Serie TV > Merlin
Segui la storia  |       
Autore: FairyCleo    14/08/2012    1 recensioni
"Era tutto il giorno che l' intero enturage di servitori di re Uther e figlio faceva su e giù per il castello, lustrando persino i cardini delle porte delle segrete.
Camelot doveva prepararsi al meglio per accogliere in maniera egregia un ospite molto particolare".
Dal capitolo 5:
"Veloce come non mai, con il cuore che galoppava così forte da fargli quasi male, Artù era giunto davanti la porta della fredda cella dove era stato rinchiuso Merlino.
Il poveretto giaceva a terra, svenuto, rannicchiato su di un fianco, con le braccia incrociate sul petto, nascoste in parte dalle ginocchia ossute, e il viso affondato in esse.
Nonostante avesse rivolto la schiena verso il freddo muro di pietra, non era difficile immaginare in che condizioni fosse.
Sotto di lui, una pozza di liquido denso e scuro si stava allargando a vista d' occhio.
Se non fosse intervenuto all' istante, sarebbe morto dissanguato in quel posto infernale".
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'ultima battaglia

"Chiudete i cancelli! Sprangate le porte! Radunate tutti gli uomini! Per tutti gli dei, come avete fatto a non accorgervi che stavano per entrare!?".
Il nuovo generale dell'esercito di Miraz, lord Calorsen, era in preda al panico. Il castello e le mura della città erano controllate dalla magia dell'ombra, com'era potuto accadere che nessuno avesse notato l'avvicinarsi di un esercito così bene organizzato? Un esercito di narniani, poi! Ma non erano estinti? La sorpresa più grande, però, era stata il trovarsi davanti persone che credeva pietrificate! Come avevano fatto a liberarsi? Sicuramente era stata opera del leone. A quanto pare, si trovavano al cospetto di un nemico molto più potente di quanto avessero mai immaginato.
Gli uomini stavano facendo del loro meglio, ma le bestie erano feroci, intelligenti e forti, in quanto nei loro cuori albergavano sentimenti quali giustizia e amore, sentimenti dettati dal possente leone, ed era quasi impossibile contrastarli senza l'aiuto dell'unico che poteva sperare di competere con una così potente magia.
"Maestà!" - aveva urlato ad un certo punto il generale, in preda al panico - "Abbiamo bisogno di aiuto! Sono centinaia, e sono dotati di una forza spaventosa! Non vinceremo mai altrimenti!".
Miraz, però, non sembrava affatto preoccupato. Il sovrano immortale aveva finito con calma di indossare guanti e mantello da cerimonia, e si era tirato i capelli indietro, osservando con tranquillità la battaglia che si stava svolgendo nel cortile.
"Ma che bravo il gattino troppo cresciuto! E' riuscito a riportare le statue alla loro forma originaria... E guarda quanti narniani sono ancora in vita. Una vera sorpresa!".
Lord Calorsen si chiedeva se la reazione del suo re fosse solo una conseguenza estrema di una crisi di nervi. Come poteva altrimenti essere così tranquillo di fronte ad un simile pericolo?
"Maestà... ordini?" - voleva solo che si prendessero provvedimenti al più presto. Stavano riportando numerose perdite, e non aveva intenzione di seppellire più uomini del dovuto.
Ma Miraz non sembrava dello stesso avviso. Con estrema lentezza aveva girato il capo verso il suo generale, sorridendo con malvagità.
"Generale... mi meraviglio di voi e del vostro timore".
L'uomo si era irrigidito a quelle parole: temeva l'ira di sua maestà molto più della magia di un leone narniano.
"Avvicinatevi, lord Calorsen, avvicinatevi alla finestra".
Obbedendo immediatamente all'ordine, il generale si era avvicinato, lasciando che sua maestà posasse entrambe le mani sulle sue spalle. Quello che aveva provato era stato a dir poco indescrivibile: nonostante indossasse la cotta di maglia e l'armatura, e nonostante le mani di Miraz fossero fasciate dai guanti di pelle nera, la parte del corpo da lui sfiorata era stata colpita da un freddo innaturale, lo stesso freddo che usciva dalla narici di sua maestà. Il terrore aveva invaso l'animo dell'uomo che finalmente aveva compreso quale fosse la verità: Miraz, il re che stava servendo, non era più un uomo, anche se immortale. Lo zio di Caspian X era diventato una specie di morto che camminava ancora sulla terra, un essere che non apparteneva né al mondo dei vivi né a quello dei morti. Prestando attenzione, lord Calorsen si era accorto che non si avvertiva neppure il battito del suo cuore. Com'era stato possibile che avesse deciso di infliggersi una simile condanna con le sue stesse mani? Come era possibile che un uomo potesse decidere di diventare un mostro?
"Vi vedo perplesso lord Calorsen... C'è forse qualcosa che vi turba?".
"N-no mio re" - aveva balbettato quello, cercando di non mostrarsi nervoso o, peggio ancora, disgustato.
"Bene, perché ci sono tante cosa da fare, ancora. Guardate bene lo spettacolo che si sta svolgendo sotto i nostri occhi! Guardate! Quanta ferocia stanno tirando fuori queste bestie che si ritengono tanto superiori? Attaccano, mordono e dilaniano come qualunque altro animale, anzi, forse anche di più. E sembra davvero che i nostri uomini siano in netto svantaggio. Ma guardate meglio! Coraggio... guardate! Guardate come li teniamo in pugno!".
Inizialmente lord Calorsen aveva trovato difficoltà a comprendere le parole del suo re. Poi, però, proprio in quell'istante, era riuscito a darsi una spiegazione: qualcosa di terribile aveva appena iniziato a manifestarsi sotto i suoi occhi.

