Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: ermete    20/08/2012    14 recensioni
Prima che John possa stupirsi del gesto del micino, si sente gravare addosso un peso ben diverso: abbassa lo sguardo e si ritrova sdraiato su di sè un nudissimo Sherlock con tanto di orecchie feline ed una lunga coda nera ciondolante per aria.
“Sh-Sh-Sherlock?” indietreggia John, quasi sdraiato, facente perno sui gomiti “Cosa... diavolo...?”
“E’ un sogno, Jawn.” risponde Sherlock, gattonando verso John.
“Perchè diavolo dovrei sognarti nudo?” balbetta John, toccando con la schiena un muro bianco che gli impedisce di allontanarsi ulteriormente dall’uomo-gatto.
“Perchè è così che mi vuoi. Ovviamente.” Sherlock posa le mani sulle ginocchia di John, aprendole per riuscire a strusciarsi sopra di lui, per raggiungergli nuovamente il viso “Tu mi vuoi.”

Note: dream!catlock
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
***Ciao ragazze! Ahahah XD (di nuovo un inizio spettacolare XD) dunque, la buona notizia per voi, mi auguro, è che quella che doveva essere una one-shot è diventata una minilong di non so quanti capitoli(non so davvero se a 3 sarà finita... perchè mi sta piacendo e davvero non voglio sacrificarla per scriverla di fretta e restringerla!) perchè quando avrei dovuto fare la fila per il dono della sintesi, io ho fatto due volte il giro nella coda della prolissità e quindi dovete prendermi così come sono! In questo capitolo non ci sono sogni, ma non preoccupatevi, torneranno nel prossimo capitolo :D spero di farvi scappare un sorriso con questa ff, davvero! Ps: sì, anche qui il finale di capitolo vi lascia in sospeso perchè sono bastarda geneticamente [cit.] ghghgh <3 Grazie a tutte coloro che mi seguono <3 BACIO!!!***

Filosofia felina
John si fece lasciare all’inizio di West Central Street, nel West End, per nulla intenzionato a mostrare al tassista quale fosse la sua reale destinazione.

