Qualche melodia
lontana ed indistinta suona nelle loro
menti. Con le mani poggiate sull’erba fresca, umida, tengono
il naso rivolto
all’insù, al cielo notturno. Stelle, stelle,
stelle, tante stelle, più o meno luminose,
più o meno sorridenti ed accoglienti. Null’altro
c’è lì. Solo loro due.
Guardano le stelle, ci si perdono con le labbra increspate in qualche
smorfia
indefinibile, gli occhi che brillano di mille ricordi, mille cose
lasciate
scivolare dalle loro mani.
Si sono ritrovate fra le stelle, dove s’aggrappavano. Si sono
ritrovate dov’erano
sempre state, e sfogliano il futuro fra pagine di brillanti. Il futuro
mai
vissuto, senza alcuna possibilità di disegnarlo, ma
è lì e lo guardano come un
film in alta definizione. Il futuro che cercavano di raggiungere
tendendo le
mani verso il cielo, viaggiando per giorni, mesi, anni, ogni tanto
perdendosi,
fermandosi, raggomitolandosi in note e parole più infinite
dell’universo. In
note e parole che raccontavano l’universo.
Sono cadute entrambe. Si sono fatte male, e per non avere ulteriori
danni hanno
dovuto poggiare le mani a terra. Le stesse mani con cui reggevano
qualcosa di
prezioso, ora andato infranto, ridotto a polvere di stelle, inutile, ma
bella. Tanto
bella da fare male, tanto bella da far sorridere, tanto bella da far
piangere,
tanto bella da far sentire complete queste due sventurate. E guardano
quel
disastro con occhi sgranati, ancora increduli. Piangono da dentro,
protendono
timorose la mano verso quei brillantini, ma rinunciano. Rinunciano con
tanta
paura. Con la paura di rimettere tutto a posto, con la paura di volare
di
nuovo.
Sfogliano ancora il futuro fra le stelle. Vedono un sacco di colori,
vivono un
sacco di storie, adesso che si perdono a guardare, lontana, la Terra.
“In realtà siamo ancora
lì, vero?”
“Vero.”
“Le stelle non possono appartenerci più
davvero?”
“Davvero.”
Due adolescenti stanno sedute sull’erba che
s’estende per uno spazio senza
limite, come
l’universo. In qualunque
punto di quel luogo si possono sempre vedere le stelle. È
sempre notte, una
notte che non fa paura. È la notte in cui si tengono per
mano, è la notte in
cui guardano un po’ indietro ed un po’ in avanti.
Scelgono di guardare il futuro in cui sorrido, almeno per una volta.
È la notte in cui sono possono apprezzare davvero
il miracolo di essere nate sotto lo stesso cielo, nella stessa era.
NdA: Che dire... Sono le cinque e mezza del mattino ed ho appena finito questa cosa fra un pianto e l'altro. E non ho da spiegare molto, ecco. L'unica cosa che vorrei specificare è che completamente senza alcuna pretesa. Sono parole buttate a caso e non avevo alcun filo logico in testa, quindi...