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Autore: yan_mazu    04/03/2007    5 recensioni
Ogni mattina Tonks combatte una battaglia persa in partenza con la propria sveglia, che sembra quasi provarci gusto nell' interrompere le sue amorose effusioni oniriche (che Tonks diligentemente cataloga e valuta) con Remus Lupin. Un giorno diverso dagli altri, però, il risveglio della giovane strega la vede finalmente vincitrice...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Reverie

 

Nota poco Significativa:
Era da un sacco che volevo scrivere una LupinxTonks... e e finalmente all' alba ce l' ho fatta. La fanfic non è ambientata in un momento preciso (diciamo dopo una generica "sconfitta di Voldemort") e non tiene conto - o meglio, lo fa ma in maniera tutta sua - dell' "avvicinamento" dei due alla fine del sesto libro.
Ringrazio Wren che mi ha beta-letta alle 5 del mattino e vi auguro una buona lettura!


Il rapporto sentimentale che intercorreva tra Nymphadora Tonks e la sua radiosveglia babbana si basava su due punti ben precisi. La giovane strega amava lo strano marchingegno perché, fino a quel momento, si era rivelato l’ unico in grado di farla svegliare per tempo, in modo da riuscire a ridurre il margine del suo ritardo sul lavoro a una manciata di minuti, e allo stesso tempo, però, la ragazza detestava la crudele scatolina che tutte le mattine, con straordinaria irriverenza, la strappava via dalle effusioni più o meno ardite di Remus Lupin, costringendola a svegliarsi, abbandonando il mondo dei sogni e il suo unico, indiscusso abitante.

 

Quel giorno, però, era diverso.

 

Per la prima volta Tonks aveva avuto la meglio sulla diavoleria che giaceva sconfitta sul comodino, con un’ aria quasi indifferente, come a voler fingere di essere del tutto estranea a quella faida mattutina che da più di un anno la vedeva vincitrice. Quel giorno si era svegliata da sola, alla fine di uno splendido sogno.

Si sentiva stramaledettamente felice: più che per la vittoria in sé, per il sogno che aveva appena finito di fare. Senza dubbio era da cinque stelline. Come la stramba produzione onirica di qualche settimana prima, ambientata in una sorta di giungla tropicale, dove un Remus decisamente poco vestito e con un’ aria decisamente animalesca (che poco aveva a che fare con la licantropia) la salvava da un gruppo di cannibali stranamente simili ai suoi vecchi professori di Hogwarts e poi la portava al sicuro nella sua capanna sull’ albero, che all’ improvviso diventava una splendida e costosissima suite di un albergo lussuoso… E poi Remus, che stranamente aveva mantenuto lo stesso look selvaggio nonostante il repentino cambio di scena, le si era avvicinato, le aveva sfiorato il collo e poi quella sveglia infernale aveva suonato, e Tonks era andata al lavoro con i capelli verde foresta. Gli aveva dato 5 stelline perché un Remus Crusoe così bello andava sicuramente premiato.

Forse il sogno di quella notte, però, si meritava di più. Non era successo nulla di particolarmente strano, anzi, ma per la prima volta era stato qualcosa di fondalmentalmente diverso dalla dichiarazione d’ amore con tanto di angioletti svolazzanti presa pari pari dai romanzi rosa che ogni tanto si divertiva a leggere (assumendo l’ aspetto della protagonista e sostituendo «Remus» al posto del nome del belloccio di turno). Le era sembrato di sognare un Remus molto più simile a quello «originale» che a quello uscito dai suddetti romanzi, nonostante alla fine qualche incongruenza con la persona in carne e ossa fosse rimasta. Ed escludendo quei piccoli dettagli, quel sogno le era sembrato… vero. Non era la prima volta che le capitava di risvegliarsi al mattino con la netta sensazione di aver vissuto davvero le sue fantasie, succedeva spesso quando dormiva per poche ore e il primo squillo della sveglia aveva il solo risultato di farla sobbalzare nel letto per rigirarsi poi dall’ altra parte. Nel dormiveglia, in quei lunghissimi - e allo stesso tempo cortissimi - cinque minuti tra un trillo e l’ altro, le capitava spesso di confondere la realtà e l’ immaginazione. Ma era abbastanza facile, con la mente un po’ più lucida, riconoscere che le probabilità che il vero Remus la spingesse con inaspettata foga in uno sgabuzzino nascosto di Grimmauld Place per poi chiederle di sposarlo tra un bacio appassionato e un altro fossero rasenti allo zero. E in quel momento, invece, le sembrava così difficile ammettere a sé stessa che niente di quello che aveva visto, sentito e provato nella notte precedente era reale.

