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Autore: Nimel17    21/08/2012    3 recensioni
La fiaba di Raperonzolo è molto conosciuta, ma qualcosa mancava...Rumpelstiltskin. La vera protagonista è comunque Rapunzel.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Non ho bisogno di tagliarmi i capelli.”
“Henry, devi farlo. Non ho intenzione di ripetertelo un’altra volta. Stai facendo perdere tempo inutilmente a me e alla signorina.”
Il bambino sbuffò. Poi alzò gli occhi chiari verso la ragazza che aspettava paziente con lo shampoo in una mano e le forbici nell’altra.
“Scusa, Em.”
“Oh, non preoccuparti, Henry. Non ho mai conosciuto un bambino che fosse disposto a farsi tagliare i capelli.”
Regina Mills, sindaco di Storybrooke e madre del piccolo ribelle, intervenne ancora.
“Non hai scelta, tesoro. Devi regolarti il taglio.”
Proprio quando Henry stava per protestare, Emilie sorrise gentilmente a Regina.
“Sono certa che lei è una donna molto impegnata, signor sindaco. Oggi è sabato, perché non lascia Henry da me e quando è pronto mi occupo di lui senza sprecare il suo tempo e traumatizzare lui?”
Regina s’inginocchiò.
“Comportati bene, Henry. Che questo non diventi un’abitudine, è solo perché oggi ho un’importante riunione. Manderò qualcuno a prenderti alle 3, dopo devi fare i compiti.”
Emilie la guardò ad occhi spalancati:
“Il sabato pomeriggio?”
Regina strinse la bocca in una linea sottile.
“Tra lei e me c’è una linea divisoria piuttosto marcata, signorina Rampion. Non la sorpassi, anzi, non ci si avvicini nemmeno.”
Detto questo, le voltò le spalle e lasciò che la porta si chiudesse piuttosto violentemente. Emilie sospirò e tornò dietro la cassa, sistemando i guadagni della mattinata. Henry le andò vicino e le diede dei leggeri colpetti sul braccio.
“Tu sei molto meglio di lei, Em.”
Sorrisero tutti e due.
“Potremmo fare un club. Qualcosa del tipo Liberateci Dalle Nostre Madri.”
Henry la fissò, incuriosito.
“Non ho mai visto la tua mamma. Com’è?”
“Tu non vuoi davvero sapere.”
“Oh, sì invece.”
La porta si aprì e Mary Margaret entrò, sorridendo come al solito.
“Ciao Em, ciao Henry. Disturbo? Avrei bisogno di dare una scalata alla frangia.”
“Accomodati. Finchè il signorino non si deciderà a farsi potare la chioma, sono libera.”
Henry le fece una linguaccia, che lei ricambiò prontamente. Mary Margaret alzò gli occhi al cielo.
“Em, perché non sei nella mia classe?”
“Perché ho diciannove anni. Stai attenta a quello che dici, perché i tuoi capelli sono nelle mie mani.”
“Non lo faresti mai.”
“Oh, non lo so….”
Le porse una rivista.
“Adoro i tuoi capelli, Mary. Sono così facili da pettinare…anche se penso dovresti lasciarteli crescere.”
“Questo suggerimento viene dalla parrucchiera di Storybrooke?”
“Acqua calda, fredda o tiepida?”
“Calda.”
“Shampoo?”
“Mi affido a te.”
Emilie aprì un armadietto.
“Estratto di mora e karitè. Ti renderà i capelli lucenti e morbidissimi.”
Mentre lei si occupava della sua migliore amica, Henry si era tirato fuori dallo zaino un fumetto. Mary Margaret lo sbirciò con la coda dell’occhio.
“Henry, lo sai che tua madre non vuole che tu legga fumetti.”
“Solo perché dice che costano troppo.”
Emilie scoppiò a ridere.
“La prossima volta rinfacciale quanto spende per le sue creme e prodotti per capelli.”
“Quanto?”
“Ah-ah. Non te lo dirò finchè non ti lascerai tagliare la tua criniera da leoncino che sei.”
Mary Margaret rabbrividì.
“Santo cielo, Em, mi sembra di sentire il signor Gold.”
Risero entrambe, mentre Henry la guardava con gli occhioni supplicanti.
“Perché io mi intenerisca devi essere davvero il Gatto con gli Stivali e farmi il suo sguardo implorante a comando.”
“Va beeene.”
Emilie stava pettinando la nuova frangia di Mary.
“Sei bellissima. Sembri una fatina.”
Henry trattenne il respiro.
“Non è una fata! Lei è Biancaneve!”
Corse vicino a loro, reggendo un libro piuttosto grande che doveva pesare più di lui e che spiegava come mai non portasse lo zaino da sé.
