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Autore: Andy Grim    27/02/2007    3 recensioni
E se i personaggi di Candy Candy fossero vissuti 30 anni più tardi? E se la guerra che incombeva sullo sfondo non fosse stata la Prima ma la Seconda Guerra Mondiale?
E se la collega di Candy - Flanny Hamilton - avesse incontrato una persona speciale mentre faceva la crocerossina?
E se questo capitolo incontrasse il vostro favore e ne seguissero altri, cronologicamente successivi?
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5: Il ritorno

Capitolo 6: L’attacco

 

UCPFH 06

 

 

A

lle ore 7.35 di una tranquilla e soleggiata mattina domenicale, la lancia che trasportava il tenente di vascello Harvey G. Lockhart, ufficiale di picchetto del Quattordicesimo Distretto Navale e il suo seguito, si avvicinò scoppiettando alla vetusta corazzata USS Utah, ancorata lungo la riva orientale dell’Isola Ford, al centro della grande baia nella parte meridionale dell’isola di Oahu, che portava il nome hawaiano di Wainumi.[1]

Come la lancia giunse davanti al barcarizzo[2] che pendeva lungo la fiancata sinistra della vecchia unità (solitamente impiegata come bersaglio nelle esercitazioni) il tenente saltò sulla piattaforma e iniziò a salirne i gradini, prontamente seguito dal suo aiutante, guardiamarina William Karlovitz.

Un gruppetto di marinai, già schierati sul ponte, accolse prontamente i due.

“Ufficiale in coperta!” annunciò salutando uno di loro, che portava sulle maniche i gradi di capo di seconda classe,[3] mentre un altro emetteva un prolungato suono di fischietto.

Il tenente Lockhart rispose al saluto e si diresse verso la poppa della nave, dove altri due marinai si tenevano pronti presso il pennone. Poco distante era in attesa una piccola banda di ottoni.

“Eseguire!” ordinò l’ufficiale di picchetto, agitando il medesimo all’indirizzo dei due marinai, uno dei quali si affrettò ad assicurare alla fune la bandiera che teneva sottobraccio.

Sollecitata dalla brezza mattutina, la Star & Stripes si spiegò maestosamente, accompagnata dalla marcetta rituale. Non appena la bandiera fu in posizione, i cinque elementi della banda attaccarono con le note dell’inno nazionale.[4]

Durante quella breve e ordinaria cerimonia, un rombo di motori via via sempre meno sommesso, giungeva agli orecchi dei partecipanti, che però non se ne davano pensiero. Era normale che le squadriglie dell’aviazione navale effettuassero delle esercitazioni di volo sopra la baia, anche se, per quella mattina, era un fatto piuttosto insolito.

“Strano che volino di domenica…!” osservò il guardiamarina Karlovitz.

“Il solito corvettaro[5] in carriera, che crede di far colpo sul Comando della Flotta.” commentò, ironico, il tenente di vascello Lockhart.

A un certo punto, però, si vide un aereo che stava per sorvolare la Utah a una quota insolitamente bassa, anche per un’esercitazione… subito dopo, lo stesso aereo - un caccia completamente bianco, con il muso nero - passò talmente rasente al ponte da scoperchiare le teste di tutti i marinai che presenziavano all’alzabandiera…!

“Prendi il numero di quel tizio, Bill” ordinò il tenente “imparerà a fare lo spiritoso…!”

Karlovitz impugnò il binocolo e si sforzò di aguzzare la vista, ma non riuscì a leggere nessuna matricola sul caccia, che ormai stava già sorvolando l’Isola Ford, verso la base aerea della Marina.

“Hai preso il numero…?” domandò Lockhart.

“No, signor tenente” rispose, a disagio, il guardiamarina “ma mi è parso che avesse la fascia rossa dei comandanti di sezione!”

“Inaudito” replicò l’ufficiale di picchetto, indignato “come può un comandante di sezione violare le più elementari norme di sicurezz…”

Una repentina esplosione si fece sentire verso l’interno dell’Isola Ford e subito un’intensa colonna di fumo si alzò dalla bassa vegetazione che nascondeva da quel lato le installazioni dell’aeroporto. Contemporaneamente, parecchi altri aerei sorvolarono la corazzata, senza degnarla tuttavia della minima attenzione, almeno per il momento…

Nel frattempo, da diversi punti della baia si cominciarono a sentire i rumori di altre esplosioni e anche quelli delle prime raffiche di contraerea. Altre colonne di fumo nerastro comparvero sopra la riva opposta dell’isola, dov’erano ancorate le navi da battaglia della Flotta del Pacifico![6]

“Ma che sta succedendo…??” esclamò, sconcertato, il tenente di vascello “Sono tutti impazziti?!”

“Signore, sono giapponesi… guardi…!!”

Sollecitato dal suo aiutante, l’ufficiale di picchetto dovette allora notare che, sulle superfici inferiori delle ali, i misteriosi velivoli portavano tutti degli appariscenti dischi rossi.

“Dannazione…!! Presto, la sala radio: dobbiamo dare subito l’allarme!!”

“Impossibile, signore” rispose il capo di prima classe Herbert Schmidt “la sala radio è chiusa…!”

“E chi tiene la chiave?” domandò allora l’ufficiale.

“Il tenente di vascello DeQuincy, signore… ma in questo momento si trova in franchigia!”[7]

“Al diavolo…!!” imprecò Lockhart “Presto, Karlovitz, torniamo a terra!”

“Signorsì…!”

I due malcapitati ufficiali si precipitarono nuovamente sulla loro lancia, tuttora in attesa ai piedi del barcarizzo. Appena furono a bordo, il marinaio al timone mise subito la prua verso la riva sud-orientale della baia, dove si trovava fortunosamente una delle stazioni di sorveglianza del porto.

“ATTENTI…!!!” gridò improvvisamente un marinaio.

