Reverie
Nota poco Significativa: Il
rapporto sentimentale che intercorreva tra Nymphadora Tonks e la sua radiosveglia
babbana si basava su due punti ben precisi. La giovane strega amava lo strano
marchingegno perché, fino a quel momento, si era rivelato l’ unico
in grado di farla svegliare per tempo, in modo da riuscire a ridurre il margine
del suo ritardo sul lavoro a una manciata di minuti, e allo stesso tempo, però,
la ragazza detestava la crudele scatolina che tutte le mattine, con
straordinaria irriverenza, la strappava via dalle effusioni più o meno ardite
di Remus Lupin, costringendola a svegliarsi, abbandonando il mondo dei sogni e
il suo unico, indiscusso abitante. Quel giorno, però, era
diverso. Per la prima volta Tonks
aveva avuto la meglio sulla diavoleria che giaceva sconfitta sul comodino, con un’ aria quasi indifferente, come a voler fingere di essere
del tutto estranea a quella faida mattutina che da più di un anno la vedeva
vincitrice. Quel giorno si era svegliata da sola, alla fine di uno splendido
sogno. Si sentiva
stramaledettamente felice: più che per la vittoria in sé, per il sogno che
aveva appena finito di fare. Senza dubbio era da cinque stelline. Come la
stramba produzione onirica di qualche settimana prima, ambientata in una sorta
di giungla tropicale, dove un Remus decisamente poco
vestito e con un’ aria decisamente animalesca (che poco aveva a che fare con la
licantropia) la salvava da un gruppo di cannibali stranamente simili ai suoi
vecchi professori di Hogwarts e poi la portava al sicuro nella sua capanna
sull’ albero, che all’ improvviso diventava una splendida e costosissima suite
di un albergo lussuoso… E poi Remus, che stranamente aveva mantenuto lo stesso
look selvaggio nonostante il repentino cambio di scena, le si era avvicinato,
le aveva sfiorato il collo e poi quella sveglia infernale aveva suonato, e
Tonks era andata al lavoro con i capelli verde foresta. Gli aveva dato 5
stelline perché un Remus Crusoe così
bello andava sicuramente premiato. Forse il sogno di quella
notte, però, si meritava di più. Non era successo nulla di particolarmente
strano, anzi, ma per la prima volta era stato qualcosa di fondalmentalmente
diverso dalla dichiarazione d’ amore con tanto di
angioletti svolazzanti presa pari pari dai romanzi rosa che ogni tanto si
divertiva a leggere (assumendo l’ aspetto della protagonista e sostituendo
«Remus» al posto del nome del belloccio di turno). Le
era sembrato di sognare un Remus molto più simile a
quello «originale» che a quello uscito dai suddetti romanzi, nonostante alla
fine qualche incongruenza con la persona in carne e ossa fosse rimasta. Ed
escludendo quei piccoli dettagli, quel sogno le era
sembrato… vero. Non era la prima volta che le capitava di risvegliarsi al mattino con la netta sensazione di aver vissuto davvero
le sue fantasie, succedeva spesso quando dormiva per poche ore e il primo
squillo della sveglia aveva il solo risultato di farla sobbalzare nel letto per
rigirarsi poi dall’ altra parte. Nel dormiveglia, in quei lunghissimi - e allo
stesso tempo cortissimi - cinque minuti tra un trillo e l’ altro,
le capitava spesso di confondere la realtà e l’ immaginazione. Ma era
abbastanza facile, con la mente un po’ più lucida, riconoscere che le
probabilità che il vero Remus la spingesse con
inaspettata foga in uno sgabuzzino nascosto di Grimmauld Place per poi
chiederle di sposarlo tra un bacio appassionato e un altro fossero rasenti allo
zero. E in quel momento, invece, le sembrava così
difficile ammettere a sé stessa che niente di quello che aveva visto, sentito e
provato nella notte precedente era reale. Ad essere sincera, il sogno non era iniziato nel migliore dei modi. C’ era stata una grande festa alla Tana, e lei non si ricordava nemmeno
perché. Forse si era addirittura sognata di aver eliminato il problema Voldemort
una volta per tutte, perché gli invitati erano davvero
euforici. Si ricordava, però, della fatica che aveva fatto a trovare i vestiti
giusti da indossare e di come, entrando in cucina per salutare Molly, avesse
inciampato nel gatto di Hermione, finendo col sedere in uno scatolone pieno di
strane confezioni, su cui troneggiava beffarda la scritta «Inchiostro indelebile di Weasley & Weasley». Si ricordava anche
di come, suo malgrado, l’ inchiostro indelebile fosse
effettivamente tale e non se ne fosse andato in nessun modo dal suo didietro.