*

Artù era nel bel mezzo della battaglia. Dopo il discorso che aveva affrontato con Margareth, la donna che aveva permesso loro di entrare tra le mura della città, un sentimento nuovo lo aveva spinto ad andare avanti senza esitazioni. Ora, tutto era finalmente chiaro. Era finalmente riuscito a spiegarsi il perché del rapimento di Merlino, così come era stato finalmente in grado di capire come avesse fatto ad uscire indenne da situazioni apparentemente catastrofiche. Era stato Merlino, era sempre stato Merlino. Il suo amico era un potente mago, ecco chi era, un mago che lo aveva protetto e difeso a costo della sua stessa vita. Aveva corso un pericolo tremendo decidendo di rimanere a Camelot, al suo fianco, sfidando le leggi di Uther, dimostrando di essere un ragazzo coraggioso oltre ogni limite. Ma c'era anche un'altra cosa che gli stava dando una spinta in più per reagire, ed essa era la rabbia. Perché per quanto comprendesse le motivazioni che avevano spinto Merlino a mentirgli per tutto quel tempo, si sentiva tradito dal suo migliore amico.
Davvero credeva che lo avrebbe consegnato a suo padre, facendogli patire una sofferenza ed una morte atroci? Ogni volta che gli tornavano in mente le parole di Margareth, Artù colpiva i nemici che non sapeva neppure di avere. Da solo, senza l'aiuto di nessuno, aveva atterrato una decina di uomini, ferendone gravemente altrettanti. Sembrava la morte scesa sulla terra, morte che aveva assunto l’aspetto di un giovane bello come il sole. Persino il prode sir Leon, compagno di mille spedizioni, si era meravigliato di vedere il proprio principe battersi con tanta ferocia. Artù non era mai stato un guerriero crudele. Artù era un ragazzo giusto e leale, un ragazzo che soffriva per ogni vita che era costretto a stroncare, e che chiedeva perdono agli dei per ogni sua vittima. Cosa poteva essergli accaduto in così poco tempo per tramutarlo in un guerriero così spietato?
"Artù!" - lo aveva chiamato il cavaliere, trovando un attimo di respiro - "Artù, dovete calmarvi! Non potete continuare così!".
Ma il prode principe di Camelot sembrava non averlo minimamente ascoltato. Continuava a caricare con veemenza, colpendo e dilaniando le carni di chiunque gli capitasse a tiro.
"Non è il momento di essere magnanimi sir Leon! Questo mostro va fermato, e con esso gli uomini che hanno deciso di schierarsi dalla sua parte!".
Il cavaliere aveva ferito di striscio un soldato telmariano prima di tornare a rivolgersi al suo sovrano.
“Non è questo il modo Artù! State combattendo senza lucidità e senza il giudizio che di solito vi contraddistinguono! Vi prego Artù, smettetela!".
"Aaah!" - aveva urlato il principe mentre atterrava un altro soldato, ignorando completamente il cavaliere - "Soldati! Al castello! Subito!".
Ma, proprio mentre la bizzarra e variopinta armata era giunta in prossimità dei cancelli ed era riuscita a spalancarli, essi si erano richiusi autonomamente, dividendo i pochi che erano riusciti a penetrare all'interno dai molti che erano rimasti chiusi fuori.
Il fedele destriero di Artù si era innervosito, così come il cavallo di sir Leon e quello di Briscola.
"Che cosa succede?" - aveva chiesto quest'ultimo, guardandosi attorno nella speranza di riuscire a comprendere qualcosa.
"Cosa vuoi che ne sappia??" - aveva risposto un Artù profondamente irritato, mentre cercava di placare il proprio cavallo.
Di certo, qualunque cosa stesse accadendo, era tremendamente inquietante: i cancelli, le porte, le finestre, ogni cosa si era sbarrata senza che nessuno la toccasse. Il castello era sigillato come uno scrigno. Non avevano più alcun accesso, eccetto una finestra posta in una stanza in alto da cui si intravedeva la fioca luce di una candela.
Osservando meglio, Artù si era reso conto che nei pressi della finestra vi erano due figure che guardavano verso l'esterno. Una delle due era a dir poco inconfondibile: nessuno avrebbe mai potuto dimenticare il volto crudele di Miraz. L'usurpatore aveva gli occhi puntati addosso al biondo principe, e sembrava schernirlo e sfidarlo allo stesso tempo. Non c'era meraviglia nelle sue iridi nere. Evidentemente, il mostro sapeva che sarebbe andato a cercare Merlino.
"Eccolo lì" - aveva sussurrato il principe di Camelot ai suoi compari, digrignando i denti dalla rabbia - "Eccolo lì quel verme schifoso!".
Il suo esercito si era girato verso la direzione indicata dal principe. Le pantere e i leoni avevano cominciato ad emettere bassi ringhi minacciosi, i centauri e i fauni avevano preso a scalpitare e le aquile e i grifoni avevano urlato verso il cielo talmente forte da sembrare sul punto di squarciarlo.
"Pare che quella sia l'unica via di accesso" - aveva commentato sir Leon, sarcastico.
"Sembra che tu abbia ragione" - gli aveva fatto eco Briscola.
"Dobbiamo raggiungere quel mostro" - aveva sentenziato Artù senza troppi preamboli.
Sir Leon e Briscola si erano scambiati un lungo sguardo d'intesa: a differenza del cavaliere, il nano non conosceva bene il principe Artù, ma sapeva bene che se Aslan lo aveva scelto era per il suo cuore puro e perché era un uomo giusto. Il perché del suo comportamento irruento era inspiegabile persino per uno che non lo conosceva, figurarsi per chi come sir Leon l'aveva visto crescere. Era quasi come se nel suo cuore non ci fosse più spazio per Aslan e per i suoi insegnamenti. Era quasi come se non ci fosse più spazio per l'Artù di Camelot che tutti amavano e rispettavano.
"Fatemi arrivare lassù" - aveva detto, senza possibilità di replica.
A quel punto, un grifone che aveva udito la sua richiesta era planato con velocità sino a toccare terra.
"Salite sulla mia groppa maestà. Vi condurrò dove desiderate".
Ma, proprio mentre Artù stava per scendere da cavallo, una sorta di spettrale nebbia era sorta dal nulla, e aveva cominciato a diffondersi ad una velocità spaventosa. Qualche istante dopo, gli animali avevano cominciato a cadere al suolo come se fossero stati colti da un sonno inaspettato e letale, compresi Briscola e sir Leon, che stavano per essere avvolti da essa nonostante i continui sforzi che stavano tentando di fare per evitarlo. A quel punto, Artù non poteva più esitare. Con un balzo, il principe si era portato sulla groppa del grifone, grifone che si era librato in volo proprio in tempo per evitare che qualcosa dagli occhi rossi come fuoco che il principe aveva visto solo di sfuggita riuscisse nel suo intento di mordere la zampa del grifone.
Artù volava veloce verso il proprio nemico. Il suo unico desiderio era quello di porre fine alla sua vita. Peccato solo che non sapesse nulla della sua immortalità.