Un aereo, leggermente più grosso di quelli di prima, sorvolò rapidissimo l’imbarcazione, diretto verso la nave da battaglia che avevano appena abbandonato… pochi secondi dopo, gli occupanti della lancia notarono che il Nakajina B5N[8] aveva appena sganciato un lungo e affusolato siluro. Dopo essersi inabissato per pochi metri, il micidiale Type 91 Longe Lance[9] si diresse inesorabile contro la nave bersaglio… un sordo boato, accompagnato da un’alta colonna d’acqua, denunciò che il bersaglio suddetto era stato raggiunto senza alcuna possibilità d’appello!

Subito dopo, l’esplosione dell’ordigno fu seguita da diverse altre esplosioni interne, che non tardarono a sconquassare la povera vetusta corazzata, ponendo così termine alla sua lunga e onorevole carriera.[10]

“Maledetti bastardi…!!” imprecò Karlovitz.

“La pagheranno, quant’è vero Iddio…!” replicò il superiore “Forza, Jones: portaci a riva. Veloce…!”

“Ci siamo quasi, signore.” rispose il timoniere.

Come la lancia arrivò ad accostarsi al molo della stazione navale, Lockhart e Karlovitz si precipitarono dentro l’edificio, facendo sussultare un assonnato capo di terza classe, che fungeva da operatore.

“Ehi, tu, sveglia…!!!” gli gridò il tenente di vascello “È in ordine, la radio?”

“Sss… signorsì, signor tenente…!” rispose, balbettando, il sottufficiale di marina.

“Svelto, allora: messaggio urgente al comando dell’ammiraglio Kimmell[11]… muoviti…!!!”

“Su… subito…!” replicò il poveretto, indossando la cuffia e azionando le manopole della grossa trasmittente. Vicino ad essa spiccava sul muro un grosso calendario che riportava la data del giorno da poco iniziato: December 7th, 1941 - Sunday.

“Presto, trasmetti: Attacco aereo… Pearl Harbour… questa non è un’esercitazione…!!”

 

***

Nel medesimo istante in cui il tenente di vascello Lockhart e il guardiamarina Karlovitz salivano a bordo della USS Utah, nella stanza n° 18 del Kola-Kola Hotel di Honolulu, una giovane donna bruna stava lentamente abbandonando l’inerzia del sonno, cercando di prendere contemporaneamente coscienza della nuova dimensione in cui sarebbe trascorsa, dal quel nuovo giorno in poi, il resto della sua vita.

Spostato lo sguardo sul comodino, mise a fuoco un oggetto che vi aveva appoggiato frettolosamente la sera precedente… estrasse quindi il suo candido braccio da sotto le coltri, lo afferrò e tornò ad infilarselo all’anulare sinistro. Col pollice e l’indice dell’altra mano lo strinse allora più volte, come a volersi rassicurare della sua tangibilità…

No, non c’era alcun dubbio: era reale… era il suo anello di fidanzamento!

Per quanto potesse sembrare assurdo, la graziosa ma fredda infermiera inflessibile - meglio conosciuta con lo pseudonimo di miss pezzo di giaccio o quello di signorina iceberg - si era appena fidanzata…!

Sorridendo, si rivoltò allora sull’altro fianco e si appoggiò delicatamente sul dorso del suo uomo, stringendogli affettuosamente il braccio… ma la dolce sensazione del suo seno sulla schiena non fu sufficiente a strappare il capitano Andrew Steve Greason dal suo profondo sonno. Flanny Hamilton ridacchiò mentalmente… non poteva biasimarlo, dopotutto: evidentemente, in quella loro prima notte, avevano un tantino esagerato…!

 

***

Tutto si era svolto come in un turbine…

La sera di sabato 6 Dicembre Andy Greason era venuto a prenderla all’uscita dell’ospedale della Marina, dove lei prestava servizio dal giorno del loro trasferimento dalla Cina. L’ufficiale pilota l’aveva portata fuori a cena, dove avevano parlato del più e del meno… del lavoro di lei, del lavoro di lui… di lei, che avrebbe voluto diventare medico dopo la guerra (sempre che fosse riuscita a pagarsi gli studi universitari), di lui che avrebbe voluto diventare pilota civile… della situazione mondiale che, come per vanificare i loro progetti, si faceva sempre più incerta (i giornali riportavano, proprio quella sera, che le divisioni della Wehrmacht[12] avevano ormai raggiunto i sobborghi di Mosca). Insomma, una delle tante conversazioni “neutre” intercorse fra i due dalla fatidica sera in cui l’allora tenente e ora capitano Greason era rientrato da quella disgraziata missione, dove uno dei suoi compagni - il povero sottotenente Alistair Cornwell Andrew - aveva perduto la vita.

Da allora, il rapporto fra i due si era indubbiamente sempre più intensificato, anche in maniera abbastanza singolare: tanti scambi di parole, diversi sguardi profondi, alcuni abbracci fortissimi… qualche bacio, fugace quanto ardente… ma nulla di più!

È vero che i due non potevano certo disporre di molte occasioni per godere di una qualche intimità (il secondo ricovero di Andy era stato brevissimo, la camerata non era mai stata deserta e comunque era contro il regolamento), ma sembrava che ci fosse anche dell’altro…!

 

***

All’atto del suo definitivo rientro in servizio, Andy Greason era stato confermato al comando della Seconda Squadriglia delle Tigri Volanti ed era stato promosso di grado. La cosa, però, per quanto apparisse illogica, non sembrava averlo reso felice…

“Perché io…?” aveva chiesto al colonnello Clint Hardgison.

“Perché è l’unico che sia disponibile.”

“Ma… c’è anche Stone. È anche più anziano di me, e…”

“Non è alla sua altezza” il comandante del Gruppo sbuffò e proseguì “mi stia a sentire, Andy… lo so che la carriera militare non è perfettamente compatibile con il suo carattere! Ma nella vita ci sono dei casi che possono costringerci a compiere scelte che normalmente non avremmo compiuto. E questa, per lei, è proprio una di quelle volte!”