Una volta sul marciapiede, John si lasciò guidare dapprima dalla musica ed in secondo luogo da un gruppetto di ragazzi che, già immedesimati nello spirito della festa, imitavano i miagolii dei gatti tra una risata e l’altra.
Dopo qualche minuto, John raggiunse il ‘The End’, uno dei locali più importanti di Londra, famoso, tra le altre cose, per le magnifiche feste a tema che organizza durante tutto l’anno. Pagò la quota per la partecipazione all’evento, quindi, dopo essersi fatto timbrare la mano da uno dei buttafuori, entrò nel locale: venne subito investito dal volume della musica e dalle luci dei fari che si accendevano e si spegnavano seguendo ritmici cicli di intermittenza. Ma più di ogni altra cosa, sorrise di un’incomprensibile e al tempo stesso incomparabile gioia nel veder sfilare davanti a sè una serie di ragazzi e ragazze vestiti a tema: dalle più numerose Catwoman a costumi inventati ma alquanto verosimili, per poi passare alle persone che si erano semplicemente messe in testa delle orecchie finte ed attaccati una coda posticcia alla cintura dei pantaloni.
Si bloccò poi, quando vide sfilare davanti a sè un ragazzo alto, longilineo, capelli neri, occhi azzurri, vestito completamente di scuro: trasalì, inoltre, nel riconoscere anche la coda e le orecchie da gatto.(0) John ebbe il dubbio che a forza di sognare il suo gatto-Sherlock, avesse avuto il potere di materializzarlo: era impossibile, certo, eppure glielo ricordava in maniera impressionante. Il ragazzo sparì in mezzo agli altri uomini-gatto presenti in sala e finì col pensare di essersi immaginato tutto, di aver visto ciò con cui il suo cervello aveva in mente di torturarlo, quindi fece spallucce, decidendo di accompagnare quella bizzarra serata in compagnia di una buona bevanda alcolica. Non poteva davvero affrontare quella situazione completamente lucido.
Decise di sedersi al bancone ed ordinare uno dei cocktail del giorno, il Doraemon, ma si pentì molto presto, quando si vide servire un long drink azzurro, zucchero bianco attaccato al bordo del bicchiere e due ciliegie sotto spirito come decorazione: si impose di non fare lo schizzinoso ed iniziò a bere con lo sguardo rivolto verso lo spazio centrare riservato a coloro che desideravano ballare. Fu lì che lo vide.
Lo stesso ragazzo di prima sfilò nuovamente davanti a lui e quando questi si accorse di essere preso di mira dallo sguardo di John, si fermò di colpo: ruotò sul posto facendo perno sulle suole delle scarpe, quindi si avvicinò al bancone, sorridente, mostrando ancor meglio il proprio viso.
John osservò quel bellissimo ragazzo avvicinarglisi e rimase immobile, totalmente soggiogato dal suo sguardo magnetico. Iniziò con naturale spontaneità a paragonarlo a Sherlock: gli occhi erano azzurri chiari come i suoi, ma erano al tempo stesso diversi, carichi di malizia; i capelli erano neri, ma lunghi fino alle spalle, lisci, portati all’indietro; la pelle era sempre chiara, ma non color porcellana come quella di lui; i tratti del viso, androgini a loro volta, erano leggermente più dolci e il fisico, in generale, sembrava molto simile a quello del suo conquilino.
Il ragazzo si fermò di fronte a John, divertito dalla lunga occhiata con cui l’aveva studiato “Sei un dottore?”
“Cosa?” John guardò istintivamente il taschino della propria camicia, controllando se si fosse dimenticato di togliersi di dosso il badge identificativo: quando confermò di non aver addosso nè lo stetoscopio nè qualsiasi altro oggetto potesse suggerire il proprio mestiere, alzò uno sguardo stupito verso il ragazzo “Come fai a saperlo?”
“Oh, era una battuta. Perchè sembrava che mi avessi fatto una radiografia.” rise il ragazzo, indicandosi da testa a piedi con un gesto della mano destra “Comunque è divertente la coincidenza.”
“Scusa.” John si spalmò la mano sinistra in faccia, scuotendo leggermente il capo “Non volevo metterti in imbarazzo.”
“Imbarazzo? Oh, no. Tranquillo.” fece spallucce il ragazzo, la cui costante sul suo volto era un bel sorriso raggiante e allegro “Potrei ritenermi lusingato, al massimo.”
John tossì un po’ del suo drink, iniziando a negare il sottotesto di quell’affermazione come se fosse un riflesso incondizionato “Lusingato? Non so cosa tu voglia sottintendere, ma...”
Il ragazzo assottigliò lo sguardo sul bicchiere di John, ignorando le sue proteste con un gesto della mano “Doraemon? Non ti facevo tipo da Doraemon.”
John posò il bicchiere sul bancone, quindi rispose al giovane “Perchè, scusa, tu sai che tipo sono?” nonostante la scelta di parole potesse suggerire un certo fastidio, il tono era tranquillo e vagamente incuriosito.
“Spero di averlo capito.” ammiccò per poi posarsi a sua volta al bancone, affianco a John, sfiorandogli la spalla con la propria “Come mai non hai neanche un paio di orecchie finte in testa?”
John non potè fare a meno di continuare a studiare il viso del ragazzo: era la seconda volta in vita sua che si ritrovava a valutare la bellezza di un uomo, ma era troppo preso dalla conversazione per iniziare a dar vita alle sue solite paranoie circa la propria, sempre più lontana, eterosessualità “Oh, è che l’ho deciso mezzora fa’. Ho smontato da lavoro, ho visto che c’era questo evento e ho deciso di venire.”
Il ragazzo assottigliò lo sguardo su John, studiandolo a sua volta “Tu sei un dottore che ha finito il turno da mezzora. Sarai stanco morto e invece di andartene a casa a riposare, decidi all’ultimo minuto di partecipare ad una serata a tema? Dove il tema è il mondo felino?” gli scappò una piccola risata, quindi concluse la propria deduzione in tono scherzoso “O sei un pervertito, o sei qui per un motivo molto preciso.”
“Non sono un pervertito!” protestò John, accigliandosi un poco.
“Ne ero sicuro. Questo vuol dire che sei qui per un motivo preciso.” diede una leggerissima spallata a John, cambiando il colore del proprio tono di voce, tingendolo con una punta di malizia “E sarei veramente curioso di sapere qual è.”
John evitò di rispondere, provando a spostare il centro della conversazione sul ragazzo “E tu? Perchè sei qui?”
“Ehi, io ho una coda e due orecchie!” rise per poi iniziare a giocare con la propria coda, con la cui punta andò a solleticarsi il naso “Io posso, anzi io devo essere qui stasera.”
John rise a sua volta, guardando rapito la lunga coda nera, così simile a quella che, nei suoi sogni, il gatto-Sherlock amava attorcigliargli attorno al braccio “Suppongo che tu abbia ragione.”
“Allora?” lo richiamò all’attenzione il ragazzo, del tutto intenzionato ad ottenere le risposte che cercava “Perchè sei qui? Perchè ci rimani, nonostante non sia chiaramente il tuo genere di serata ideale?”
John inspirò a lungo, domandandosi perchè stesse continuando a dare corda a quel ragazzo: ne aveva già uno di testardo saputello da sopportare, d’altronde. Rispose genericamente, pur senza mentire “Volevo passare una serata diversa dal solito.”
“Non solo.” replicò il ragazzo, senza quasi dargli tempo di finire la propria frase “E poi dai, mi hai seriamente fatto una radiografia prima. Quindi o ti piaccio parecchio o ti ricordo qualcuno che ti piace parecchio.” rimase con lo sguardo fisso su John, lasciandosi sfuggire una lunga occhiata sulle sue labbra “O entrambe le cose.”
