogno, dandole consigli efficaci per sfuggire al suo tormento interiore, e l’aveva incoraggiata a dare del suo meglio durante le loro esercitazioni con il Maestro.

E lei che cosa aveva fatto?

Se n’era andata, scappando come sempre, perché era l’unica cosa da fare. Se fosse rimasta lì, al suo fianco, forse sarebbe stata in grado di ricambiare quegli spiccioli favori fatti. Ma il suo orgoglio no, non glielo aveva permesso. Come una bambina capricciosa, si era rifugiata in Germania, tradendo ancora una volta la fiducia del procuratore.

Non aveva pensato che in quel modo non avrebbe risolto nulla?

Fuggita per scappare all’immane dolore, era incappata in un tormento ben peggiore. Il senso di colpa la dilaniava, uccidendola e tartassando il suo povero cuore.

Perché nutriva così tanta nostalgia nei confronti di Miles Edgeworth, di quell’arrogante procuratore che l’aveva sempre lasciata sola?

Perché si stava pentendo della scelta fatta quel tredici marzo?

Era partita con l’intento di trovarlo, di salvarlo e di dimostrargli che qualcuno, in quel mondo crudele, lo compativa e lo capiva. Era giunta in America con lo scopo di mostrargli l’amore fraterno che nutriva per lui.

 

Ti odio, perché mi hai abbandonata ancora una volta.

 

Quella stanza, nella quale aleggiavano i fantasmi di antichi ricordi dal sapore agrodolce, era dannatamente vuota senza di lui, così spoglia e priva di vita.

Poteva ancora scorgere loro due, adolescenti che giocavano a fare gli uomini vissuti, e le pareva quasi di udire ancora i loro battibecchi e i le loro risate.

Riusciva ancora vederla, quella ragazzina dai capelli azzurri, mentre stringeva la mano di un Miles spaventato e piangente.

 

Ti odio, perché non hai chiesto il mio aiuto.

 

Eccole, le urla inumane del Maestro. Attraversavano le pareti e il tempo, giungendo ancora una volta alle sue orecchie. Erano intense, taglienti e ricolme di astio. Gridavano la sua incompetenza, accusavano la sua imperfezione, e la punivano per essere Franziska, Genio Imperfetto.

Per un attimo, le sembrò di udire la porta spalancarsi con veemenza, lasciando intravedere quell’adolescente appena scampata all’ira del padre.

Franziska, dal labbro tumefatto e dai numerosi lividi sulle braccia.

Franziska, che non piangeva nonostante l’immane dolore.

Franziska, che non permetteva alle lacrime di sgorgare perché era forte e orgogliosa.

Il procuratore volse lo sguardo verso il letto, ove scorse l’antica figura di Miles sobbalzare per lo spavento.

Miles, impietrito da quell’orrida e crudele visione.

Miles, che accorreva in suo aiuto e le medicava le ferite.

Miles, che le faceva mordere il suo dito quando il dolore si faceva acuto, mentre disinfettava i segni del passaggio del taser.

Miles… lo stesso giovane che in quel momento non era al suo fianco.

 

Ti odio, perché prima sono entrata e non ti ho trovato.

 

Miles che, entrando nella sua camera, la trovava avvolta nelle coltri morbide e profumate.

Miles che, stupito, posava la valigia a terra e si precipitava da lei.

E Franziska che, rabbiosa come non mai, lo accusava di non averla avvertita della sua partenza.

Franziska, che per tutto il tempo era rimasta lì ad aspettare il suo ritorno.

Ed ora loro due assieme che, seduti fianco a fianco, discorrevano del tempo trascorso da soli.

Le immagini roteavano attorno alla giovane von Karma, stordendola e costringendola ad immergersi in quei ricordi tanto sospirati e mancati. Quanto tempo ancora sarebbe passato, prima di poter godere ancora di quell’antica gioia?

 

Ti odio, perché ti sto aspettando e tu non torni!

 

{Insieme a tutti questi ricordi

Vedo il tuo sorriso

Tutti i ricordi li tengo stretti

Mio caro, sai che ti amerò

Fino alla fine dei tempi}

 

Franziska che, soffocando a stento il proprio orgoglio, ricambiava l’abbraccio che Miles le aveva riservato.

Miles, che le sorrideva con affetto sincero.

Franziska, che sbuffava, con le guance leggermente imporporate di rosso.