“Non capisco cosa vuole dire, signore…!” aveva protestato Andy.

“È risaputo che il suo eccellente stato di servizio deriva dalla sua abnorme passione per il volo, più che dalla voglia di combattere. O mi sbaglio?”

Il giovane pilota aveva abbassato gli occhi, per poi annuire con riluttanza: “Non si sbaglia, signore” aveva sospirato “effettivamente, se proprio devo dirlo… ho sempre detestato buttare giù dei colleghi… sia pure nemici.”

“Tuttavia, il suo score ha già raggiunto i 38 apparecchi… non è così?”[13]

Greason era tornato a sospirare, confermando: “Così pare, signore…!”

Il suo comandante di reparto gli aveva allora sorriso paternalisticamente: “Ciò dimostra che, pur non piacendole quanto le dispone il dovere, ha sempre fatto del suo meglio per portarlo a termine. E questo mi basta per concederle la mia fiducia. Non ritiene che abbia ragione?”

“Ma, signore… io…”

Prima di concludere il colonnello gli aveva messo una mano sulla spalla: “Lo so che il suo sogno nella vita era quello di volare… e basta. Ma finché dura tutto questo pasticcio, temo che dovrà pazientare. E inoltre… lo tenga sempre in testa, Andy: noi, la nostra gente, i nostri amici… abbiamo bisogno di lei!”

Greason aveva fissato a lungo il suo superiore, per poi abbozzare un sorriso malinconico: “A quanto sembra… non credo di avere molta scelta, non è vero…?”

Il superiore aveva annuito con espressione seria, poi gli aveva dato due forti pacche sulla stessa spalla: “È proprio così, Andy! Esattamente così… ma non si crucci più del dovuto: la guerra, dopotutto, non durerà in eterno.”

“Già… ha ragione, signore. Beh, la ringrazio…!” aveva concluso, salutando.

“Non c’è di che” Hardgison aveva risposto al saluto “e ancora complimenti… capitano!”

Con le mani in saccoccia, il confermato capo-squadriglia aveva preso congedo tornando verso la pista di volo. Qui si era arrestato presso il suo caccia, già rimesso in condizioni di efficienza, anche se diverse scrostature sotto il ventre denunciavano i postumi di quell’atterraggio d’emergenza notturno.

Il suo sguardo, dopo aver vagato sulle varie parti dell’apparecchio, si era fermato definitivamente su quel nome scritto in giallo sopra il muso. Aveva sorriso, ricordando la sfuriata “fittizia” di Flanny, quando se n’era accorta…

“Potevi anche chiedermi il permesso, brutto insolente sfacciato…!!” aveva gridato, alzando una mano, come per dargli un altro ceffone… che era poi diventato un buffetto. Lui aveva allora coperto, con la propria, quella mano che indugiava sulla sua guancia e lei aveva ribattuto: “E adesso che fai…? Non hai intenzione di lasciarmela?!”

Stavolta aveva prevalso il diavoletto rosso e quel ragazzaccio impertinente aveva risposto così: “Solo se mi dai un bacio…!”

L’inflessibile capo-infermiera dell’ospedale di Kunming aveva finto d’indignarsi, cercando di sorridere il meno possibile: “Sei proprio incorreggibile, lo sai?!”

“Lo so…!”

Ed era stato quello, in un certo senso, il loro vero “primo bacio”…!

Accarezzando delicatamente la scritta, ormai leggermente imbrattata dagli schizzi dell’olio che uscivano di frequente dagli scappamenti, Andy aveva continuato a pensare alle parole del colonnello: “La guerra non durerà in eterno!

Quella frase, però, lungi dall’infondergli un senso di sicurezza, gli aveva provocato invece uno struggimento sinistro: *Non durerà in eterno…! Già… ma io…? Io durerò quanto la guerra…?*

Per parte sua era stata questa la ragione principale dietro la titubanza nel chiedere a Flanny di mettersi insieme. Il giovane aveva saputo dello stato d’animo di lei durante il suo ritorno di quella sera (glielo aveva raccontato “l’innaffiato” sergente Johnny Logan, della Terza Squadriglia)[14] e aveva altresì immaginato il dolore di Patty O’Brian, la fidanzata di Cornwell, nell’apprendere la perdita del suo amato.

Che anche quella ragazza straordinaria, venuta fino in Cina per assistere quel pungo di piloti quasi folli (viste le condizioni disperate in cui si battevano) potesse un giorno ritrovarsi nella stessa situazione, era un pensiero che non poteva sopportare!

*È giusto spingere una donna ad amare un uomo che forse, un giorno, non ritornerà…?*

Proprio questo lo aveva trattenuto; come aveva trattenuto la stessa Flanny dal decidersi a incoraggiarlo. Era come se fossero entrambi consapevoli che portare a compimento la loro relazione gli avrebbe procurato, insieme a momenti di grande felicità, anche più lunghi periodi d’intenso dolore… a meno che non avessero rinunciato a fare le cose che amavano di più e che ritenevano più giuste in quel momento.

*Pensiamoci bene, Flanny* aveva meditato Andy, sempre accanto al suo fedele caccia *forse siamo ancora in tempo per tornare indietro…!*

Ma sapeva di mentire a sé stesso. Era troppo tardi, ormai, per rinunciare: la sua vita senza di lei, per intensa e avventurosa che fosse, gli sarebbe sempre apparsa come vuota di significato. Il vecchio Platone, insomma, non perdonava![15]

***

E così, quel sabato sera, dopo avere come al solito parlato di tutto e di niente durante la cena in quel ristorantino hawaiano di Kalia Road, la coppia si era recata sul lungomare di Waikiki. Dopo aver parcheggiato la macchina presso il belvedere di Diamond Head, i due erano rimasti appoggiati al parapetto per contemplare la scia argentata della Luna che si specchiava nelle acque del Pacifico. Era una serata stupenda… una fresca e piacevole brezza, satura di essenza marina, carezzava i loro volti e scompigliava i capelli corvini di Flanny. Il dolce mormorio della risacca si confondeva col fruscio della vegetazione e il cielo dicembrino era un tripudio di stelle. Tutto perfetto, insomma… non fosse stato per il fatto che le portaerei dell’ammiraglio Nagumo erano ormai a qualche centinaio di miglia a nord dell’isola…![16]

A un certo punto la ragazza si voltò ad osservare il suo compagno, trovandolo insolitamente assorto a fissare l’orizzonte. In genere non rimaneva mai in silenzio tanto a lungo.

