Capitolo 6: L’attacco
A |
lle
ore 7.35 di una tranquilla e soleggiata mattina domenicale, la lancia che
trasportava il tenente di vascello Harvey G. Lockhart, ufficiale di picchetto
del Quattordicesimo Distretto Navale e il suo seguito, si avvicinò scoppiettando
alla vetusta corazzata USS Utah,
ancorata lungo la riva orientale dell’Isola Ford, al centro della grande baia nella
parte meridionale dell’isola di Oahu, che portava il nome hawaiano di Wainumi.[1]
Come
la lancia giunse davanti al barcarizzo[2] che
pendeva lungo la fiancata sinistra della vecchia unità (solitamente impiegata
come bersaglio nelle esercitazioni) il tenente saltò sulla piattaforma e iniziò
a salirne i gradini, prontamente seguito dal suo aiutante, guardiamarina
William Karlovitz.
Un
gruppetto di marinai, già schierati sul ponte, accolse prontamente i due.
“Ufficiale
in coperta!” annunciò salutando uno di loro, che portava sulle maniche i gradi
di capo di seconda classe,[3]
mentre un altro emetteva un prolungato suono di fischietto.
Il
tenente Lockhart rispose al saluto e si diresse verso la poppa della nave, dove
altri due marinai si tenevano pronti presso il pennone. Poco distante era in
attesa una piccola banda di ottoni.
“Eseguire!”
ordinò l’ufficiale di picchetto, agitando il medesimo all’indirizzo dei due
marinai, uno dei quali si affrettò ad assicurare alla fune la bandiera che
teneva sottobraccio.
Sollecitata
dalla brezza mattutina, la Star &
Stripes si spiegò maestosamente, accompagnata dalla marcetta rituale. Non
appena la bandiera fu in posizione, i cinque elementi della banda attaccarono
con le note dell’inno nazionale.[4]
Durante
quella breve e ordinaria cerimonia, un rombo di motori via via sempre meno
sommesso, giungeva agli orecchi dei partecipanti, che però non se ne davano
pensiero. Era normale che le squadriglie dell’aviazione navale effettuassero
delle esercitazioni di volo sopra la baia, anche se, per quella mattina, era un
fatto piuttosto insolito.
“Strano
che volino di domenica…!” osservò il guardiamarina Karlovitz.
“Il
solito corvettaro[5] in carriera, che crede di
far colpo sul Comando della Flotta.” commentò, ironico, il tenente di vascello
Lockhart.
A
un certo punto, però, si vide un aereo che stava per sorvolare
“Prendi
il numero di quel tizio, Bill” ordinò il tenente “imparerà a fare lo
spiritoso…!”
Karlovitz
impugnò il binocolo e si sforzò di aguzzare la vista, ma non riuscì a leggere
nessuna matricola sul caccia, che ormai stava già sorvolando l’Isola Ford,
verso la base aerea della Marina.
“Hai
preso il numero…?” domandò Lockhart.
“No,
signor tenente” rispose, a disagio, il guardiamarina “ma mi è parso che avesse
la fascia rossa dei comandanti di sezione!”
“Inaudito”
replicò l’ufficiale di picchetto, indignato “come può un comandante di sezione
violare le più elementari norme di sicurezz…”
Una
repentina esplosione si fece sentire verso l’interno dell’Isola Ford e subito
un’intensa colonna di fumo si alzò dalla bassa vegetazione che nascondeva da
quel lato le installazioni dell’aeroporto. Contemporaneamente, parecchi altri
aerei sorvolarono la corazzata, senza degnarla tuttavia della minima attenzione,
almeno per il momento…
Nel
frattempo, da diversi punti della baia si cominciarono a sentire i rumori di
altre esplosioni e anche quelli delle prime raffiche di contraerea. Altre
colonne di fumo nerastro comparvero sopra la riva opposta dell’isola, dov’erano
ancorate le navi da battaglia della Flotta del Pacifico![6]
“Ma
che sta succedendo…??” esclamò, sconcertato, il tenente di vascello “Sono tutti
impazziti?!”
“Signore,
sono giapponesi… guardi…!!”
Sollecitato
dal suo aiutante, l’ufficiale di picchetto dovette allora notare che, sulle
superfici inferiori delle ali, i misteriosi velivoli portavano tutti degli appariscenti
dischi rossi.
“Dannazione…!!
Presto, la sala radio: dobbiamo dare subito l’allarme!!”
“Impossibile,
signore” rispose il capo di prima classe Herbert Schmidt “la sala radio è
chiusa…!”
“E
chi tiene la chiave?” domandò allora l’ufficiale.
“Il
tenente di vascello DeQuincy, signore… ma in questo momento si trova in
franchigia!”[7]
“Al
diavolo…!!” imprecò Lockhart “Presto, Karlovitz, torniamo a terra!”
“Signorsì…!”
I
due malcapitati ufficiali si precipitarono nuovamente sulla loro lancia,
tuttora in attesa ai piedi del barcarizzo. Appena furono a bordo, il marinaio
al timone mise subito la prua verso la riva sud-orientale della baia, dove si
trovava fortunosamente una delle stazioni di sorveglianza del porto.
“ATTENTI…!!!”
gridò improvvisamente un marinaio.
Un
aereo, leggermente più grosso di quelli di prima, sorvolò rapidissimo l’imbarcazione,
diretto verso la nave da battaglia che avevano appena abbandonato… pochi
secondi dopo, gli occupanti della lancia notarono che il Nakajina B5N[8] aveva
appena sganciato un lungo e affusolato siluro. Dopo essersi inabissato per pochi
metri, il micidiale Type 91 Longe Lance[9] si
diresse inesorabile contro la nave bersaglio… un sordo boato, accompagnato da
un’alta colonna d’acqua, denunciò che il bersaglio suddetto era stato raggiunto
senza alcuna possibilità d’appello!