Ringraziò Merlino del fatto che si trattasse solo di
un sogno: mentre la signora Weasley cercava infatti di togliere la grossa
macchia dai pantaloni, chi era entrato in cucina se non lui, Remus Lupin? Col
senno di poi, sapendo che lei, in fondo, con il sedere per aria e Molly che ci
bacchettava sopra non c’ era mai stata, la cosa sembrava tremendamente
divertente. I ricordi della cena erano vaghi, oltre a
una bottiglia di vino rovesciata (da lei) e un piatto inavvertitamente lasciato
cadere (da lei) non le veniva in mente nient’ altro… Era stato il dopocena a
stamparle quel sorriso ebete sul volto. Lui le si era
avvicinato e le aveva gentilmente chiesto di poter parlare in privato. Lei si
era sentita mancare e aveva lasciato cadere sul tappeto nuovo il bicchiere che
aveva tra le mani, e, dopo aver cercato - con scarsissimi risultati - di
riparare al danno, l’ aveva seguito in una delle camere al piano superiore. «Prego», le aveva detto, offrendole una sedia. E poi si era seduto sul
letto, di fronte a lei, e appogiando i gomiti sulle ginocchia si era preso la
testa tra le mani. Ecco, quello era un particolare che chiaramente sottolineava l’ irrealtà della cosa - il vero Remus non si sarebbe mai seduto in
maniera tanto scomposta. «Io non ce la faccio più,
Nymphadora», aveva sospirato, senza alzare lo sguardo dal pavimento. Per
fortuna aveva avuto l’ accortezza di farla sedere o
sarebbe sicuramente caduta o inciampata in qualcosa. «A fare cosa?», aveva risposto lei, intuendo troppo
tardi quanto inopportuna fosse stata la sua domanda. Una cosa
utile del sognare tutte le notti Remus era che, almeno in teoria, aveva
collezionato una consistente quantità di «cose che sarebbe meglio non dire in
certe occasioni». Peccato che nella pratica di tutti i giorni tutti quegli
insegnamenti se ne andassero a quel paese. «Io credo di essere
troppo vecchio», aveva ricominciato, questa volta cercando un contatto visivo. «Troppo vecchio e anche troppo poco ricco.
E troppo… Troppo lunatico,
se mi passi il termine». Tonks non aveva risposto, si era limitata a osservare Remus a bocca aperta, sfoggiando quella che non
poteva essere altro che una perfetta espressione da pesce lesso, scuotendo
lievemente il capo in cenno di dissenso. «Tutte motivazioni logiche e razionali che
mi spingono a dirti che, sebbene io sia a conoscenza del fatto che tu provi un
certo… interesse per me», aveva detto osservando i capelli della povera Tonks
che sembravano non trovare pace, toccando ogni secondo che passava nuove e
sempre più accese tonalità di rosso, «sarebbe molto
meglio se tu mi lasciassi definitivamente perdere». «Ah…», aveva cercato di controbattere la
strega, senza nemmeno sapere cosa dire. Non riusciva a capire dove Remus volesse andare a parare, visto che già più di una volta le
aveva snocciolato un elenco di ottimi - a detta sua - motivi per cui lei
avrebbe dovuto trovarsi qualcun altro e lui avrebbe dovuto continuare a
crogiolarsi nella sua solitudine, e nessuna di quelle volte c’ era stato
bisogno di sedersi, di mettersi le mani tra i capelli e di rendere il tutto
così cerimonioso. Anzi, nella quasi totalità delle loro
discussioni a riguardo - che sarebbe stato più opportuno chiamare monologhi -
la conversazione si svolgeva di fretta, in luoghi affollati e in momenti sempre
poco opportuni. Scivolando un po’ più tra le coperte,
Tonks pensò che in fondo anche quello era un segno palese
del fatto che si fosse trattata soltanto di una mera illusione. Però poi lui le
aveva detto quella cosa così dolce… Anche se in realtà
si trattava solo del frutto congiunto del suo subconscio e delle commedie
sdolcinate che non si perdeva mai alla televisione, anche il solo ricordo di
quel momento la faceva sentire… felice. Non aveva fatto in tempo a dire nient’
altro che qualche altro monosillabo quando lui l’
aveva nuovamente interrotta. «Eppure,
