Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: roxy92    17/08/2012    2 recensioni
Chi ha sbirciato la fic che ho cancellato prima avrà una vaga idea di come scrivo. Mi piacciono le cose che non piacciono alla massa, trattate in modo non ordinario. Io lo so che me le cerco, ma ognuno, quando libera la fantasia, produce i risultati più disparati. Il mio è questo.
Dal prologo:
"Quando non ricordi il tuo passato, è come se un macigno fosse sempre in procinto di caderti addosso. Ce l’hai sospeso sopra alla testa, trattenuto da un filo sottile. Il terrore che il presente sfumi come il tempo trascorso è una morsa che attanaglia lo stomaco e a tratti non fa respirare.
Se sei abbastanza forte, ore, giorni, minuti e secondi, ti scivolano addosso come se il tempo non esistesse. Le tue mani sembrano vuote ai sentimenti e ti ritrovi sempre a stringere il niente. Non hai nulla per cui vivere e nulla per cui morire."
Io mi metto alla prova nel disperato tentativo di creare qualcosa che superi almeno le più basse aspettative... Qualcuno di voi mi da una mano e mi dice che ne pensa? Anche sapere se è meglio lasciar stare... Se ne avete il coraggio, buona lettura. :)
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Piccolo, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Forse sembrerà un capitolo inutile, ma sentivo necessario spiegare un po' meglio il rapporto allieva – maestro, dal momento che gran parte della mia storia è incentrata su di loro.

Non pretendo di esserci riuscita pienamente, ma così dovrebbe essere più chiaro l'argomento. Galen aveva girato alternativamente il capo verso Piccolo e Haldir, del tutto incapace di rendersi conto che quella fosse effettivamente la realtà, la sua realtà.

Osservò di sfuggita i due sayan, padre e figlio, che in quella radura, tra lei e le due figure maschili più importanti della sua vita, stonavano come cavoli a merenda. Deglutì, ancora confusa.

“Maestro...”

Alzò la voce, che uscì chiara e decisa. Pretendeva per sé l'attenzione di tutti e due.

“...che intenzioni avete?”

Se poteva pensare di giocare il namecciano, Haldir non poteva certo sperare di prendere in giro anche lei. Ci era cresciuta insieme. Lo conosceva troppo.

L'uomo si zittì subito. Sapeva che l'allieva non avrebbe mollato l'osso facilmente. Poteva solo risponderle ed essere sincero.

“Voglio provare a capire il motivo per cui ti sei sempre ribellata ai miei insegnamenti. Non sei più una bambina. Sei mia pari ora.

Se continui a ribellarti, devi avere le tue buone ragioni. Voglio solo cercare di comprenderle.”

Doveva aver dato una risposta soddisfacente, perché lei aveva abbassato la testa.

“Dunque riponete in me tutta questa fiducia?”

Seccato di dover perdere tempo a spiegare una cosa ovvia, annuì solamente, prima di continuare a rivolgersi a Piccolo.

Aveva allevato tutti i suoi allievi senza il minimo cenno d'affetto, ma che li amava come figli doveva essere chiaro ad ognuno.

Per quale altro motivo, dopo tutti quegli anni, avrebbe continuato a cercare vendetta altrimenti? L'unico cruccio della sua vita era di essere arrivato tardi a scongiurare la strage che li aveva sterminati tutti.

“Sei una sciocca se ne hai dubitato.”

La ragazza non aveva mai capito l'esatta portata di quel legame. Prima di essere affidata a lui, le avevano ripetuto così tante volte che la sua vita era inutile e che Haldir era un mostro, che aveva finito per prenderlo come un dato di fatto.

Si sciolse all'istante una catena che la vincolava da sempre. Aveva visto il suo maestro a torso nudo solo una volta. Haldir aveva un'orrenda cicatrice vicino al cuore e si era sempre premurato di nasconderne la storia.