Subito
dopo, l’esplosione dell’ordigno fu seguita da diverse altre esplosioni interne,
che non tardarono a sconquassare la povera vetusta corazzata, ponendo così
termine alla sua lunga e onorevole carriera.[10]
“Maledetti
bastardi…!!” imprecò Karlovitz.
“La
pagheranno, quant’è vero Iddio…!” replicò il superiore “Forza, Jones: portaci a
riva. Veloce…!”
“Ci
siamo quasi, signore.” rispose il timoniere.
Come
la lancia arrivò ad accostarsi al molo della stazione navale, Lockhart e Karlovitz
si precipitarono dentro l’edificio, facendo sussultare un assonnato capo di
terza classe, che fungeva da operatore.
“Ehi,
tu, sveglia…!!!” gli gridò il tenente di vascello “È in ordine, la radio?”
“Sss…
signorsì, signor tenente…!” rispose, balbettando, il sottufficiale di marina.
“Svelto,
allora: messaggio urgente al comando dell’ammiraglio Kimmell[11]…
muoviti…!!!”
“Su…
subito…!” replicò il poveretto, indossando la cuffia e azionando le manopole
della grossa trasmittente. Vicino ad essa spiccava sul muro un grosso
calendario che riportava la data del giorno da poco iniziato: December 7th, 1941 - Sunday.
“Presto,
trasmetti: Attacco aereo… Pearl Harbour… questa
non è un’esercitazione…!!”
***
Nel
medesimo istante in cui il tenente di vascello Lockhart e il guardiamarina
Karlovitz salivano a bordo della USS Utah,
nella stanza n° 18 del Kola-Kola Hotel di
Honolulu, una giovane donna bruna stava lentamente abbandonando l’inerzia del
sonno, cercando di prendere contemporaneamente coscienza della nuova dimensione
in cui sarebbe trascorsa, dal quel nuovo giorno in poi, il resto della sua vita.
Spostato
lo sguardo sul comodino, mise a fuoco un oggetto che vi aveva appoggiato
frettolosamente la sera precedente… estrasse quindi il suo candido braccio da
sotto le coltri, lo afferrò e tornò ad infilarselo all’anulare sinistro. Col
pollice e l’indice dell’altra mano lo strinse allora più volte, come a volersi
rassicurare della sua tangibilità…
No,
non c’era alcun dubbio: era reale… era il suo anello di fidanzamento!
Per
quanto potesse sembrare assurdo, la graziosa ma fredda infermiera inflessibile
- meglio conosciuta con lo pseudonimo di miss
pezzo di giaccio o quello di signorina
iceberg - si era appena fidanzata…!
Sorridendo,
si rivoltò allora sull’altro fianco e si appoggiò delicatamente sul dorso del
suo uomo, stringendogli affettuosamente il braccio… ma la dolce sensazione del
suo seno sulla schiena non fu sufficiente a strappare il capitano Andrew Steve
Greason dal suo profondo sonno. Flanny Hamilton ridacchiò mentalmente… non
poteva biasimarlo, dopotutto: evidentemente, in quella loro prima notte,
avevano un tantino esagerato…!
***
Tutto
si era svolto come in un turbine…
La
sera di sabato 6 Dicembre Andy Greason era venuto a prenderla all’uscita
dell’ospedale della Marina, dove lei prestava servizio dal giorno del loro trasferimento
dalla Cina. L’ufficiale pilota l’aveva portata fuori a cena, dove avevano
parlato del più e del meno… del lavoro di lei, del lavoro di lui… di lei, che
avrebbe voluto diventare medico dopo la guerra (sempre che fosse riuscita a pagarsi
gli studi universitari), di lui che avrebbe voluto diventare pilota civile…
della situazione mondiale che, come per vanificare i loro progetti, si faceva
sempre più incerta (i giornali riportavano, proprio quella sera, che le
divisioni della Wehrmacht[12]
avevano ormai raggiunto i sobborghi di Mosca). Insomma, una delle tante
conversazioni “neutre” intercorse fra i due dalla fatidica sera in cui l’allora
tenente e ora capitano Greason era rientrato da quella disgraziata missione,
dove uno dei suoi compagni - il povero sottotenente Alistair Cornwell Andrew - aveva
perduto la vita.
Da
allora, il rapporto fra i due si era indubbiamente sempre più intensificato,
anche in maniera abbastanza singolare: tanti scambi di parole, diversi sguardi
profondi, alcuni abbracci fortissimi… qualche bacio, fugace quanto ardente… ma
nulla di più!
È
vero che i due non potevano certo disporre di molte occasioni per godere di una
qualche intimità (il secondo ricovero di Andy era stato brevissimo, la camerata
non era mai stata deserta e comunque era contro il regolamento), ma sembrava che
ci fosse anche dell’altro…!
***
All’atto
del suo definitivo rientro in servizio, Andy Greason era stato confermato al
comando della Seconda Squadriglia delle Tigri
Volanti ed era stato promosso di grado. La cosa, però, per quanto apparisse
illogica, non sembrava averlo reso felice…
“Perché
io…?” aveva chiesto al colonnello Clint Hardgison.
“Perché
è l’unico che sia disponibile.”
“Ma…
c’è anche Stone. È anche più anziano di me, e…”
“Non
è alla sua altezza” il comandante del Gruppo sbuffò e proseguì “mi stia a
sentire, Andy… lo so che la carriera militare non è perfettamente compatibile con
il suo carattere! Ma nella vita ci sono dei casi che possono costringerci a
compiere scelte che normalmente non avremmo compiuto. E questa, per lei, è
proprio una di quelle volte!”
“Non
capisco cosa vuole dire, signore…!” aveva protestato Andy.
“È
risaputo che il suo eccellente stato di servizio deriva dalla sua abnorme
passione per il volo, più che dalla voglia di combattere. O mi sbaglio?”
