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Autore: darkronin    17/08/2012    2 recensioni
Sequel di "Il labirinto visto dal castello". Quindi è la mia prima -vera- fic su Labyrinth.
Sono passati esattamente dieci anni dall'avventura nell'Underground.
La vita di Sarah ha subito particolari cambiamenti ma ancora non le sono chiare molte delle cose occorse in passato, specialmente l'atteggiamento di Jareth.
Il decimo anniversario scivolerà via come una giornata tra tante o dobbiamo prepararci a una nuova avventura? Verranno chiariti i punti controversi e le incomprensioni?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tela di diamante'
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31. Responsabilità e conseguenze.




Il nastro corse ancora una volta avanti e mostrò i funerali dei signori Williams. In prima fila, Toby e Sarah ricevevano le condoglianze di amici, conoscenti, parenti e colleghi.
Di Rajeth nemmeno l'ombra.
Si incontrarono una sera, qualche giorno dopo. Lui le aveva dato appuntamento alla clinica tramite un sms. Quando si incontrarono, era vestito completamente di nero, come lei, come la notte, come il cane che lei si era portato appresso: il colore del lutto e dell'addio.
“Mi dispiace non essere stato presente...” si giustificò tenendo lo sguardo basso.
“Non..non preoccuparti...” aveva risposto con un sorriso tirato “Avrai avuto il tuo daffare...e per me hai fatto tantissimo...” disse affondando le mani nella criniera del cane già grande
“Io... credo di doverti salutare...” disse senza riuscire a guardarla negli occhi “Ho...ho avuto anch'io dei... problemi...a casa... non posso più sottrarmi ai miei doveri di capofamiglia... devo ritornare in pianta stabile e prendere in mano...”
Lei non l'aveva fatto finire “Certo...non...non ti preoccupare...capisco...”
“Non è stato un capriccio, fare il veterinario, incontrare te... voglio che questo tu ce l'abbia ben chiaro... sempre!” disse prendendole le mani e puntando su di esse lo sguardo rovente “...Non ti ho mai mentito... solo che ora... devo... tornare...”
Lei annuì, perplessa, anche il suo sguardo puntato sul dorso delle loro mani intrecciate “Ma...così, all'improvviso?”
“Così va la vita...” aveva risposto lui in un soffio “Oggi ci sei...domani...” Una goccia aveva bagnato le loro mani. Non era prevista pioggia per quella sera. Rajeth alzò gli occhi al cielo e si accorse che quella che l'aveva bagnato non era altro che una lacrima. “Non... non volevo dire...” balbettò impreparato.
“Scusami...” rispose lei, asciugandosi gli occhi “E' che... rimarrò davvero sola... se te ne vai anche tu...”
Lui serrò la mascella e strinse forte le mani di lei nelle sue “Se potessi, ti chiederei di venire con me... Ma non posso... non ancora... anzi...”
“Non preoccuparti per me... capisco...” disse con voce rotta. Certo, capiva, ma non voleva né poteva accettare anche quella separazione
“Perdonami, Sarah...” fu l'unica cosa che le disse prima di baciarla per l'ultima volta. Le mani affusolate affondavano tra i capelli scuri, all'altezza delle tempie “Davvero..che tu possa perdonarmi... mia preziosa” disse quando si staccò da lei, posandole un bacio sulla fronte. Lei lo abbracciò con trasporto ma la cosa non fece che ferirlo di più. Chiuse gli occhi e si costrinse a fare il suo dovere. Una luce accecante inondò la zona disabitata vicino all'ambulatorio.
Quando Sarah riaprì gli occhi, ancora umidi di pianto, era sola. Guardò il proprio cane, perplessa.
“Che giro lungo abbiamo fatto, eh..? Forse è il caso di rientrare... si è fatto tardi...” gli disse rivolgendogli un sorriso triste e incamminandosi sulla strada del ritorno



Piombarono, improvvisi, l'oscurità e il silenzio. Jareth era confuso e spaesato. Cosa voleva dire tutto quello a cui aveva assistito?