John rimase in silenzio per diversi istanti, aprendo e chiudendo la bocca più volte, allibito dalla sfacciataggine di quel ragazzo così intuitivo “Sì, senti Signor ‘so-tutto-io’...”
“Guarda che non ti devi vergognare.” lo interruppe con un sorriso “Mi sta bene.” allargò le braccia verso l’esterno, spensieratamente “Tutto intendo.”
“Tu... tutto cosa?” John si ritrovava continuamente spiazzato dall’enfasi di quel ragazzo la cui disinvoltura, nonostante gli argomenti che stavano trattando, riusciva a metterlo a proprio agio.
“Uscire con te.” sbuffò, come se fosse stupito dalla goffaggine di John “Sembri interessante. Insomma vieni qui in questa serata folle, quindi vuol dire che ti piace metterti in gioco. O quanto meno sei molto curioso.” iniziò ad elencare quelle qualità numerandole con le dita della mano destra, alzandole via via che ne citava una nuova “Sei un dottore, quindi è probabile che tu sia una persona intelligente. Sei un gran bell’uomo. E poi...” si zittì un attimo, avvicinandoglisi abbastanza per riuscire a sussurrare sotto il volume mediamente alto della musica “...quando mi hai guardato in quel modo, mi hai fatto venire i brividi.”
John osservò il volto del ragazzo da più vicino: assottigliò lo sguardo, quindi recitò la sua formula magica di protezione dalle insinuazioni “Io non sono gay.”
Il ragazzo tirò un lunghissimo sospiro prima di ritrarsi ed appoggiarsi nuovamente al bancone “Ohhh. Ho capito allora.”
John inarcò un sopracciglio “Cosa hai capito?”
Il ragazzo riprese a giocare con la finta coda “Crisi di identità sessuale.”
John sospirò: sapeva che il ragazzo aveva ragione, perchè nonostante avesse ammesso a se stesso di amare Sherlock, l’idea che da un giorno all’altro gli piacesse un uomo non lo esaltava certamente “Perchè dovrei avere una crisi di identità sessuale?”
“Perchè ti butti in una serata tipicamente gay!” spiegò il ragazzo con una tranquillità disarmante: sembrava avere una risposta per tutto “Forse per capire se effettivamente lo sei.”
A quel punto, però, John sembrò veramente confuso. Non conosceva la lista dei clichè tipici dell’essere omosessuale e certamente non vi avrebbe inserito una festa riguardante i gatti “Perchè una serata a tema felino dovrebbe essere una serata gay?”
“Quanti uomini etero conosci, disposti a vestirsi da gatto?” rise il ragazzo, scuotendo il capo “Seriamente, neanche durante Halloween!”
“Quindi io sarei capitato in una serata gay senza saperlo?” domandò John, seriamente stupito dalla coincidenza e altrettanto desideroso di una sincera spiegazione “E questi uomini non potrebbero essere qui semplicemente per vedere delle belle ragazze vestite da Catwoman?”
Il ragazzo alzò le spalle in un gesto di circostanza “Te lo concedo, c’è anche qualche etero, ma...” si interruppe poi, indicando a John il centro della pista “Questa canzone capita a fagiuolo. Guarda. Tutti gli uomini che iniziano a cantarla e a ballarla sono sicuramente gay.”
John era sempre più confuso “Perchè?”
Il ragazzo, a quel punto, sbuffò incredulo “Tu dimmi quale etero canterebbe e ballerebbe ‘Occhi di gatto’!”(1)
John alternò lo sguardo tra la pista da ballo ed il volto del ragazzo sul quale si soffermò “Non può essere la regola! Io non la ballerei questa canzone eppure tu insinui che io sia gay.”
Il ragazzo si portò le mani sul volto, scuotendolo appena “Non ho detto che sei gay, ho detto che hai una crisi di identità sessuale.” continuò tuttavia a spiegare. Non voleva mollare l’osso: John sembrava interessargli veramente “Ti sono sempre piaciute le donne, ma ora ti sei accorto che ti piacciono anche gli uomini. Quindi sei in crisi.”
John non negò, ma non se la sentì neanche di ammettere al ragazzo di aver centrato in pieno il nocciolo di quella questione così intima e delicata “Non puoi capire.” sbottò, per poi voltarsi e bere qualche sorso del proprio cocktail che finì col disgustarlo nuovamente “E non so neanche perchè sto qui in questa festa gay, a parlare con te di cose private, bevendo questo drink che è dolcissimo ed è veramente orribile.”
Anche il ragazzo si voltò, interessato a risolvere le paranoie di John “Allora. Uno: posso capirti, sono bisex anche io.” iniziò “Due: sei ancora qui a parlarne con me perchè vuoi venire a capo di questa situazione e hai trovato una persona che ti sta spiegando la faccenda in maniera schietta, diretta, ma anche divertente.” quindi concluse, dandogli un’altra piccola spallata “Tre: l’offerta di prima è sempre valida. Voglio uscire con te.”
John si voltò per guardare il ragazzo negli occhi, quindi sospirò, cogliendo un barlume di sincerità nel suo sguardo “Oddio. Sei serio.”
“Senti, take it easy. Non devi impazzire dietro a questa faccenda.” alzò la mano sinistra sulla spalla destra di John, stringendola in modo confortante, senza alcuna malizia “E non devi spaventarti all’idea di uscire con me,  non voglio saltarti addosso! Voglio solo conoscerti perchè, te lo giuro, mi stai veramente simpatico! Sai quando una persona ti piace a pelle?” gli sorrise con lo sguardo pulito e sincero, libero di secondi fini “Quando parlo di uscire insieme non intendo nulla di strano: una passeggiata, un caffè al bar, una birra in un locale... cose così.” reclinò il capo di lato, verso la propria spalla apparendo, se possibile, ancor più docile “Dopo la prima volta che saremo usciti poi decideremo se vederci ancora. Ma anche come amici, eh? Stai tranquillo, non voglio obbligarti a fare cose che non vuoi fare.”
John non fuggì da quel contatto nè tantomeno si perse anche una sola parola pronunciata da quel ragazzo così schietto, semplice e divertente “Certo che parli veramente tanto.”
Il ragazzo rise, arrossendo per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare “Sì, me lo dicono sempre tutti. Spero che non sia un problema.”
John fu colpito dal rossore che aveva tinto le guance del ragazzo e capì che forse gli serviva quel segnale, la prova che fosse umano, vero, dotato di emozioni “Va bene.”
“Davvero? Grande!” gli battè la mano sulla spalla prima di riportarla lungo il proprio fianco, quindi gli indicò l’uscita del locale con un cenno del mento “Andiamo a prenderci una birra, allora?”
“Quando? Ora?” John si sentì spiazzato dall’intraprendenza del ragazzo. Ed in buona parte anche lusingato.
Il ragazzo iniziò a cercare nelle tasche dei pantaloni la ricevuta della guardarobiera, stringendola tra indice e media una volta che l’ebbe trovata “Perchè no? Tu non vuoi stare veramente qui e sono convinto che in un pub, davanti ad un buon boccale di birra, ti sentiresti più a tuo agio.”
John sospirò, stupito di come in tutta Londra fosse riuscito a conoscere un altro ragazzo che riusciva a leggerlo con tutta quella facilità “Ok, andiamo. Non berrò mai più un Doracoso in tutta la mia vita.”
Arrivati davanti alla guardarobiera, diedero entrambi la propria ricevuta all’addetta di quel preciso servizio: nell’attesa, il ragazzo si voltò verso John, porgendogli la mano “Abbiamo parlato per più di un’ora e non ci siamo neanche presentati.” rise appena, spensierato nel suo modo di essere “Sono Tom. Piacere.”
“John.” gli strinse la mano, sorridendogli a sua volta “Piacere mio.”