Ad essere sincera, il sogno non era iniziato nel migliore dei modi.

C’ era stata una grande festa alla Tana, e lei non si ricordava nemmeno perché. Forse si era addirittura sognata di aver eliminato il problema Voldemort una volta per tutte, perché gli invitati erano davvero euforici. Si ricordava, però, della fatica che aveva fatto a trovare i vestiti giusti da indossare e di come, entrando in cucina per salutare Molly, avesse inciampato nel gatto di Hermione, finendo col sedere in uno scatolone pieno di strane confezioni, su cui troneggiava beffarda la scritta «Inchiostro indelebile di Weasley & Weasley». Si ricordava anche di come, suo malgrado, l’ inchiostro indelebile fosse effettivamente tale e non se ne fosse andato in nessun modo dal suo didietro. Ringraziò Merlino del fatto che si trattasse solo di un sogno: mentre la signora Weasley cercava infatti di togliere la grossa macchia dai pantaloni, chi era entrato in cucina se non lui, Remus Lupin? Col senno di poi, sapendo che lei, in fondo, con il sedere per aria e Molly che ci bacchettava sopra non c’ era mai stata, la cosa sembrava tremendamente divertente. I ricordi della cena erano vaghi, oltre a una bottiglia di vino rovesciata (da lei) e un piatto inavvertitamente lasciato cadere (da lei) non le veniva in mente nient’ altro… Era stato il dopocena a stamparle quel sorriso ebete sul volto. Lui le si era avvicinato e le aveva gentilmente chiesto di poter parlare in privato. Lei si era sentita mancare e aveva lasciato cadere sul tappeto nuovo il bicchiere che aveva tra le mani, e, dopo aver cercato - con scarsissimi risultati - di riparare al danno, l’ aveva seguito in una delle camere al piano superiore.

«Prego», le aveva detto, offrendole una sedia.

E poi si era seduto sul letto, di fronte a lei, e appogiando i gomiti sulle ginocchia si era preso la testa tra le mani. Ecco, quello era un particolare che chiaramente sottolineava l’ irrealtà della cosa - il vero Remus non si sarebbe mai seduto in maniera tanto scomposta.

«Io non ce la faccio più, Nymphadora», aveva sospirato, senza alzare lo sguardo dal pavimento. Per fortuna aveva avuto l’ accortezza di farla sedere o sarebbe sicuramente caduta o inciampata in qualcosa.

«A fare cosa?», aveva risposto lei, intuendo troppo tardi quanto inopportuna fosse stata la sua domanda. Una cosa utile del sognare tutte le notti Remus era che, almeno in teoria, aveva collezionato una consistente quantità di «cose che sarebbe meglio non dire in certe occasioni». Peccato che nella pratica di tutti i giorni tutti quegli insegnamenti se ne andassero a quel paese.

«Io credo di essere troppo vecchio», aveva ricominciato, questa volta cercando un contatto visivo.

«Troppo vecchio e anche troppo poco ricco. E troppo… Troppo lunatico, se mi passi il termine».

Tonks non aveva risposto, si era limitata a osservare Remus a bocca aperta, sfoggiando quella che non poteva essere altro che una perfetta espressione da pesce lesso, scuotendo lievemente il capo in cenno di dissenso.

«Tutte motivazioni logiche e razionali che mi spingono a dirti che, sebbene io sia a conoscenza del fatto che tu provi un certo… interesse per me», aveva detto osservando i capelli della povera Tonks che sembravano non trovare pace, toccando ogni secondo che passava nuove e sempre più accese tonalità di rosso, «sarebbe molto meglio se tu mi lasciassi definitivamente perdere».

«Ah…», aveva cercato di controbattere la strega, senza nemmeno sapere cosa dire. Non riusciva a capire dove Remus volesse andare a parare, visto che già più di una volta le aveva snocciolato un elenco di ottimi - a detta sua - motivi per cui lei avrebbe dovuto trovarsi qualcun altro e lui avrebbe dovuto continuare a crogiolarsi nella sua solitudine, e nessuna di quelle volte c’ era stato bisogno di sedersi, di mettersi le mani tra i capelli e di rendere il tutto così cerimonioso. Anzi, nella quasi totalità delle loro discussioni a riguardo - che sarebbe stato più opportuno chiamare monologhi - la conversazione si svolgeva di fretta, in luoghi affollati e in momenti sempre poco opportuni.