*

Clara e suo padre si erano diretti a gran velocità presso le stanze di Merlino. Avevano appena socchiuso la porta quando la malefica ombra del loro amato parente si era dissolta nell'aria, e con essa la sensazione di disagio che si era venuta a creare.
"Merlino!" - aveva urlato la ragazza, precipitandosi verso l'ampio letto su cui giaceva immobile il povero mago quasi del tutto esangue - "Merlino, ti prego, guardami!" - aveva tentato ancora, sollevandogli di poco il capo. Ma il giovane non sembrava avere alcun tipo di reazione agli stimoli della ragazza dalla chioma fulva.
Giona si sentiva tremendamente in colpa: non aveva fatto niente per fermare quello scempio, anzi, aveva addirittura messo tra le mani del ragazzo il grimorio su cui era stato scritto il terribile incantesimo che nessuno avrebbe mai dovuto pronunciare.
"E' tutta colpa mia Merlino... Mi dispiace tanto..." - aveva detto al ragazzo, quasi con le lacrime agli occhi.
"Padre, dobbiamo fare qualcosa per lui, dobbiamo aiutarlo!" - era intervenuta la ragazza, che nel frattempo aveva iniziato ad accarezzare quel volto così bello anche nella sofferenza.
"Non credo che possiamo fare qualcosa, figlia mia".
"Ma tu sei un mago! E sei anche molto potente!" - aveva protestato lei, in preda al panico. Come poteva dire suo padre di non poter fare assolutamente nulla per lui?
"Credo di non esserlo abbastanza. La verità è che questo tipo di magia può essere infranta solo da un’altra di pari intensità e forza".
"Che cosa intendi di preciso?".
"Il punto è che nessuno lo sa! Potrebbe servire un contro incantesimo, o qualcosa di completamente diverso".
Non riusciva a crederci! Come poteva suo padre non sapere come fare per porre rimedio agli effetti devastanti di quella magia?
"Non può non esserci un contro incantesimo!".
"Figlia mia, ormai dovresti sapere che la magia richiede prezzi molto alti in queste circostanze".
"Oh dei padre! Non penserete mica che per riscattare la sua vita occorra sacrificarne un'altra?".
Clara era ormai sul punto di scoppiare a piangere, in parte per la rabbia, in parte per l'immenso dolore che quella situazione le stava procurando. Merlino ne aveva passate fin troppe, ed era tutta colpa sua. Era stata lei a scoprire il suo segreto, era stata lei ad indicarlo a Miraz come possibile esecutore del malefico incantesimo, era stata lei ad ingannarlo e a farlo imprigionare.
"Sono un mostro" - aveva sussurrato ad un certo punto, lasciando che le sue lacrime finalmente sgorgassero e bagnassero il volto cereo di Merlino - "E' tutta colpa mia. Ma giuro sul bene che voglio alla mia famiglia che farò tutto ciò che è in mio potere per salvarti" - aveva detto, posandogli un leggero bacio sulla fronte.
Giona aveva cominciato ad avere una terribile sensazione: se poco prima aveva ricevuto un minimo di sollievo nel sapere che sua figlia era finalmente libera, ora cominciava a temere per la sua vita. Clara aveva uno strano sguardo, uno sguardo che conosceva fin troppo bene.
"Figlia...".    
"E' colpa mia padre, è solo colpa mia. Non avrei dovuto tradire la sua fiducia, non avrei dovuto consegnarlo a Miraz. Se c'è un modo per salvarlo, e se questo modo richiede un sacrificio, io...".
"NON DIRLO!" - aveva urlato Giona, alzando la voce a tal punto da far sussultare la ragazza per lo spavento.
"Non devi dirlo neanche per scherzo! Ho perso due figli e una moglie, sei tutto quello che mi è rimasto! E per quanto io possa voler bene a questo ragazzo, non posso permetterti di sacrificare la tua vita per lui!".
"Ma padre...".
"Non ci sono ma che tengano, Clara! Tu non sai a quello che vai incontro! Sacrificare la tua vita non è un'opzione, per cui, non osare mai più neanche pensare una cosa del genere!".
Clara era stata sconfitta. Sapeva che suo padre non avrebbe mai accettato la sua proposta, ma confidava nel fatto che egli credesse nella giustizia di Aslan! Arrivata a quel punto, non sapeva più come fare per aiutare il povero Merlino. Lei non era dotata di poteri magici, e suo padre era l'unico mago disponibile nei paraggi. Si sentiva persa e sola.
"Io non voglio che lui muoia..." - aveva asserito, continuando a piangere e ad accarezzargli il viso.
Giona non aveva aggiunto altro. Neanche lui voleva che Merlino morisse, ma non aveva i mezzi per poter fare qualcosa di concreto. A quel punto, non gli restava che stare fermo ad aspettare. Se Aslan aveva aiutato sua figlia nonostante le bravate che era stata costretta a commettere, forse avrebbe aiutato anche l'artefice di quella malefica magia.
Tutto ad un tratto, però, aveva cominciato a sentire rumori provenienti dall'esterno, rumori a dir poco inconfondibili per chi aveva già affrontato in passato una battaglia.
"Padre, ma cosa succede?".
Velocemente, il mago si era diretto presso la finestra, cominciando a descrivere alla figlia in maniera dettagliata ciò che stava accadendo al di là del vetro.
"Narniani, figlia mia! Sono tanti, e attaccano con ferocia! L'esercito di Miraz è in difficoltà! E... quello deve essere Artù di Camelot! Figlia, il principe di Camelot è venuto a salvarci!".
Non riusciva a credere ai propri occhi. Quello che stava avvenendo era a dir poco portentoso! Ovviamente, era a conoscenza del fatto che il popolo di Narnia non fosse affatto estinto, ma non pensava che fossero tanto numerosi e tanto agguerriti. Lo stanco e provato Giona si era sentito improvvisamente rinascere.
"Forse abbiamo ancora una speranza!".
Ma, ovviamente, aveva parlato troppo presto: la piazza del castello si era improvvisamente riempita di uno strano fumo, e chiunque ne venisse investito cadeva al suolo privo di sensi. Solo il principe di Camelot era riuscito a sfuggirgli, aggrappandosi con forza al collo piumato di un enorme grifone dall'aspetto fiero e minaccioso. Il mago non aveva potuto fare a meno di notare che sotto di lui brillassero i perfidi occhi scuri di quella malefica ombra che conosceva bene come la sua anima.