°oOo°


“Medico militare? Wow!” esplose Tom, seduto al tavolo del pub, davanti ad un boccale di birra chiara: ammiccò poi a John, celando la malizia del proprio sguardo con un tono vivacemente scherzoso “Sarebbe troppo scontato dire che mi piacerebbe molto vederti in divisa?”
John rise a sua volta: si era sentito fare molto spesso quella battuta, ma solo ed esclusivamente da donne, quindi quell’eccezione lo divertì oltremodo “Ora sono semplicemente un medico. Sono stato congedato con onore dopo una missione in cui sono stato ferito.” alzò istintivamente la mano destra sulla spalla sinistra, massaggiandola appena “Niente di grave, fisicamente.”
Tom cambiò espressione quando apprese del ferimento, assottigliando poi lo sguardo quando sentì John specificare l’entità del suo tormento “E psicologicamente?”
“Per un po’ di tempo ho sofferto di una zoppia psicosomatica. Poi è passata.” quel ricordo lo portò inevitabilmente a pensare a Sherlock: estrasse il cellulare dalla tasca, ma quando vide il display vuoto, privo di qualsiasi sms in arrivo, lo rimise a posto “Ho ancora qualche incubo, ma la frequenza è decisamente diminuita.”
Tom non diede importanza al gesto di John, non conoscendo il riferimento a quel particolare episodio “Sei un eroe, insomma.”
John scosse il capo “No. Non mi definisco tale. Gli eroi... sono tutta un’altra cosa.” non era la modestia a parlare per lui, lo credeva davvero: aveva visto giovani soldati subire ferite molto più gravi rispetto alle sue, quindi si riteneva un miracolato per essere tornato dall’Afghanistan praticamente indenne.
“Non è che uno deve per forza morire per essere chiamato eroe.” replicò Tom, mentre giocherellava con le orecchie finte che si era tolto dalla testa “Quelli sono martiri.”
John reputò un po’ troppo semplicistica l’affermazione di Tom, ma capì dal suo tono di voce che forse voleva solo essere un tentativo di consolazione nei suoi confronti, quindi spostò la conversazione su di lui “E tu?” domandò, frenando la tentazione di rubargli le orecchie finte agguantando saldamente il proprio boccale di birra “Cosa fai nella vita? Non riesco ad inquadrarti, sinceramente. E poi sembri così giovane.”
“Ho 35 anni, ma so di dimostrarne di meno.” quindi si lisciò la camicia nera, fingendo di darsi un tono prestigioso “Sono un professore: insegno Filosofia alla Goldsmiths University, qui a Londra.”
“Oh, sono sempre stato negato in Filosofia.” ammise John “Oltre ad Ippocrate per il famoso giuramento, ci hanno fatto studiare solo qualcosa riguardante la morale. E molto a grandi linee.” provò ad aggiungere qualcosa di più appropriato, ma non trovando nulla finì con l’agitare la mano a mezz’altezza “Sai, i problemi etici, quelle cose lì.”
“Sì, quelle cose lì.” lo scimmiottò Tom, alzando indici e medi della mani mimando l’apertura e la chiusura delle virgolette “Non ti ci vedo a parlare di Filosofia. Mi sembri più un tipo pratico, che ama l’azione.”
John annuì “Infatti lo sono.” ammise, decidendo poi di approfondire l’argomento: gli interessava scoprire qualcosa di più di quel ragazzo così affascinante “Da cosa ti è nata la passione per la Filosofia?”
“Oh. Beh, mi piace pensare, pormi domande, cercare le risposte. Conoscere diversi punti di vista e paragonarli tra loro.” gesticolò Tom, aprendo prima la mano destra verso l’esterno, poi la sinistra, coordinando le diverse subordinate del proprio discorso “E poi la Filosofia ti regala un’apertura mentale infinita, è bellissimo.”
John, dunque, fece la domanda che Tom definì intimamente da ‘profano della disciplina filosofica’, ma di cui veramente desiderava la risposta “E quando avrai trovato tutte le risposte a tutte le domande?”
“Ci saranno sempre nuove domande, John.” sospirò Tom, donandogli quella risposta che aveva l’importanza di un segreto, ma che avrebbe dovuto conoscere tutta l’umanità “E poi, dovresti saperlo anche tu che sei medico: non esiste una sola verità. Esiste l’ultima verità.” rivelò infine, dimostrando col proprio sguardo acceso la vera passione che nutriva per la propria materia di studio “Anche in Medicina, no? Il farmaco attuale, la tecnica chirurgica usata al momento e le cure dei giorni d’oggi verranno sempre soppiantate dai risultati delle nuove ricerche. E per fortuna, altrimenti non si progredirebbe mai.”
“Esiste l’ultima verità.” ripetè John, rimasto attento durante tutta la durata della spiegazione “Interessante.”
Tom decise che era il momento di provare ad approfondire la conoscenza del cruccio che affliggeva John “Ed è applicabile a tutto, compreso il nostro modo di pensare.” arrivò pian piano al discorso, partendo alla lontana: se John avesse voluto, avrebbe colto il riferimento, altrimenti avrebbero continuato a parlare d’altro “Bisogna essere coerenti con se stessi, ma anche disposti ad abbracciare un nuovo... stato delle cose.”
John colse il riferimento: inarcò l’angolo destro della bocca in un sorrisetto sghembo e dopo aver abbassato il capo, rialzò lo sguardo verso Tom “Ed ecco che stiamo parlando della mia... com’è che l’hai chiamata?”
“Crisi di identità sessuale.” rispose Tom prontamente, per poi fare un rispettoso passo indietro “Ma se non ne vuoi parlare...”
“In realtà...” lo interruppe John, spostando lo sguardo altrove, imbarazzato “Penso di sì.”
Tom aprì la bocca piacevolmente sopreso, quindi sistemò la propria seduta scomposta avvicinandosi maggiormente al tavolo “Ti ascolterò con piacere. E se posso darti qualche consiglio, lo farò più che volentieri.”
John fece spallucce e tornò a guardarlo sorridendogli gentilmente “Beh, avevi ragione. Tu ne parli in maniera schietta ma divertente, quindi mi riesce un po’ più facile parlarne.”
“Bene!” esultò Tom, sorridente come sempre “Uhm, come prima cosa... puoi togliermi una curiosità?”
John sospirò “Vuoi chiedermi perchè ero a quella festa?”
“Sì!” annuì Tom, rimettendosi in testa le orecchie finte “Sempre che tu voglia parlarne.”
John rise, poi prese l’iniziativa di allungare la mano verso i capelli di Tom, prendendo tra le mani il cerchietto dotato di orecchie feline “In confidenza?”
“In confidenza, mi sembra ovvio!” nascose abilmente il fremito provocato dal contatto con John, dovendo ammettere a se stesso che quell’ex soldato lo intrigava molto più di quanto pensasse “A chi dovrei dirlo?”
