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Autore: Morgan Snape    19/08/2012    1 recensioni
[...]L’altra figura camminava sicura, eretta e fiera verso la loro destinazione, alcuni passi d’innanzi al Mangiamorte.
-Lucius, è tutto pronto?- chiese il mago oscuro con voce sibilante.
-sì mio signore, come avevate predisposto-
Voldemort sorrise compiaciuto.
-Molto bene-
***Dopo la morte di Albus Silente, Voldemort è consapevole che l'unico vero ostacolo alla sua completa ascesa è Harry Potter e tutto ciò che questo giovane mago rappresenta per la società magica, per questo ha in mente un piano che cambierà le carte in tavola alle forze del bene e che metterà a dura prova la lealtà e la forza di volontà dei protagonisti.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Severus Piton, Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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CAPITOLO V
 
 
Quando alla mattina Severus uscì dalla sua stanza, vide Harry davanti alla piccola finestra da cui filtrava la luce riflessa dalle acque del lago. Il ragazzo aveva la manica sinistra arrotolata e stava osservando il suo avambraccio, mentre con le dita sfiorava la pelle marchiata. Severus si fermò sul ciglio della porta, si appoggiò allo stipite e guardò attentamente l’espressione del giovane: gli occhi erano socchiusi e a differenza di quelli sempre vivaci e benevoli della madre, quelli del giovane avevano assunto una tinta che sapeva di sconfitta e desolazione. Severus scosse il capo; sapeva che se volevano entrambi superare la situazione in cui si erano cacciati sarebbero stati necessari calma e razionalità.
 
-ti stai divertendo a fare la parte dell’eroe sconfitto?- gli disse.
 
Il ragazzo alzò lo sguardo e rispose.
 
-e che cosa dovrei fare? Lo sa meglio di me che una volta marchiati non c’è rimedio!-
 
-è vero, che io sappia non c’è, ma non abbiamo nemmeno cominciato a cercare una soluzione, è un pò presto per arrenderci, non credi? E ora vieni a fare colazione-
 
Il professore chiamò un elfo domestico che offrì subito la colazione ai due, ma Harry continuò a guardare fuori dalla finestra. Severus allora strinse le labbra e raccolse tutta la sua pazienza, tuttavia non riuscì a nascondere la stizza quando pronunciò gelidamente:
 
-signor Potter. La colazione. Ora!-
 
-Non ho fame-
 
Come tutti gli studenti -e non- sapranno, Severus Piton non possedeva una grande riserva di pazienza, così spinse rumorosamente indietro la sedia e con pochi, lunghi passi si fermò davanti al giovane e le sue dita si strinsero sull’avambraccio scoperto del giovane che non riuscì a trattenere un gemito.
 
-Dimmi, ragazzo, questo marchio, ti ha cambiato in qualche modo? Sta influenzando le tue scelte?- disse ad alta voce Piton.
 
-N...no, non credo- rispose balbettando Harry.
 
-Ma ti piace mostrare la tua cicatrice, vero? Ti rende importante, colui che ha sconfitto il Signore Oscuro. Quante volte ti sei vantato di averla?-
 
-Mai!-
 
-quella cicatrice... ti rende speciale e i tuoi amici ti adorano come dei fan incalliti perché hai quella saetta sulla fronte, vero?- disse velenoso il professore, aumentando vertiginosamente il volume della sua voce.
 
-No, non è vero! Non mi interessa la fama e farei volentieri a meno di questa cicatrice! E i miei amici...loro sono miei amici perchè mi conoscono e sanno che sono Harry...solo Harry!- concluse il giovane urlando.
 
Severus sorrise beffardamente per la sua vittoria. Un istante dopo, con voce normale pronunciò:
 
-E allora perché mai questo marchio dovrebbe rendere diversa la situazione?-
 
Harry aprì la bocca, pronto a rispondere a tono, ma si trovò a boccheggiare come un pesce. Il professore aveva ragione: quella cicatrice lo aveva reso il Bambino Sopravvissuto, ma Harry –e i suoi amici- lo sapevano che non era nè più nè meno di un ragazzo esattamente come loro, con i suoi pregi e difetti.
 