*

Caspian non riusciva più a ragionare lucidamente. Il fragore della battaglia era giunto alle sue orecchie, e l'essere imprigionato ai piedi dell'altare come un trofeo di caccia lo faceva sentire doppiamente inutile ed inetto. Le due guardie che avrebbero dovuto badare a lui si erano unite al resto dell'esercito, lasciandolo solo, e aveva cercato di fare qualunque cosa pur di liberarsi dalle catene, ma l'unica cosa che era riuscito a fare era stata procurarsi delle lacerazioni profondissime che avevano cominciato a dolere e sanguinare copiosamente. Ma lui non si era arreso: non poteva mollare proprio ora, e non poteva lasciar fare tutto ad Artù! Era lui il principe ereditario di Telmar, si trattava del suo trono, della sua gente, doveva, voleva essere in prima linea per difenderli e restituire loro ciò che gli spettava di diritto. Per questo non si sarebbe arreso, per questo avrebbe continuato a lottare, strappandosi la carne con le sue stesse mani se necessario. Avrebbe combattuto al fianco di Artù.
Ma, proprio mentre stava tentando ancora di liberarsi, la porta si era spalancata di scatto, rivelando agli occhi del principe la snella figura di un giovane dai capelli scuri che era sicuro di non conoscere. Il ragazzo aveva esitato per un lunghissimo attimo prima di entrare, squadrando attentamente il principe incatenato.
"Chi sei?" - aveva chiesto Caspian, ad un certo punto - "Se sei un amico sei il benvenuto, ma se sei un nemico sappi che...".
"Sono un amico!" - lo aveva interrotto il ragazzo - "Sono-sono un amico maestà!" - e si era precipitato ad aiutarlo.
"State indietro" - lo aveva ammonito, spezzando subito dopo le pesanti catene con un colpo netto della sua possente spada.
Caspian aveva evitato di cadere in avanti in malo modo, e subito dopo aveva cominciato a massaggiarsi i polsi e le caviglie, evitando di rimettersi immediatamente in piedi perché temeva che le gambe non lo reggessero.
"Ti sono debitore, ragazzo. Sarei lieto di conoscere il tuo nome. Ci siamo mai visti prima di oggi?".
Il giovane aveva abbassato per un istante lo sguardo, stringendo poi con forza la spada con cui aveva liberato sua maestà.
"Non credo mio signore. Io sono Marcus maestà. Sono il figlio di lord Glozelle e di lady Lucia, venuto qui per servirvi, e per vendicare la morte di mio padre".
Caspian era sorpreso: non aveva dimenticato il tradimento di Glozelle, ma sarebbe stato scortese e controproducente tirare in ballo davanti al ragazzo cose di cui in fondo non era responsabile.
"Figlio di lord Glozelle e lady Lucia, ti devo la mia salvezza. Quando sarò re, tu sarai eletto cavaliere di Narnia".
Il ragazzo era arrossito per la sorpresa. Non si aspettava di ricevere una simile onorificenza, e non se ne sentiva neppure degno, ma aveva preferito non replicare.
"Maestà, io...".
"A dopo i convenevoli" - aveva tagliato corto Caspian mentre si accingeva a recuperare la propria spada - "Dobbiamo trovare Miraz, e soprattutto dobbiamo trovare Merlino!".
"Merlino?" - era ovvio che Marcus non sapesse di chi stesse parlando.
"Sì ragazzo, dobbiamo trovare il mago, o nessuno sarà in grado di fermare Miraz. Almeno, non fino a quando rimarrà immortale!".
La bocca spalancata di Marcus valeva più di mille parole.