“E’ un po’ di tempo che faccio una specie di sogno ricorrente.” spiegò John, dopo qualche attimo di titubanza “Una persona che...”
“Ti piace?” domandò Tom, palesando tutta la sua impazienza.
“Piacermi è riduttivo...” ammise più a se stesso che al proprio interlocutore “Comunque, sì, in questo sogno ci siamo io e lui in questo posto bianco, bellissimo... e lui ha orecchie e coda felina.” sbuffò poi, coprendosi il volto con la mano libera “Dio, mi sento stupido.”
Tom scosse velocemente il capo “Non esserlo, è solo una proiezione del tuo subconscio.” provò a rassicurarlo, indossando nuovamente i propri panni da professore universitario “Non è che tu voglia farti un umano con orecchie e coda feline. E’ un modo per mascherare questo essere umano, come se tu non fossi totalmente convinto di questo tuo sentimento.” gli sorrise, posandogli sulla spalla la propria mano con fare rassicurante “Non devi sentirti stupido, non c’è nulla di malato in questo.”
“Sei anche psicologo?” domandò John, non senza una punta di ironia.
“No. Ma per la mia laurea ho sostenuto anche tre o quattro esami di psicologia, quindi conosco almeno le basi.”(2) gli strinse la mano attorno all’omero e dopo averlo scrollato un poco, lo riportò sul boccale, dal quale bevve qualche sorso di birra.
“Oh, capisco.” annuì John, pensando sarcasticamente di avere accumulato sempre più nuovi e numerosi argomenti di conversazione con il gatto-Sherlock dei suoi sogni.
“Ad ogni modo, è così?” gli domandò Tom, quando lo vide assorto nei suoi pensieri “Mascheri questa persona con orecchie e coda felina perchè pensi sia... uhm... intoccabile? Irraggiungibile? E dunque arrivi a spersonalizzarlo per renderlo più accessibile a te?”
“Oh, beh, non so se è per questo motivo.” bevve a sua volta qualche sorso di birra prima di continuare “Cioè, sì, lui è irraggiungibile, sicuramente. Ma la cosa delle orecchie della coda penso sia perchè una sera abbiamo guardato assieme un episodio del Doctor Who dove c’era un uomo-gatto e lui scherzando ha detto di essere un gatto, ha appoggiato la testa sulle mie gambe e si è fatto coccolare.” allargò poi le mani, in gesto di resa “In maniera del tutto platonica.”
“Ah.” si stupì Tom, arricciando il naso di fronte a quella rivelazione “Quindi ci sei già uscito insieme?”
“No.” sbuffò John, per poi ammettere “E’ il mio coinquilino.”
“Oh. Che casino.” Tom fu spontaneo in quell’esternazione che proprio non riuscì a fermare. Poi, sempre mosso da curiosità, tentò un’altra domanda “E come mai lui è irraggiungibile?”
John spiegò a Tom l’entità della sua relazione con Sherlock, sempre evitando di chiamare il proprio coinquilino per nome, onde evitare che l’altro potesse capire di chi stesse parlando grazie agli articoli di cronaca sui quotidiani. Gli spiegò come si erano conosciuti e come si era evoluto il proprio affetto per lui e i motivi che lo avevano spinto a non provare in alcun modo a portare la loro relazione ad un livello successivo. Gli raccontò, quindi, a grandi linee, la reticenza di Sherlock nel provare sentimenti di natura amorosa e la sua frustrazione derivante dal suo piuttosto recente innamoramento nei confronti del proprio coinquilino.
Tom lo ascoltò attentamente senza mai interromperlo, notando con che passione e con quanto sentimento John gli stesse raccontando dell’unica persona per la quale avesse mai provato un amore così forte e che, al tempo stesso, sembrava destinata a non ricambiarlo. Tom vide una moltitudine di sentimenti alternarsi sul viso di John: dalla frustrazione per il proprio desiderio represso all’amore incondizionato che tuttavia provava per Sherlock, per poi passare alla devozione con cui manteneva stabile quel legame di amicizia che sembrava più resistente di un diamante, le cui molteplici sfaccettature riflettevano il volto di John sotto miriadi di punti di vista diversi. Tom vide tutta quell’intensità e si ritrovò a sperare di poter trovare un giorno un uomo o una donna che parlassero di lui in quel modo e di cui potesse, a sua volta, raccontare ad un amico dell’intensità dell’amore che li legava.
“Cavolo, John. Mi spiace.” si ritrovò dunque a dire, perchè nessun uomo buono, come lo era John, meriterebbe un disinteresse del genere “Non puoi vivere così per tutto il resto della tua vita.”
“Beh, spero di riuscire ad incontrare qualcun’altro nel frattempo. Qualcuno con cui instaurare una relazione vera senza perdere la sua amicizia.” ipotizzò John, finendo di bere la propria birra.
Tom rise, questa volta con malizia “Qualcuno tipo me?”
John rise a sua volta, a metà tra il divertito e l’imbarazzato “Sei senza vergogna!”
“Ho visto come mi hai guardato prima.” mormorò, per poi sporgersi un poco in avanti, verso di lui “Gli somiglio?”
John sospirò per l’effetto che gli fece quella vicinanza “Un pochino.” ammise “Abbastanza.” si corresse poi, appoggiandosi allo schienale della sedia, ristabilendo tra loro una certa distanza di sicurezza “Cioè il colpo d’occhio è evidente. Poi in realtà siete comunque diversi.”
Tom indietreggiò a sua volta, ma la proposta che inoltrò gli uscì subito dalle labbra “Che ne dici se proviamo ad uscire insieme?” il tono era calmo, spogliato della malizia con cui avrebbe voluto travolgerlo, perchè sapeva che doveva stare attento a non spaventarlo con un approccio troppo eccessivo se voleva sperare di avere una chance “Una prova, senza impegno. Giuro che non ti assillerò.”
Così come Tom inibiva la manifestazione del proprio profondo interesse per lui, John non si trattenne dall’esporre i propri scrupoli a riguardo “Non ti dà fastidio l’idea che io possa uscire con te per provare a sostituire lui?”
“Beh, John, con tutto il rispetto, non è che mi sono già innamorato di te. Quindi da qui a rimanerci male per un tuo prossimo rifiuto, ne deve passare di tempo.” ed era vero: Tom era molto interessato ad approfondire quella conoscenza, ma era conscio di quello che rischiava ed era convinto di sapere come gestire la situazione “Inoltre, partendo dal presupposto che io sono al corrente di questo fatto, è una mia scelta consapevole.”