“C’è qualcosa che non va, Andy…?”

Lui si riscosse: “Niente… perché?”

“Non so… non hai detto ancora nulla!”

Il ragazzo si voltò, fissandola intensamente. Quella sera non aveva gli occhiali (la sua miopia non era così forte da non poterne fare a meno, anche se, per ovvie ragioni, sul lavoro li portava sempre) e la dolcezza dei suoi lineamenti si rivelava quindi senza nessun elemento che la inseverisse e ad Andy mancò quasi il fiato. Tutti i suoi buoni propositi di saggezza, ragionevolezza e prudenza, andarono a farsi benedire…!

“Beh, sai…” farfugliò “…stavo solo pensando…!”

Lei si accostò fino a toccarlo e gli appoggio una mano sull’altra spalla: “A che cosa…?” chiese ancora, con un sorriso dolcissimo.

Preso un po’ in contropiede (in genere gli approcci li iniziava lui) Andy dovette deglutire: “Ecco… c’era una cosa che volevo chiederti…”

“Dimmi…!” incalzò Flanny, accentuando leggermente la pressione della mano.

“Tu… sei felice…?” le chiese, osservandola attentamente.

Trascorse qualche minuto di silenzio, poi la donna ribattè: “E tu…?”

*Eh, no!! Così non vale, porca la miseria…!* imprecò mentalmente lui. Ma, dopo un po’, rispose: “Beh… sì, abbastanza! Anche se…” parve esitare un attimo.

“Anche se…?”

“Potrei esserlo di più…!” concluse lui, tornando a guardare l’orizzonte.

“Capisco” rispose lei. Andy sentì il suo sospiro “e… cosa potrei fare?” aggiunse.

“Per cosa?”

“Per renderti più felice…!”

“Eh…?? Ehmm…” l’ufficiale dovette deglutire di nuovo “…beh, potresti… continuare a… stare con me…!” terminò la frase quasi in un sussurro.

Fu la volta di Flanny per deglutire e dovette abbandonare la spalla del compagno per non tradirsi con il tremito… ma forse non fece in tempo.

“Hai freddo…?”

“Può darsi… siamo in Dicembre, dopotutto.”

“Aspetta…” il ragazzo si levò la giacca dell’uniforme e la pose sulle spalle di lei, coperte solo da una camicetta abbastanza leggera (aveva lasciato il soprabito in auto). Poi l’abbracciò, a sua volta.

“Va un po’ meglio?”

“Molto…!” rispose lei, a mezza voce.

Dopo un altro po’ di silenzio, il pilota lo ruppe di nuovo: “Flanny…”

“Sì…?”

“Non hai risposto alla mia domanda.”

Le sue spalle ebbero ancora una leggera scossa: “Ah, sì… hai ragione, scusami! Vorresti che… restassi con te…”

“Veramente questa era la mia risposta” ribatté lui “io ti avevo chiesto se eri felice…”

Senza voltarsi ancora verso di lui, Flanny chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.

“Anch’io… potrei esserlo!”

“Esserlo…?!” chiese Andy, perplesso.

“Più felice… voglio dire.”

“Ah…!” fece lui, deglutendo. Poi, ancora “E… come…?”

Lei tornò a guardarlo. Il suo viso mostrava un sorriso così soave da fargli vibrare persino i lacci delle scarpe.

“Stando anch’io… con te…!” rispose.

A questo punto, Andy avvicinò il viso per unire le labbra alle sue, ben sicuro che stavolta non ci sarebbero state conseguenze… dolorose! E infatti la ragazza lo assecondò totalmente, abbracciandolo con tenerezza.

Durante quel meraviglioso contatto, il nostro pilota si ricordò del pacchetto contenuto in una delle sue tasche, acquistato la mattina stessa presso un negozio di Honolulu…

Stava percorrendo la città coi suoi colleghi James Stone, Roy Master e Victor Sanders (i compari di Chicago), mentre John Maxim e Roger Williams (i Fratelli del Sud) se n’erano andati a gozzovigliare per conto loro. I compagni di squadriglia stavano tempestando il comandante coi soliti frizzi sulla sua “relazione” con la glaciale infermiera conosciuta in Cina… quando, a un certo punto, il gruppetto di aviatori si era trovato a passare davanti a una gioielleria. Fosse stato l’istinto o qualche ispirazione celeste, le gambe del futuro asso si erano come bloccate davanti alla vetrina, dove spiccava, fra gli altri preziosi, un bellissimo anello con un brillante, né troppo minuscolo, né troppo sfarzoso. Insomma, un gioiello perfetto, per…

I compagni avevano iniziato a ridacchiare sommessamente; quindi, prima ancora che il loro capitano potesse protestare, lo avevano spintonato verso l’ingresso, trascinandolo poi di forza fino al banco del commesso… il resto lo avrete già indovinato.

Quando Flanny si rese conto che, di lì a poco, avrebbe perso il controllo di sé stessa, si decise a malincuore ad abbandonare le labbra del suo ragazzo… se non che, riaperti gli occhi, la prima cosa che vide, dopo averli pudicamente abbassati, fu una scatolina di velluto che le dita di Andy si affrettarono a scoperchiare, rivelando il contenuto del suo acquisto mattutino…!

Sbarrati, gli occhi dell’infermiera tornarono a salire verso il viso del pilota, accompagnati dalla sua bocca, completamente spalancata. Andy dovette compiere uno sforzo eroico per non scoppiare a ridere di fronte a quello spettacolo!