“Se te lo stai domandando...sì...le ho cancellato la memoria che aveva di me in tutti questi anni...” disse Rajeth emergendo dal buio. Drappeggiato di bianco, con voce tanto profonda, sembrava quasi uno spettro. “Perché?” domandò dando voce alla domanda inespressa. A quel punto anche la figura di Sarah si manifestò, immobile mentre tutti i veli del suo vestito le fluttuavano intorno. “Per il semplice motivo che io sono il tuo dannato sostituto! Non mi è concesso portare modifiche allo stato di cose in atto finché ci sei tu. Da essere umano avrei potuto fare quello che preferivo. Ma ora...questo...” disse mostrandogli il proprio pendente “Mi vincola alla tua persona. Finché sei vivo tu e finché non torni sul trono o finché non muori, io non posso fare nulla! Non potevo nemmeno rimanere nell'Aboveground perché dovevi venirci tu. Io sono sempre stato subordinato a te.”
“Cosa vuoi che faccia?” riuscì a domandare Jareth, l'effetto del narcotico stava svanendo
“Scegliere. Tra il regno e lei.” rispose senza batter ciglio
“Non pensi che la scelta dovrebbe spettare a lei? Non è un pacco che puoi passarti di mano in mano senza tener conto della sua volontà.” replicò freddo l'ex re di Goblin
“Dopo quello che hai visto...ancora non capisci?” sputò velenoso il moro “Credo che per lei sarebbe imbarazzante dover rifiutare uno dei due, non credi? Anche se ho una mezza idea di colui che verrebbe scelto... ”
“Cosa vuoi fare? Scegliere tu per lei?” sputò divertito Jareth, sfidandolo
“Precisamente...” bofonchiò il fratello
“Così non contravvieni agli ordini? Tu non puoi cambiare lo stato di cose... non finché ci sono io. Se mi uccidi modifichi lo status quo. Avresti dovuto pregare che morissi durante quest'anno... di malattia o in un incidente nel mondo umano...”
“E chi lo dice che intendo infrangere gli ordini?” replicò indispettito il moro
“Se tu ti spogliassi della tua carica, sarebbe comunque una grave mancanza... Se me la cedessi, altrettanto...” precisò il biondo
“Infatti voglio combattere ad armi pari, io...basta che lei accetti il suo ruolo di regina e allora potremo arrangiarci tra noi...” disse mellifluo
“E come pensi di fare, sono proprio curioso...” replicò Jareth
“Fratello...” rise il moro avviandosi verso Sarah e prendendola tra le braccia “Dimentichi quanto possa essere potente un mio bacio?”
Prima che il biondo potesse dire nulla, Rajeth si era già avventato sul collo della ragazza. Un dolore lancinante colpì, però, tutti e tre “Così siamo tutti nella stessa barca... mal comune... è come se non ci fosse per nessuno, giusto?”
“Non stiamo parlando di matematica!” replicò Jareth immobile, impossibilitato anche a portarsi una mano alla spalla dolorante “Cosa le hai fatto?” ringhiò mentre Rajeth si andava a sistemare ai suoi piedi, in attesa.
“Vi ho indotto un sogno lucido. In cui lei sceglierà di prendere il proprio posto. O di cedere a te il comando senza che io debba per forza intervenire...” fu la risposta del moro, prima che si girasse su un fianco, cercando di dormire.
“Vi? Che vuol dire?” domandò confuso il biondo
Rajeth sbuffò e si voltò “Da sola di certo non può sognare nulla... mando anche te nella stessa dimensione... ovviamente non ricorderete nulla di quanto accaduto qui e ora, non saprete di essere in un sogno indotto... sennò potresti condizionarla... vi ricorderete tutto al risveglio, non temere! Io vi aspetto qui.”
“Tu non hai alcun potere...” ringhiò Jareth pensando di essere preso per il naso
“Oh, sì certo... io non posso nulla... ma se tu passeggi sopra l'erba dello smarrimento1, caro mio... non posso che approfittarne...” sghignazzò Rajeth incrociando le braccia al petto.
