Buona lettura!
Venticinquesimo capitolo: Al patibolo
“Allora?”
“E che ne so, lo sai che i
letterati sono persone strane!” Si strinse nelle spalle, “Non ci resta che
andarci e scoprire perché aveva tutta questa fretta di vederci…”.
Il palazzo in cui entrarono era
piuttosto modesto, anche se vi vigeva l’ordine e la pulizia. Li condussero fino
alla porta della biblioteca in cui entrarono, incontrandosi con il loro amico.
“Allora Artie?
Cos’era tutta questa segretezza e urgenza?”
“Sam, Mike, vi prego di non
agitarvi…” Troppo tardi, i due uomini avevano già sgranato gli occhi e
spalancato le bocche.
“Chiudi quella bocca Sam, qualcuno
potrebbe prenderla per un corridoio!”
“Santana!” Riuscì a dire il ragazzo
mentre Mike portava la mano alla spada,
“Oh così mi ferisci…” Disse Santana
con una smorfia ma il ragazzo non allontanò la mano,
“Santana, c’è un mandato di cattura
a tuo carico” La ragazza si appoggiò annoiata alla scrivania,
“Sì, ne sono al corrente” Alzò i
polsi ancora ricoperti da ferite, anche se ormai in via di guarigione, “Me lo
ricordano queste nel caso mi sfuggisse di mente…”
“Perché ci hai fatto chiamare?”
Chiese invece Sam,
“Ho bisogno di voi” Mike fece una
smorfia,
“Santana, non puoi pensare che…”
“Mike, ti ho chiamato perché ho
bisogno di te, come di Sam, vi chiederò di aiutarmi a fare una cosa contro la
legge che avete giurato di difendere, ma se non potete farlo mi basterà la
vostra parola di aspettare fino a domani sera per denunciare la mia presenza in
città e io vi lascerò partire senza rancore.” Santana guardò i due uomini che
si scambiarono uno sguardo, Artie sulla sua sedia li
osservava inquieto,
“Tu sei già dentro a questa cosa?”
Gli chiese Mike,
“Sì, Santana mi ha tirato fuori da
quell’edificio, le devo la vita” Santana fece una smorfia, non le piaceva che
le ricordassero le sue poche buone azioni,
“Artie
non farà nulla che lo possa compromettere, voi invece sì.”
“Io ci sto.” Disse Sam, “Se Santana
Lopez è venuta a chiedere aiuto allora deve essere importante e poi siamo una
famiglia no?”
“Ora non ti allargare troppo!” Lo
ammonì lei, ma lui sorrise poi prese una sedia e si sedette, ora che aveva
deciso aveva un bel sorriso sul volto.
“Mike?” L’uomo rimase in silenzio
valutando le persone che gli stavano davanti poi annuì,
“Va bene, in ricordo dei vecchi
tempi”. Santana tirò un sospiro di sollievo, senza di loro le sue possibilità
di riuscita sarebbero state molto inferiori.
“Bene ora vuoi dirci cosa dobbiamo
fare?”
Non aveva dormito, aveva ascoltato
i detenuti cantare per lei, alcuni avevano voci dolci, altri erano stonati, ma
tutti ci avevano messo un po’ di loro in quelle ballate, ed ora era mattina.
La luce filtrava dalle strette
fenditure che fungevano da finestre. I detenuti erano silenziosi, mentre la
osservavano passare si alzarono guardando con rabbia le guardie. Brittany sentiva il braccio dell’uomo che la tratteneva
tremare sotto quegli occhi accusatori.
Strinse i denti, non avrebbe
pianto, sarebbe stata forte.
La piazza in cui la portarono non
era molto grande, ma al centro si stagliava il patibolo. La folla era
silenziosa, in attesa. Sul piccolo palco montato davanti al patibolo c’era il
Principe Giovanni, imponente nella sua pelliccia, la corona ben posata sulla
fronte, la corona di suo fratello.
La Sylvester era in piedi, in
attesa accanto al boia, ogni promessa è debito aveva detto. Una cortina di
guardie separava il palco dalla folla e un'altra circondava il patibolo, non
volevano che al popolo venisse in mente di intervenire nell’esecuzione.
Il carro che la portava si arrestò
e lei vi scese, soddisfatta dal fatto che le sue gambe la reggessero ancora.
“Forza, finirà tutto in fretta…”
Quasi sussultò, la Sylvester aveva appena sussurrato, ma le sue parole non
erano fraintendibili. Le lanciò un occhiata, ma sul volto della donna non
c’erano tracce del sostegno che quelle parole implicavano.