John annuì soddisfatto, ma voleva davvero essere sicuro: l’idea di trovare qualcuno che potesse trattarlo come un vero compagno lo stuzzicava e Tom era l’unico uomo oltre a Sherlock ad avergli fatto girare la testa, ma non voleva comunque approfittare della situazione “Se alla lunga dovesse darti fastidio?”
“Allora smetteremo di uscire insieme in quel modo e amici come prima.” propose Tom, sempre sereno, d’accordo anche con la propria coscienza “E poi, che ne sai, potrei anche riuscire a fartelo dimenticare.” ridacchiò in tralice.
John sorrise, ma tenne a precisare ancora una cosa “Tom, io non voglio nulla di impegnativo.” mise le mani avanti, completamente onesto quanto totalmente spaventato dall’eventualità di uscire con un uomo che non era Sherlock “Sarebbe la prima volta che esco con un uomo. Ed è ancora tutto molto strano per me.”
“Te lo ripeto, non ti costringerei a fare nulla, John. E poi capisco la situazione. Andremo con calma, come due amici che vogliono conoscersi meglio.” confermò Tom pazientemente, capendo il punto di vista di John “C’è altro che dovrei sapere?”
“Sì.” ammise, con un sorriso che aveva un che di dolceamaro, una crudele ironia, il triste fato che ci siamo scelti da soli “Lui verrà sempre prima di tutto e tutti. Se mi chiamerà perchè ha bisogno di aiuto durante un caso, io lo raggiungerò anche se vorrà dire interrompere un’uscita con te.”
Tom annuì di nuovo “Va bene.”
“Non posso permettergli di rischiare la vita da solo.” si gistificò John, sapendo di aver avanzato tutte le pretese che il caso necessitava, non aspettandosi, probabilmente, che Tom avrebbe acconsentito a tutto “Senza di me quello stupido a momenti si fa ammazzare da un tassista psicopatico.”
“John, ho detto che va bene.” provò a tranquillizzarlo Tom “Lo capisco, non posso pretendere di scavalcare ciò che provi per lui. E non lo vorrei neanche.” aggiunse con sincerità “Io non voglio strapparti da lui. Voglio solo che tu ti renda conto che tu, a differenza di lui, sei una persona che ha bisogno di affetto, di amore, di contatto fisico. E siccome lui non può darti queste cose, è giusto che tu ti veda con altre persone.”
John riassunse velocemente tutto nella propria mente: era indubbiamente attratto da Tom, sia fisicamente che a livello mentale, inoltre lui aveva accettato tutte le sue clausole. E poi era vero: non era giusto che si privasse di una vera relazione solo perchè non ne poteva avere una con Sherlock. La frustrazione si sarebbe sfogata, l’amore di cui necessitava si sarebbe avverato e avrebbe finalmente confermato o smentito la propria bisessualità. E poi Tom era veramente affascinante. Annuì, dunque “Suona ragionevole.”
“Perchè lo è.” gioì Tom, bevendo alla goccia il resto della birra che gli era rimasta nel boccale “E sono lusingato e oltremodo felice di poter uscire con te. Sembri veramente una brava persona, John.”
“Grazie.” John arrossì leggermente, cambiando velocemente discorso per non farsi cogliere in flagrante “Anche per aver capito tutta la faccenda dei casi. Le mie ex si arrabbiavano di brutto.”
Tom rise forte, arrivando a stringersi le bracci all’altezza dello stomaco “Per forza! Le donne sono delle eterne insicure: se vedono che le abbandoni a metà appuntamento per raggiungere il tuo migliore amico, ti molleranno in tempo zero.”
John si unì alla risata, contagiato dal buon umore di Tom “Uh, sembra la storia della mia vita.”
Uscirono dal locale poco dopo, quindi si fecero compagnia per strada, camminando sul marciapiede come due vecchi amici, salutandosi solo quando si accorsero di dover prendere due direzioni diverse.
“Allora, ti scrivo io?” domandò Tom, dopo aver salvato il numero di John nella rubrica del cellulare “Posso scriverti anche per cazzeggiare un po’? Tra un quarto d’ora accademico e l’altro?” sorrise, già divertito all’idea.
“Ok.” concesse John, mettendo a posto il proprio cellulare, arricchito a sua volta di un nuovo numero di telefono “Se non ti rispondo subito non te la prendere. Insomma, salvo vite io!”
Tom rise, annuendo con diversi cenni del capo “Va bene, Doc!” poi si portò la mano destra al centro del petto, singhiozzando teatralmente “Ti prego, trova il tempo di rispondermi tra un’unghia incarnita e un giradito!”
“Mi prendi in giro, Prof?” John stette al gioco, fingendo di prendersela “Guarda che passo dalla tua classe e falsifico tutti i fogli di presenza.”
Tom schioccò le dita per aria, scuotendo il capo “Come se non lo facessero già, piccole canaglie.”
“Non puoi neanche punirli, perchè sono convinto che troverebbero una qualsiasi balla filosofica e te la rigirerebbero fino a farla diventare una valida giustificazione.” ridacchiò John, burlandosi di quel bellissimo ragazzo che aveva ancora la finta coda attaccata ai pantaloni.
Tom annuì rassegnato “Già. Quelli che seguono anche il corso di Logica, poi, sono insopportabili.”
“Oh, non fatico a crederlo.” John battè velocemente gli occhi, ricordandosi di tutte le volte che Sherlock riusciva a vincere una discussione solo grazie ad inferenze logiche ed analitiche. Guardò poi l’ora e, accorgendosi di quanto fosse tardi, decise di congedarsi “Allora, tu scrivimi. Io ti rispondo appena posso.”
“Va bene. Grazie per la bella serata.” si mise le orecchie in testa e si lisciò i vestiti, confermando la propria vanità allo sguardo attento di John “Pensavo di tornare a casa con un uomo vestito da gatto e invece ci ho guadagnato un appuntamento con un uomo ben più interessante.”
John si bloccò un attimo, osservandolo nel suo splendore: una sinuosa linea nera che gli ricordava l’uomo-gatto dei suoi sogni “Pensi di tornare a casa con le orecchie e la coda addosso?”
“E perchè no? Questa notte mi sento gatto!” annuì Tom, prendendo la punta della coda in mano e agitandola a mo’ di saluto.
“Questa notte ti senti gatto...” ripetè John, a bassa voce, stupendosi per la coincidenza grazie alla quale Tom si era espresso con le stesse identiche  parole di Sherlock.
“Mrew!” salutò Tom, sorridendogli entusiasta, proprio come dal primo momento in cui aveva posato lo sguardo su di lui “Buona notte, John.”
“Buona notte, Tom.” ricambiò il sorriso per poi voltarsi, incamminandosi in direzione opposta alla sua, verso Baker Street.