Jareth abbassò lo sguardo e si rese conto di essere sospeso su un praticello ben curato e di starci fluttuando sopra. “Vedi di non gettare al vento il regalo del tuo adorato fratellino...” Gli sentì dire mentre le palpebre si erano fatte improvvisamente pesanti e la vista annebbiata. Subito dopo, il nulla.


Aprì gli occhi di scatto appena una brezza leggera gli accarezzò la pelle. Si sentiva attanagliare lo stomaco in una morsa d'angoscia. Strano. Era tutto così calmo, sotto quei bellissimi alberi in fiore. Forse era stato il sogno. Sì, doveva essere così. Erano precipitati nel buco e dovevano aver dormito. Peccato non ricordasse cosa avesse sognato.
Carezzò distrattamente i capelli aggrovigliati della mora stesa su di lui. Aveva, stranamente, deciso di farlo. Non aveva più alcuna esitazione e non aveva la minima intenzione di aspettare l'eternità perché lei capisse.
Sarah si mosse insonnolita e schiuse gli occhi, trovandosi quelli di lui piantati addosso, nessuna espressione particolare sul bel volto candido. Fu forse questo a non farla scattare immediatamente lontana da lui “Che è successo?” domandò soltanto, sconcertata
“Hai... abbiamo dormito...” rispose lui dopo un po', incerto “Non ricordo molto bene...” Lei distolse lo sguardo. Qualcosa la preoccupava. “Che hai?”
Sarah esitò, incerta “Ho fatto un sogno...uno strano sogno. Mi ha ricordato cose che avevo dimenticato...” A quelle parole Jareth storse le labbra e tacque, altrimenti avrebbe dovuto darle troppe spiegazioni. Sapeva benissimo a cosa si stava riferendo: anche lui aveva una spiacevole sensazione al riguardo e più di un sospetto. “Mi ero quasi dimenticata di uno dei miei ex...non che nessuno lo sia mai stato davvero...erano più delle fantasie, in particolar modo questa...” borbottò tra sé e sé
“Sì, certo, quella la chiami fantasia...” sibilò infastidito lui, rivedendo, in un flash che credette frutto solo della propria immaginazione, Rajeth baciarla. E in un modo troppo tenero per appartenere al fratello
“Sei geloso?” lo canzonò lei, scettica, girandosi a guardarlo
“Non dovrei?” replicò lui seccato cercando di evitare il suo sguardo curioso
“Non vedo perché dovresti esserlo, semmai...” rispose tornando a osservare la danza di luci e ombre delle foglie e dei fiori sopra di loro. Stare stesa così, a parlare e discutere con lui non gli dispiaceva affatto. Aveva un ché di nostalgico. Di familiare.
Non avevano alcuna fretta.
O forse sì? Fece spallucce. Quella calma non poteva nascondere nessun tranello
“Certo che se a te non sbattono le cose in faccia proprio non le capisci, vero?” ringhiò lui seccato, infilandole una mano sotto la testa, per farla alzare. O almeno per darsi modo di togliersi e di smettere di essere usato come cuscino. “Anzi... non capisci nemmeno quando la gente mendica la tua attenzione, prostrato ai tuoi piedi...”
“Perché sei arrabbiato adesso?” replicò lei, girandosi e inarcandosi sulle mani per osservarlo meglio.
Jareth si passò stancamente una mano sugli occhi, esasperato dalla sua stupidità “Vieni a parlare a me del tuo ex...”
“Oh, giusto, scusate, Maestà...dimenticavo che questi possono essere discorsi troppo triviali per un uomo della vostra levatura...” replicò lei ributtandosi a terra, supina “Volevo solo condividere con te quello che mi era successo... poi mi accusi di non parlarti...”
“Non è per il mio rango che sono infastidito...” replicò lui poggiandosi al tronco dell'albero in cerca di sostegno “Tu proprio non capisci quanto la tua... stupidità possa essere snervante...”