Ma subito si rifece abbastanza serio: “È una pazzia, lo so…! Siamo entrambi due testardi e poi… dovremmo dividerci con le nostre professioni. E poi c’è la guerra e… insomma, non sarebbe molto divertente! Lo so che sto per fare una stupidaggine… che ci vorrebbero i tempi giusti… ti sembrerò uno stupido ragazzino impaziente, ma… ecco, se non te lo chiedo ora, non te lo chiedo più…!! Vuoi sposarmi, Flanny…?”

Durante tutto quello sproloquio, la ragazza era riuscita faticosamente a richiudere la bocca. Avrebbe voluto distogliere lo sguardo e fare qualche passo lontano da lui, tanto per raccogliersi un momento a riflettere... ma non le riusciva.

Riflettere su cosa, poi? Non era facile nemmeno rispondergli! Pur nella sua foga quasi infantile, Andy aveva detto tutto quel che c’era da dire, al riguardo. Tutte le considerazioni che quel ragazzaccio aveva rimuginato dall’estate precedente, le aveva pur fatte anche lei.

Aveva ragione, era una pazzia! Sposarsi alla vigilia di una guerra spaventosa. Sposare un pilota da caccia, poi, in quella che si era dimostrata fin da subito una guerra prettamente aerea…! Una guerra che poteva durare per anni… che vita avrebbero fatto? Quanto tempo avrebbero effettivamente trascorso insieme?

E allora? Aspettare che la guerra terminasse? E se fosse terminata prima la loro storia…?

Alla fine lo guardò, quasi imbronciata… anzi, imbronciata lo era davvero!

“Tu… tu lo sai quanto tengo al mio lavoro! Non posso e non voglio diventare un angelo del focolare… non prima che finisca tutto questo carnaio, almeno…! La nostra gente ha bisogno di persone come me.”

“Lo so bene!” concordò lui, sospirando.

“E ha bisogno di persone come te… anche se trovo orribile la professione delle armi, ho imparato che purtroppo il diritto si difende con la forza. Viste le circostanze, qualcuno dei nostri lo deve pur fare questo sporco mestiere… e purtroppo si dà il caso che lo abbia scelto anche tu…!”

“Finché c’è la guerra, Flanny. Ma poi…”

La donna sorrise malinconica, scuotendo la testa: “Ah, Andy… ma a chi credi di darla a bere?! Vuoi che ormai non conosca a fondo l’unico uomo di cui, probabilmente, mi potevo innamorare?”

Il capitano Greason sussultò… anche se non gli suonava del tutto gradito quel probabilmente.

“Tu ce l’hai cucita addosso, questa uniforme” continuò lei, sfiorando l’aquilotto sopra la tasca sinistra, sovrastato dal nastrino della DSM[17] “proprio come io ce l’ho cucito addosso il camice da ospedale. Un pilota civile…! Ma tu ti ci vedi davvero nella cabina di un DC3 o di un L14…?”[18]

“Beh, però…”

“Tesoro…” continuò lei, accarezzandolo “…tu ti senti te stesso solo quando sfrecci a 300 miglia orarie, a 20000 piedi dal suolo. E io mi sento me stessa solo quando strappo le persone alla morte e al dolore. Siamo fatti così… e continueremo con quello che sappiamo fare meglio, anche dopo che la guerra sarà finita!”

Il pilota annuì di nuovo, tristemente: “Hai ragione… sono stato un pazzo a pensare il contrario. Perdonami se ti ho messa a disagio... ma io ti amo…! E non ce la facevo a non chiederti di sposarmi... anche se sapevo perfettamente che mi avresti risposto di no.”

A quelle parole, Flanny Hamilton raddrizzò la schiena, poi gli afferrò le braccia, guardandolo dritto negli occhi: “Sei uno sciocco…!!”

“Lo so, ma…”

“Io non ti detto di no…!”

“Si, però… EEHH…??!”

“Io non ti avevo ancora risposto!”

Andy dovette deglutire nuovamente, anche se la sua povera gola gli sembrava ormai carta vetrata: “E… e allora… cosa mi…”

“Di sì…!” fece lei, piantandogli in faccia uno sguardo più acuminato di un ago ipodermico. Il giovane sentì un forte formicolio nelle gambe: “Da… davvero…?!” altra deglutizione “Tu vuoi… ”

“Sì… io voglio sposarti, Andrew Steve Greason…!”

“Oh… oddio…!!” il giovane barcollò vistosamente.

“Andy… cos’hai…??!” chiese lei, afferrandolo, ovviamente allarmata dal suo istinto professionale.

“Niente… non è niente… un piccolo capogiro…”

“Oh, cielo…! Respira, tesoro… respira!”

L’ufficiale non se lo fece ripetere due volte, introitando aria come la presa di un turbocompressore…

“Va meglio…?” gli chiese lei, dolcemente, dopo un po’.

“A… altroché…!” rispose lui, cercando di usare un tono allegro. Poi si ricordò di un particolare e tornò a porgerle la citata scatolina “Beh, allora… ecco!”

A quella vista, i bellissimi occhi di Flanny luccicarono come stelle e qualche lacrimina scese lungo le sue guance, discretamente arrossate. Quindi afferrò l’anello e se lo mise, lottando col tremore delle dita…

“Fatto…!” disse, con tono gioioso da ragazzina, mostrando il dorso della mano aperta.

“Perfetto…!” commentò lui, tornando poi ad abbracciarla. Si guardarono ancora negli occhi e si baciarono di nuovo. Quando si separarono, il viso di Flanny era di nuovo serio.

“Guarda che non fai un affare… lo conosci il mio caratterino!”

“Meglio così: non avrò sorprese!”

“E la mia intransigenza…!”

“Sono un soldato: sono addestrato alla disciplina.”