nonostante tutto, c’è una ragione illogica e totalmente irrazionale che mi
tormenta… E’ che sono anche troppo
innamorato di te». Da lì in poi il sogno era tornato a
rispettare i soliti canoni: lei aveva smesso di ragionare e gli
era letteralmente saltata addosso, lui aveva accettato di buon grado
quel genere di effusioni e poi con una scusa qualsiasi avevano lasciato la
festa. Lui l’ aveva riaccompagnata a casa, e avevano trascorso insieme il resto
della nottata. Nulla a che vedere con il sogno decisamente
piccante del mese prima, al cui pensiero ancora arrossiva, ma proprio per
questo piacevole da ricordare. Decidendosi che era
giunto il momento di aprire almeno uno dei suoi due occhi, Tonks pensò
che fosse incredbilmente buffo il fatto che il suo sogno finisse con lei che si
addormentava e che poco dopo si fosse svegliata. Ma Nymphadora era abituata a una serie di stranezze, riguardo alla sua persona, ben più
stravaganti di quella. Ad esempio, Nymphadora era disordinata. Molto disordinata. Così tanto da gettare i
vestiti del giorno prima in giro per la camera, lasciando che si accumulassero
montagnole di stoffa dalle dimensioni consistenti che inevitabilmente finivano
per farla cadere, se formatesi sul pavimento, o con il rovinare a terra se
formatesi in qualche altro punto sopraelevato. Ad esempio, si disse,
sforzandosi di mettere a fuoco la sedia accanto alla finestra, la pigna di abiti su cui troneggiavano i suoi pantaloni con quella
fastidiosa macchia d’ inchiostro indelebile sul didietro sembrava proprio in
procinto di cadere. Un dubbio atroce le passò per la mente,
ancora decisamente annebbiata dal sonno. «…ascolto
solo ora, sono le nove in punto e tra poco avremo in linea, direttamente dal
Ministero della Magia, Rufus Scrimgeour, che ci racconterà dettagliatamente gli
avventimenti che hanno portato allo scontro decisivo con Voi-Sapete-Chi e alla
sua clamorosa sconfitta, subito dopo la pubb-» Fu spegnendo con un gesto impulsivo la
radiosveglia che finalmente, muovendosi nel letto, se ne accorse.
Era così comoda che non l’ aveva assolutamente notato in quel limbo tra
coscienza e incoscienza in cui si ritrovava appena sveglia, ma c’ era qualcosa
intorno alla sua vita e quel qualcosa assomigliava spaventosamente a un braccio. E a giudicare dal
profumo che ora si rendeva conto di sentire, quel braccio - e il resto del
corpo che vi era attaccato - apparteneva a qualcuno che usava la stessa colonia
di Remus Lupin. E la cosa sempre più sconcertante per
Tonks era che tutti gli indizi, a quel punto, portavano a credere che il
qualcuno in questione fosse Remus
Lupin. «Oh no… ti prego no», mormorò prendendosi
la guancia tra il pollice e l’ indice della mano
destra. Le era già successo in tutti quei mesi di fantasie disparate: sognare
di risvegliarsi da un sogno per poi scoprire che anche il risveglio era stato
un sogno… E no, non poteva resistere a un secondo
risveglio che non prevedesse Remus steso accanto a lei - vivo, senza postumi da
sbornia e nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. Strinse gli occhi e si diede, con
eccezionale vigore, un pizzicotto. Se fosse stato come al
solito un sogno, non avrebbe sentito niente. Se fosse stato
come sempre un sogno, quando si sarebbe svegliata avrebbe trovato solo le
montagnole di vestiti a salutarla. Se fosse stato ancora una volta un sogno, si
sarebbe sentita ancora più stupida di quanto non capitasse già. Ma quel giorno era diverso.
Era da un sacco che volevo scrivere una LupinxTonks... e e finalmente all' alba ce l' ho fatta. La fanfic non è ambientata in un momento preciso (diciamo dopo una generica "sconfitta di Voldemort") e non tiene conto - o meglio, lo fa ma in maniera tutta sua - dell' "avvicinamento" dei due alla fine del sesto libro.
Ringrazio Wren che mi ha beta-letta alle 5 del mattino e vi auguro una buona lettura!