Franziska e quel segreto inconfessabile, che ancora giaceva nascosto nel suo cuore.

 

Ti odio, perché ti ho sempre amato e tu non te ne sei neanche accorto!

E neanche io!

 

Quindici anni trascorsi insieme e un pugno di ricordi su cui piangere. Frammenti di passato da tenere ben stretti, da custodire gelosamente, da non condividere con nessun altro.

Aveva faticato tanto ad accettare quella dura realtà, aveva tentato di ignorare quell’amore - molto più che fraterno – nutrito nei confronti di Miles, il procuratore al quale aveva confessato tutto il suo odio represso.

Quel sentimento, tenuto segreto con morbosa gelosia, non stava diventando altro che un mero ricordo come gli altri. Una fugace memoria ancora viva e pulsante, della quale non si sarebbe mai dimenticata.

Per quanto lo detestasse, si era rassegnata alla realtà dei fatti: non avrebbe mai avuto modo di confessare il suo affetto a Edgeworth, per orgoglio, per onore e per paura.

Nutriva astio cieco nei suoi confronti, perché lui le aveva iniettato quel veleno, amore tanto bello quanto dannato, capace solo di corroderla e ucciderla. Era sicuramente colpa sua, se non era mai riuscita ad atteggiarsi in modo freddo in sua presenza, se era arrivata a piangere mentre si scambiavano quell’ultimo, triste, addio.

 

Ma, nonostante quel veleno la stesse uccidendo, lei non si sarebbe mai curata.

Non avrebbe cercato alcun antidoto.

 

{Tutti i miei ricordi

Ti tengono vicino

Tutto riguarda noi

Mi immagino che tu sia qui

Tutti i miei ricordi

Ti tengono vicino

In silenziosi sussurri,

Silenziose lacrime}

 

Se solo si fosse fatto sentire qualche volta, se solo l’avesse chiamata, forse quei quindici anni di segretezza non sarebbero andati sprecati. Quel veleno non l’avrebbe uccisa inutilmente, come stava facendo in quel momento, se avesse udito la sua voce anche solo per un istante.

Ma quel dannato telefono non squillava.

Nessun messaggio in segreteria.

Nessuna chiamata.

Nessuna e-mail.

Forse era meglio così. Se non fosse più comparso nella sua vita, se l’avesse finalmente lasciata da sola, magari sarebbe tornata quella di un tempo: orgogliosa, forte, determinata e perfetta.

Dopotutto, non era questo che voleva? Le era stato imposto di soddisfare le aspettative altrui, perché era suo dovere farlo. In quel momento c’era gente che attendeva il ritorno del Genio, di Franziska von Karma, l’unica in grado di dare vero spettacolo in tribunale.

Non aveva alcun senso sprecare tempo in quel modo sciocco.

Non in quella stanza, almeno, ove i ricordi non si sarebbero mai tramutati in realtà.

Non in quel luogo, ove aleggiava ancora lo spettro di Miles Edgeworth.

 

Era doloroso rimanere.

 

Scese lentamente le scale, abbozzando un mesto sorriso non appena incrociò lo sguardo curioso della madre. Si limitò a scuotere il capo, nel muto tentativo di rassicurarla, dicendole silenziosamente che non c’era alcun problema.

Era consapevole che era inutile mentire alla donna che aveva di fronte. Dopotutto, l’ex prefetto aveva costruito la sua carriera su interrogatori e confessioni estorte. Fortunatamente per lei, Susanne non era così insistente da pretendere la verità anche dalla figlia, specie se dolorosa.

Franziska fece per aprir bocca, pronta ad avvertirla della sua partenza verso la procura, quando il telefono di casa cominciò a squillare. Spazientita e irata, sollevò la cornetta, pronta ad insultare chi aveva osato interromperla.

- Von Karma – sibilò con rabbia, alzando gli occhi al cielo, in attesa che dall’altro capo qualcuno rispondesse. Chiunque l’avesse chiamata, le stava facendo perdere tempo prezioso.

- Guten Morgen, Frau Susanne – replicò una voce abbastanza famigliare, rispondendole con uno strano accento vagamente americano. Chi stava parlando non doveva essere della Germania. – Ist Franziska da?

- Hier ist Franziska – esclamò la procuratrice, inarcando un sopracciglio con dubbio. Chi mai poteva chiamare lei e sua madre per nome? – Wem spricht er?

- Ich bin Miles.

