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Autore: vals_    19/08/2012    1 recensioni
Rosso come i suoi capelli sospinti dal vento, oro come il colore di quel piccolo ciondolo che portava al collo. Un dono. Di chi? Non lo sapeva, aveva trovato quel piccolo gioiello una mattina di fine agosto, poggiato sulla scrivania insieme ad alcune piume.
Rose Weasley era sempre stata così bella? Notò anche la collana. Il suo cuore mancò un battito, che avesse compreso si trattasse di un dono di lui? Rose non sapeva, Scorpius sperava non sapesse.
Seconda al contest "Rose Weasley, raccontami la primogenita di Ron ed Hermione"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Rose/Scorpius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Quando il vecchio treno rosso sbuffò, borbottò e sferragliò i genitori si apprestarono a salutare i figli per l'ultima volta prima di rivederli durante le vacanze di Natale. C'era commozione nell'aria per quei bambini spauriti che si guardavano intorno con occhi sognanti. Erano molti i marchingegni che non conoscevano minimamente. Tra tanti bambini però c'erano anche quegli adolescenti che iniziavano a detestare tante attenzioni da parte dei genitori, Scorpius Hyperion Malfoy era uno di quegli studenti. Aveva ricevuto la solita pacca sulla spalla dal padre che gli aveva strappato la promessa di battere i grifondoro sul campo da quidditch ed ora era avvolto nel caldo e confortevole abbraccio di sua madre. Non detestava quel gesto, anzi prediligeva molto i momenti in cui sua madre si dimostrava affettuosa nei suoi confronti ma, tra quel chiacchiericcio lui doveva apparire come il degno successore di suo padre, ed in più aveva ormai sedici anni e poteva considerarsi un uomo, le raccomandazioni di quel genere avrebbe dovuto farle a quei piccoletti che piagnucolavano a destra e manca. La guardò, Astoria, sorridendole appena per togliersela di dosso. - A presto! - le disse, salutando con un gesto del capo anche il padre. Quando si volse, tra quella folla la distinse chiaramente. Una matassa di capelli rossi come le foglie d'autunno. Rose Weasley stava parlando con suo padre mentre sua madre, poco più là, sembrava molto triste all'idea di lasciarla andar via. Le somigliava molto. Lui l'aveva notato quando una volta le aveva viste insieme, molto da vicino, di nascosto. Ronald le stava dicendo qualcosa e, dal movimento concitato del suo dito indice doveva essere qualcosa di davvero importante. - Batti i serpeverde, Rosie. E non confonderti con quello Scorpius, tuo nonno Arthur non te lo perdonerebbe mai. - La giovane sorrise, scuotendo la testa. Suo padre era sempre lo stesso ed ogni dannatissimo anno doveva rivangare quella semplice nozione che ormai lei conosceva a memoria e che si impegnava a far esaudire. Battere i Serpeverde. Lei che tra i serpeverde stava per capitarci sul serio. - Sì papà, lo so! - scherzò lei, regalandogli un gran sorriso. La vide elevarsi sulla punta dei piedi per baciargli entrambe le guance, lo stesso fece con la madre per poi afferrare il colletto di suo fratello e trascinarlo con se. Le piaceva Rose, era così tremendamente irruenta, saccente, astiosa. Le piaceva. Le piaceva ancora di più da quella volta in cui l'aveva difeso prendendosi le colpe per una pozione che lui aveva sbagliato clamorosamente. Ne rimase tremendamente offeso, non le rivolse uno sguardo per mesi, ma segretamente ne era rimasto colpito. Nessuno nella sua casata l'avrebbe fatto. Ma lei si. Era rimasto in piedi accanto al portellone del treno, quando Lei passò dinanzi a lui sussultò quasi nel vederla. - 'Scorpius – apostrofò lei, sorridendogli appena. - Malfoy. - bofonchiò suo fratello. Lui non fece un fiato e li seguì all'interno del vecchio mezzo di locomozione. Lo trovava scomodo. Alle volte succede che, nel marasma di pietre che s'incontrano in una vita intera, ce ne siano alcune diverse dalle altre. Sono pietre particolarmente resistenti, sono pietre che potrebbero costruire le colonne portanti d'un castello ma che peccano di una qualche qualità. C'erano le pietre un po' tonte, c'erano pietre che fingevano di non capire, pietre orgogliose ed altre pietre infine che, nonostante comprendessero a pieno, avevano bisogno di una spinta per crederci davvero. E se le pietre alle volte si incontrano e si scontrano rompendosi, ferendosi ed uccidendosi in un angolo del nostro grande letto del fiume potremo vedere le vite scorrere, le pietre