 

Scivolando un po’ più tra le coperte, Tonks pensò che in fondo anche quello era un segno palese del fatto che si fosse trattata soltanto di una mera illusione. Però poi lui le aveva detto quella cosa così dolce… Anche se in realtà si trattava solo del frutto congiunto del suo subconscio e delle commedie sdolcinate che non si perdeva mai alla televisione, anche il solo ricordo di quel momento la faceva sentire… felice.

 

Non aveva fatto in tempo a dire nient’ altro che qualche altro monosillabo quando lui l’ aveva nuovamente interrotta.

«Eppure, nonostante tutto, c’è una ragione illogica e totalmente irrazionale che mi tormenta… E’ che sono anche troppo innamorato di te».

Da lì in poi il sogno era tornato a rispettare i soliti canoni: lei aveva smesso di ragionare e gli era letteralmente saltata addosso, lui aveva accettato di buon grado quel genere di effusioni e poi con una scusa qualsiasi avevano lasciato la festa. Lui l’ aveva riaccompagnata a casa, e avevano trascorso insieme il resto della nottata. Nulla a che vedere con il sogno decisamente piccante del mese prima, al cui pensiero ancora arrossiva, ma proprio per questo piacevole da ricordare.

 

Decidendosi che era giunto il momento di aprire almeno uno dei suoi due occhi, Tonks pensò che fosse incredbilmente buffo il fatto che il suo sogno finisse con lei che si addormentava e che poco dopo si fosse svegliata. Ma Nymphadora era abituata a una serie di stranezze, riguardo alla sua persona, ben più stravaganti di quella. Ad esempio, Nymphadora era disordinata. Molto disordinata. Così tanto da gettare i vestiti del giorno prima in giro per la camera, lasciando che si accumulassero montagnole di stoffa dalle dimensioni consistenti che inevitabilmente finivano per farla cadere, se formatesi sul pavimento, o con il rovinare a terra se formatesi in qualche altro punto sopraelevato. Ad esempio, si disse, sforzandosi di mettere a fuoco la sedia accanto alla finestra, la pigna di abiti su cui troneggiavano i suoi pantaloni con quella fastidiosa macchia d’ inchiostro indelebile sul didietro sembrava proprio in procinto di cadere.

Un dubbio atroce le passò per la mente, ancora decisamente annebbiata dal sonno.

«…ascolto solo ora, sono le nove in punto e tra poco avremo in linea, direttamente dal Ministero della Magia, Rufus Scrimgeour, che ci racconterà dettagliatamente gli avventimenti che hanno portato allo scontro decisivo con Voi-Sapete-Chi e alla sua clamorosa sconfitta, subito dopo la pubb-»

Fu spegnendo con un gesto impulsivo la radiosveglia che finalmente, muovendosi nel letto, se ne accorse. Era così comoda che non l’ aveva assolutamente notato in quel limbo tra coscienza e incoscienza in cui si ritrovava appena sveglia, ma c’ era qualcosa intorno alla sua vita e quel qualcosa assomigliava spaventosamente a un braccio. E a giudicare dal profumo che ora si rendeva conto di sentire, quel braccio - e il resto del corpo che vi era attaccato - apparteneva a qualcuno che usava la stessa colonia di Remus Lupin. E la cosa sempre più sconcertante per Tonks era che tutti gli indizi, a quel punto, portavano a credere che il qualcuno in questione fosse Remus Lupin.

 

«Oh no… ti prego no», mormorò prendendosi la guancia tra il pollice e l’ indice della mano destra. Le era già successo in tutti quei mesi di fantasie disparate: sognare di risvegliarsi da un sogno per poi scoprire che anche il risveglio era stato un sogno… E no, non poteva resistere a un secondo risveglio che non prevedesse Remus steso accanto a lei - vivo, senza postumi da sbornia e nel pieno possesso delle sue facoltà mentali.

Strinse gli occhi e si diede, con eccezionale vigore, un pizzicotto.

 

Se fosse stato come al solito un sogno, non avrebbe sentito niente.

Se fosse stato come sempre un sogno, quando si sarebbe svegliata avrebbe trovato solo le montagnole di vestiti a salutarla.

Se fosse stato ancora una volta un sogno, si sarebbe sentita ancora più stupida di quanto non capitasse già.

Ma quel giorno era diverso.

  
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