Il
giovane pilota aveva abbassato gli occhi, per poi annuire con riluttanza: “Non
si sbaglia, signore” aveva sospirato “effettivamente, se proprio devo dirlo… ho
sempre detestato buttare giù dei colleghi… sia pure nemici.”
“Tuttavia,
il suo score ha già raggiunto i 38 apparecchi… non è così?”[13]
Greason
era tornato a sospirare, confermando: “Così pare, signore…!”
Il
suo comandante di reparto gli aveva allora sorriso paternalisticamente: “Ciò
dimostra che, pur non piacendole quanto le dispone il dovere, ha sempre fatto
del suo meglio per portarlo a termine. E questo mi basta per concederle la mia
fiducia. Non ritiene che abbia ragione?”
“Ma,
signore… io…”
Prima
di concludere il colonnello gli aveva messo una mano sulla spalla: “Lo so che
il suo sogno nella vita era quello di volare… e basta. Ma finché dura tutto
questo pasticcio, temo che dovrà pazientare. E inoltre… lo tenga sempre in
testa, Andy: noi, la nostra gente, i nostri amici… abbiamo bisogno di lei!”
Greason
aveva fissato a lungo il suo superiore, per poi abbozzare un sorriso
malinconico: “A quanto sembra… non credo di avere molta scelta, non è vero…?”
Il
superiore aveva annuito con espressione seria, poi gli aveva dato due forti
pacche sulla stessa spalla: “È proprio così, Andy! Esattamente così… ma non si
crucci più del dovuto: la guerra, dopotutto, non durerà in eterno.”
“Già…
ha ragione, signore. Beh, la ringrazio…!” aveva concluso, salutando.
“Non
c’è di che” Hardgison aveva risposto al saluto “e ancora complimenti… capitano!”
Con
le mani in saccoccia, il confermato capo-squadriglia aveva preso congedo
tornando verso la pista di volo. Qui si era arrestato presso il suo caccia, già
rimesso in condizioni di efficienza, anche se diverse scrostature sotto il
ventre denunciavano i postumi di quell’atterraggio d’emergenza notturno.
Il
suo sguardo, dopo aver vagato sulle varie parti dell’apparecchio, si era
fermato definitivamente su quel nome scritto in giallo sopra il muso. Aveva
sorriso, ricordando la sfuriata “fittizia” di Flanny, quando se n’era accorta…
“Potevi
anche chiedermi il permesso, brutto insolente sfacciato…!!” aveva gridato,
alzando una mano, come per dargli un altro ceffone… che era poi diventato un
buffetto. Lui aveva allora coperto, con la propria, quella mano che indugiava
sulla sua guancia e lei aveva ribattuto: “E adesso che fai…? Non hai intenzione
di lasciarmela?!”
Stavolta
aveva prevalso il diavoletto rosso e quel ragazzaccio impertinente aveva
risposto così: “Solo se mi dai un bacio…!”
L’inflessibile
capo-infermiera dell’ospedale di Kunming aveva finto d’indignarsi, cercando di
sorridere il meno possibile: “Sei proprio incorreggibile, lo sai?!”
“Lo
so…!”
Ed
era stato quello, in un certo senso, il loro vero “primo bacio”…!
Accarezzando
delicatamente la scritta, ormai leggermente imbrattata dagli schizzi dell’olio
che uscivano di frequente dagli scappamenti, Andy aveva continuato a pensare
alle parole del colonnello: “La guerra
non durerà in eterno!”
Quella
frase, però, lungi dall’infondergli un senso di sicurezza, gli aveva provocato
invece uno struggimento sinistro: *Non durerà in eterno…! Già… ma io…? Io durerò
quanto la guerra…?*
Per
parte sua era stata questa la ragione principale dietro la titubanza nel
chiedere a Flanny di mettersi insieme. Il giovane aveva saputo dello stato
d’animo di lei durante il suo ritorno di quella sera (glielo aveva raccontato “l’innaffiato”
sergente Johnny Logan, della Terza Squadriglia)[14] e
aveva altresì immaginato il dolore di Patty O’Brian, la fidanzata di Cornwell, nell’apprendere
la perdita del suo amato.
Che
anche quella ragazza straordinaria, venuta fino in Cina per assistere quel
pungo di piloti quasi folli (viste le condizioni disperate in cui si battevano)
potesse un giorno ritrovarsi nella stessa situazione, era un pensiero che non
poteva sopportare!
*È
giusto spingere una donna ad amare un uomo che forse, un giorno, non
ritornerà…?*
Proprio
questo lo aveva trattenuto; come aveva trattenuto la stessa Flanny dal
decidersi a incoraggiarlo. Era come se fossero entrambi consapevoli che portare
a compimento la loro relazione gli avrebbe procurato, insieme a momenti di
grande felicità, anche più lunghi periodi d’intenso dolore… a meno che non
avessero rinunciato a fare le cose che amavano di più e che ritenevano più
giuste in quel momento.
*Pensiamoci
bene, Flanny* aveva meditato Andy, sempre accanto al suo fedele caccia *forse
siamo ancora in tempo per tornare indietro…!*
Ma
sapeva di mentire a sé stesso. Era troppo tardi, ormai, per rinunciare: la sua
vita senza di lei, per intensa e avventurosa che fosse, gli sarebbe sempre apparsa
come vuota di significato. Il vecchio Platone, insomma, non perdonava![15]
***
E
così, quel sabato sera, dopo avere come al solito parlato di tutto e di niente
durante la cena in quel ristorantino hawaiano di Kalia Road, la coppia si era
recata sul lungomare di Waikiki. Dopo aver parcheggiato la macchina presso il
belvedere di Diamond Head, i due erano rimasti appoggiati al parapetto per
contemplare la scia argentata della Luna che si specchiava nelle acque del
Pacifico. Era una serata stupenda… una fresca e piacevole brezza, satura di
essenza marina, carezzava i loro volti e scompigliava i capelli corvini di
Flanny. Il dolce mormorio della risacca si confondeva col fruscio della
vegetazione e il cielo dicembrino era un tripudio di stelle. Tutto perfetto,
insomma… non fosse stato per il fatto che le portaerei dell’ammiraglio Nagumo
erano ormai a qualche centinaio di miglia a nord dell’isola…![16]
A
un certo punto la ragazza si voltò ad osservare il suo compagno, trovandolo
insolitamente assorto a fissare l’orizzonte. In genere non rimaneva mai in
silenzio tanto a lungo.