“Guarda. Questa è Biancaneve.”
Emilie la osservò, critica.
“Potrebbe essere qualsiasi donna dai capelli neri, la pelle bianca e gli occhi verdi.”
Tuttavia, doveva ammettere che i lineamenti assomigliavano parecchio a quelli della maestra di scuola.
“La regina cattiva è la mia matrigna.”
“Beh, questo è il sogno di ogni bambino.”
“Lo sceriffo Graham è il Cacciatore.”
“No, è troppo carino.”
“Nel libro, è l’amante della regina.”
Salutarono Mary e il bambino si lasciò condurre a sistemarsi il taglio. Questo non bastò a farlo stare zitto.
“Per caso, la tua è una madre iperprotettiva, ha legami con la mia matrigna e non vuole che tu esca dal nido? Scusa, da casa vostra.”
Emilie lasciò cadere il flacone di shampoo.
“Come fai a saperlo?”
“Allora sei Rapunzel. Non sapevo che personaggio delle fiabe potessi essere. Cenerentola è Ashley Boyd, Ruby è Cappuccetto Rosso, potevi essere o Aurora o Rapunzel.”
“Perché no Ariel o Belle? O Tiana? O Esmeralda?”
“Perché la Sirenetta ha i capelli rossi e le altre sono brune. Rapunzel e Aurora sono bionde tutte e due, ma Rapunzel ha un rapporto complicato con sua madre. E inoltre hai i capelli lunghissimi.”
Lei si voltò per controllarli.
“Mi arrivano ai fianchi. Potrebbero arrivarmi a terra.”
“Come dici tu.”
Alle due mangiarono due panini, discutendo di film e libri fantasy. Quando Emilie si sdraiò sul divano sul retro, Henry la imitò e l’abbracciò.
“Vorrei che tu fossi la mia sorellona.”
“E tu il mio fratellino.”
“Vorrei avere ancora sei anni, quando mi facevi da babysitter.”
Lei gli accarezzò i capelli, guardando fuori dalla finestra. Non era una bella giornata e il negozio non era molto illuminato. Sembrava il momento giusto per schiacciare un pisolino, ma sia lei sia Henry rischiavano di cadere. Il cellulare vibrò. Lo tirò fuori dalla tasca. Un nuovo messaggio. Il mittente era Mum. La rimproverava perché non le aveva detto che si sarebbe trattenuta al lavoro e lei si era preoccupata. Come sempre. Emilie mise via il telefonino sbuffando. Henry stava dormendo beato. Allungò una mano per prendere il libro di musica che aveva sul tavolino vicino al divano. Doveva tenere in negozio quei libri, perché sua madre disapprovava il suo interesse per gli strumenti musicali di qualsiasi genere. A causa delle sue paure esagerate, non l’aveva nemmeno mandata all’università, dicendo che non era necessaria una laurea per diventare parrucchiera. A Storybrooke, almeno. Henry socchiuse un occhio.
“Mi canti la nostra canzone?”
Emilie mise giù il libro e finse di non stare al suo gioco.
“Quale canzone?”
“Lo sai. Quella dei bambini.”
“No, non lo so.”
“Dai…quella del nostro film.”
“Che film?”
Henry iniziò a farle il solletico.
“Va bene, va bene, piccolo mostriciattolo, mi arrendo alla forza bruta!”
Lui si accoccolò soddisfatto contro la sua spalla.
Come little children, I’ll take thee away
Into a land of enchantment…
Come little children, the time’s come to play
Here in my garden of shadows.
Follow sweet children, I’ll show thee the way
Through all the pain and the sorrows…
Weep not poor children….
“Dolente d’interrompervi, ma Regina mi ha mandato a prendere Henry.”
Emilie saltò su dal divano, seguita dal bambino. Si sentiva le guance rossissime per l’imbarazzo. Henry le strinse la mano, solidale. Se esisteva un Dio, ora Emilie si rivolgeva a lui: tra tutti gli abitanti di Storybrooke, perché doveva essere proprio il signor Gold a sentirla cantare canzoncine di film fantasy ad un bambino di dieci anni mentre erano stesi sul divano? E perché non aveva sentito il suo dannato bastone? Si mise nervosamente una ciocca dietro l’orecchio, sentendosi in netto svantaggio con la sua camicia verde a fiori piuttosto larga, i suoi jeans strappati sul ginocchio, contro il completo d’alta sartoria di quell’uomo.
“B-buongiorno, signor Gold. Mi scusi per…”
Ehi. Perché doveva scusarsi per cantare nel suo negozio?
“…Per il disordine.”
Altra solidale stretta di mano. Henry guardò l’ospite, imbronciato.
“Hai interrotto la nostra canzone. E poi, perché mia madre ha mandato te?”
