Sakura passò una mano tra la sabbia fredda, lasciandola scivolare tra le dita
dischiuse.
Stese le gambe sul bagnasciuga umido, tremando
impercettibilmente.
L’aria gelida e una nebbia sottile l’avvolgevano, mentre
il suono delle onde la cullava.
Respirò profondamente l’aria salmastra del
mare ed un sorriso, ormai raro sulle sue labbra, illuminò quell’angolo di
notte.
Un’ombra le si avvicinò alle spalle, incombendo minacciosa
-
sbrigati…non abbiamo tempo da perdere-
la ragazza si voltò, fissando la
figura con uno sguardo glaciale prima di tornare a scrutare l’orizzonte, con
disinteresse.
Sakura strinse il pugno fino ad avvertire un’intensa fitta di
dolore.
Avvicinò le gambe al petto, come per cercare calore.
Ora che era
rimasta sola, Sakura odiava il mondo.
Ma più di tutto odiava
lui.
Neji.
Un minuscolo bagliore di fiamma rischiarava due semplici giacigli, nascosti
tra le dune e la poca vegetazione.
Neji, seduto accanto il piccolo focolare,
lo ravvivava con un bastoncino, spostando i legni ripetutamente,
meccanicamente.
Questo Sakura odiava di lui.
Freddo. Lucido. Controllato.
Metodico. Distaccato.
Lui ed il suo rancore erano
sopravvissuti.
Loro erano morti.
I suoi passi silenziosi si imprimevano sulla sabbia come foglie sulla
superficie dell’acqua.
Si sedette sul suo pagliericcio senza fare
rumore.
Poggiò la guancia sulla ruvida stoffa, serrando gli occhi
cerulei.
Non voleva vederlo.
O forse non voleva che lui la vedesse.
Silenzio.
Sakura poteva avvertire distintamente persino il rumore del suo
cuore.
Strinse ancora con più forza le palpebre, mentre una lacrima le
solcava il viso.
Silenzio.
Un silenzio che lei aveva implorato quando
nelle orecchie risuonavano le urla delle persone che amava, ora era
insostenibile.
Silenzio.
Sono morti tutti, si ripeteva nella mente,
come un’inestinguibile ritornello.
Tutti tranne lui.
- dato che tu sei sveglia ed io stanco, il primo turno di guardia sarà il
tuo-
la voce del compagno attraversò come una lama rovente i pensieri della
ragazza.
Sollevò il capo, lasciando scivolare via un’ultima lacrima nel suo
solco splendente.
A forza si alzò in piedi, mostrando la schiena a Neji che,
seguendo i suoi spostamenti con lo sguardo, si avvolse tra le coperte.
Siamo rimasti solo noi Sakura.
Noi che non riusciamo a ridere.
Noi che
abbiamo sempre lottato per sconfiggere l’odio che ci ruggiva dentro.
Noi che
siamo così lontani e distanti.
Eppure, Sakura, siamo rimasti davvero solo
noi.
Sakura stirò le stanche membra, tornando a fissare un punto lontano
all’orizzonte.
Non poteva permettersi di perdere lo sguardo tra le
stelle.
Come amava fare quando era una bambina.
Quando nulla, nulla, le
poteva presagire il suo dolore.
Quando bastava un sorriso di Sasuke, appena
il suo incresparsi di labbra, o la risata forte e vigorosa di Naruto a farla
sentire sicura.
Ora gli occhi di Neji, distanti e lontani, la tenevano a
distanza.
Ora che lei aveva bisogno di aver paura, non poteva essere
debole.
Sono caduti Sakura, come foglie secche.
Li vedevamo morire e tornavamo
nelle nostre case.
Li vedevamo uccidere e continuavamo a
combattere.
Perché era la guerra Sakura.
Non potevamo evitare che
accadesse.
Sola.
Sakura si sentiva sola, nonostante il lento respirare del suo
compagno.
Possibile definirlo compagno poi?
Inavvicinabile e
distaccato.
Sakura si voltò verso di lui, sospirando di rabbia.
I suoi
lineamenti regolari apparivano ritmicamente, seguendo il ritmo delle
fiamme.
Con uno scatto tornò a fissare l’orizzonte.
Perché Sakura sapeva
di essere sola.
Nonostante il calore del suo corpo steso accanto a lei.
Perché Sakura siamo morti anche noi.
Morti dentro.
Aridi e spogliati
di ogni sogno.
Perché se fisso i tuoi occhi, nella vi leggo della ragazza di
un tempo.
Perché se fissi nei miei occhi…il vuoto.
Neanche più l’odio vi
traluce oramai.
Un vento freddo si era alzato e la sabbia sottile le lambiva il corpo,
seguendo ogni antro, ogni sporgenza, ogni cicatrice.
Sakura alzò un lembo
della coperta che si era gettata sulle spalle, coprendosi la bocca e il
naso.
Con un gesto del capo, allontanò la polvere leggera che si era
impigliata tra i suoi capelli ed i ricordi che si erano incagliati tra i
pensieri.
Un rumore lontano la fece sobbalzare.
Afferrò uno shurikan tra
le mani gelide e, stringendolo forsennatamente, si ferì ad una mano.
Avvertì
il sangue scivolarle dalle dita e cadere, goccia dopo goccia, a terra,
lento.
Il silenzio ora era solo interrotto dal lento gocciolio e dalla furia
del vento, che non sembrava placarsi.
