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Autore: GiacomoAndrea    19/08/2012    0 recensioni
Sembrava andare tutto bene, finora nessun insulto. Dopo aver salutato chi meritava e chi no suonò la campanella ed entrai. Ormai quel corridoio era come se facesse parte di me, lo percorsi con una gioia inaspettata, quasi di corsa, svoltai a sinistra, una, due, ecco la terza aula, la Mia. Un momento, qualcosa non andava, non poteva essere, non poteva succedere, siamo stati lì per due anni, dico, due anni! E ora su quel foglio appeso al muro non c’era scritto 3^A, ci avevano spostato. Come avevano potuto! Due professori sarebbero stati assenti. Tutto insieme! E, soprattutto, tutto insieme nell'ultimo anno, quello dell'esame...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ti vuoi muovere? È tardi!
-Ora scendo mamma!
Ormai mi ci ero abituato, mi svegliavano sempre così e solo il pensiero di dover scendere dal letto a castello mi faceva tornare sonno. Mi ero addormentato da poco, o almeno così credevo. Non dormo mai molto profondamente quando l’indomani mattina devo partire o fare qualcosa di importante, e quel giorno sarebbe iniziato il mio ultimo anno di scuola media, da quel giorno avrei potuto fare “il Grande”. Oh sì, scusa, non mi sono ancora presentato, io sono Giacomo Andrea, per tutti Giacomo, e tra poco meno di un anno compirò 14 anni. Non mi è mai piaciuto particolarmente il mese in cui sono nato, a settembre inizia la scuola, inizia l’autunno, finisce l’estate, praticamente tutte cose non molto gradevoli, a meno che tu non sia desideroso di freddo dopo un caldo torrido o non sia desideroso di scuola dopo una vacanza snervante.
Io non ero nessuno di entrambi i casi.
Sebbene non avessi passato la migliore estate della mia vita, non avevo alcuna intenzione di tornare a scuola. Non avevo voglia di rivedere le stesse facce che mi snobbarono per tutta l’estate o le facce di quelle persone che mi avevano deluso e rovinato quella che si prospettava una magnifica stagione.
All’inizio di giugno presi una cotta per una ragazzina di prima che conoscevo a malapena, era sempre così quando mi prendevo una cotta: la conoscevo a malapena, la illudevo, la lasciavo e passavo per un deficiente, ormai avevo fatto l’abitudine. Mi sono sempre giustificato con gli anni dicendo che ero un bambino, però questa cotta fu diversa, diedi il primo bacio a quella ragazzina, me ne innamorai seriamente. Peccato che non durò quanto avrei sperato, dato che a meno di 7 giorni dalla nascita di quella storia estiva lei mi lasciò. Mi disse che non aveva dimenticato il suo ex, che le aveva chiesto di tornare insieme e lei aveva accettato. Ora non so dire con precisione di aver passato le tanto rinomate “pene d’amore” ma, fatto sta che piansi, e tanto, rimasi veramente male. I miei compagni di classe mi incoraggiavano, avevo 12 anni, volevo essere grande ma non lo ero. L’amore è sempre stato il punto debole di molti, probabilmente è l’unico termine che non ha un vero e proprio significato universale, è soggettivo e con il susseguirsi di esperienze uno può dire di essersi innamorato. Tornammo insieme ma, quella sua rottura mi aveva deluso, non riuscivo più ad essere felice come prima, come quando si rompe un giocattolo, lo si aggiusta ma si ha sempre paura che si possa rompere di nuovo e si fa molta più attenzione, senza pensare più che si possa fare qualsiasi cosa, che ci si possa divertire senza limiti. Ma una relazione non è un giocattolo.
Lei mi deluse ancora, ma questa volta non mi lasciai andare facilmente e soffrii di meno, mi arrabbiai di più col falso amico, che ci provò con Alessia e me la tolse da sotto il naso, avrei dovuto capirlo, che ingenuo. Passò un mese e più, senza che io uscissi coi miei “amici”, mi ero spento. Tutto il fremito, la gioia, la felicità erano andate in letargo fuori stagione. Arrivò la fine di luglio e arrivò quindi anche l’atteso campo scuola della mia adorata parrocchia. Mi trovavo bene con loro, non mi giudicavano, scherzavamo, e poi questo sarebbe stato il secondo, ormai avevo esperienza. Finì anche quello e un po’ mi tirai su, finalmente. Non sopportavo più l’idea di essere triste ma era più forte di me. Con l’avvento di agosto, grazie a mia cugina, ho ricominciato a sorridere, a divertirmi, le devo più di un favore. Con agosto mi sono riavvicinato ad Alessia, dopo tutto non l’avevo dimenticata.
Ed ora torniamo all’inizio. Era il 14 settembre e mi ero preparato con cura a quel giorno. Avevo già messo fuori la maglia blu che mi piaceva tanto e un paio di jeans corti. Con i jeans non si sbaglia mai. Mi sistemai i capelli, salutai mia madre e i miei fratelli, scesi di casa e salì in macchina.
Stavo andando verso l’inizio di un cambiamento.

Sembrava andare tutto bene,  finora nessun insulto. Dopo aver salutato chi meritava e chi no suonò la campanella ed entrai. Ormai quel corridoio era come se facesse parte di me, lo percorsi con una gioia inaspettata, quasi di corsa, svoltai a sinistra, una, due, ecco la terza aula, la Mia. Un momento, qualcosa non andava, non poteva essere, non poteva succedere, siamo stati lì per due anni, dico, due anni! E ora su quel foglio appeso al muro non c’era scritto 3^A, ci avevano spostato. Come avevano potuto! Quella, però, non era la cosa peggiore. La nostra professoressa di lettere e quella di tecnologia sarebbero state assenti e nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare una disgrazia simile l’ultimo anno, quello dell’esame. Siamo rimasti per un po’ senza iniziare il programma di italiano, o di storia o di geografia, quando un giorno, con una velocità sorprendente entrò e si sedette alla cattedra quella che sarebbe dovuta essere la nostra professoressa quest’anno.
  
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