“C’è
qualcosa che non va, Andy…?”
Lui
si riscosse: “Niente… perché?”
“Non
so… non hai detto ancora nulla!”
Il
ragazzo si voltò, fissandola intensamente. Quella sera non aveva gli occhiali
(la sua miopia non era così forte da non poterne fare a meno, anche se, per
ovvie ragioni, sul lavoro li portava sempre) e la dolcezza dei suoi lineamenti
si rivelava quindi senza nessun elemento che la inseverisse e ad Andy mancò
quasi il fiato. Tutti i suoi buoni propositi di saggezza, ragionevolezza e
prudenza, andarono a farsi benedire…!
“Beh,
sai…” farfugliò “…stavo solo pensando…!”
Lei
si accostò fino a toccarlo e gli appoggio una mano sull’altra spalla: “A che
cosa…?” chiese ancora, con un sorriso dolcissimo.
Preso
un po’ in contropiede (in genere gli approcci li iniziava lui) Andy dovette
deglutire: “Ecco… c’era una cosa che volevo chiederti…”
“Dimmi…!”
incalzò Flanny, accentuando leggermente la pressione della mano.
“Tu…
sei felice…?” le chiese, osservandola attentamente.
Trascorse
qualche minuto di silenzio, poi la donna ribattè: “E tu…?”
*Eh,
no!! Così non vale, porca la miseria…!* imprecò mentalmente lui. Ma, dopo un
po’, rispose: “Beh… sì, abbastanza! Anche se…” parve esitare un attimo.
“Anche
se…?”
“Potrei
esserlo di più…!” concluse lui, tornando a guardare l’orizzonte.
“Capisco”
rispose lei. Andy sentì il suo sospiro “e… cosa potrei fare?” aggiunse.
“Per
cosa?”
“Per
renderti più felice…!”
“Eh…??
Ehmm…” l’ufficiale dovette deglutire di nuovo “…beh, potresti… continuare a… stare
con me…!” terminò la frase quasi in un sussurro.
Fu
la volta di Flanny per deglutire e dovette abbandonare la spalla del compagno
per non tradirsi con il tremito… ma forse non fece in tempo.
“Hai
freddo…?”
“Può
darsi… siamo in Dicembre, dopotutto.”
“Aspetta…”
il ragazzo si levò la giacca dell’uniforme e la pose sulle spalle di lei,
coperte solo da una camicetta abbastanza leggera (aveva lasciato il soprabito
in auto). Poi l’abbracciò, a sua volta.
“Va
un po’ meglio?”
“Molto…!”
rispose lei, a mezza voce.
Dopo
un altro po’ di silenzio, il pilota lo ruppe di nuovo: “Flanny…”
“Sì…?”
“Non
hai risposto alla mia domanda.”
Le
sue spalle ebbero ancora una leggera scossa: “Ah, sì… hai ragione, scusami! Vorresti
che… restassi con te…”
“Veramente
questa era la mia risposta” ribatté
lui “io ti avevo chiesto se eri felice…”
Senza
voltarsi ancora verso di lui, Flanny chiuse gli occhi e fece un respiro
profondo.
“Anch’io…
potrei esserlo!”
“Esserlo…?!”
chiese Andy, perplesso.
“Più
felice… voglio dire.”
“Ah…!”
fece lui, deglutendo. Poi, ancora “E… come…?”
Lei
tornò a guardarlo. Il suo viso mostrava un sorriso così soave da fargli vibrare
persino i lacci delle scarpe.
“Stando
anch’io… con te…!” rispose.
A
questo punto, Andy avvicinò il viso per unire le labbra alle sue, ben sicuro
che stavolta non ci sarebbero state conseguenze… dolorose! E infatti la ragazza
lo assecondò totalmente, abbracciandolo con tenerezza.
Durante
quel meraviglioso contatto, il nostro pilota si ricordò del pacchetto contenuto
in una delle sue tasche, acquistato la mattina stessa presso un negozio di
Honolulu…
Stava
percorrendo la città coi suoi colleghi James Stone, Roy Master e Victor Sanders
(i compari di Chicago), mentre John Maxim e Roger Williams (i Fratelli del Sud)
se n’erano andati a gozzovigliare per conto loro. I compagni di squadriglia
stavano tempestando il comandante coi soliti frizzi sulla sua “relazione” con
la glaciale infermiera conosciuta in Cina… quando, a un certo punto, il
gruppetto di aviatori si era trovato a passare davanti a una gioielleria. Fosse
stato l’istinto o qualche ispirazione celeste, le gambe del futuro asso si
erano come bloccate davanti alla vetrina, dove spiccava, fra gli altri
preziosi, un bellissimo anello con un brillante, né troppo minuscolo, né troppo
sfarzoso. Insomma, un gioiello perfetto, per…
I compagni
avevano iniziato a ridacchiare sommessamente; quindi, prima ancora che il loro
capitano potesse protestare, lo avevano spintonato verso l’ingresso,
trascinandolo poi di forza fino al banco del commesso… il resto lo avrete già
indovinato.
