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Autore: shelovesrock    16/08/2012    1 recensioni
Joan si risveglia in California, sola e senza sapere come ci è finita. Ad aiutarla e portarla alla Roadhouse è John Winchester, un cacciatore di demoni, come del resto tutte le persone che sostano alla Roadhouse. Qui Joan avrà il suo primo incontro con il mondo del soprannaturale... o forse no? Tutto quello che le è successo è frutto del caso, oppure era già tutto prestabilito?
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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La strada correva sotto le ruote della macchina rossa che era appartenuta a Caleb: il piede di Joan era premuto sull’acceleratore, mentre suo fratello era seduto accanto a lei e si aggrappava alla maniglia interna dello sportello e il Trickster, dietro di loro, era comodamente sdraiato sul sedile posteriore. “Senti, non è che, per caso, potresti… ecco, rallentare? Solo un po’” chiese Kyle.
“No” rispose lei, sibilando la risposta fra i denti.
“La tua sorellina si sta scaldando” disse il Trickster, rimanendo con gli occhi chiusi e i piedi appoggiati ad un finestrino.
“Posa quei luridi piedi che ti ritrovi da lì, oppure te li taglio, è chiaro?” esclamò lei, fissandolo attraverso lo specchietto retrovisore. Lui sospirò, e si mise seduto.
“Joan, seriamente, rallenta o avremmo un incidente” la implorò Kyle, fissando la strada terrorizzato.
“No” ripeté lei. “La Roadhouse è stata casa mia per un anno e mezzo, le persone che ho conosciuto lì” dovette prendere un grosso respiro per continuare “sono state la mia famiglia… Ellen, Jo, Ash”.
“E io chi cazzo sono, eh? Sono o non sono tuo fratello?”
“Certo che lo sei, Kyle, però… cazzo, l’ultima volta che ho parlato con Jo è stato quasi sei mesi fa, ad Ellen ho lasciato un biglietto, e la mia ultima conversazione con Ash è stata una litigata, in pratica” fece, e la radio iniziò a gracchiare, proprio mentre passava la sua canzone preferita dei Sex Pistols.
“O-ok, calma” cercò di tranquillizzarla suo fratello, posandogli una mano sul braccio. Joan chiuse un attimo gli occhi, e si placò un po’.
“Va bene” disse, e dalla radio non venne più nessun suono che non fosse la voce di Johnny Rotten. Dopo meno di un’ora, arrivarono in vista dell’edificio dal quale era andata via la sera prima, certa che, così facendo, tutti coloro che vivevano lì sarebbero stati al sicuro.
Nello spiazzo che fungeva da parcheggio, erano posteggiate due ambulanze e un camion dei vigili del fuoco, assieme a parecchie volanti della polizia: Joan uscì, imitata da Kyle, ma, quando si voltò per chiamare il Trickster, vide che sul sedile non c’era nessuno.
“Stronzo”.
“Dà sui nervi anche a me” esclamò Kyle, chiudendo lo sportello, e appoggiandosi al tettuccio per permettere alle sue gambe di smettere di tremare.
“Con tutto quello che abbiamo passato, fratello, hai paura di venire in macchina con me?”
“Sì, quando corri in questa maniera”.
Un poliziotto li fissò, e si avvicinò a loro due. “Mi dispiace, ma non potete stare qui, c’è stato un…”
“Lo so: abitavo qui” rispose Joan, pronta. Quel poliziotto la osservò, sospettoso.
“Come mai non era lì, allora?”
“Mio fratello è venuto a trovarmi, qualche giorno fa” disse, indicando Kyle con un cenno del capo, che lo salutò alzando una mano. “Abbiamo deciso di… fare una piccola gita, così stamane siamo andati via presto” mentì.
Lui annuì, scrivendo qualcosa su un blocco. “I vostri nomi?”
“Joan Tucker, lui si chiama Kyle”.
“Ok. Rimanete qui, dovremmo farvi altre domande” e se ne andò. Joan rimase a fissare quelle travi, e risalì sulla sua vettura. Kyle sospirò, e riaprì lo sportello, sedendosi nuovamente accanto alla sorella.
“Cosa vuoi fare, adesso?”
“Dobbiamo andare in un posto” rispose, semplicemente, ingranando le marce e pigiando l’acceleratore a manetta: fissò per un’ultima volta la Roadhouse, l’unico posto in cui si fosse mai sentita veramente bene in vita sua, e tornò a guardare davanti a sé.
“E dove?” chiese il Trickster, riapparendo dietro di loro e facendoli saltare entrambi.
“PORCA PUTTANA” urlò lei, e la radio si spense del tutto. Kyle si mise una mano sul petto, e la riaccese.
“La prossima volta, avverti”.
Lui sbuffò, appoggiando i gomiti sui sedili anteriori e ci piazzò la testa in mezzo. “Ok, ci proverò” li schernì, e Joan fu tentata di togliere una mano dal volante e dargli un pugno in pieno viso. “Comunque, dove andiamo?”
“Cold Oak, in South Dakota”.
Il Trickster aggrottò la fronte e alzò un sopracciglio. “E perché mai?”
“Sam. È lì, Azazel ce l’ha portato”.
“Oh, già: la Porta dell’Inferno, il giovane Winchester deve aprirla”.
“Non è da solo” lo corresse, fissandolo di sottecchi. “Ce ne sono altri quattro, lì: Ava, Andy, Jake e Lily”.
“Per ora, Ava è quella che ha resistito di più: è lì da cinque mesi” osservò Kyle.
“Ugh, Ava” fece Joan, con una smorfia di disgusto. “Non credo che sarà lei, a vincere”.
“Perché? Non dirmi che sei maschilista, sarebbe il colmo” disse il Trickster.
“Ma la vuoi smettere di metterti in mezzo ad ogni conversazione tra me e mio fratello?”
“Beh, sono coinvolto anch’io in” e fece un segno con la mano, disegnando un cerchio, “tutto questo”.
“In che modo, scusa?”
“Ho incontrato i Winchester, alla fine del mese di gennaio” rispose, fissandosi le unghie. “Non sono molto bravi, come cacciatori: credevano di avermi ucciso”.
“È un peccato che non ci siano riusciti, vero?” ironizzò. “E non sono maschilista, è solo che... Azazel ha puntato un sacco su Sam”.
“E non credo che abbia puntato soldi”.
“Decisamente no” fece lei, stringendo convulsamente il volante. Azazel aveva puntato qualcosa che valeva molto di più di qualche pezzo di carta o di rame dipinto…
 