“Sarò anche stupida, ma ho capito che hai un'alta considerazione della sottoscritta...” replicò in risposta lei, tirandosi a sedere. Si era stancata di rimanere buona buona a prendersi parole da quel biondo arrogante “Spicciamoci ad arrivare a destinazione, così potrai liberarti del peso che ti trascini dietro.” Sì, avevano una meta. Ma nessuna fretta, purtroppo.
“Invece non ci muoviamo da qui fintanto che non avrai capito di cosa sto parlando!” disse con tono freddo e tagliente lui, penetrandola con un'occhiata di fuoco “E poco mi frega di esaurire il tempo a tua disposizione... Quello che ho sempre voluto, in realtà, era che tu diventassi una di noi, per sempre...”
Sarah si alzò, furente, mani piantate sui fianchi, a fronteggiarlo “E cosa ti avrei fatto io perché tu, potente mago dell'Underground, potessi essere così infastidito da un'adolescente da volerla addirittura tramutare in Goblin?”
“Chi ha mai parlato di trasformarti in Goblin?” replicò lui piccato
“Ma quella volta tu hai detto...”
“Quella volta, come ora, mia cara, non ho specificato a quale razza, tu e Toby, sareste entrati a far parte... davo per scontato che sapessi la differenza tra maghi, goblin, fate, nani, troll... e fae più in generale...” Vedendo che lei rimaneva a guardarlo a bocca aperta, decise di continuare “Diventeresti solo un essere magico... alla peggio, un essere intermedio come noi maghi. Non mi permetterei mai di trasformarti in un'orrida creatura...”
“Ma... allora... i goblin...? I bambini rapiti...?” Sarah sembrava confusa, come se ogni sua certezza fosse crollata di colpo
Jareth sbuffò “I goblin sono una delle tante razze fae, come chiamate voi gli esseri fatati in generale. I bambini rapiti vengono adottati dalle famiglie che ne fanno richiesta. Vivono sereni, normalmente mescolati a tutte le altre creature. Tu stessa non hai avuto problemi a relazionarti con un nano, un troll e … uno come Sir Dydimus...” le fece notare “Il fatto di essere umani non è che un dettaglio, come da te lo sono i capelli biondi o mori. La differenza, però, tra umani e fae, sta nel fatto che i secondi hanno trascorso qui almeno 13 ore. Precisamente, sotto la mia custodia. Io sono l'intermediario tra il mondo umano e il mondo magico. I goblin sono i miei assistenti.
Altri maghi hanno compiti simili, non sono certo da solo a sbrigare tutto il lavoro. Almeno... era vero un tempo, quando le richieste erano incessanti. Figli bastardi di nobili a cui avrebbero solo rovinato la reputazione, figli di famiglie povere che non potevano sfamarli, figli di donne troppo giovani per essere madri, il più delle volte con storie agghiaccianti alle spalle che era meglio non trasmettere al nascituro. Su di noi grava la rabbia di coloro che non riescono a riprendersi ciò che cedono troppo facilmente come quella di coloro di noi che aspettano con ansia un erede e non vedono soddisfatte le loro richieste. E' un compito ingrato. Vedi... il ciclo di vita dei fae si è alterato a causa della mancanza di fiducia del genere umano. Per preservare la specie, la vita si è improvvisamente allungata vistosamente. Ma la fertilità è crollata. Gli esseri umani, da sempre, hanno rappresentato un ottima opportunità di rimescolare il patrimonio genetico, rendendolo più forte e variegato, aggiungendo, con esso, le caratteristiche tipiche degli umani...” Sarah continuava a fissarlo inebetita, rapita da quella spiegazione “Certo... normalmente i bambini vengono dati a razze compatibili, antropomorfe, come gli elfi, tanto per fare un esempio... Ma... tu sai come si diventa maghi, vero?” domandò all'improvviso.
Sarah scosse la testa. Erano i demiurghi tra il mondo della magia e il mondo umano. Dubitava fortemente che si trattasse di qualcosa di innato, che andassero a scuola e si applicassero dietro a un calderone dopo aver ricevuto una lettera un bel giorno d'estate.