Quando
Flanny si rese conto che, di lì a poco, avrebbe perso il controllo di sé
stessa, si decise a malincuore ad abbandonare le labbra del suo ragazzo… se non
che, riaperti gli occhi, la prima cosa che vide, dopo averli pudicamente
abbassati, fu una scatolina di velluto che le dita di Andy si affrettarono a
scoperchiare, rivelando il contenuto del suo acquisto mattutino…!
Sbarrati,
gli occhi dell’infermiera tornarono a salire verso il viso del pilota,
accompagnati dalla sua bocca, completamente spalancata. Andy dovette compiere
uno sforzo eroico per non scoppiare a ridere di fronte a quello spettacolo!
Ma
subito si rifece abbastanza serio: “È una pazzia, lo so…! Siamo entrambi due
testardi e poi… dovremmo dividerci con le nostre professioni. E poi c’è la
guerra e… insomma, non sarebbe molto divertente! Lo so che sto per fare una
stupidaggine… che ci vorrebbero i tempi giusti… ti sembrerò uno stupido ragazzino
impaziente, ma… ecco, se non te lo chiedo ora, non te lo chiedo più…!! Vuoi
sposarmi, Flanny…?”
Durante
tutto quello sproloquio, la ragazza era riuscita faticosamente a richiudere la
bocca. Avrebbe voluto distogliere lo sguardo e fare qualche passo lontano da
lui, tanto per raccogliersi un momento a riflettere... ma non le riusciva.
Riflettere
su cosa, poi? Non era facile nemmeno rispondergli! Pur nella sua foga quasi
infantile, Andy aveva detto tutto quel che c’era da dire, al riguardo. Tutte le
considerazioni che quel ragazzaccio aveva rimuginato dall’estate precedente, le
aveva pur fatte anche lei.
Aveva
ragione, era una pazzia! Sposarsi alla vigilia di una guerra spaventosa.
Sposare un pilota da caccia, poi, in quella che si era dimostrata fin da subito
una guerra prettamente aerea…! Una guerra che poteva durare per anni… che vita
avrebbero fatto? Quanto tempo avrebbero effettivamente trascorso insieme?
E
allora? Aspettare che la guerra terminasse? E se fosse terminata prima la loro
storia…?
Alla
fine lo guardò, quasi imbronciata… anzi, imbronciata lo era davvero!
“Tu…
tu lo sai quanto tengo al mio lavoro! Non posso e non voglio diventare un
angelo del focolare… non prima che finisca tutto questo carnaio, almeno…! La
nostra gente ha bisogno di persone come me.”
“Lo
so bene!” concordò lui, sospirando.
“E
ha bisogno di persone come te… anche se trovo orribile la professione delle
armi, ho imparato che purtroppo il diritto si difende con la forza. Viste le
circostanze, qualcuno dei nostri lo deve pur fare questo sporco mestiere… e
purtroppo si dà il caso che lo abbia scelto anche tu…!”
“Finché
c’è la guerra, Flanny. Ma poi…”
La
donna sorrise malinconica, scuotendo la testa: “Ah, Andy… ma a chi credi di
darla a bere?! Vuoi che ormai non conosca a fondo l’unico uomo di cui,
probabilmente, mi potevo innamorare?”
Il
capitano Greason sussultò… anche se non gli suonava del tutto gradito quel probabilmente.
“Tu
ce l’hai cucita addosso, questa uniforme” continuò lei, sfiorando l’aquilotto
sopra la tasca sinistra, sovrastato dal nastrino della DSM[17] “proprio come io ce l’ho
cucito addosso il camice da ospedale. Un pilota civile…! Ma tu ti ci vedi davvero
nella cabina di un DC3 o di un L14…?”[18]
“Beh,
però…”
“Tesoro…”
continuò lei, accarezzandolo “…tu ti senti te stesso solo quando sfrecci a
Il
pilota annuì di nuovo, tristemente: “Hai ragione… sono stato un pazzo a pensare
il contrario. Perdonami se ti ho messa a disagio... ma io ti amo…! E non ce la
facevo a non chiederti di sposarmi... anche se sapevo perfettamente che mi
avresti risposto di no.”
A
quelle parole, Flanny Hamilton raddrizzò la schiena, poi gli afferrò le
braccia, guardandolo dritto negli occhi: “Sei uno sciocco…!!”
“Lo
so, ma…”
“Io
non ti detto di no…!”
“Si,
però… EEHH…??!”
“Io
non ti avevo ancora risposto!”
Andy
dovette deglutire nuovamente, anche se la sua povera gola gli sembrava ormai
carta vetrata: “E… e allora… cosa mi…”
“Di
sì…!” fece lei, piantandogli in faccia uno sguardo più acuminato di un ago
ipodermico. Il giovane sentì un forte formicolio nelle gambe: “Da… davvero…?!”
altra deglutizione “Tu vuoi… ”
“Sì…
io voglio sposarti, Andrew Steve
Greason…!”
“Oh…
oddio…!!” il giovane barcollò vistosamente.
“Andy…
cos’hai…??!” chiese lei, afferrandolo, ovviamente allarmata dal suo istinto
professionale.
“Niente…
non è niente… un piccolo capogiro…”
“Oh,
cielo…! Respira, tesoro… respira!”
L’ufficiale
non se lo fece ripetere due volte, introitando aria come la presa di un
turbocompressore…
“Va
meglio…?” gli chiese lei, dolcemente, dopo un po’.
“A…
altroché…!” rispose lui, cercando di usare un tono allegro. Poi si ricordò di
un particolare e tornò a porgerle la citata scatolina “Beh, allora… ecco!”
A
quella vista, i bellissimi occhi di Flanny luccicarono come stelle e qualche
lacrimina scese lungo le sue guance, discretamente arrossate. Quindi afferrò
l’anello e se lo mise, lottando col tremore delle dita…
“Fatto…!”
disse, con tono gioioso da ragazzina, mostrando il dorso della mano aperta.