-colui o colei che decide di portare il marchio...è qualcuno da giudicare perché ha compiuto una scelta, ma tu Potter, non hai scelto di possedere quel marchio, nello stesso modo in cui non hai deciso di portare quella cicatrice sulla fronte. È stato Voldemort ad infliggerti entrambi, se c’è qualcuno da giudicare, quello è lui.- concluse il professore con voce bassa ma decisa, poi concluse:
 
-sono le scelte che facciamo che dimostrano...-
 
-quel che siamo veramente- concluse Harry per lui.
 
Severus ed Harry si guardarono sorpresi.
 
-è stato Silente a dirglielo, vero?- chiese Harry sottovoce.
 
Sul volto di Piton comparve un’espressione amara e invece di rispondere distolse lo sguardo e si avviò di nuovo verso la sua scrivania.
 
Harry si avvicinò con passi incerti alla sedia posta di fronte al mago e dopo aver afferrato una tazza di the si decise a porre la domanda che desiderava chiedere da tempo.
 
-Lei, professore...che scelta ha fatto, quella notte?- sussurrò.
 
Harry si riferiva alla notte in cui Piton aveva tolto la vita al preside, ma sapeva che non era necessario specificare a quale occasione si riferisse. Il professore per un attimo lo guardò arrabbiato, poi, come quando aveva insegnato a Harry l’occlumanzia, assunse un’espressione che non lasciava trapelare nulla e fissando seriamente il giovane negli occhi disse lentamente:
 
-Quella notte, signor Potter, ho scelto di dare prova della mia estrema fedeltà- e dopo essersi alzato con un sorriso beffardo dinnanzi all’espressione sconvolta e confusa del ragazzo, prese un libro da uno degli scaffali e si lasciò cadere su una delle poltrone in pelle situate davanti al caminetto.
 
-Ehm...cosa sta facendo?- chiese confuso Harry.
 
-Merlino, Potter! Secondo te cosa sto facendo con un libro in mano? L’uncinetto?-
 
Harry sbuffò. “deve essere sempre così irritante?” pensò.
 
-Lo so cosa sta facendo! Ma intendo dire...cosa sta leggendo? Perché soprattutto? Non ci sono cose più importanti da fare che leggere un buon libro davanti al caminetto?- disse esasperato il giovane.
 
-Per tua informazione, Potter, sto leggendo un libro sulla simbologia magica oscura, un ottimo punto di partenza per capire come dovrò fare per evitare di morire a causa del patto che ho felicemente stipulato con la McGranitt. E sì, ci sono diverse cose più divertenti che potrei fare in questo momento, come buttarti fuori dalle mie stanze o farti pulire i bagni dei prefetti, ma purtroppo, nel caso che ti sia sfuggito, siamo imprigionati qui e posso uscire soltanto se strettamente necessario e a seguito di un permesso, perciò...sì, penso che me ne starò comodamente seduto qui, davanti al caminetto!-
 
-Ma...e io?-
 
-Tu non toccare niente!-
 
-Sì, ok, ma poi? Che faccio? Me ne sto qui in piedi tutto il giorno?-
 
-Potrebbe essere un’idea...-
 
-Professore!- esclamò Harry, seccato.
 
-E va bene, lo vedi quel volume dalla copertina bordeaux? C’è un capitolo sul controllo della mente attraverso oggetti e simboli magici, prova a vedere se c’è qualcosa di utile. Fai attenzione Potter, non permetto mai a nessuno di toccare i volumi conservati nella mia biblioteca personale.-
 
Harry alzò gli occhi al soffitto. Non andava matto per le letture impegnate e l’idea di passare la mattinata con Piton non lo allettava di certo, tuttavia non aveva molte alternative poichè a quanto pareva erano costretti a rimanere nei sotterranei, almeno fino a quando l’Ordine non avesse deciso diversamente.
 
Era trascorsa appena un’ora circa quando Harry decise di interrompere il silenzio.
 
-che cosa comporta avere il marchio nero...da un punto di vista pratico intendo-
 
-beh, a parte l’ovvia possibilità di essere convocati al cospetto del Signore Oscuro...non molto. In una piccola dose il marchio permette a Tu-sai-chi di controllare la nostra volontà.-
 
-ad esempio?- chiese Harry, preoccupato.
 
-ad esempio...durante la prima guerra magica poteva capitare che un giovane mangiamorte, insomma, un novizio, potesse avere qualche...titubanza a compiere il suo dovere-
 
-per dovere intende...-
 
-torture, uccisioni, catture, o...tutte e tre insieme- disse Piton con un tono casuale, come se parlasse del tempo.
 