*

Artù era quasi arrivato davanti alla grande vetrata che lo separava da Miraz. Non aveva mai volato prima di allora, e non aveva mai neppure creduto di poterlo fare, ma non era riuscito a godersi il brivido dell'esperienza, perché il suo unico pensiero era quello di uccidere il mostro che era diventato la causa di tutti i mali. L'odio verso Miraz non faceva altro che crescere, così come il disprezzo nei confronti di lord Sopespian. Entrambi sarebbero morti saggiando la sua lama letale.
Lo sguardo del principe di Camelot era profondamente cambiato. Totalmente accecato dall'odio, sembrava lo sguardo di un altro uomo, un uomo diverso che nessuno prima di allora aveva mai conosciuto, e che nessuno avrebbe mai sperato di vedere.
Giunto in prossimità del punto di arrivo, aveva finalmente sguainato la sua spada, facendola roteare in aria più volte prima di colpire il proprio bersaglio. Ma la minacciosa scena non sembrava aver turbato minimamente Miraz, al contrario del suo nuovo generale che sembrava completamente pervaso dal terrore.
"Maestà... Sta per attaccarci... Maestà...".
"State calmo mio caro!" - aveva sibilato, stringendogli con forza la spalla con le grandi mani nodose - "Dopotutto, difendermi è un vostro DOVERE!".
La scena era stata epica, degna di essere raffigurata dal più grande pittore mai esistito sulla faccia della terra: l'alta vetrata della finestra ad arco acuto era stata mandata in frantumi dalle possenti zampe del grifone arrivato ad ali spiegate e a becco spalancato, emettendo un verso spaventoso, proprio come una bestia portatrice di morte.
Sulla sua groppa si era presentato Artù, con la spada sguainata e la bocca deformata in un grido di puro odio che avrebbe fatto scappare qualunque creatura, anche la più coraggiosa. A pochi passi da lui, immobili, sulla loro traiettoria, vi erano re Miraz e il povero generale Calorsen che si era ritrovato a fare da scudo al perfido sovrano.
In un solo, temibile istante, gli sguardi dell'usurpatore e del principe si erano incrociati dichiarandosi guerra apertamente, per poi perdersi a causa di un'atrocità che era appena stata commessa: il fendente mortale di Artù era andato a segno, ma purtroppo per lui non aveva colpito le membra di Miraz, bensì il torace del povero generale, trapassandolo da parte a parte. Stravolto da quel gesto così inaspettato, Calorsen aveva avuto solo il tempo di guardare il mostro per cui aveva perso la vita negli occhi e leggervi dentro non rimorso o dolore, ma solo un sadico e orrido divertimento. E, in pochi secondi, il pover'uomo si era accasciato al suolo, abbandonando per sempre quella vita a cui era sempre stato estremamente legato.
"MIRAZ!" - aveva urlato Artù, scendendo dalla groppa del grifone - "Impugna la tua spada e battiti, codardo! Sono Artù di Camelot, sono un figlio di Adamo, e sono qui per prendermi la tua vita!".
Nonostante si trovasse sotto scacco, l'usurpatore non sembrava minimamente spaventato o turbato dall'accaduto.
"Piacere di rivedeti Artù di Camelot... Abbiamo fatto progressi a quanto pare! Figlio di Adamo...! Hai forse incontrato Aslan di recente?".
"Cane! Non osare prenderti gioco di me! Impugna la tua spada e combatti da uomo!".
"Quanto ardore! Tutto questo per aiutare il caro Caspian, o per liberare il dolce e gentile Merlino?".
"Non osare...".
"Fare cosa? Nominare il tuo maghetto? Pensavo fossi in collera con lui per averti mentito su chi era veramente! A quanto pare mi sbagliavo!".
A quanto sembrava, Miraz sapeva molto di più di ciò che Artù pensava. Margareth lo aveva avvisato della presenza della malefica ombra, ma non credeva che essa potesse essere tanto potente da narrargli ogni evento nello stesso istante in cui esso avveniva, se non addirittura in anticipo.
"Ti vedo sorpreso, Artù. Eppure so che sei a conoscenza delle splendide doti del mio braccio destro... A proposito! Non avete ancora fatto conoscenza!".
Un attimo dopo, dal nulla, era apparsa la terribile ombra sibilante, che strisciando sinuosa si era avvicinata alle gambe di Miraz.
Artù non l'aveva persa di vista neanche per un istante. Non provava timore nei confronti di quella bestia: provava solo ed esclusivamente ribrezzo.
"So che cosa sei" - aveva detto, rivolgendosi all'ombra di Mikael - "E so che cosa eri! Un traditore, ecco cosa eri!".
Sul volto di Miraz si era accesa improvvisamente una luce che alcuni guerrieri conoscevano molto bene. Sul suo volto si era accesa la luce della vittoria.
"Davvero, principe Artù? Era un traditore?".
"Sì, lo era!" - aveva urlato Artù, puntandogli addosso la spada - "Lui non ha tenuto fede al patto di morte che avevate stipulato!".
Il sorriso di Miraz si era allargato ancora di più. Tutto stava andando come previsto. Non riusciva quasi a credere che fosse stato così facile!
"E' proprio come dite, Artù. Lui era un traditore, ed ha pagato le conseguenze del suo gesto. Adesso, sarà legato a me in eterno. Obbedirà ai miei ordini in tutto e per tutto, senza mai potersi ribellare! Non trovate che sia la giusta punizione per uno come lui Artù? Non trovate? Non vorreste anche voi punire in questo modo chi ha osato tradirvi? Non volete?".
Nel cuore di Artù si agitavano sentimenti contrastanti: se da un lato si rendeva conto perfettamente che il discorso di Miraz nascondeva qualcosa di subdolo, nel contempo non riusciva a fare a meno di essere d'accordo con lui. La sua mente aveva cominciato a vagare, ripercorrendo tutti gli episodi di tradimento di cui era stato vittima inconsapevole. E, in ognuno di questi episodi prendeva forma sempre la stessa figura: quella slanciata e quasi eterea di Merlino.
"Sì Artù... E' proprio così" - aveva detto Miraz - "So a cosa stai pensando… A Merlino, e a tutto quello che ha fatto alle tue spalle. Lo senti questo sentimento, questo dolore che si agita proprio qui, nel tuo petto, all'altezza del cuore?" - e aveva posato una mano sul suo torace.
Artù aveva cominciato ad avvertire per davvero quel turbamento di cui parlava Miraz, e sentiva che Merlino era la fonte di tutti i mali. Quelli che fino a qualche istante prima erano stati ricordi in cui il mago aveva giocato la parte del salvatore celato, erano diventati ricordi in cui l'eroe si era tramutato nel mostro. Come aveva potuto essere talmente sciocco da fidarsi di un ragazzino? Essere talmente cieco da non vedere ciò che era chiaro come il sole?
Miraz sorrideva maligno mentre nella sua mente venivano proiettate dall'ombra le immagini che scorrevano nella mente di Artù. Il suo piano stava riuscendo a meraviglia, di conseguenza non poteva non gioirne. Ovviamente era a conoscenza dell'arrivo del principe e dello stupido esercito narniano, anche se non era stato in grado di vedere Aslan. Il grande leone si era celato agli occhi dell'ombra, impedendogli di sentire la sua voce. Fortunatamente, era stato in grado di apprendere molte cose anche dalla mente di Artù, vulnerabile, ma purtroppo limitata. Di certo, non aveva paura di un misero gruppo di belve feroci. La magia che aveva a disposizione era di certo molto più potente di quella al servizio dei narniani, e la sua immortalità costituiva l'ennesimo punto a suo favore.
Il figlio di Adamo stava cadendo in suo possesso, e non poteva capitargli fortuna migliore.
"E' proprio così Artù. Merlino è la causa di tutti i mali. Non vorresti vendicarti, principe di Camelot?".
Quest’ultimo non era stato in grado di rendersi conto che già da qualche minuto la maledetta ombra aveva cominciato ad emettere un suono a dir poco agghiacciante, un suono che però l'essere umano non era in grado di percepire ma che ne subiva effetti a dir poco devastanti. Senza saperlo, il biondo figlio di Adamo aveva cominciato a stringere l'elsa della spada con maggiore forza, facendola muovere di tanto in tanto. La rabbia in lui era cresciuta a dismisura, fino al punto di diventare quasi incontenibile.
"Sì... E' colpa di Merlino" - aveva detto - "E' tutta colpa sua".
C'era quasi. Ormai non mancava molto. Presto il figlio di Adamo sarebbe caduto sotto il suo controllo. E allora, nessuno avrebbe più potuto fermarlo.