“Come no… ma c’è un’altra cosa che devi sapere…”

“E sarebbe…?” domandò lui, sempre tenendola stretta.

“…che sono gelosa come una pantera!”

Lui rimase interdetto un istante, poi ridacchiò: “Beh, mi preoccuperei del contrario: dicono sia la prova d’amore più genuina!”

“Già… perciò bada a te, giovanotto! Vi conosco, voi soldati: una ragazza in ogni campo!”[19]

“Ricevuto e compreso, comandante! C’è qualcos’altro?”

“Solo una domanda, capitano…”

“Sono tutt’orecchi, signora!”

“Ti piacciono le bionde?”

“Che…??”

“Hai capito benissimo! Rispondi, forza: ti pacciono o no…?”

“Ma che razza di domanda è…?! A tutti gli uomini piacciono le bionde…”[20]

“Oh, davvero…?!” ribatté lei, piuttosto corrucciata.

“…tranne me, naturalmente” rispose, pronto “a me…”

“Sì…?”

“…piaci tu…!!”

Rassicurata - forse - da quelle parole, la mora tornò allora ad abbracciarlo, dandogli un bacio al quale, questa volta, entrambi si abbandonarono completamente…[21]

 

***

Un rombo lontano… continuo… sempre più forte…

Flanny non aveva dubbi: era il motore del suo caccia, che lo stava riportando da lei… Andy stava ritornando da una di quelle maledette missioni dalla zona cinese occupata dal nemico. Il rombo diventava sempre più potente… erano tanti apparecchi… che bello, stavolta tornavano tutti…

…ed era tornato anche lui…!

La donna aprì lentamente gli occhi… e vide la nuca del suo fidanzato, tuttora sprofondata nel cuscino, perfettamente immobile, come tutto il resto del suo corpo…

Immediatamente mise a fuoco anche la parete di fronte, con la veneziana della finestra che vibrava incessantemente, sempre con quel rombo infernale proveniente dall’esterno.

Poi realizzò di trovarsi nel soffice letto di una stanza d’albergo, a smaltire i postumi di una notte di passione, mentre sopra l’edificio stava evidentemente transitando l’intera aviazione dell’Esercito, probabilmente accompagnata da quella navale…[22]

Senza dubbio si trattava di esercitazioni. Però, di domenica mattina… era normale tutto ciò?

Certo lei, come infermiera, non era in grado di affermarlo con sicurezza, ma quel focoso ragazzaccio al suo fianco poteva magari saperne qualcosa di più… cosicché si decise a svegliarlo.

“Andy… Andy…!” lo chiamò, scuotendolo per un braccio.

“Mmm… sgrunf…!”

“Dai, amore… svegliati…!!”

“Mmm… che c’è…?” bofonchiò lui, aprendo mezzo occhio “Che succede…?”

“Non senti il frastuono…? Dai, alzati: c’è qualcosa che non va…!!”

“Ma che…”

Ormai abbastanza desto, il capitano annaspò con la mano alla ricerca dei suoi boxer rimasti sul tappeto e, dopo esserseli infilati, si alzò per raggiungere la finestra.

“Devono essere quelli della Marina… quei disgraziati, con la scusa delle esercitazioni, non perdono occasione per rompere le scatole a noi dell’Esercito e ai tranquilli cittadini di Honolulu…!”

“Ma oggi non è domenica?” osservò Flanny, seduta sul letto, tenendosi il lenzuolo aderente al seno.

“Bah… si vede che si stavano annoiando” rispose Andy, infilandosi la camicia “che gli frega, a loro? Tanto la benzina gliela pagano i contribuenti!”

“Già…!” commentò lei, con tono marcatamente polemico.[23]

Dopo aver sollevato la veneziana, Andy aprì i vetri della finestra e si sporse per vedere meglio. Dopo qualche attimo, la donna lo sentì gridare: “PORCA PUTTANA… MA SONO I GIALLI…!!!”

“ANDY…!! T’ho già detto di smetterla, con queste frasi da scaricatore…!”

“Ma Flanny, ti dico che quelli lassù sono giapponesi…!! Vieni a vedere anche tu!”

La ragazza si alzò allora dal letto e lo raggiunse, sempre avvolgendosi nel lenzuolo.

Il cielo era letteralmente pieno di apparecchi che recavano i contrassegni dell’aviazione della Marina Imperiale nipponica! C’erano gli onnipresenti caccia Mitsubishi A6M dall’inconfondibile NACA nera, dotati di un’autonomia tragicamente sottovalutata dai comandi statunitensi… c’erano i siluranti Nakajima B5N con i terribili siluri Lancia Lunga appesi sotto la pancia e appositamente modificati per non piantarsi nei bassi fondali di Pearl Harbour… c’erano infine i bombardieri a tuffo Aichi D3A, caricati con particolari bombe speciali che avrebbero squarciato inesorabilmente anche i ponti più protetti delle navi da battaglia.[24]

“Oh, mio Dio…!!” esclamò Flanny, angosciata “Giapponesi… ma allora è un attacco!”

“Proprio così, maledizione” ruggì Andy, stringendo i pugni “quei maledetti sono arrivati anche qui…!!”

“Ma come hanno potuto raggiungere le Hawaii…?!”

“Non era poi così difficile” rispose lui, infilandosi i calzoni “con le portaerei, no? Anche loro ce le hanno, ma evidentemente quei tromboni di Washington si erano dimenticati di questo piccolo particolare…!”

Un improvviso e frenetico bussare alla porta fece sussultare i due: “Capitano… capitano, ci sei…??”

“Questo è James” disse Andy, finendo di allacciarsi le scarpe “non ha perso tempo, a quanto pare…!”

Mentre il suo fidanzato balzava verso la porta, la povera Flanny si era nuovamente seduta sul bordo del letto, portandosi una mano alla fronte. Accasciata era forse il termine più adatto. E ne aveva di che…

Si erano infine ufficialmente dichiarati… si erano fidanzati… avevano persino consumato quel vincolo d’amore che - ora lo sapevano - li avrebbe legati per l’eternità… ma il dannato mostro della guerra tornava inesorabile a piombargli addosso!