Verso sera, Joan fermò la macchina fuori da una piccola cittadina. “È piena di fantasmi” osservò , scendendo. Il Trickster era andato via ore prima, chissà dove, non che a lei fregasse qualcosa… meno era con loro, meglio si sentiva. Non sapeva se fosse peggiore il sapore di ferro che sentiva in bocca quando era nelle vicinanze, oppure il sangue che ribolliva nelle sue vene, in quel momento.
“Non ci interessano, per il momento” rispose Kyle, stringendosi nel suo giaccone di pelle. Joan lo guardò, e rise, scuotendo la testa: non sarebbe mai cambiato, potevano passare anni e anni, ma Kyle sarebbe rimasto sempre lo stesso, sempre fedele ai suoi principi e alle sue idee. “Dobbiamo trovare i ragazzi”.
Fecero qualche passo, quando lei si fermò… c’era qualcosa che non andava. Qualcosa di terribilmente storto… il suo sangue. “Cazzo, no” sussurrò, e si mise a correre verso il lato opposto della città.
Si fermò nella piazza, davanti ad una fontana con una campana e guardò in alto, verso il serbatoio dell’acqua: una ragazza bionda era appesa lì, morta. Voltò lo sguardo verso una casa, e si diresse in quella direzione. “Joan, dove vai?”
“Sta zitto” lo rimbeccò, e lui chiuse la bocca. Joan si fermava di fronte ad ogni casa, e si metteva come in ascolto.
“Cosa cerchi?”
“I ragazzi. Sono di meno, almeno due”.
“Come lo sai?”
“Il mio sangue si agita di meno” rispose, e fissò suo fratello negli occhi. “Che c’è? Quando sono vicino a Sam, o a un altro di loro, il mio sangue inizia a ribollire, il tuo no?”
“No, decisamente no” fece, e rimase in silenzio. Dopo essere passati davanti ad almeno una decina di case, Joan si bloccò e aprì la porta di una di esse: come se qualcosa la stesse trascinando, si diresse in una stanza, trovando i corpi di un ragazzo dai capelli neri, con il petto squarciato, e quello di una ragazza con una chioma rossiccia.
Un sospiro le uscì dal petto: Sam era vivo, e quella era l’unica cosa importante.
“Chi erano?” chiese Kyle, inginocchiandosi accanto al ragazzo e chiudendogli le palpebre.
“Credo che lui sia Andy” fece la sorella, avvicinandosi alla finestra: la linea di sale era stata spezzata, da lì poteva essere entrato un demone. Il suo sguardo si posò sulla giovane donna, e inclinò un po’ la testa. “Lei era Ava: ha fatto entrare un demone” spiegò.
“Quindi, quella impiccata era Lily” continuò Kyle. “Il che significa, che sono rimasti Sam e Jake” e la fissò con le sue pupille grigio piombo. “Dobbiamo trovarli, o sarà troppo tardi” finì, alzandosi.
Joan fece due passi, ma dovette fermarsi e poggiarsi allo stipite: un improvviso senso di libertà si era impadronito di lei, sentiva il sangue fluire dentro di lei come un fiume in piena. “Joan, cosa…” iniziò Kyle, ma la sua domanda fu sovrastata dall’urlo di Dean.
“SAM, NO” si udì, e Kyle la prese per una spalla. Un attimo dopo, erano dietro ad un'altra casa, e Joan barcollò, sostenuta dal fratello: non era abituata a muoversi così in fretta. Il suo sguardo corse verso un punto alla sua sinistra, e vide una scena che sarebbe rimasta impressa nella sua mente per l’eternità: Sam era per terra, Dean gli sosteneva il capo tra le braccia, piangendo disperato.
“È morto” bisbigliò Kyle, passandosi una mano sulla fronte.
“Non può morire” fece Joan, scioccata. “Sam non può morire. Non lui”.
 