Jareth assottigliò gli occhi. Ormai non aveva più senso tacerle la verità. Era una buona occasione per spiegarle tutto “Qualunque umano può diventare mago, basta che si assuma la responsabilità delle proprie azioni, in quanto diviene intermediario tra Underground e Aboveground: è come se si venisse adottati, si resta umani ma con alcuni dei poteri tipici del Piccolo Popolo. Il mago è l'unico che Garmr lascia passare senza nemmeno controllare. Il suo potere può derivare da un rituale...” tacque un attimo vedendo l'espressione divertita della ragazza “Tu stessa ne hai usato uno, per richiamarmi, dieci anni fa..” precisò, mettendola a tacere e continuando nella sua spiegazione “Il potere può anche essere concesso da quello che un umano può ritenere un semplice animale. Che in realtà nasconde un altro mago, in realtà. E questo, ancora una volta, fa al caso nostro. Io ti donai dei poteri, poteri con cui si sarebbe stabilito un legame, tra noi. Ma lo feci sotto le mentite spoglie del mio sembiante. Come ogni buon intermediario, il mago è anche guida per i suoi assistiti. Un Virgilio o una Beatrice per il povero poeta. Il mago non, ripeto NON, punisce. Guida, mette alla prova. Non è mai ostile all'umano”
“E cosa c'entra questo con me? E con Toby?” alitò lei, avida di conoscenza nonostante non condividesse appieno il giudizio così magnanimo sull'operato del biondo.
A quella domanda, Jareth esitò. Ora metteva in dubbio l'urgenza che avvertiva nel volerle rivelare ogni cosa. Sospirò e rispose “Su di noi...” sillabò piano “Grava una maledizione, che ci trasciniamo dietro da molte generazioni. Io e Rajeth apparteniamo alla settima, precisamente. E, nella nostra duplice natura gemellare siamo una strana anomalia. La maledizione che ci ha colpiti ci ha confinati all'interno di questo ruolo ingrato che nessuno vuole. Rapire i bambini ed essere considerato da tutti il cattivo, anche dalla propria gente, può essere più difficile da sopportare di quanto non si pensi. La colpa di cui si macchiarono i nostri antenati fu estremamente grave per il ruolo che ricoprivano. I maghi, essendo intermediari interrazziali dovrebbero essere al di sopra delle parti, non solo umane e magiche, ma anche tra forze benigne e maligne.” Sarah annuì. Fino a quel punto la spiegazione era stata semplice “Ci sono numerose dispute nell'Underground. Elfi di Sinadon2 contro Elfi dei Tumuli3, Grogach4 e Kornandonnezed5 contro i Sostituti6. Noi, o meglio, coloro i quali non sono stati colpiti da maledizioni invalidanti come la nostra, dobbiamo supervisionare gli scontri, fornire consigli e aiuti indipendentemente dalle proprie simpatie, cercando di mantenere inalterati gli equilibri cosmici. A ogni aiuto fornito è sempre contrapposto un equo pagamento... nulla è gratuito, in nessun regno, né da voi, né da noi e neanche tra gli animali”
“Myrddin Emrys e Uther Pendragon7...” biascicò Sarah illuminandosi.
Jareth annuì “Esattamente.”
“E quale sarebbe stata la vostra colpa?” domandò Sarah rimettendosi a sedere sul prato, ansiosa di ricevere quante più spiegazioni fosse riuscita a strappargli di bocca
“Si rifiutarono di aiutare un collega provato da uno scontro. Per semplice vanità. Bada, la vanità è un peccato superiore all'invidia, allo schierarsi apertamente per una parte e anche al desiderio di morte dell'avversario. La vanità è grave perché non ha reale ragion d'essere, è fine a se stessa.”
“E quindi?” lo incalzò, insoddisfatta della risposta
“Come credo tu sappia, i maghi hanno, solitamente, un sembiante alato. In particolare rapaci notturni, considerati da sempre animali sacri agli dei della conoscenza...”
“Come Atena...”