 

Alla fine, quei quindici anni non sarebbero stati solamente un antico ricordo.

 

Susanne Riemelt sapeva il fatto suo. Ormai conosceva fin troppo bene sua figlia, e avrebbe scommesso che delle lacrime calde minacciavano di sgorgare da quei begli occhi ghiacciati.

La osservò da lontano, mantenendosi a debita distanza, scorgendola mentre discorreva seriosa e composta con il suo caro “Fratellino”. Se solo Franziska avesse potuto, se solo non fosse stata così abituata a indossare quella maschera di freddezza, sicuramente avrebbe chiacchierato animatamente con lui come ai vecchi tempi.

Più volte si era divertita a schernirla, confessandole il desiderio di volere dei nipotini urlanti nella Magione von Karma, e in altrettante occasioni la secondogenita le aveva risposto un secco “Blöde”.

Chissà se, in futuro, il suo sogno sarebbe mai divenuto realtà. Nel frattempo, avrebbe atteso con pazienza quel momento.

- Ich komme sofort, Miles. Bis gleich.

 

E, per un attimo, Susanne pensò che non avrebbe dovuto aspettare poi molto.

 

 

 

Note di Testo:

- Von Karma: In Germania, quando si risponde al telefono, si usa dire il cognome della famiglia alla quale corrisponde il numero chiamato. Loro non dicono “Pronto”, né “Hi!” come gli americani. Per questo motivo, in questa shot, Franziska risponde dicendo il suo cognome;

- Guten Morgen, Frau Susanne: la traduzione corrisponde a quella letterale, quindi “Buon giorno, signora Susanne”. Niente di più, niente di meno;

- Ist Franziska da?: corrisponde al nostro “C’è Franziska?”;

- Hier ist Franziska: letteralmente sarebbe “Qui è Franziska”. In Italiano corrisponde al nostro “Sono io”;

- Wem spricht er?: in Italiano sarebbe “Chi parla?”;

- Ich bin Miles: molto semplice e comprensibile, ma metto ugualmente la traduzione… “Sono Miles”;

- Blöde: corrisponde al nostro “scemo”, oppure con “sciocco”. In questo caso l’ho utilizzato per la seconda traduzione, dato che Franziska insulta sempre le persone dicendo “sciocco”;

- Ich komme sofort, Miles. Bis gleich: questa formula significa “Arrivo subito, Miles. A presto”.

 

Parla l’Autrice gusto Coca-Cola:

Se vi è parso che questa shot sia un po’ confusa e ricca di contraddizioni, ci avete azzeccato alla perfezione. E ho fatto tutto questo volutamente, per un preciso motivo: i sentimenti di Franziska sono confusi e complessi, così difficili da descrivere e definire che nemmeno lei è in grado di mettere ordine nel suo cuore. Più volte si contraddice riguardo ciò che nutre per Miles, e ciò è dovuto a quell’odio/amore che genera caos in lei. Personalmente, sono soddisfatta di questa storia. Il carattere di Franziska, a parer mio, è profondo e complesso. Per questo motivo adoro analizzarla sotto una sfumatura umana, e con questa fic penso di esserci in parte riuscita.

Avrete sicuramente notato che la telefonata finale è quella tra Miles e Franziska, quando lui la chiama per pregarla di prendere il posto di Godot come procuratore. Mi auguro di essere stata chiara nel mio intento. Il Tredici Marzo è l’ultimo giorno del Caso 4 di Justice for All, ossia Un Triste Addio. La giovane von Karma ha più volte rievocato quel momento, e il pianto di cui parla è riferito appunto a quel finale.

Quanto ai maltrattamenti di Manfred, non vogliatemene. Non odio questo personaggio, ma non lo immagino tanto buono e magnanimo con la figlia. Per questo motivo, a lui, ho affiancato la figura di Susanne Riemelt. La madre di Franziska, o almeno così la immagino, è il suo contrario: allegra e gentile, spensierata e a volte maliziosa, ma con una grande forza interiore e dotata di gran intuito. Ed è una shippatrice di MitsuMei. Insomma, una Pearl molto più matura. Non sarà né la prima né l’ultima fic in cui comparirà, vedrete e cominciate a preoccuparvi.

Che arrivasse prima al Contest non me lo aspettavo proprio. Ma basta dilungarci. Ora penso di aver concluso queste note senza senso. Mi auguro che questa storia sia stata di vostro gradimento. Bis Bald!

  
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