“Perfetto…!”
commentò lui, tornando poi ad abbracciarla. Si guardarono ancora negli occhi e
si baciarono di nuovo. Quando si separarono, il viso di Flanny era di nuovo
serio.
“Guarda
che non fai un affare… lo conosci il mio caratterino!”
“Meglio
così: non avrò sorprese!”
“E
la mia intransigenza…!”
“Sono
un soldato: sono addestrato alla disciplina.”
“Come
no… ma c’è un’altra cosa che devi sapere…”
“E
sarebbe…?” domandò lui, sempre tenendola stretta.
“…che
sono gelosa come una pantera!”
Lui
rimase interdetto un istante, poi ridacchiò: “Beh, mi preoccuperei del
contrario: dicono sia la prova d’amore più genuina!”
“Già…
perciò bada a te, giovanotto! Vi conosco, voi soldati: una ragazza in ogni campo!”[19]
“Ricevuto
e compreso, comandante! C’è qualcos’altro?”
“Solo
una domanda, capitano…”
“Sono
tutt’orecchi, signora!”
“Ti
piacciono le bionde?”
“Che…??”
“Hai
capito benissimo! Rispondi, forza: ti pacciono o no…?”
“Ma
che razza di domanda è…?! A tutti gli uomini piacciono le bionde…”[20]
“Oh,
davvero…?!” ribatté lei, piuttosto corrucciata.
“…tranne
me, naturalmente” rispose, pronto “a me…”
“Sì…?”
“…piaci
tu…!!”
Rassicurata
- forse - da quelle parole, la mora tornò allora ad abbracciarlo, dandogli un
bacio al quale, questa volta, entrambi si abbandonarono completamente…[21]
***
Un
rombo lontano… continuo… sempre più forte…
Flanny
non aveva dubbi: era il motore del suo
caccia, che lo stava riportando da lei… Andy stava ritornando da una di quelle
maledette missioni dalla zona cinese occupata dal nemico. Il rombo diventava sempre
più potente… erano tanti apparecchi… che bello, stavolta tornavano tutti…
…ed
era tornato anche lui…!
La
donna aprì lentamente gli occhi… e vide la nuca del suo fidanzato, tuttora
sprofondata nel cuscino, perfettamente immobile, come tutto il resto del suo
corpo…
Immediatamente
mise a fuoco anche la parete di fronte, con la veneziana della finestra che
vibrava incessantemente, sempre con quel rombo infernale proveniente
dall’esterno.
Poi
realizzò di trovarsi nel soffice letto di una stanza d’albergo, a smaltire i
postumi di una notte di passione, mentre sopra l’edificio stava evidentemente
transitando l’intera aviazione dell’Esercito, probabilmente accompagnata da
quella navale…[22]
Senza
dubbio si trattava di esercitazioni. Però, di domenica mattina… era normale
tutto ciò?
Certo
lei, come infermiera, non era in grado di affermarlo con sicurezza, ma quel
focoso ragazzaccio al suo fianco poteva magari saperne qualcosa di più… cosicché
si decise a svegliarlo.
“Andy…
Andy…!” lo chiamò, scuotendolo per un braccio.
“Mmm…
sgrunf…!”
“Dai,
amore… svegliati…!!”
“Mmm…
che c’è…?” bofonchiò lui, aprendo mezzo occhio “Che succede…?”
“Non
senti il frastuono…? Dai, alzati: c’è qualcosa che non va…!!”
“Ma
che…”
Ormai
abbastanza desto, il capitano annaspò con la mano alla ricerca dei suoi boxer
rimasti sul tappeto e, dopo esserseli infilati, si alzò per raggiungere la finestra.
“Devono
essere quelli della Marina… quei disgraziati, con la scusa delle esercitazioni,
non perdono occasione per rompere le scatole a noi dell’Esercito e ai
tranquilli cittadini di Honolulu…!”
“Ma
oggi non è domenica?” osservò Flanny, seduta sul letto, tenendosi il lenzuolo
aderente al seno.
“Bah…
si vede che si stavano annoiando” rispose Andy, infilandosi la camicia “che gli
frega, a loro? Tanto la benzina gliela pagano i contribuenti!”
“Già…!”
commentò lei, con tono marcatamente polemico.[23]
Dopo
aver sollevato la veneziana, Andy aprì i vetri della finestra e si sporse per
vedere meglio. Dopo qualche attimo, la donna lo sentì gridare: “PORCA PUTTANA…
MA SONO I GIALLI…!!!”
“ANDY…!!
T’ho già detto di smetterla, con queste frasi da scaricatore…!”
“Ma
Flanny, ti dico che quelli lassù sono giapponesi…!! Vieni a vedere anche tu!”
La
ragazza si alzò allora dal letto e lo raggiunse, sempre avvolgendosi nel
lenzuolo.
Il
cielo era letteralmente pieno di apparecchi che recavano i contrassegni
dell’aviazione della Marina Imperiale nipponica! C’erano gli onnipresenti
caccia Mitsubishi A6M
dall’inconfondibile NACA nera, dotati di un’autonomia tragicamente
sottovalutata dai comandi statunitensi… c’erano i siluranti Nakajima B5N con i terribili siluri Lancia Lunga appesi sotto la pancia e
appositamente modificati per non piantarsi nei bassi fondali di Pearl Harbour… c’erano
infine i bombardieri a tuffo Aichi D3A,
caricati con particolari bombe speciali che avrebbero squarciato
inesorabilmente anche i ponti più protetti delle navi da battaglia.[24]
“Oh,
mio Dio…!!” esclamò Flanny, angosciata “Giapponesi… ma allora è un attacco!”
“Proprio
così, maledizione” ruggì Andy, stringendo i pugni “quei maledetti sono arrivati
anche qui…!!”