*

Caspian correva talmente veloce da farsi mancare il fiato. I corridoi del castello erano improvvisamente diventati un campo di battaglia in cui i soldati e alcune bestie di Narnia continuavano a lottare, ormai allo stremo delle forze. Il principe, seguito a ruota dal prode e giovanissimo Marcus, continuava ad avanzare, stendendo con un solo fendente chiunque osasse intralciare il proprio cammino. Il suo obiettivo era quello di raggiungere al più presto Miraz l'usurpatore, e avere finalmente giustizia. Alla fine, si era reso perfettamente conto che l'immortalità non costituiva per lui un problema. Il vero problema era l'aiuto che l'uomo dal cuore nero traeva dall'ombra di Mikael. Sin dal primo istante, Caspian aveva deciso di non privare il perfido zio della sua vita per bontà, ed ora era sempre più certo che una volta spezzato l'incantesimo sarebbe tornato tutto come prima. Ma come avrebbe potuto farlo? Non era un mago, Giona non era abbastanza potente per cercare di porre rimedio, e di Merlino non c'era traccia, e non sapeva neppure se ci fosse un contro-incantesimo in grado di spezzare quella condanna peggiore della morte.
Marcus seguiva il suo principe senza battere ciglio: era stato addestrato per diventare un guerriero, e non avrebbe di certo disonorato la memoria di suo padre. Era la prima volta che partecipava ad una battaglia, anche se era a dir poco atipica. Mai avrebbe pensato di lottare al fianco di un popolo che riteneva estinto.
"Maestà!" - aveva detto ad un certo punto, accorgendosi che qualcosa non andava - "I narniani sono troppo pochi. Aslan non può averci inviato un esercito così esiguo. E poi, dove sono i nostri amici di Telmar? Dov'è il vostro popolo?".
Per quanto fosse un ragazzo appena adolescente, Caspian doveva ammettere che avesse notato una cosa che a lui era sfuggita.
"Hai ragione. C'è qualcosa che non va. Cosa proponi di fare?" - aveva chiesto, trovando riparo dietro una colonna.
"Maestà, l'esercito di Aslan si trova di certo nel cortile. Gli animali parlanti sono venuti dal basso, ma a giudicare dal silenzio che sento, il portone deve essersi richiuso per qualche assurdo motivo. Credo che sia il caso di andare a controllare e andargli incontro".
"Vorresti andare da solo?" - l'idea non allettava affatto Caspian, ma si era reso perfettamente conto che in realtà non avevano molta scelta.
"Solo se avrò il vostro permesso maestà".
Lo sguardo coraggioso del ragazzo e la sua forza di volontà avevano convinto il giovane principe, che poco dopo aveva dato al ragazzo la sua benedizione.
"Vi ringrazio principe Caspian. Non vi deluderò. Avete la mia parola" - ed era corso verso la propria meta a spada sguainata, sperando con tutto il cuore di potercela fare.

*

Marcus era riuscito a raggiungere il grande atrio del castello non senza qualche difficoltà, avanzando a tentoni tra il gruppo di soldati agguerriti. Aveva afferrato le pesanti maniglie della porta e l'aveva spalancata, rimanendo per un lungo istante sbigottito a causa di quello che si presentava davanti ai suoi occhi: entrambe le fazioni dell'esercito se ne stavano perfettamente immobili, le une accanto alle altre, senza fiatare, né emettere alcun suono o qualsivoglia verso.
Animali parlanti, uomini a cavallo, soldati di Miraz e il popolo di Telmar armato di torce e forconi sembrava essere diventato improvvisamente un esercito di marionette in attesa che qualcuno cominciasse a muovere i fili.
Per un lungo, lunghissimo istante, il ragazzo non aveva saputo cosa fare. Poi, smosso dalla voglia di non deludere il proprio re e di porre fine alla guerra, aveva finalmente parlato, invitando i suoi a battersi e ad entrare nel castello.
"Forza! In nome di Aslan, riprendiamoci ciò che è nostro!".
"Sì..." - aveva detto ad un certo punto uno dei nani - "Riprendiamoci ciò che è nostro".
Marcus non aveva la più pallida idea di ciò che aveva appena provocato.

*

Caspian aveva il fiato corto. Trovare la stanza in cui si trovava Miraz non era stato semplice, ma dopo vari tentativi era riuscito a compiere la propria impresa, spalancando le porte che avevano presentato davanti ai suoi occhi uno scenario a dir poco inspiegabile.
Artù era davanti a Miraz e lo guardava negli occhi, ma non sembrava che il principe rappresentante una minaccia per l'usurpatore. Al contrario, il perfido uomo dal cuore nero teneva una mano sulla spalla di Artù e lo invitava a votarsi alla sua causa con voce suadente. La perfida ombra se ne stava ai loro piedi, puntando i suoi occhi ardenti sulle membra temprate dai duri allenamenti dell'altro figlio di Adamo.
"Artù?" - lo aveva chiamato Caspian - "Artù, fratello, che cosa sta succedendo?".
Ma non era stato il diretto interessato a rispondere, bensì l'usurpatore.
"Nipote! Quale onore! Alla fine sei riuscito a liberarti!" - non sembrava affatto preoccupato dell'accaduto - "Mentre tu riposavi incatenato ai piedi del mio trono, io e il bel principe abbiamo discusso un po' arrivando ad una conclusione ben più che vantaggiosa per entrambi, non è vero Artù?".
Caspian non aveva potuto fare a meno di notare che il suo amico fosse profondamente cambiato: la sua postura era più rigida, quasi meccanica, il suo sguardo si era indurito, e le pupille erano dilatate, assumendo uno strano colore verdognolo. Il timore che fosse caduto sotto l'incantesimo di Mikael stava dilagando in lui ad una velocità inimmaginabile. Ma come era potuto accadere? Come aveva potuto Artù dimenticare gli insegnamenti di Aslan? Come aveva potuto dimenticare Merlino?
"Fratello... Fratello mio, che cosa ti è successo?".
Non poteva essere accaduto per davvero. Aslan non poteva essersi sbagliato. Il grande leone non sbagliava mai. Ma allora perché lo sguardo di Artù non era mutato nel vederlo? Perché non aveva già provato ad atterrare il nemico?
"Artù... Ti prego... Sono io... Caspian. Siamo venuti qui per battere Miraz e salvare Merlino! Non lo ricordi più, fratello?".
Ma ecco che alla parola Merlino il ragazzo aveva ricevuto come una sorta di scossa, e un istante dopo era partito all'attacco urlando frasi apparentemente senza senso.
"TU SEI AMICO DEL TRADITORE, ED IO NON CONSIDERO UN FRATELLO CHI SI COMPORTA COME TE!".
In pochi istanti, si era scatenato un duello all'ultimo sangue tra i due principi. Caspian non aveva più alcun dubbio: Artù era controllato dalla magia di Mikael, e Miraz aveva molto probabilmente previsto dall'inizio che i due finissero per battersi sino all'ultimo sangue. Il principe dalla capigliatura castana sperava solo che l'esito non fosse del tutto disastroso, e che alla fine entrambi ne uscissero vincitori.
Il grifone aveva spiegato le ali e aveva emesso un suono spaventoso cercando di intimorire il nemico, ma esso non era caduto nel suo tranello, costringendolo alla resa con l'utilizzo della magia. In pochi attimi era stato atterrato, e giaceva immobile come se fosse stato privato della vita.
Miraz, nel frattempo, si era messo comodo, e aveva iniziato ad osservare lo spettacolo divertito: aveva avuto davvero un'idea geniale.