“...Sì...Atena era la dea della conoscenza e della strategia guerresca... I rapaci notturni, a differenza di quelli diurni, come l'aquila e il falco, vedono nella notte ciò che sfugge all'occhio normale. Per contro, proprio perché fuggono la luce del giorno, sono considerati -da alcuni- maligni. Quindi...” riprese il filo del discorso come se fosse stata una lezione di quelle a cui aveva assistito nei suoi pochi mesi umani “I rapaci sono la nostra forma animale. Non per tutti, ovviamente, ci sono delle eccezioni. La forma di Rajeth è il serpente. Anch'esso, però, considerato portatore di grande saggezza, animale femminile e maschile insieme, oscuro e tentatore venefico come generatore di vita... Rajeth è la mia ombra, il mio sostituto. Lui, come il serpente, non può morire. Non prima di me, almeno.”
“Il serpente è vitale per via della muta della pelle....” Sarah si inserì nel discorso inconsapevolmente, come se fosse stata in trance “E il cervo allo stesso modo...”
“Precisamente.” confermò il biondo annuendo “Se anche dovesse morire, rinascerebbe. Per potermi sempre sostituire. Ma questo, ti dicevo, è un caso particolare.”
“La colpa... non mi hai detto cosa si rifiutarono di fare, per vanità, i tuoi avi...” lo interruppe Sarah
“Giusto.” annuì lui recuperando i fili del discorso “A questo mago, il cui sembiante era uno scricciolo, rimasto gravemente ferito in non mi ricordo più quale scontro epocale tra creature mitologiche, tutti i maghi donarono le proprie piume affinché potesse ricomporsi, guarire e, infine, tornare alla sua forma umana. Solo una coppia non collaborò, troppo altera e sprezzante, chiusa nella torre d'avorio della propria saggezza superiore. Il barbagianni, il cui piumaggio era troppo bello, elegante e candido per essere insozzato dal corpo martoriato dalle bruciature e confuso nel nuovo piumaggio arlecchinato composto dall'unione di tutti. Questa renitenza comportò l'immediata messa al bando e punizione per loro e le generazioni successive8...”
“Così, in effetti, la tua strafottenza trova una sua giustificazione...” borbottò tra sé la ragazza. Quando lui la folgorò con uno sguardo per l'interruzione, corse a tapparsi la bocca con la mano, promettendo, a gesti, di non interromperlo più.
“Chi lanciò la maledizione impose un lungo tempo di riflessione e una condizione perché si potesse risolvere il tutto. Ovviamente allo scadere delle sette generazioni le condizioni sono particolarmente favorevoli...” riprese lui, guardandola, ora, con dolcezza “Ognuno dei nostri predecessori ha provato a infrangere la maledizione. Tutti hanno fallito. Ma si era notata una regola generale che si ripeteva immancabilmente.
La nostra storia comincia nel 1700, quando nascemmo io e Rajeth. Eravamo gemelli, figli di seconde nozze di qualche nobile, così particolari, così speculari... i nostri genitori ci dettero al re dei Goblin: nostra madre pare non avesse una gran vocazione a crescere marmocchi e si accontentava del figliastro, già grande, che si era ritrovata. In realtà nostro fratello maggiore, che all'epoca avrà avuto otto anni, affrontò il labirinto e vinse. Ma una volta che ci ebbe riportato a casa, i vecchi ci consegnarono nuovamente al re. I nostri nomi, ovviamente, non sono quelli che ricevemmo alla nascita. Non fummo nemmeno battezzati, troppo strani per essere qualcosa di non demoniaco. Non era mai capitata una situazione simile. Normalmente, se non potevano essere mantenuti, i bambini venivano abbandonati nei boschi, cibo per i lupi, o nelle ruote delle chiese. Quest'insistenza umana convinse nostro padre a tenerci. Nostro padre adottivo, intendo. Ancora una volta, un bambino salvato dalla sua vita umana fu designato come erede. Nostro fratello, invece, condusse la sua vita umana, trasmettendo le sue conoscenze ai figli e ai figli dei figli. Fino ad arrivare ai fratelli Grimm...”