Joan era seduta sul bordo di un letto, in un albergo del South Dakota, non sapeva esattamente dove. Era talmente scossa che aveva perfino permesso a suo fratello di guidare la macchina di Caleb, e mentre lui era al volante, lei aveva la testa poggiata contro il finestrino.
Quella scena continuava a rimbalzarle davanti agli occhi: Sam Winchester non era solo un altro nome da aggiungere alla lista delle persone che erano morte per colpa dei demoni, Sam era molto di più. Sam era il ragazzo su cui Azazel aveva puntato, il suo cavallo vincente… ed era anche il figlio di John.
John Winchester, il cacciatore che le aveva salvato la vita, portandola da Ellen Harvelle; colui che, nonostante non sapesse chi era, le aveva detto quello a cui stava lavorando, le aveva parlato dei suoi figli, di quello che era successo a sua moglie, della Colt…
Improvvisamente, si alzò e prese la sua giacca. “Kyle, muovi il culo. Dobbiamo andare”.
“E dove cazzo vuoi andare ora? In Wyoming, a vedere l’apertura della Porta?”
“No. Voglio impedire la sua apertura, è per questo che dobbiamo andare”.
“Ma dove?”
“A Sioux Falls, da Bobby Singer” rispose, infilandosi il giacchetto di pelle. “È un ottimo cacciatore, ha un sacco di libri”.
“Fantastico” esclamò lui, alzando le braccia al cielo. “Andiamo da Bobby, così ci ammazza in un secondo”.
“Oh, andiamo. Sempre il solito ottimista”.
 
Joan non voleva dare a Bobby più motivi di quelli che già avrebbe avuto per ammazzarli, così posteggiò la macchina nel retro dello sfasciacarrozze. Solo che c’erano proprio Bobby e Dean, che litigavano… e lei sapeva il motivo. Dalla casa di quel cacciatore, veniva il richiamo di Sam. “Ma è morto” le ricordò Kyle.
“Ma lì c’è Sam, lo sento” disse, e scese. I due cacciatori avevano smesso di discutere, e si stavano muovendo con circospezione verso altre macchine. Joan si mise l’indice sulle labbra, facendo segno a Kyle di restare fermo e zitto, ma non poté trattenersi quando vide una familiare chioma bionda apparire. “El…” iniziò, ma il fratello le mise una mano sulla bocca.
“Mi hai detto di stare zitto, e ci stai anche tu” le sussurrò all’orecchio. Aspettarono un paio di minuti, e andarono alla porta.
“Fantastico, il cane non c’è più”.
“Cane?”
“Sì, Bobby aveva un cane nero, Rumsfeld”.
“Nero?”
Joan annuì, e bussò. “Apri, Singer. So che ci sono i Winchester, e anche Ellen” esclamò. Pochi secondi dopo, Dean in persona aprì la porta.
“Che vuoi?”
“Salvare il vostro bel culetto dall’Inferno” ironizzò. Ellen apparve dietro di lui, e Joan le sorrise… prima che lei le desse un sonoro schiaffo.
“Lo sapevi?” esclamò, furiosa.
“È stato un… errore di valutazione” rispose Kyle.
“E tu chi cazzo sei?”
“Kyle. Sono suo fratello”.
“Forse dovremmo continuare questa conversazione dentro, non trovate?” propose Joan, e sgusciò fra i due cacciatori di fronte a lei. Kyle fece spallucce, e la seguì.  Bobby e Sam erano in cucina, in piedi di fronte al tavolo. “Ciao Sam” iniziò Joan, sorridendo. “Come è andata negli ultimi giorni?”
“Uhm, bene”.
“Quindi, Kyle è tuo fratello?” chiese Ellen, dietro di lei. Joan si voltò leggermente, facendole spazio per entrare con Dean.
“Più o meno” rispose. “Non siamo veri fratelli”.
“Non capisco” disse Dean.
“Non è una novità” rise Kyle.
“Che vuoi dire?”
“Che sei un idiota”.
“Kyle, smettila” ordinò Joan. “Dicevo, io e Kyle non siamo veri fratelli. Siamo fratellastri, abbiamo lo stesso padre ma due madri diverse”.
“Decisamente” sussurrò lui.
“Chi è vostro padre? Un cacciatore?” Kyle non riuscì a trattenersi, e scoppiò a ridere, tenendosi la pancia.
“Un cacciatore! Ma sentili”.
Joan si passò una mano sul viso, chiudendo gli occhi e posandovi sopra le dita: quando le tolse e aprì le palpebre, le quattro persone in cucina si trovarono a fissare due pupille di un viola scuro. “Mio padre… nostro padre… è Azazel”. 




Svelato il segreto di Joan e Kyle, non resta che aspettare per sapere quale sarà la reazione dei Winchester alla rivelazione, e mi basterà dirvi che non tutti la prenderanno in maniera facile.

Un grazie a chi segue questa storia, l'ha inserita tra le preferite/ricordate/seguite, e la legge in silenzio: grazie di cuore.


  
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