“Ma
come hanno potuto raggiungere le Hawaii…?!”
“Non
era poi così difficile” rispose lui, infilandosi i calzoni “con le portaerei,
no? Anche loro ce le hanno, ma evidentemente quei tromboni di Washington si
erano dimenticati di questo piccolo particolare…!”
Un
improvviso e frenetico bussare alla porta fece sussultare i due: “Capitano…
capitano, ci sei…??”
“Questo
è James” disse Andy, finendo di allacciarsi le scarpe “non ha perso tempo, a
quanto pare…!”
Mentre
il suo fidanzato balzava verso la porta, la povera Flanny si era nuovamente
seduta sul bordo del letto, portandosi una mano alla fronte. Accasciata era
forse il termine più adatto. E ne aveva di che…
Si
erano infine ufficialmente dichiarati… si erano fidanzati… avevano persino
consumato quel vincolo d’amore che - ora lo sapevano - li avrebbe legati per l’eternità…
ma il dannato mostro della guerra tornava inesorabile a piombargli addosso!
Flanny
avrebbe voluto urlare dalla disperazione, ma il suo orgoglio di persona
provata, seria e forte non glielo consentiva…
anche se doveva tapparsi fortemente la bocca con la mano, mentre stringeva le
palpebre per non farvi sgorgare troppe lacrime.
“Salve,
Jim” disse Greason, dopo aver spalancato la porta “sapevo che eri tu…!”
“Dobbiamo
correre a Wheeler, Andy… quei figli di puttana stanno già tartassando la base
di Hickam…!”[25]
“Tartasseranno
anche Wheeler, se è per questo! Hai una macchina?”
“Sì,
dabbasso: Roy e Vic ci aspettano su una jeep.”
“E
gli altri?”
“I
fratellini[26] sono già partiti per il
campo, con Vinny e Sammy.”
“Okay,
vagli incontro: io scendo subito.”
Il
tenente Stone gettò uno sguardo significativo alla figura di Flanny: “D’accordo”
annuì “a fra poco.”
Il
capitano richiuse la porta. Al rumore, la sua donna si alzò lentamente in piedi
e lo fissò con aria a dir poco smarrita. Lui sentì allora uno spasimo in pieno
petto… come gli appariva fragile, in quel momento! Tutta la sua fiera sicurezza
se n’era andata per lasciare il posto all’angoscia più tremenda. I bruni capelli
sciolti le scendevano graziosamente sulle nude spalle e le lacrime le scorrevano
ormai copiose sulle guance pallidissime.
Lentamente,
Andy si avvicinò e la strinse con tutta la tenerezza di cui era capace, ma quel
gesto fece giustizia delle ultime risorse psicologiche di Flanny, che gli si
abbandonò tra le braccia, senza più riuscire a frenare i singhiozzi.
“Ehi,
ehi…” le sussurrò lui, dopo avere stretto i denti “…non fare così! Dov’è finita
la mia infermiera tutta d’un pezzo, eh…? Coraggio…!!”
Non
ottenne che altri singhiozzi, come risposta…
“Su,
su… non ricordi la promessa che ti ho fatto, a Kunming?[27] Non
permetterò a nessuno di allontanarmi
da te… tanto meno a qualche piccolo bastardo dal muso giallo!”
“Ancora…”
annuì lei, sempre singhiozzando “…promettimelo ancora… ti supplico…!”
“Fidati
di me… signora Greason!”
Lei
rialzò la testa e lo guardò, cercando di sorridere… ma non ce la fece: “Non
sono ancora la signora Greason…!” sussurrò, sconsolata.
“Domani…!”
“Cosa…?”
“Ci
sposiamo domani. Ok…?” sussurrò lui, ammiccando.
“Sul
serio…?” chiese lei, con voce tremante.
“Ma
certo” le afferrò la mano sinistra e se la portò alle labbra “domani porterai
una fede, al posto di questo brillante… te lo giuro!” e gliela baciò.
Stavolta
un sorriso tornò a illuminare quel bel volto, bagnato dalle lacrime.
“Sai
che sei molto carina, anche quando piangi?”
“Davvero…?”
Lui
annuì… e la stava per baciare, quando qualcuno batté ancora alla porta…
“Flanny…
Flanny, sei sveglia…?!”
“È
Natalie…!” esclamò quest’ultima.
Greason
aprì nuovamente l’uscio. Natalie Venc, la collega di Flanny Hamilton, anch’essa
trasferita alle Hawaii dalla Cina, comparve sulla soglia.
“Oh…!!!
Scu… scusatemi…!! Io non volevo…! Ma…”
“È
tutto a posto” la rassicurò Andy con un cenno della mano “io devo scappare”
guardò la ragazza castana e le posò la mano sulla spalla “conto su di te…!” sussurrò.
Lei
annuì, sorridendo: “Sta’ tranquillo: avrò cura di lei.”
“Grazie…
a presto!” concluse il pilota, allontanandosi a passo di corsa lungo il
corridoio.
La
nuova arrivata si avvicinò all’amica, che ancora si tergeva le lacrime col
bordo del lenzuolo.
“Mi
dispiace tanto, Flanny… se solo avessi immaginato…”[28]
“Non
fa niente… non preoccuparti.”
“Dobbiamo
andare anche noi: stanno richiamando tutti i sanitari all’ospedale.”
“Certo,
certo… faccio in un attimo.”
La
donna fece per dirigersi verso il bagno, ma ad un tratto barcollò e la collega
la raggiunse con un balzo per sorreggerla: “Santo Cielo, Flanny…! Ti senti
male…?!”
“No,
no… va tutto bene…! Tutto…” ma non poté andare oltre. Strinse d’impulso la sua
più cara amica e scoppiò finalmente in un pianto dirotto…
“Sii
forte Flanny…” le diceva Natalie, anche lei cogli occhi umidi “…sii forte, come
sei sempre stata!”