“Conosco la storia...” confermò Sarah ripensando alle parole del suo professore, alle carte coi disegni, rimaste immutate nel corso dei secoli
“Al bambino, privo di alcun legame di sangue, passò il bagaglio di conoscenze che consegnò immutato ai suoi discendenti...”
“Ancora non capisco cosa c'entriamo io e Toby...” borbottò la mora
Jareth sbuffò, nervoso “Tra tutti i bambini che vengono ceduti e recuperati e l'altro bambino che gareggia per lui, c'è sempre un qualche tipo di legame: in quell'occasione il testimone della trasmissione delle conoscenze viene passato da una famiglia a un'altra: dai Grimm al figliastro che ne portò comunque il nome. Quando l'evento si verifica a cavallo della successione, come nel vostro caso – Toby è il tuo fratellastro, non appartiene propriamente al tuo ramo di discendenza – il bambino salvato diventa automaticamente il legittimo erede al trono... mentre chi rimane continua a trasmettere la conoscenza” Concluse tacendole la notizia forse più importante
“Da me a Toby? E a me come c'è arrivato? Ma soprattutto, mio fratello dovrebbe avere l'ingrato compito di accollarsi il peso di una posizione come la tua?” strepitò la mora, incredula “Non lo permetterò mai”
Jareth sbuffò ancora “Normalmente sono i bambini stessi che chiedono di farsi rapire, intorno ai dieci anni... ora dimmi...Toby quanti anni ha, precisamente? Ti ha mai fatto richieste simili?”
Il sorriso sicuro del biondo gelò il sangue nelle vene di Sarah facendole dimenticare il proprio ruolo in tutta quella vicenda. Gliel'aveva chiesto? Allo sfinimento. Aveva cercato in tutti i modi di ingannarlo, ma Toby era furbo. E testardo.
“Ora...” disse mettendosi le mani sui fianchi, soddisfatto “Visto che io sono stato onesto con te... puoi fare altrettanto?” domandò asciutto. Era un baratto, nulla di più
“Cosa vuoi?” chiese distrattamente lei, impegnata a rimuginare su quelle informazioni. Qualcosa non le quadrava. Qual'era il legame tra loro e i Grimm? Solo il fatto che fossero gli strizzacervelli che li avevano avuti in cura alla morte dei genitori?
“Tornare all'argomento di partenza... la tua assoluta insensibilità per certi argomenti...” disse andando ad inginocchiarsi davanti a lei e piantando le mani sul prato sottostante, intrappolandola vis-à-vis col proprio corpo in quella posizione.








1    Nelle leggende e nella tradizione folkloristica dei celti, degli anglosassoni e degli irlandesi si parla di un'erba piccolissima e sconosciuta ai più, che veniva seminata dai folletti introno ai luoghi da loro frequentati. Chi avesse calpestato quella particolare erba avrebbe cominciato a vagare per le campagne perdendo qualsiasi senso dell'orientamento.
In questo caso, ho scelto che Jareth vagasse senza meta tra la dimensione reale e quella onirica, confondendole tra loro.

2    Creati da Alan Garner, protagonisti del romanzo La luna di Gomrath, a differenza di quelli descritti da Tolkien, sono di bassa statura (meno di un metro e venti), robusti ma con arti lunghi e aggraziati. Vestono abitualmente corte tuniche, strette da una cintura e prive di maniche. Di norma camminano a piedi nudi. Alcuni di loro indossano mantelli bianchi fatti con piume d'aquila, ma più per sottolineare il proprio rango che per proteggersi. La loro arma preferita è l'arco e si servono di piccoli cavalli bianchi per spostarsi.