Il signor Gold sorrise, scoprendo i denti bianchi. Emilie aveva scommesso che avrebbe visto canini appuntiti, ma perse la scommessa con se stessa.
“Mi dispiace moltissimo, Henry. In quanto alla tua domanda,  non pretendo di sapere come funziona la mente di Regina, ma immagino che il mio sia il primo numero capitatole sul cellulare. Dubito che avesse tempo di pensare… mentre è così impegnata.
“Vorrei che rimanesse bloccata in quella riunione.”
Gold fece un mezzo sorrisetto, mentre gli occhi brillavano maliziosi. Emilie intervenne prima che potesse sconvolgere il bambino.
“Henry, ti prego, vai a prendere il tuo libro e il tuo fumetto. Non voglio che te li dimentichi qui il giorno prima della chiusura.”
Henry scomparve nell’altra stanza. Gold si appoggiò al bastone con entrambe le mani, spostando il peso sulla gamba sana.
“Non avrei turbato il piccolo, signorina Rampion.”
“Meglio non averlo scoperto.”
Mise i giornali al suo posto, desiderando di essere molto indaffarata per non sostenere quella chiacchierata. Quell’uomo era parecchio inquietante, come se sapesse tutto quello che pensava e soprattutto come usarlo a suo favore. Lui parve non accorgersi dei suoi sforzi, perché proseguì a parlare come se niente fosse.
“Inoltre, sono convinto che Henry sappia già tutto di Regina e Graham. È un bambino molto perspicace.”
Emilie sospirò. Quanto ci metteva Henry a prendere le sue cose? Il suo cellulare squillò. Lei lo prese e rifiutò la chiamata di sua madre.
“Ancora Barbara?”
Lei voltò la testa di scatto.
“Come sapeva che era mia madre?”
“Diciamo che sono un tipo osservatore e che ho già visto questa scena.”
Emilie rise amara.
“Già. Chi non l’ha vista?”
Il telefonino ricominciò a squillare, ma lei semplicemente lo spense. Il signor Gold sembrava sinceramente preoccupato.
“Mi ha frainteso, signorina Rampion. Non intendevo…”
“No, forse no, ma questo non cambia le cose. Questo negozio è uno dei pochi immobili che lei non possiede, che è mio. Quindi, non si permetta di psicanalizzare la mia vita familiare.”
“Non me lo sognerei mai, dearie.”
Henry arrivò, correndo.
“Scusascusascusa, non trovavo più il fumetto.”
Vide Emilie con le labbra strette e le unghie piantate sui palmi delle mani e lanciò un’occhiataccia a Gold. Lui rispose con uno sorriso che lo fece assomigliare ad uno squalo in procinto di guadagnarsi la cena. Henry abbracciò forte Emilie e sussurrò:
“Non hai pendenze con lui, vero?”
“No, non ti preoccupare. Vieni a trovarmi.”
Il telefono del negozio suonò insistentemente mentre i due erano alla porta. Emilie alzò la cornetta.
“Pronto, qui Emilie Rampion. In cosa posso servirla?”
Emilie! Perché non rispondi alle mie chiamate? Torna subito a casa, sono le tre e mezza e dobbiamo fare tantissime cose! Non fermarti per strada.”
“Sì, mamma. Ci vediamo a casa.”
Stasera rimarrai a casa. Ho noleggiato un film per me e per te, che ne dici?”
“Ma dovevo uscire con Ruby…”
Per andare ad ubriacarti in qualche bettola e rischiare un incidente d’auto? Ma ti diverti a pensarle tutte per farmi preoccupare?”
“No, certo mamma. Sono certa che sarà divertente passare la serata da sole, io e te.”
Sei una brava figliola. Lo sai che ti adoro, ma non sei ancora pronta per la vita notturna…”
“Lo so, lo so. Ci vediamo fra una mezz’ora.”
Interruppe la chiamata e si passò le mani tra i capelli. Le sue lacrime caddero come gocce di pioggia sul suo registro dei conti e lei si coprì gli occhi, perché le risultava più facile piangere al buio.
Non vide lo sguardo preoccupato di Henry, né quello rigido del signor Gold mentre spingeva in avanti il bambino.
 
 
Angolo dell’autrice: Rampion è la traduzione inglese del fiore raperonzolo. La canzone invece è tratta dal film “Hocus Pocus”  ed è cantata da Sarah Jessica Parker (almeno, mi sembra fosse lei). Nei prossimi capitoli, ci saranno più sviluppi tra Emilie e Rumpel… alcuni non esattamente rose e fiori, ma si vedrà Jringrazio Sylphs e Samirina per aver recensito, Samirina e ANIMAPERSA per aver messo la storia tra le preferite. Buona giornata!
 
 
 
 
  
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