La
povera ragazza s’imponeva di contenersi, ma era più forte di lei: “Non ce la
faccio, Natalie… non ce la faccio…!!”
“Coraggio,
cara… coraggio: non è la prima volta che lo vedi andare in azione.”
“Lo
so… ma questa non è come le altre…!” e, asciugandosi gli occhi, le mostrò cosa
indossava al dito.
“Santo
cielo…!!” Natalie spalancò gli occhi “Vi siete…”
“Già…!!”
“Ma
è meraviglioso! Congratulazioni, tesoro…!!”
“Oh,
insomma, Natalie…!!” Flanny sbottò.
“Cosa
c’è…?!” chiese l’amica, perplessa.
“È
la seconda volta che te lo dico! Non puoi aspettare che ritorni, prima di farmi
le congratulazioni?”
La
collega si portò la mano alla bocca e abbassò gli occhi, mortificata: “Hai
ragione, perdonami…! Ma adesso preparati, che dobbiamo andare.”
“Va
bene…!”
Mentre
Flanny si richiudeva alle spalle la porta del bagno, Natalie, spossata
dall’emozione, si lasciava cadere di peso su una poltrona.
“Ahhh…!!”
sospirò “Prima Candy… poi Andy… e ora la guerra! Di bene in meglio…!!”
Detto
ciò, appoggiò la testa sullo schienale e chiuse gli occhi, cercando di non
sentire i rombi, le raffiche e gli scoppi che continuavano a susseguirsi dalla
direzione della baia…
[1] Ovvero Baia delle Perle…!
[2] Scaletta che permette di salire a bordo delle navi, anche se non sono accostate ai moli.
[3] Corrispondente, nelle Marina, al grado di Sergente nell’Esercito.
[4] The Star Spangled Banner (
[5] Capitano di Corvetta, grado solitamente attribuito anche ai comandanti di squadriglia dell’Aviazione Navale ed equivalente a quello di capitano nell’Esercito.
[6] Tant’è che il molo antistante l’ancoraggio aveva preso il nome di Battleship Row (Viale delle Corazzate).
[7] In libera uscita.
[8] Aereo silurante, monomotore, denominato Kate nel codice identificativo alleato.
[9] Lancia Lunga. All’epoca dell’attacco all’America, i giapponesi disponevano dei migliori siluri del mondo.
[10] La USS Utah fu una delle tre sole unità che andarono definitivamente perdute nel bilancio dell’attacco, assieme alle corazzate USS Oklahoma e USS Arizona (che oggi si trova sotto l’attuale mausoleo bianco e che contiene ancora i corpi dei 1400 marinai deceduti).
[11] Husband E. Kimmell, comandante in capo della Flotta del
Pacifico nel momento dell’attacco giapponese. Venne sostituito, poco tempo
dopo, dal ben più competente ammiraglio Chester W. Nimitz, che avrebbe diretto
[12] L’esercito tedesco. Proprio nei giorni immediatamente
precedenti l’attacco giapponese di Pearl Harbour, il Gruppo di Armate Centro
del generale Fedor von Bock era riuscito a penetrare a meno di
[13] All’epoca della mia prima “stesura” della storia di Andy Greason, gli avevo attribuito un record di 1094 vittorie (circa la metà giapponesi e il resto tedeschi)… ma ora, in nome del realismo, sarà meglio ridimensionare la cosa!
[14] Vedi capitolo 5.
[15] Lo conoscete il simposio di Platone, quello degli esseri perfetti, divisi a metà, alla perenne ricerca delle loro anime gemelle?
[16] Chuichi Nagumo, comandante della Forza d’Attacco alle isole Hawaii, composta da 6 portaerei, 2 corazzate, 2 incrociatori pesanti, 1 incrociatore leggero, 9 cacciatorpediniere e 8 navi cisterna.
[17] Distinguished Service Medal.
[18] Il DC3 era il famoso bimotore Douglas Dakota, mentre l’L14 era il meno famoso ma altrettanto valido Lockeed Super Electra, entrambi aerei passeggeri del tempo, impiegati anche nelle aviazioni militari.
[19] Ovvia trasposizione del detto riguardante i marinai (una ragazza in ogni porto)!
[20] Specialmente ai floricultori, agli attori, ai naturalisti, agli aviatori e ai bon viveur…!
[21] Lo so a cosa state pensando, birbantelle: la spiaggia, il chiaro di Luna, il bagno di mezzanotte senza costume… SCORDATEVELO! A parte che Andy Greason è un ufficiale e un gentiluomo, gli Americani degli anni Quaranta erano ancora rigidamente puritani!
[22] Come avrete già capito, all’epoca del racconto le aviazioni americane erano due: quella dell’Esercito (United States Army Air Force) e quella della Marina (United States Navy Air Force); quest’ultima era principalmente imbarcata sulle navi portaerei, ma disponeva anche di molti reparti basati a terra, oltre ad unità di idrovolanti e anche di dirigibili.
[23] Mi veniva da farle dire: “Basta
tagliare i fondi alla sanità, vero…?!” ma forse non era il momento.
[24] Il comando della Flotta del Pacifico (CINCPAF) aveva giudicato “trascurabile”
un attacco con aerosiluranti contro Pearl Harbour, proprio perché i fondali
della baia avevano una profondità massima di 9-
[25] I principali aeroporti dell’Esercito su Oahu erano 3: Hikam e Bellows Field, ubicati nelle immediate vicinanze della base navale (e perciò immediatamente attaccati) e quello di Wheeler Field, situato verso il centro dell’isola.
[26] Sta parlando ovviamente di John Maxim e Roger Williams (i Fratelli del Sud).
[27] Vedi capitolo 4.
[28] A questa non ci crede nessuno!