Tornò al focolare, ricoprendolo di
sabbia, soffocando ogni singola lingua di fuoco.
Il buio calò in quell’ansa
di spiaggia.
Sakura tornò a fissare l’orizzonte, sempre più stanca, sempre
più sola.
A noi Sakura non interessa più di nessuno.
Abbiamo scordato cosa voglia
dire amare, o forse, non vogliamo ricordarlo.
Perché siamo stanchi di
soffrire per qualcosa di così effimero, di così passeggero.
Perché l’amore,
Sakura, non muore.
Ma le persone si.
Doveva ritrovare la tranquillità.
Si sedette su un masso e lasciò
ondeggiare le gambe.
Canticchiava un canzone di un tempo lontano, che solo
vagamente riusciva a ricordare.
Un motivetto semplice che forse aveva sentito
da Naruto, mentre passeggiavano, spensierati, tra le stradine di
Konoha.
Raccolse un sassolino rotondo e lo lanciò lontano.
Non lo sentì
toccare la superficie marina. Forse si era perso.
Perso. Sakura aveva perso
tutto.
Anche per colpa sua.
Il vento si stava calmando.
Dovremmo consolarci Sakura.
Ma io non ci riesco ad avvicinarmi a
te.
Perché Sakura siamo lontani e distanti.
Perché io per te non sono mai
cambiato.
Perché io ho rifiutato tutto.
Perché per me Sakura il tuo
pianto non ha mai avuto senso.
Tu piangi Sakura.
Io lotto.
Entrambi
però abbiamo fallito.
La notte era scesa e con le sue ali oscure avvolgeva ormai cielo e
terra.
La linea dell’orizzonte era indistinguibile, come inghiottita da fauci
tetre.
Si alzò dalla scomoda posizione nella quale si era raggomitolata e
raggiunse il giaciglio del compagno.
Lo scosse con un piede, finché non vide
i suoi occhi sgranarsi all’improvviso.
Distolse lo sguardo e si avvicinò al
giaciglio, gettandovi la coperta.
- è destino che tu ora ti svegli, Neji…-
gli disse, con un tono ironico di scherno
- non vorrai farlo aspettare…-
aggiunse, chinandosi sul lettino improvvisato.
Ascoltò il frusciare rapido
della coperta, i capelli lunghi ricadere sulle sue spalle, i suoi passi
allontanarsi.
Afferrò un lembo della coperta e lo premette con forza tra le
dita, che diventarono ancor più pallide.
Represse un singhiozzo che le
saliva, lento, lentissimo, per la gola e tentò disperatamente di
addormentarsi.
Sakura odiava Neji.
Lo odiava perché solo lui, di tutti coloro che lei
aveva amato era sopravvissuto.
Lo odiava perché era freddo, lucido,
controllato, metodico, distaccato
Ma più di tutto lo odiava perché anche se
erano così dannatamente vicini, lui era sempre così incredibilmente
assente.
Perché lui non sentiva che sotto al suo rancore, al suo schernirlo,
al suo ostentato disprezzo vi era un’insostenibile bisogno di lui.
Perché lui
non era lì a stringerla quando lei si sentiva sola.
Perché lui sembrava
allontanarsi sempre più.
Perchè i caldi sorrisi di lei non avevano, o non
potevano, scaldare quella coltre di gelo che si era costruito intorno. La sua
difesa.
Perché lui non la odiava e non la amava.
Perché lui era disposto
solo ad ignorarla.
Sakura non odiava Neji.
Sakura odiava l’assoluta
indifferenza di Neji.
- è l’egoismo il tuo più grande difetto, Sakura-
Quella voce.
La sua
voce.
Forse quella frase l’aveva solo immaginata.
Forse la sua disperata
immaginazione aveva concretizzato un bisogno arcano.
Spalancò gli occhi e
cercò nella notte la sua figura, il suo profilo.
Nulla.
Neji era
scomparso, nascosto negli angoli più oscuri, o nelle nicchie di profonde.
O
forse aveva deciso di andarsene ed abbandonarla.
La ragazza strinse le
spalle, indifferente.
Nulla aveva importanza.
Sakura ormai aveva perso
ogni speranza.
Sakura si sentiva sola.
Egoista.
Ecco cosa sei Sakura.
Non ti sforzi di comprendere cosa tutti
gli altri hanno perso.
Non sei l’unica ad aver lasciato morire il tuo amore,
i tuoi amici, i tuoi maestri.
Perché Sakura abbiamo tutti imparato a
vivere.
Solo tu sei ancora attaccata alla vita che da ragazzina
desideravi.
Rinuncia Sakura.
Non siamo più bambini.
Cresci
Sakura.
Almeno tu prova a crescere, perché io proprio non ci riesco.
Neji la vide addormentarsi lentamente, come un incendio che dopo il
febbricitare eccitato delle fiamme torna ad essere controllato.
Vide i suoi
lineamenti rilassarsi, le sue mani lasciare la coperta che stringevano
nervosamente.
Sakura non avrebbe mai saputo nulla di lui.
Forse a lei
bastavano solo i ricordi, come quelli bastavano a lui.
Si sedette accanto ad
una roccia e scrutò l’orizzonte.
Un fiotto di luce calda squarciò la sottile
e glaciale nebbia
L’alba stava per arrivare.
Spero vi sia piaciuta...anche se è un pò strana, lo so..^^"...sono bene accetti commenti!!