Hary deglutì rumorosamente.
 
-Perciò lui...li controllava?-
 
-Non proprio, era qualcosa di più subdolo: infondeva in loro ciò che lui stesso provava nel compiere quelle azioni...euforia, spavalderia, desiderio di prevaricare sul prossimo, di ottenere il controllo sugli altri...-
 
-e funzionava?-
 
Piton guardò il giovane con aria seria.
 
-Tutte le volte-
 
Harry rabbrividì. Il professore però non aveva finito.
 
-E poi...c’è quella sensazione, che ti impedisce di dimenticare che appartieni a lui. È come...un fischio nelle orecchie. È lì, incessante, onnipresente. Puoi distrarti durante il giorno, ma è continuo e quando cerchi la pace, il silenzio, ecco che lo senti ancora più distintamente e non c’è nulla che tu possa fare per evitarlo e dimenticartelo-
 
Harry lo guardò perplesso.
-Davvero?...io non sento niente del genere-
 
-Potter,  non ho detto che mi fischiano le orecchie, ho detto...-
 
-Sì, ho capito! Parlava della sensazione, non sono stupido! Dico solo che non sento niente che assomigli a ciò che ha descritto-
 
Piton lo guardò incuriosito, quello stesso sguardo che aveva riservato ad Harry durante il torneo dei duellanti di quattro anni prima, quando aveva usato pubblicamente le sue capacità di rettilofono.
 
-E’...una buona cosa, giusto?- chiese Harry incerto.
 
-E’ presto per dirlo, sarà bene che continuiamo la ricerca-
 
Detto questo riportarono la loro attenzione ai libri.
 
La giornata passò senza incidenti, ma non ci furono nemmeno risvolti positivi: i volumi di Piton non erano stati di molto aiuto giacché riportavano informazioni di cui erano già al corrente e il professore si lamentò più volte di come l’essere confinati nei sotterranei gli impedisse di fare una ricerca all’interno della biblioteca di Hogwarts.
 
Era notte fonda ed Harry stava dormendo raggomitolato sul divano quando il freddo lo svegliò. Mugugnando si alzò per risistemarsi la coperta che era finita a terra, quando si rese conto che percepiva uno spiffero freddo di troppo, così il suo sguardo cadde sulla porta d’ingresso della stanza. Era rimasta socchiusa.
 
“come mai è aperta? Era chiusa a chiave dall’esterno, l’aveva sigillata la McGranitt stessa! A meno che...”
 
Harry si avvicinò alla camera da letto di Piton. Se Piton lo avesse scoperto sbirciare nella sua stanza privata e in un momento di vulnerabilità come quello di quando si dorme lo avrebbe disossato vivo, ma Harry era troppo curioso e non sopportava rimanere nel dubbio, così, trattenendo il respiro abbassò lentamente la maniglia, cercando di non fare rumore.
 
Il letto non era stato nemmeno disfatto.
 
“Piton non è mai andato a dormire, stanotte!” pensò sorpreso.
 
Harry realizzò divertito e sorpreso che il professore era uscito di nascosto, così non riuscì a trattenersi dal sgghignare.
 
“cinque punti in meno a Serpeverde per essere uscito durante il coprifuoco!” sussurrò imitando la McGranitt.
 
Il ragazzo poi tornò serio e si morse il labbro, pensieroso. E se il professore veniva colto di sorpresa? Il pensiero lo fece ridere nervosamente: sembrava che stesse parlando di uno studente ribelle, non di un professore.
 
Improvvisamente ad Harry venne un’idea.
 
“mi hanno tolto la bacchetta, ma chissà se...”
 
Harry corse a frugare freneticamente nel suo baule e quasi non riuscì a trattenere un urlo di vittoria: il suo mantello dell’invisibilità era ancora lì.
 
A quel punto i dubbi di Harry si dissolsero e indossato il mantello uscì dalla stanza e si diresse verso i piani superiori del castello, attento a non fare rumore.
 
Raggiunse la biblioteca dove sapeva che avrebbe trovato il professore. Notò che il cancelletto che impediva l’entrata nella sezione proibita era solo accostato, così entrò e sussurrò:
 
-Piton...professore...!-
 
Nonostante l’invisibilità qualcuno riuscì ad afferrarlo per il collo e a puntargli dolorosamente la bacchetta alla clavicola destra.
 