°oOo°


John fece del suo meglio per non fare alcun rumore, ben conscio dell’udito sovraumano di cui disponeva Sherlock: era sulla prima rampa di scale e ancora non udiva le note del violino, nè tantomeno il tonfo dei piedi sul pavimento o il tintinnio di ampolle che cozzano tra di loro. Poteva significare solo che Sherlock era così assorto nei suoi pensieri da rimanere immobile nella stessa posizione o, cosa più rara ma ben sperata, che stesse dormendo.
Quando intraprese la seconda rampa di scale, riconobbe un alone di luce irregolarmente intermittente provenire da sotto la porta: la televisione. Che Sherlock fosse sveglio?
Nel momento in cui aprì la porta con tutta la delicatezza che disponeva, riconobbe sul divano la figura di Sherlock, dormiente, che dava le spalle alla televisione accesa con tutto l’audio abbassato: i documentari della BBC, diceva sempre il consulente investigativo, erano interessanti, ma i narratori erano quasi sempre noiosi, così si limitava ad osservare e a dedurre da solo l’argomento e i vari dettagli descritti nel reportage.
John si tolse la giacca e le scarpe, in modo da rendere i propri passi ancor più silenziosi, quindi si avvicinò al divano: recuperò il plaid di lana col quale coprì Sherlock, aspettando a spegnere la televisione, usufruendo della leggera luce che osservargli il viso rilassato. Rimase in contemplazione per qualche minuto e quando stava per spegnere la televisione, si sentì chiamare dalla voce ovattata di Sherlock.
“John.” biascicò, aprendo leggermente gli occhi.
“No, shhh.” gli coprì gli occhi con la mano destra mentre spense velocemente la televisione con la mancina.
“John.” lo chiamò nuovamente, mezzo intontito “Odori di birra.”
“Perchè l’ho bevuta.” si inginocchiò a terra e, mentre con la mano destra continuava a coprirgli gli occhi, con la mancina lo massaggiava appena dietro il collo.
“Sei tornato tardi.” mormorò Sherlock, per poi mugolare sotto il massaggio di John.
“Non farti passare il sonno.” il tono era basso e tranquillo, ma il contenuto era per lo più una supplica, preghiera che sembrava essere stata esaudita, in quanto John sentì le ciglia di Sherlock richiudersi lentamente.
“Domani mattina stiamo insieme.” sussurrò ancora, sempre con la voce arrochita dalla sonnolenza: lo bocca impastata quasi non si apriva per parlare.
John sorrise: era consapevole che gliel’avrebbe fatta pagare per ‘essere uscito a bere una birra con i colleghi’ piuttosto che passare la serata con lui. Vivevano una disparità dei ruoli con cui John si era ormai rassegnato a convivere: mentre per Sherlock era legittimo e completamente normale uscire da solo per delle ore, quando lo faceva lui scattavano gli interrogatori e i musi lunghi. A volte era come vivere con un bambino, lo stesso bambino che John cercava disperatamente di far riassopire “Dormi, Sherlock.”
“Prometti.” ordinò quasi, capriccioso anche da mezzo addormentato.
“Promesso.” bisbigliò John “Ora dormi.” ritirò poi entrambe le mani, perchè bastarono le sue parole per convincere Sherlock che, con la mente ormai affidata a Morfeo, si rannicchiò nella coperta in posizione fetale, facendo sparire il volto all’interno di essa.
John si allontanò subito dal divano, temendo di svegliare nuovamente il suo geniale amico che fissò da lontano per qualche istante, per poi salire nella propria camera da letto ed abbandonarsi ad un sonno privo di sogni.


°oOo°


Due giorni dopo, John e Sherlock furono chiamati da Lestrade per un caso di violenza domestica: una donna sulla cinquantina era stata trovata morta nella sua casa prefabbricata in legno a Cranfield, nella periferia di Londra.
“Sappiamo già chi è l’assassino.” iniziò Lestrade, non appena i due lo raggiunsero “Ma il bastardo ha riempito la baracca di materiale esplosivo instabile e dobbiamo far brillare la casa prima ancora che ci facciano entrare dentro a cercare delle prove.” sbuffò l’ispettore, indicando a John e a Sherlock il punto il cui avevano sistemato il cadavere “E’ chiaro che è stato il marito, ma se non confessa, senza uno straccio di prove, non possiamo comunque incriminarlo.”
“E Sherlock è l’unico che saprebbe dirvi movente e arma del delitto anche solo guardando il cadavere.” intervenne John, per poi estrarre il cellulare dalla tasca: aveva appena ricevuto un sms.
“Ovviamente.” confermò Sherlock “E il marito dov’è? Sarebbe utile dare un’occhiata anche a lui.”
John li seguì e nel frattempo sbloccò lo schermo del cellulare, leggendo il breve messaggio di testo che gli era appena arrivato.

Ciao, John! Quante vite umane hai già salvato oggi? Tom

Non era la prima volta che Tom gli scriveva: si erano sentiti anche il giorno precedente in cui il giovane professore aveva rotto il ghiaccio con la citazione di Aristotele ‘La scelta è desiderio che ragiona e ragione che desidera’ e John gli aveva risposto con un molto più prosaico ‘Oggi alla mensa ho scelto la zuppa. Pessima scelta’. Tom gli scrisse una risata correlata da un’emoticon sorridente e così iniziarono a parlare del più e del meno.

Ciao! Nessuna, sono su una scena del crimine. JW

Oh, spero di non averti disturbato. In realtà volevo chiederti una cosa. Tom

No, dimmi pure. JW

John si fermò affianco a Sherlock che era a sua volta arrivato in prossimità del cadavere, sul quale si chinò, iniziando ad analizzarlo. Un nuovo bip riportò la sua attenzione sul display.

Hai presente la canzone di Bonnie Tyler? Quella che fa ‘I need a hero, I’m holding out for a her til the end of the night, he’s gotta be strong, he’s gotta be fast and he’s gotta be fresh from the fight’? Tu sei un eroe, sembri forte, veloce e pronto alla battaglia. Posso affittarti per questa sera? Tom

John cercò di nascondere una risata che però non fuggì alle orecchie di Sherlock che si girò e lo fulminò con un’occhiataccia. Non perchè non stesse prestando attenzione al cadavere, quel caso era appena un ‘3’, ma l’idea che qualcun’altro, chiunque fosse, riuscisse a smontare la sua maschera d’empatia arrivando addirittura a farlo ridere nel bel mezzo di una scena del crimine, lo infastidiva parecchio.
“John.” lo invitò, cercando di nascondere la sua insoddisfazione almeno nel tono di voce “Puoi unirti a noi ed aiutarci col caso o sei troppo impegnato a giocare ad Angry Birds?”
“Non sto giocando ad Angry Birds.” infilò il cellulare in tasca e dopo essersi infilato i guanti in lattice, iniziò ad esaminare il cadavere della donna.
“No, infatti. Stai corteggiando la tua nuova fiamma per sms.” sibilò, senza neanche guardarlo in volto “Un’infermiera? Dovresti saperlo che poi, quando finirà, sarà complicato condividere lo stesso luogo di lavoro. Non hai imparato nulla dall’esperienza con Sarah?”
John valutò che fosse normale, per Sherlock, ipotizzare che stesse uscendo con qualcuno conosciuto al lavoro, visto che da quando aveva iniziato a sognare il proprio inquilino in modalità felina aveva cercato di evitarlo il più possibile a favore di diverse ore di straordinario “Non sto uscendo con nessuna infermiera. E comunque con Sarah siamo rimasti amici.” rispose distrattamente, continuando ad analizzare il corpo della malcapitata “Qui c’è un foro d’entrata dai contorni molto irregolari. Che sia stato causato da un seghetto? Ma non sarebbe comunque la causa della morte, è una ferita troppo piccola.”
“E’ ovvio che non è quella la causa della morte.” sussurrò Sherlock scocciato, continuando ad osservare John, molto più interessato a dedurre qualcosa di nuovo su di lui piuttosto che soffermarsi su un cadavere la cui causa del decesso aveva intuito alla prima occhiata “Con una paziente? Non è deontologicamente corretto, lo sai?”
“Ritenta, sarai più fortunato.” lo invitò John sarcasticamente, per poi notare un forellino tra indice e medio della mano destra della donna “Uhm, le ha iniettato qualcosa. La causa della morte potrebbe essere un veleno.”
“Naturalmente.” Sherlock tralasciò la propria gelosia da parte per qualche istante, orgoglioso dello spirito d’osservazione del proprio assistente, l’unico oltre a lui ad aver notato quel minuscolo foro tra le due dita della defunta “Digitalis Purpurea.” alzò poi il braccio, indicando a John e Lestrade una piccola serra adiacente il prefabbricato entro la quale si poteva intravedere la tipica forma a campanella dei fiori della digitale purpurea.(3)
Mentre Sherlock iniziava una lunga spiegazione sulle qualità farmaceutiche di quella particolare pianta, John si tolse i guanti e riprese il cellulare in mano.