L’araldo prese la parola iniziando
ad elencare i suoi crimini. Molti erano falsi, ma quasi tutti i furti elencati
erano frutto del suo lavoro.
“La condanna è la morte per
impiccagione!” Concluse l’araldo, poi se ne andò. Il boia si fece avanti, aveva
un cappuccio nero sul volto e a Brittany faceva
paura.
Un sibilo strappò il silenzio.
Britany
sgranò gli occhi sorpresa mentre la freccia si conficcava a pochi centimetri
dai piedi del boia, che reagì saltando indietro.
Un boato esplose dalla folla
coprendo la voce della Sylvester che cercava di sbraitare ordini ai soldati
confusi. Confusi perché all’improvviso numerose figure erano comparse dal
nulla. Figure che indossavano abiti verdi e marroni e che avevano i cappucci
tirati sulla testa.
Brittany
sentì il cuore esultare mentre vedeva le figure sparire tra la folla e poi
ricomparire dal nulla per abbattere una guardia. Il Principe circondato dai
soldati era bianco, gli occhi che cercavano una via d’uscita.
Poi una figura piroettò accanto a
lei sul patibolo e Brittany si ritrovò a guardare due
splendidi occhi neri.
“Sapevo che saresti venuta!” Disse
mentre Santana con un gesto rapido gli liberava i polsi, la ragazza le sorrise,
poi le tese la mano,
“Andiamo via!” Una freccia più
corta e più forte di quelle normali andò a piantarsi accanto a loro,
“Non usate le balestre pezzi di
idiota!” Urlò la Sylvester, e Brittany vide la
perplessità di Santana, il generale si voltò verso di loro poi sorrise, fu un
istante poi la Sylvester urlò ancora, “Le spade, imbecilli!” Ma i suoi soldati
erano incapaci di reagire davanti agli attacchi di Robin Hood, perché l’uomo
era ovunque, rapido e sicuro.
La folla si aprì davanti a loro
mentre le due ragazze correvano lontano. Santana la guidava sicura tra le via
della città, corsero fino a quando la ragazza non la spinse dietro un vicolo,
“Alza il cappuccio…” Le disse, il
respiro affannoso, Brittany obbedì,
“Grazie…” Disse e la ragazza che era
impegnata ad individuare eventuali inseguitori si voltò a guardarla. Rimasero
così a lungo poi Santana si avvicinò a lei, chiuse gli occhi e appoggiò le
labbra sulle sue, delicatamente, come se lei potesse sparire ad una pressione
maggiore.
Quando si separò aveva gli occhi
lucidi, ma sorrideva,
“Dobbiamo andare via…” Si mosse ma Brittany la bloccò,
“Devo liberare i prigionieri” La
ragazza la guardò perplessa,
“Come?”
“Sì, i prigionieri, questa notte
sono stati molto carini con me… pensavano che fossi lì per salvarli, quando gli
ho detto di no, non si sono arrabbiati… hanno cantato per me, sai mi
conoscevano, hanno detto che sono un simbolo” Santana scosse la testa, poteva
amarla di più? Era possibile?
“Brittany,
non abbiamo gli uomini e un piano e…” La ragazza si illuminò,
“Oh ma io non ho mai un piano! Ti
dispiace se l’arco lo prendo io?” Le chiese e Santana le porse l’arco e la
faretra che aveva a tracolla, a lei restava la spada, che, farsa di Robin Hoon o meno, non aveva voluto abbandonare.
Brittany
si mosse poi si voltò in imbarazzo,
“Mi sa che devi portarmici tu alla
prigione…” Santana annuì poi chiedendosi cosa stesse facendo la guidò per le
strade di Londra fino all’imponente edificio che era la prigione. Lo
osservarono da un vicolo, l’edificio era in subbuglio, l’agitazione era
evidente, soldati e guardie entravano ed uscivano dalla struttura.
“Ok, portami dentro!” Le disse Brittany sorridendo.
Note
Finalmente è successo! Il piano di salvataggio è scattato e Brittany è al sicuro tra le braccia di Santana… beh ora vanno solo ad assaltare la prigione di Londra, una scherzetto! ;-)
Avete visto cosa è successo? La Sylvester forse non ha un cuore di pietra… forse le parole di Santana, la sua confessione hanno fatto breccia… non lo sapremo mai! ;-)
Al prossimo capitolo! Ormai siamo agli ultimi!
Ciao ciao e grazie!