-Urgh...professore sono io, Harry!- sussurrò agitato.
 
-imbecille! Vuoi farci scoprire? Tornatene da dove sei venuto!-
 
-ma...posso aiutarla!-
 
-No, non puoi!...ah! è tutto inutile, è illeggibile! Ma che razza di lingua è!-
 
Il professore aveva tra le mani alcune pergamene sciolte, la rilegatura era talmente rovinata che erano rimasti solo alcuni brandelli e il testo era appena leggibile. Harry si tolse il mantello dalla testa e osservò meglio cosa c’era scritto. Guardò perplesso il professore e disse:
 
-cos’è che non capisce?- chiese.
 
Piton lo fulminò con lo sguardo.
 
-Mah, non saprei, Potter, forse...tutto?-
 
Harry alzò un sopraciglio, ma l’effetto non era lo stesso che riusciva ad ottenere il mago davanti a lui.
 
-A me non sembra così male...dice: “Un marchio, affinché abbia un’adeguata influenza sull’animale o persona, deve possedere almeno le seguenti misure...dieci centimetri...hey! Perchè non mi lascia continuare?-
 
Piton gli aveva tolto di scatto le pergamene dalle mani.
 
-Potter...tu...riesci a leggerlo? Che lingua è?-
 
-Come che lingua è! La nostra! Lei...perché, che lingua vede?- chiese Harry perplesso.
 
-Non lo so, non l’ho mai vista prima...o forse...mi è familiare, ma no, non la conosco. C’è una firma qui sotto, o almeno così sembra, cosa riesci a leggere?-
 
La firma era sbiadita, ma ancora leggibile, così Harry avvicinò la pergamena e quando lesse il nome sbiancò.
 
-Allora?- chiese Piton.
 
-Ehm...ora ho capito perché lei non riesce a leggerla.- disse il ragazzo con voce tremula.
 
-Potter, non c’è tempo da perdere! Vuoi rispondermi e non parlare per enigmi?-
 
-la firma...è di Salazar Serpeverde-
 
Un’espressione di realizzazione travolse il viso di Piton. Harry Potter poteva leggere il serpentese, che a quanto pare non era solo una lingua parlata.
 
-Questa sì che è una scoperta, Potter! Direi che è giunto il momento di continuare la nostra lettura nei sotterranei, non credi?- e mentre stava pronunciando queste parole, le fiaccole del corridoio si stavano accendendo man mano che qualcuno stava avanzando verso la loro direzione.
 
Harry era al sicuro, ma Piton no, così il ragazzo gli disse:
 
-presto, venga sotto il mantello!-
 
-non fa niente Potter, cosa vuoi che mi facciano se mi scoprono? Mi riporteranno nei sotterranei e fine della storia-
 
-ne è sicuro? Perchè ho un vago ricordo di una promessa fattale dagli auror di portarla ad Azkaban...- disse Harry.
 
-Potter, non sei simpatico! E...- qualcuno stava varcando la soglia della biblioteca e dimprovviso Harry si ritrovò praticamente avvinghiato dal professore di pozioni.
 
Harry si affrettò ad aggiustare il mantello sopra di loro perchè Argus Gazza aveva intravisto quelli che per lui erano sembrati dei moncherini di piedi mozzati dal resto del corpo.
 
-Chi è là?- disse sospettoso.
 
Harry e Piton si mossero con difficoltà dal loro nascondiglio ed Harry pensò che fu un miracolo riuscire a tornare nei sotterranei senza essersi fatti scoprire, e senza aver rovesciato qualche candelabro, statua o vaso e senza essere ruzzolati giù dalle scale.
 
Appena si chiusero la porta alle spalle Harry tolse il mantello e i due maghi emisero un sospiro di sollievo, ma allo stesso tempo si guardarono in cagnesco.
 
-e così... “non fa niente, Potter...”- lo prese in giro Harry imitandone la voce grossa.
 
-Oh, sta zitto! E visto che non sei rimasto a letto, perché non ti metti subito all’opera e leggi quelle pergamene?- disse il professore infastidito, ma la voce nascondeva un tono speranzoso che non sfuggì ad Harry.
 
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. La stanchezza era scomparsa ed ora non rimaneva che il desiderio di leggere quelle pergamene che forse avrebbero contenuto la soluzione a tutti i loro problemi.
 
 
   
 
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