*

La situazione era molto più drammatica di quanto avesse mai potuto immaginare. Dopo aver aperto i cancelli e invitato i suoi ad entrare, Marcus era stato letteralmente travolto e imprigionato da una folla infuriata, folla che stava dalla stessa parte, e che purtroppo per lui era la parte che venerava re Miraz. Tutti, indistintamente, narniani e abitanti di telmar, si erano precipitati nel castello, inneggiando il nome del loro sovrano e dichiarando di voler versare il sangue immondo del principe Caspian. Marcus non aveva potuto fare a meno di dedurre che l'ovvio cambiamento di fazione da parte dei narniani fosse dovuto alla magia nera: nessuno di loro avrebbe mai prestato il proprio aiuto all'essere che li aveva cacciati per anni nel tentativo di farli estinguere completamente. Ma cosa avrebbe potuto fare, ormai? Era stato catturato, aveva deluso Caspian e disonorato la memoria di suo padre. Non era che un inutile ragazzino, un ragazzino che non era stato capace di aiutare nessuno. Lacrime di rabbia erano salite ai suoi occhi, ma sarebbero rimaste per sempre lacrime che non avrebbe mai versato. Troppo grande era il dolore che albergava nel suo cuore.
Così, legato come uno schiavo e trascinato di peso da due enormi centauri, il ragazzo si stava dirigendo nella stanza in cui si trovava Miraz, circondato da quella folla eterogenea e sprezzante.
Si sentiva ormai perso e privo di qualsiasi speranza quando qualcuno gli aveva sfiorato una gamba più volte, nell'evidente tentativo di attirare la sua attenzione.
Si trattava di una figura incappucciata, e a giudicare dai lunghi boccoli neri che spuntavano dal cappuccio, doveva trattarsi di una donna.
"Chi sei?" - aveva chiesto, cercando di non farsi sentire dai centauri - "Che cosa vuoi da me?".
"Sssh! Non urlare ragazzo! Sono un'amica, voglio aiutarti".
Lentamente, la donna aveva sollevato di poco il cappuccio, permettendo al giovane di osservarla in viso. Era di certo la donna più bella che avesse mai visto. Pelle di luna, occhi color di foglia e labbra rosse come il fuoco. Marcus aveva pensato che dovesse essere una dea, una dea buona e gentile. Come poteva essere altrimenti?
"Non devi avere timore di me. Io sono lady Morgana, sono la sorellastra del principe Artù. Ho visto Aslan, e sono qui per aiutare".
"Perché non sei caduta vittima dell'incantesimo dell'ombra?" - aveva chiesto il ragazzo, saggiamente e con un filo di voce, cercando di non farsi udire dai centauri.
"Sono arrivata qui dopo che esso era stato pronunciato. Artù ha cercato di tenermi buona, ma io l'ho seguito senza che se ne accorgesse, e sono sempre più certa di aver fatto bene".
E lo aveva fatto per davvero.
"Signora, dobbiamo fare qualcosa. Sono tutti sotto il controllo del mostro. Io non voglio che il principe muoia. E' la nostra unica speranza".
Gli sembrava quasi impossibile di dover affidare tutto ad una damigella, ma non vedeva altre soluzioni. Forse, lady Morgana era la sua ultima speranza di salvezza.
"Non temere, farò quello che posso, ma tu devi reggermi il gioco. Ho visto Artù raggiungere in groppa ad un grifone la stanza in cui si trova Miraz, ed è proprio lì che ci stiamo dirigendo. L'unico modo che abbiamo per sperare di trovare qualcuno che è rimasto immune all'incantesimo, proprio come..." - ma la dama non aveva finito la farse, perché la figura di una donna dalla fulgida chioma aveva attirato la sua attenzione, in quanto si trattava di una donna che lei conosceva piuttosto bene.
"Clara" - aveva sussurrato Morgana, cercando di non far trasparire troppo la sua gioia.
Marcus aveva cercato di girarsi verso il punto in cui stava guardando la dama, ma gli era quasi impossibile scorgere ciò che lei aveva visto: per quanto la folla si muovesse ad una andatura ridicola, era troppo fitta per permettergli di vedere attraverso essa dalla posizione in cui era.
"Clara la figlia del mago, mia signora?" - aveva chiesto Marcus.
"La figlia del mago?".
"Sì signora. La figlia del mago Giona, nonché la sorella del ragazzo che oggi è diventato la creatura malvagia che è al servizio di Miraz. E' una ragazza di grande cuore, ed è probabile che lei e suo padre siano rimasti immuni a tutto questo. Dovete raggiungerli signora, per favore".
Morgana aveva sorriso, coprendosi meglio il viso con il cappuccio.
"E' proprio quello che avevo intenzione di fare. Buona fortuna ragazzo. Ci rivedremo molto presto" - ed era sparita tra la folla.

*

Clara era rimasta allibita dallo spettacolo che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi atterriti. Tutti, indistintamente, stavano inneggiando Miraz, portando come ostaggio il povero figlio di lord Glozelle, il buon Marcus. Com'era potuto accadere? Com'era possibile che la magia oscura fosse tanto potente? Presa dallo sconforto, e per il timore di essere scoperta, aveva deciso di rintanarsi nella stanza, quando aveva visto venirle incontro una figura incappucciata che si muoveva in modo del tutto differente rispetto agli altri. Terrorizzata, aveva cercato di chiudere la porta, ma la figura l'aveva bloccata con un piede, rivelando immediatamente la propria identità.
"Lady Morgana!" - aveva esclamato la ragazza, lasciandola entrare e permettendole di richiudere la porta alle sue spalle.
Quello che le sue pupille ormai abituate al buio avevano visto era stato un vero colpo al cuore per la giovane dama.
"Merlino" - aveva sussurrato, portandosi le mani alla bocca in gesto di spaventato stupore - "Merlino, che cosa ti hanno fatto?".
Senza dare agli altri il tempo di rispondere, si era gettata sul letto, prendendo fra le mani il viso del giovane che per anni aveva visto affaccendarsi al fianco di Artù.
"Che cosa gli hanno fatto, Clara?".
Era disperata. Non pensava di poter soffrire tanto per una persona, per un servitore, poi. Ma per una volta, non le importava di quello che le altre dame avrebbero potuto pensare di lei: non si sentiva più una semplice donna di corte, ma qualcuno di diverso, qualcuno che neanche lei riusciva a spiegarsi.
"Morgana, non dovete fare così" - aveva detto Clara, avvicinandosi a suo padre - "E' stato...".
"Miraz! E' tutta colpa sua! Artù aveva ragione, e l'aveva avuta dal primo istante! Quell'essere è un mostro!" - aveva urlato, in preda ad una rabbia incontenibile.
"Madama, noi non possiamo fare niente per lui... La magia che ha provocato tutto questo è troppo potente e troppo malvagia" - era intervenuto Giona, stanco e provato.
Morgana si era chinata ancora su di lui, asciugandogli la fronte con la manica della sua veste.
"Ti prego Artù, fai in fretta. Merlino ha bisogno di te ora più che mai".