Flanny avrebbe voluto urlare dalla disperazione, ma il suo orgoglio di persona provata, seria e forte  non glielo consentiva… anche se doveva tapparsi fortemente la bocca con la mano, mentre stringeva le palpebre per non farvi sgorgare troppe lacrime.

“Salve, Jim” disse Greason, dopo aver spalancato la porta “sapevo che eri tu…!”

“Dobbiamo correre a Wheeler, Andy… quei figli di puttana stanno già tartassando la base di Hickam…!”[25]

“Tartasseranno anche Wheeler, se è per questo! Hai una macchina?”

“Sì, dabbasso: Roy e Vic ci aspettano su una jeep.”

“E gli altri?”

“I fratellini[26] sono già partiti per il campo, con Vinny e Sammy.”

“Okay, vagli incontro: io scendo subito.”

Il tenente Stone gettò uno sguardo significativo alla figura di Flanny: “D’accordo” annuì “a fra poco.”

Il capitano richiuse la porta. Al rumore, la sua donna si alzò lentamente in piedi e lo fissò con aria a dir poco smarrita. Lui sentì allora uno spasimo in pieno petto… come gli appariva fragile, in quel momento! Tutta la sua fiera sicurezza se n’era andata per lasciare il posto all’angoscia più tremenda. I bruni capelli sciolti le scendevano graziosamente sulle nude spalle e le lacrime le scorrevano ormai copiose sulle guance pallidissime.

Lentamente, Andy si avvicinò e la strinse con tutta la tenerezza di cui era capace, ma quel gesto fece giustizia delle ultime risorse psicologiche di Flanny, che gli si abbandonò tra le braccia, senza più riuscire a frenare i singhiozzi.

“Ehi, ehi…” le sussurrò lui, dopo avere stretto i denti “…non fare così! Dov’è finita la mia infermiera tutta d’un pezzo, eh…? Coraggio…!!”

Non ottenne che altri singhiozzi, come risposta…

“Su, su… non ricordi la promessa che ti ho fatto, a Kunming?[27] Non permetterò a nessuno di allontanarmi da te… tanto meno a qualche piccolo bastardo dal muso giallo!”

“Ancora…” annuì lei, sempre singhiozzando “…promettimelo ancora… ti supplico…!”

“Fidati di me… signora Greason!”

Lei rialzò la testa e lo guardò, cercando di sorridere… ma non ce la fece: “Non sono ancora la signora Greason…!” sussurrò, sconsolata.

“Domani…!”

“Cosa…?”

“Ci sposiamo domani. Ok…?” sussurrò lui, ammiccando.

“Sul serio…?” chiese lei, con voce tremante.

“Ma certo” le afferrò la mano sinistra e se la portò alle labbra “domani porterai una fede, al posto di questo brillante… te lo giuro!” e gliela baciò.

Stavolta un sorriso tornò a illuminare quel bel volto, bagnato dalle lacrime.

“Sai che sei molto carina, anche quando piangi?”

“Davvero…?”

Lui annuì… e la stava per baciare, quando qualcuno batté ancora alla porta…

“Flanny… Flanny, sei sveglia…?!”

“È Natalie…!” esclamò quest’ultima.

Greason aprì nuovamente l’uscio. Natalie Venc, la collega di Flanny Hamilton, anch’essa trasferita alle Hawaii dalla Cina, comparve sulla soglia.

“Oh…!!! Scu… scusatemi…!! Io non volevo…! Ma…”

“È tutto a posto” la rassicurò Andy con un cenno della mano “io devo scappare” guardò la ragazza castana e le posò la mano sulla spalla “conto su di te…!” sussurrò.

Lei annuì, sorridendo: “Sta’ tranquillo: avrò cura di lei.”

“Grazie… a presto!” concluse il pilota, allontanandosi a passo di corsa lungo il corridoio.

La nuova arrivata si avvicinò all’amica, che ancora si tergeva le lacrime col bordo del lenzuolo.

“Mi dispiace tanto, Flanny… se solo avessi immaginato…”[28]

“Non fa niente… non preoccuparti.”

“Dobbiamo andare anche noi: stanno richiamando tutti i sanitari all’ospedale.”

“Certo, certo… faccio in un attimo.”

La donna fece per dirigersi verso il bagno, ma ad un tratto barcollò e la collega la raggiunse con un balzo per sorreggerla: “Santo Cielo, Flanny…! Ti senti male…?!”

“No, no… va tutto bene…! Tutto…” ma non poté andare oltre. Strinse d’impulso la sua più cara amica e scoppiò finalmente in un pianto dirotto…

“Sii forte Flanny…” le diceva Natalie, anche lei cogli occhi umidi “…sii forte, come sei sempre stata!”

La povera ragazza s’imponeva di contenersi, ma era più forte di lei: “Non ce la faccio, Natalie… non ce la faccio…!!”

“Coraggio, cara… coraggio: non è la prima volta che lo vedi andare in azione.”

“Lo so… ma questa non è come le altre…!” e, asciugandosi gli occhi, le mostrò cosa indossava al dito.

“Santo cielo…!!” Natalie spalancò gli occhi “Vi siete…”

“Già…!!”

“Ma è meraviglioso! Congratulazioni, tesoro…!!”

“Oh, insomma, Natalie…!!” Flanny sbottò.

“Cosa c’è…?!” chiese l’amica, perplessa.

“È la seconda volta che te lo dico! Non puoi aspettare che ritorni, prima di farmi le congratulazioni?”

La collega si portò la mano alla bocca e abbassò gli occhi, mortificata: “Hai ragione, perdonami…! Ma adesso preparati, che dobbiamo andare.”

“Va bene…!”

Mentre Flanny si richiudeva alle spalle la porta del bagno, Natalie, spossata dall’emozione, si lasciava cadere di peso su una poltrona.