Egli era riservato e volubile, eccentrico all'inverosimile, caratterizzato da una freddezza nei modi che non si poteva cambiare. Era anche più introverso di Piccolo, ma non era vero che non aveva un cuore.

Semplicemente, aveva dovuto lottare per impedire che glielo strappassero. Non era cattivo, era che non lo avevano educato ad essere diverso e, per quando aveva avuto modo di comprendere l'esatta portata dei buoni sentimenti, molti aspetti gli erano già sfuggiti.

Galen lo aveva visto riempire di botte e tagli i suoi compagni. Con lei stessa, non era mai stato un santo. Non aveva mai ricordato un abbraccio o una carezza da parte sua.

Haldir aveva gli occhi grigi, quasi bianchi, leggeri come i veli delle nubi quando l'inverno è scalzato dalla primavera o poco prima che il cielo si chiuda, quando sta per scatenarsi la tempesta. Lui non era bravo con le parole, ma il suo sguardo apparentemente assente penetrava l'anima delle persone più a fondo della sua spada.

Le sue uniche certezze erano le armi e i suoi allievi. Lo aveva accusato di non saper distinguere il bene dal male. Cosa poteva aver significato, per lui, quelle parole? Cosa si provava a perdere tutte le proprie certezze?

All'epoca, lei era la sua ultima allieva, la sua unica ragione di vita. Galen strinse i pugni. Per sua natura, Haldir non poteva capire il suo bisogno di libertà. Perché a differenza sua, lui sapeva che non le sarebbe mai stata concessa.

Due bestie come loro, per liberarsi davvero dal giogo della loro razza, potevano solo morire. Il loro re li avrebbe cercati ovunque pur di ucciderli.

Allora, Haldir preferiva farla morire di sua mano ed estinguersi lui stesso. Era pronto anche a quello, pur di assecondarla.

La giovane si sentì sporca, ingrata, sciocca. Quanto tempo la aveva aspettata il suo maestro? A capo chino, pianse.

Eccolo li, pronto addirittura a parlare con Piccolo, figlio di una razza che reputava inutile quanto quella umana, solo per provare a farla felice.

Non era degna dell'arte che aveva appreso e del legame rapprensentato da quelle spade.

Era sempre stata concentrata unicamente su se stessa. Ai suoi compagni caduti, al suo maestro, ci aveva mai pensato?

“Grazie.”

Haldir smise di parlare al namecciano solo un istante. Era chiaro che l'avesse sentita.

Annuì impercettibilmente, apparentemente incurante. Il suo viso non era in grado di sorridere ma l'anima, quella si, insieme al vento risplendeva.

Mentre la sua allieva smetteva di frignare e si portava al fianco di Piccolo, ghignò compiaciuto. Non gli era mai piaciuta la stirpe dei namecciani, ma quel guerriero era differente, come loro era stato un demone.

“Io e Galen per il re dobbiamo morire: o ci ammazziamo tra noi o ci ammazzano loro.

Visto che siamo ancora vivi, presto ci attaccheranno in forze. Noi che siamo le ultime bestie siamo forti, ma non invincibili.

Sprecherebbero anche tutta la razza pur di farci fuori. Preferiscono perire tutti, piuttosto che lasciare in giro noi. Sarà come quando massacrarono i miei allievi.

Se starai in mezzo, non ti faranno sconti. Ti tratteranno come noi. Sei ancora certo di restare? La morte di spada è onorevole ma è dolorosa.”

Piccolo non era tipo da tirarsi indietro a quella prospettiva e rispose sicuro di sì.

Goku, che aveva ascoltato senza capirci molto, a parte che c'era da menare le mani, ricordò di essere presente anche lui, insieme a Gohan.

Haldir sfoderò le spade, eccitato.

“Allora preparatevi.”

Roteò le lame e ricreò il vento che lo avvolgeva prima.

“Galen, tu con me.”

Piccolo sentì l'adrenalina scorrere lungo il corpo mentre la ragazza ripeteva gli stessi movimenti del maestro.

“Ci siamo.”


  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: roxy92