3    Specialisti nella lavorazioni dei metalli, conoscono a menadito tutti i segreti delle vecchie rune magiche. La loro origine è antecedente a quelle dell'uomo; infatti si dice che la loro stirpe abbia accompagnato l'evoluzione umana fin dalla nascita dei primi mammiferi sulla Terra. Hanno la particolarità di poter cambiare aspetto a loro piacimento. La pelle è bluastra, ma come i camaleonti può rapidamente mutare colore

4    Folletto dalle dimensioni di un piccolo bambino. Solitamente passeggia nudo, col corpo peloso, le spalle larghe, una grossa testa e il corpo flessibile per la mancanza di colonna vertebrale. E' molto servizievole e disponibile ad aiutare gli uomini nei lavori domestici e nella cura dei campi

5    Folletti tipici del folklore bretone. Tutte le creaturine che appartengono a questa classe si caratterizzano per le piccole corna – che non sempre hanno sulla testa ma che talora portano appese alla cintura. Abitano nei pressi di qualche albero. Malgrado abbiano una statura veramente minuscola, la tradizione vuole che siano capaci di spostare le enormi pietre dei dolmen e dei menhir. Creature dolci e poetiche, amano danzare al chiaro di luna suonando nei corni. Di fatto sono gli ultimi sopravvissuti delle antiche popolazioni pagane. Le corna di cui sono dotati li collegano a Cernunnos, il misterioso dio cervo dei Galli che si ritiene sia stato una divinità di morte e resurrezione

6    Noti anche come Changeling. Uno dei desideri più nascosti tra il Piccolo Popolo è quello di possedere e allevare un bambino. A tale proposito si racconta di scambi di neonati o di bambini in tenera età con piccoli folletti o piccole fate. Questo succede perchè molti folletti si dilettano a scambiare i loro piccoli, in genere brutti e deformi, con quelli, più belli e aggraziati, degli uomini. Sono vegetariani ma non disdegnano il latte materno. Si affezionano molto ai genitori umani adottivi, sono silenziosi e inclini alla meditazione e amano la compagnia di ragazzine con cui intrattengono rapporti molto particolari, finché le fanciulle crescono e preferiscono i ragazzi 'normali'
(in tutto questo, i libri di Amanda Hocking sono abbastanza accurati nel seguire le linee guida della leggenda anche se mescola la razza dei Sostituti con quella dei Troll e con Trylle non meglio identificati -che non sono i Troll-)

7    La leggenda...ok, UNA delle leggende, perché la storia di Artù, Tavola Rotonda, Mago Merlino è un guazzabuglio incredibile (come molte opere del periodo, nata in risposta alla mitologia che girava su Carlo Magno in Francia) di diverse versioni e spesso con fonti divergenti tra loro, diciamo che la versione più nota è quella in cui si narra come Uther Pendragon, re di Bretagna (nord della Francia, se qualcuno fosse convinto che la zona trattata sia la Gran Bretagna...), di ritorno dall'ennesima vittoria sui nemici sassoni, si ferma a pernottare presso un suo alleato, Gorlois di Cornovaglia. Lì perde la testa per la moglie di quest'ultimo, Igraine. Qua entra in gioco il mago e consigliere: nonostante sia combattuto tra l'amicizia e l'amore, Uther si fa trasformare in Gorlois, riesce a giacere con la donna (mentre il vero duca viene ucciso dall'esercito del re) e a farne la sua sposa. Il prezzo per avere la donna, però, è la cessione al mago del figlio frutto di quella notte, Artù (che quindi è realmente figlio di Uther ma tutti pensano sia di Gorlois...e il tema del figlio bastardo tornerà a più riprese)

8    Questa leggenda è ben spiegata in A. CATTABIANI, Volario, Milano, Mondadori, 2000, pagg 365-367. Inoltre, il barbagianni, oltre a rapire i bambini, rappresenta il diavolo, il ladro e l'adultero. Si dice che avvistarne uno sia presagio di tempesta e dell'arrivo di una banda di malandrini.....vi suona vagamente familiare?





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Bene, ci stiamo avvicinando, sempre più, inesorabilmente, alla fine. A conti fatti, posterò l'ultimo capitolo prima della partenza per lo stage :3  sempre di partenza si tratta XD
Spero non sia stato troppo pesante, come capitolo, ma dovevo assolutamente spiegare, finalmente, in cosa consisteva la maledizione.
Bene...alla prossima settimana..
ciao!!!
   
 
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