“Ahhh…!!” sospirò “Prima Candy… poi Andy… e ora la guerra! Di bene in meglio…!!”

Detto ciò, appoggiò la testa sullo schienale e chiuse gli occhi, cercando di non sentire i rombi, le raffiche e gli scoppi che continuavano a susseguirsi dalla direzione della baia…

 

 

 

 

 

 

 



[1] Ovvero Baia delle Perle…!

[2] Scaletta che permette di salire a bordo delle navi, anche se non sono accostate ai moli.

[3] Corrispondente, nelle Marina, al grado di Sergente nell’Esercito.

[4] The Star Spangled Banner (La Stella brillava sulla Bandiera).

[5] Capitano di Corvetta, grado solitamente attribuito anche ai comandanti di squadriglia dell’Aviazione Navale ed equivalente a quello di capitano nell’Esercito.

[6] Tant’è che il molo antistante l’ancoraggio aveva preso il nome di Battleship Row (Viale delle Corazzate).

[7] In libera uscita.

[8] Aereo silurante, monomotore, denominato Kate nel codice identificativo alleato.

[9] Lancia Lunga. All’epoca dell’attacco all’America, i giapponesi disponevano dei migliori siluri del mondo.

[10] La USS Utah fu una delle tre sole unità che andarono definitivamente perdute nel bilancio dell’attacco, assieme alle corazzate USS Oklahoma e USS Arizona (che oggi si trova sotto l’attuale mausoleo bianco e che contiene ancora i corpi dei 1400 marinai deceduti).

[11] Husband E. Kimmell, comandante in capo della Flotta del Pacifico nel momento dell’attacco giapponese. Venne sostituito, poco tempo dopo, dal ben più competente ammiraglio Chester W. Nimitz, che avrebbe diretto la Flotta dalla rivincita di Midway fino alla vittoria finale del 1945.

[12] L’esercito tedesco. Proprio nei giorni immediatamente precedenti l’attacco giapponese di Pearl Harbour, il Gruppo di Armate Centro del generale Fedor von Bock era riuscito a penetrare a meno di 25 chilometri dal centro della capitale sovietica. Fortunatamente le proibitive condizioni atmosferiche avevano causato l’arresto delle forze germaniche, mentre Stalin, ormai consapevole che i Giapponesi non lo avrebbero attaccato da oriente, aveva fatto trasferire sul fronte di Mosca preziosi rinforzi, prelevati dalle truppe che presidiavano il confine fra la Siberia e la Manciuria.

[13] All’epoca della mia prima “stesura” della storia di Andy Greason, gli avevo attribuito un record di 1094 vittorie (circa la metà giapponesi e il resto tedeschi)… ma ora, in nome del realismo, sarà meglio ridimensionare la cosa!

[14] Vedi capitolo 5.

[15] Lo conoscete il simposio di Platone, quello degli esseri perfetti, divisi a metà, alla perenne ricerca delle loro anime gemelle?

[16] Chuichi Nagumo, comandante della Forza d’Attacco alle isole Hawaii, composta da 6 portaerei, 2 corazzate, 2 incrociatori pesanti, 1 incrociatore leggero, 9 cacciatorpediniere e 8 navi cisterna. 

[17] Distinguished Service Medal.

[18] Il DC3 era il famoso bimotore Douglas Dakota, mentre l’L14 era il meno famoso ma altrettanto valido Lockeed Super Electra, entrambi aerei passeggeri del tempo, impiegati anche nelle aviazioni militari.

[19] Ovvia trasposizione del detto riguardante i marinai (una ragazza in ogni porto)!

[20] Specialmente ai floricultori, agli attori, ai naturalisti, agli aviatori e ai bon viveur…!

[21] Lo so a cosa state pensando, birbantelle: la spiaggia, il chiaro di Luna, il bagno di mezzanotte senza costume… SCORDATEVELO! A parte che Andy Greason è un ufficiale e un gentiluomo, gli Americani degli anni Quaranta erano ancora rigidamente puritani! 

[22] Come avrete già capito, all’epoca del racconto le aviazioni americane erano due: quella dell’Esercito (United States Army Air Force) e quella della Marina (United States Navy Air Force); quest’ultima era principalmente imbarcata sulle navi portaerei, ma disponeva anche di molti reparti basati a terra, oltre ad unità di idrovolanti e anche di dirigibili.

[23] Mi veniva da farle dire: “Basta tagliare i fondi alla sanità, vero…?!” ma forse non era il momento.

[24] Il comando della Flotta del Pacifico (CINCPAF) aveva giudicato “trascurabile” un attacco con aerosiluranti contro Pearl Harbour, proprio perché i fondali della baia avevano una profondità massima di 9-12 metri, mentre i siluri dell’epoca dovevano sprofondare per almeno 20-25 metri, prima di stabilizzarsi a una quota sufficiente per non farli passare sotto la chiglia delle navi attaccate. Nessuna rete parasiluri era stata così calata a proteggere il porto, esponendo le unità della Flotta ad essere colpite da quegli stessi siluri, equipaggiati però con speciali timoni orizzontali posticci che impedivano appunto loro di scendere oltre la massima profondità consentita. Quanto ai bombardieri a tuffo (in grado cioè di picchiare e sganciare con un angolo di 90°) erano stati caricarti con proiettili navali da 460 mm, trasformati in bombe mediate il montaggio degli appositi alettoni; in questo modo potevano sviluppare la massima efficacia sulla protezione dei bersagli.

[25] I principali aeroporti dell’Esercito su Oahu erano 3: Hikam e Bellows Field, ubicati nelle immediate vicinanze della base navale (e perciò immediatamente attaccati) e quello di Wheeler Field, situato verso il centro dell’isola.

[26] Sta parlando ovviamente di John Maxim e Roger Williams (i Fratelli del Sud).

[27] Vedi capitolo 4.

[28] A questa non ci crede nessuno!

  
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