*

Caspian era in serie difficoltà: Artù era più esperto di lui nell'arte della spada, e la furia provocata dall'incantesimo lo rendeva mille volte più pericoloso di quanto non fosse già in condizioni normali. Per di più, non stava combattendo con l'intenzione di ferirlo, e questo aggravava di molto la sua situazione. Ormai era stanco, e cominciava a perdere colpi. La cosa peggiore, era che non aveva la più pallida idea di come fare per fermarlo. L'incantesimo che lo rendeva schiavo era terribilmente potente, molto più di quanto avesse immaginato se aveva iniziato ad odiare il ragazzo che era venuto a salvare.
"Artù, ti prego, cerca di tornare in te! Merlino non è un nemico, perché tanto odio Artù, perché?".
"TACI! Lui mi ha tradito, e lo hai fatto anche tu!" - aveva urlato, infuriato - "Mi hai mentito! Sapevi chi era in realtà e me l'hai tenuto nascosto, serpe!".
Ecco su cosa aveva fatto leva quel mostro dal cuore nero, allora. Aveva distorto la verità, facendogli credere che ogni gesto di Merlino fosse in realtà un tentativo di tradimento.  
"Non è come credi! Merlino l'ha fatto per proteggere te, ed io non ti ho detto niente per non tradire la fiducia che ha riposto in me! Doveva essere lui a confessare ciò che è in realtà! Ti prego fratello, basta!".
"TI HO DETTO DI TACERE!".
Troppo stanco per poter schivare il fendente, Caspian era stato colpito pesantemente ad un braccio, e la lama aveva squarciato le carni, provocando una ferita spaventosa grondante sangue scarlatto.
Sconvolto dal dolore e con la vista annebbiata, il ragazzo era crollato al suolo, pallido e madido di sudore. Impugnare ancora la spada era impossibile. A quel punto, non gli restava altro che chiudere gli occhi e sperare che la morte sopraggiungesse il più velocemente possibile. Almeno, sarebbe deceduto in battaglia come un vero condottiero.
Ma suo zio non sembrava dello stesso avviso: alzandosi in piedi, aveva intimato ad Artù di fermarsi, dicendogli che aveva svolto un lavoro egregio e che per il momento poteva bastare.
"Non è la sua morte che voglio, figlio di Adamo. Ti faccio i miei complimenti. Sei stato davvero bravo. Ora goditi gli applausi del tuo esercito, ragazzo: sei appena diventato il mio nuovo generale".
La folla di soldati aveva fatto il suo ingresso nella grande stanza, lasciando che fossero i due centauri e l'ostaggio i primi ad entrare.
Nel vedere Caspian steso al suolo in una pozza di sangue, Marcus aveva rischiato di perdere i sensi. Il suo principe non poteva essere stato sconfitto. Non poteva! Come poteva accettare che tutto sarebbe ormai stato vano? Che non avrebbe mai più assaporato la libertà, o il tepore del sole sul viso?
"Maestà..." - aveva sussurrato, sconfitto - "Vi prego maestà, svegliatevi".

*

Anche se a malincuore, Giona e Clara avevano deciso di lasciare Merlino alle cure di Morgana e raggiungere il laboratorio del padre nella speranza di trovare qualcosa che potesse alleviare le sofferenze del ragazzo. Se non poteva spezzare l'incantesimo, potevano però cercare di mutarne qualche aspetto, sperando di placare quelli più dolorosi. Ma per poterlo fare sarebbe stato necessario passare per il corridoio in cui si trovavano le stanze di Miraz, e la paura di essere scoperti era grandissima.
Infatti, arrivati nei pressi delle suddette stanze, la folla era così grande che sperare di passare inosservati sarebbe stato impossibile. Per di più, la curiosità di sapere cosa stesse accadendo in quelle stanze era enorme, ma forse era meglio per loro stare allo scuro di tutto. L'impotenza li avrebbe uccisi. Senza scambiarsi parola alcuna, alla fine avevano deciso di provare a passare ugualmente sfruttando il buio mentre strisciavano lungo le pareti, e fortunatamente per loro sembrava proprio che ce l'avessero fatta. Sfruttando la fortuna sfacciata che avevano avuto, si erano precipitati nel laboratorio di Giona, richiudendo la porta alle loro spalle e mettendosi immediatamente all'opera. Dovevano preparare un unguento che calmasse il dolore di Merlino, e soprattutto dovevano cercare di togliere quelle dannate polsiere. Forse, solo allora avrebbe avuto una possibilità di salvezza. Ma, come in tutti i migliori piani, anche quello aveva una falla: due soldati, due narniani, per giunta, li avevano scoperti, catturandoli e costringendoli alla resa. Presto, sarebbero stati al cospetto di Miraz, e non avrebbero avuto più alcuna via di scampo.
A quel punto, solo Aslan avrebbe potuto fare qualcosa per loro.
Continua...
_______________________________________________________________________________________________________________
Salveeee!!
Rieccomi, e a distanza di un giorno! Sono stata brava??? In realtà avrei voluto far trascorrere più tempo, ma non so se riuscirò a connettermi da casa al mare – dipende tutto dalla chiavetta e dal segnale – e non voglio lasciarvi col fiato sospeso per quindici lunghi giorni. Ma dico io, vogliamo parlare di come le cose stanno peggiorando drammaticamente? Ma non dovevano migliorare, vi starete chiedendo? Certo! Nel prossimo, ultimo, atteso – spero - capitolo! XD
Artù è stato raggirato per bene… Non ho davvero parole, credetemi! E l’ho scritta io questa storia! Da dove tiro fuori queste idee non so davvero spiegarmelo!
In ogni modo, ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito fin ad ora!
Ps: “occhi color di foglia” è una citazione – anche se non letterale - di “Via del Campo” del grande Faber, non è farina del mio sacco! Ci tenevo a precisarlo” ;)
A presto!
Bacioni
Cleo
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: FairyCleo