incontrarsi ed unirsi in un incastro alle volte perfetto, che non provoca litigi ed incomprensioni. Ci sono quelle pietre che si incastrano per caso, nonostante fossero state per anni compagne d'avventure e di rotolamenti, ed allora in quel caso succede che si urtino, si arrabbino e si allontanino ma no, non si lascerebbero mai andare realmente. Rose lo osservava in silenzio, la spilla di prefetto campeggiava sulla divisa che aveva già indossato. In quanto a cervello, cara, mi ricordi molto tua madre aveva bofonchiato il cappello parlante sei anni prima, ed aveva gridato concitato il fatto che lei avrebbe fatto parte della casata rosso oro. Rosso come i suoi capelli sospinti dal vento, oro come il colore di quel piccolo ciondolo che portava al collo. Un dono. Di chi? Non lo sapeva, aveva trovato quel piccolo gioiello una mattina di fine agosto, poggiato sulla scrivania insieme ad alcune piume. Era il simbolo dell'infinito. Giocava distrattamente a scacchi, constatò lei, nell'osservarlo e come se niente fosse alzò lo sguardo rimirandola incuriosito. Rose Weasley era sempre stata così bella? Notò anche la collana. Il suo cuore mancò un battito, che avesse compreso si trattasse di un dono di lui? Rose non sapeva, Scorpius sperava non sapesse. Quella stessa sera un'accaldata Rose se ne stava adagiata sulle rive del lago Nero, non indossava la divisa, una semplice tuta copriva quel corpo slanciato che la natura le aveva donato. Somigliava sempre di più a sua madre. Ronald lo ripeteva sempre. I passi di Scorpius la distrassero, camminava piano sulla riva sassosa del lago, guardava per terra come a cercare qualcosa, peccato che la sua bacchetta magica fosse spenta. Rimase distesa in quella piccola oasi di sabbia e pezzetti d'alga, ad osservarlo. L'urgenza di chiamarlo si fece largo in lei, la ricacciò dentro. No. Non sapeva che era magico, quel piccolo gioiello che portava al collo. Era di fattura elfica e s'illuminava quando nelle vicinanze vi era chi l'aveva donato. Rimase ad osservarlo per lunghi minuti, il simbolo dell'infinito brillava appena d'una luce verde, quasi bianca, talmente chiara che non l'aveva mai notato prima. Lo osservava tenendolo sollevato, non voleva abbandonare quella comoda posizione. Aveva visto un brillio indistinto, una luce verdolina che l'aveva inquietato sottilmente. S'era mosso rapido e silenzioso, sul tappeto erboso che costeggiava la battigia del lago, non più con lo sguardo basso. Sentiva la necessità di raggiungerla e di capire. Più si avvicinava e più la luce risplendeva di verde. Più si avvicinava, più il suo cuore batteva forte. - Weasley. - furono le parole che pronunciò con tutta la naturalezza del mondo. Lei quasi sobbalzò, il ciondolo cadde dalle sue mani battendo leggermente sulla stoffa intonsa. - Scorpius. - Il nome di lui, pronunciato con la voce soave che solo lei produceva appariva tremendamente dolce, armonioso. Lui sorrise e lei l'osservò incuriosita. - Vuoi venire.. qui? - Lui annuii, il sorriso ancora accennato su quel volto diafano che tanto somigliava a quello di suo padre, e si avvicinò a lei con una sottile noncuranza. Per un Malfoy niente è importante come se stessi, insisteva a ripetere suo padre. In presenza di Rose però tutto sembrava ruotare intorno alla di lei figura. Era bella, constatò, rimirandola alla luce della luna, da vicino. Quel volto, quegli occhi e quei sorrisi celati erano qualcosa che, sempre, gli facevano battere il cuore. Si era seduto vicino a lei eppure pareva fosse distante mille miglia. Si era sporto, senza rendersene conto, osservando quel gioiello che portava al collo. Non era solo un'impressione allora, lo aveva davvero scorto nel buio di quella notte. Si era sporto e l'osservava come fosse un cimelio da preservare, lei sembrava non essersene accorta e fu per questo che si stupì tanto quando stiracchiandosi si trovò a sfiorare la guancia di lui. La sua mano rimase lì sospesa per qualche secondo, gli occhi chiari spalancati osservavano quelli altrettanto chiari che fissavano lei e poi la ritrasse. Arrossì e distolse lo sguardo. Era imbarazzata e non si capacitava del perchè fosse sottilmente felice di quel contatto. I suoi occhi non videro, o forse non vollero vedere, le guance di lui imporporarsi e le sue labbra piegarsi in un sorriso. Le sue orecchie non udirono, in fine, il cuore di lui che urlava il suo candido nome.

  
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