Eccomi, analizzavo il cadavere. Ti serve un eroe? Cosa hai intenzione di fare, andare dai tuoi nemici di Storia e fargliela pagare per tutte le volte che hanno detto che la Filosofia è inutile? JW

Schifo! No, con gli Storici non vale neanche la pena discutere, sanno solo ripetere a memoria cose già successe, non hanno la fantasia per battermi in retorica. Pensavo ad un film al cinema. Tom

E perchè ti serve un eroe? JW

Mentre John attendeva la risposta di Tom, alzò lo sguardo su Sherlock, ascoltando la sua spiegazione con tutto l’interesse che potè donargli in quel momento.
“Ed è chiaro che l’abbia fatto perchè si era stufato di pagare i debiti della moglie.” sbuffò, rispondendo alla domanda di Lestrade.
“Da cosa hai capito che aveva dei debiti?” rispose l’ispettore e Sherlock ricominciò col suo fiume di parole.
John ascoltò l’inizio, poi riprese in mano il proprio cellulare.

Perchè andremmo a vedere The Avangers! Ho visto il trailer, il cattivo è un gran fico. Tom (4)

Tu tifi per il cattivo? JW

Solitamente no, ma questa volta farò un’eccezione. E poi per quello ho bisogno di te, dovrai bilanciare questa mia momentanea defezione facendo l’eroe. Tom

Quindi è così che andrà? Andremo al cinema insieme questa sera? JW

Mi piacerebbe molto, in effetti. Tom

John rialzò lo sguardo nello stesso momento in cui Sherlock concluse la propria impeccabile spiegazione: si ritrovò addosso i suoi occhi assieme a quelli di Lestrade che, evidentemente, si aspettavano qualcosa da lui.
John deglutì, dunque, per poi sorridere a Sherlock “Fantastico, come sempre.” gli dispiacque dirlo senza aver effettivamente ascoltato la brillante spiegazione del suo amico, ma pensò ingenuamente che quel complimento sarebbe stato comunque meglio di niente.
Sherlock non la pensava allo stesso modo e si risentì molto più di quanto avrebbe immaginato: era la prima volta che John non prestava attenzione alle sue deduzioni, per mandare sms a chissà chi, e per di più aveva anche provato a burlarsi di lui facendogli dei complimenti non sinceri. Gli stessi complimenti con cui lo deliziava e che lo facevano sentire speciale, erano stati appena elargiti all’unico scopo di non sentirsi fare una scenata. Una scenata? Sì, avrebbe voluto fargliela prima, ma non dopo quella vigliaccata. Era semplicemente deluso.
“Quindi...” Lestrade provò a spezzare quella tensione riassumendo il tutto “Ha ucciso la moglie per non dover più pagare i suoi debiti.”
“Umpf. Sentimenti.” Sherlock scosse il capo “Se non si fosse legato a quella donna, non avrebbe avuto questo problema e ora non andrebbe in galera.” estrasse i propri guanti dalla tasca del cappotto, infilandoseli nuovamente “Tsk. L’amore. Un difetto della condizione umana.”
John scrollò il capo, stanco di sentire quella frase, addolorato dalla familiarità con cui il suo udito l’aveva associata alla voce di Sherlock “Se tutti seguissero il tuo ragionamento, la razza umana si estinguerebbe in tre generazioni.”
Sherlock usò la logica per difendersi “Se lui avesse seguito il mio ragionamento, ora non sarebbe in manette.” l’aveva fatto apposta, l’aveva detto di proposito davanti a John, perchè sapeva che lo avrebbe ferito. Fu profondamente infantile in quel frangente: siccome John l’aveva appena fatto soffrire, allora meritava di essere ripagato con la stessa moneta.
“E’ impossibile parlare con te di queste cose.” sbuffò John, recuperando il cellulare dalla tasca della giacca. Se prima avesse avuto anche il minimo dubbio circa il suo appuntamento con Tom, dopo l’ennesima uscita di Sherlock contro l’esistenza dei sentimenti non aveva più remore.

Piacerebbe molto anche a me. Dimmi quando e dove. Ci sarò. JW

Inviò l’sms di risposta mentre si allontanava dalla scena del crimine: alle sue spalle gli artificieri stavano facendo saltare in aria la casa e la serra dell’assassino e della sua malcapitata moglie. E mentre l’aria lì attorno bruciava di un piccolo incendio controllato, tra John e Sherlock era momentaneamente calato il gelo.


______________________________

 
(0) Oh, god, yes. Immaginatevelo pure con la faccia di Tom Hiddleston, pettinato alla Loki XD (gesùggiuseppeemmmaria che figo!) e per chi avesse letto la mia Back to London, in cui c'è un Tom Stone (sempre omaggio a Tom Hiddleston), non preoccupatevi, non è un Moran travestito, è semplicemente un altro tronco di pino che ha incrociato la strada di John :D (1) Allora, non so voi, ma dalle mie parti, in qualunque serata gay mi sia infilata, appena parte “occhi di gatto” è il delirio... quindi ho deciso di farla diventare “canzone tipicamente gay” XD
(2) Io studio Filosofia, curriculum psicopedagogico in cui ho sostenuto 40 crediti in materie psicologiche... e buh, ho ipotizzato che anche il mio Tom avesse fatto una cosa del genere :)
(3)La digitale purpurea è una pianta dalle molteplici proprietà farmaceutiche, contenente tossine utili ad esempio per gli scompensi cardiaci e per l’epilessia. Essendo delle tossine, ovviamente, un sovradosaggio è pericolosissimo e può addirittura portare alla morte. (maggiori informazioni su wikipedia XD)
(4)Ebbene sì, ahahah (anzi, eheheh), a questo Tom piace Loki XD paradox is the way XD
   
 
Leggi le 14 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: ermete