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Autore: REAwhereverIgo    21/08/2012    5 recensioni
E se un ragazzino biondo di nome Roxas si ritrovasse per caso a casa del singolare scienziato Axel Flame?
Per scoprire che cosa succederà non vi resta che leggere!
La storia è OOC, quindi chiedo scusa per eventuali cambi di caratteristiche dei personaggi... Buon divertimento!
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Allenamenti un po’… bagnati

Roxas aveva quasi diciotto anni, e avrebbe iniziato l’ultimo anno di superiori di lì a breve. Era piccolo, con il fisico piuttosto minuto, e i tratti del viso molto dolci e delicati. I morbidi capelli biondi erano ritti sulla testa, e si muovevano con il vento caldo. Da bambino veniva spesso scambiato per una femmina, ma non se la prendeva più di tanto e continuava a farsi gli affari suoi.

Aveva un fratello, Sora, il quale, al contrario di lui, era più robusto e alto. Non aveva ancora capito come questo potesse essere successo, visto che erano gemelli, però la genetica a volte è strana, e quindi aveva smesso di domandarselo.

In effetti, le differenze tra di loro era molte: Sora non solo era più alto e robusto, ma aveva anche lunghi capelli castani che gli davano un aria molto allegra e solare e i suoi occhi erano blu intenso, quasi come il cielo di prima mattina, mentre Roxas aveva delicati occhi celeste chiaro e i capelli biondo acceso.

Ma le differenze non erano solo fisiche: i due avevano caratteri completamente opposti. Il primo era allegro e divertente, molto immaturo sotto tanti aspetti, e odiava con tutto sé stesso studiare (infatti al momento era a casa a recuperare le materie insufficienti); l’altro aveva un temperamento più tranquillo e docile, si arrabbiava di rado e solo se stuzzicato. A scuola aveva nove a tutto, e riusciva perfettamente a unire il divertimento con il dovere.

Nonostante questo, però, i due si volevano molto bene e non avevano alcun problema a convivere, contrariamente a molte altre coppie di fratelli.

Adesso, Roxas era seduto all’ombra di un grande albero, a frescheggiare. Si era trasferito per l’estate a casa dei nonni perché i suoi amici erano andati tutti al mare e i suoi genitori erano occupati con l’albergo di famiglia.

Non che lì ci fossero molti svaghi, però c’erano calma e tranquillità, e questo lo faceva rilassare. Inoltre, poco lontano da casa, c’era una strada sterrata che serpeggiava intorno alle piante nel bosco e che fungeva perfettamente da pista di allenamento per lo skate.

Ogni giorno il ragazzo prendeva la tavola e andava a provare nuove mosse, cercando di scansare i pini e di saltare sopra ai massi. Era frequente che tornasse a casa polveroso e sudato, con qualche taglio qua e là, e sua nonna lo sgridava ogni volta.

Mi farai morire di crepacuore! –diceva- se tu ti facessi male sul serio, io cosa direi a tua madre?” gli gridava. Lui non aveva ancora capito se la sua preoccupazione era quella che lui si ammazzasse o che dovesse affrontare la figlia. Quando ci pensava bene, propendeva per la seconda, ma solo perché conosceva la donna: sua madre era quella che, quando lui e Sora avevano rotto il vaso che c’era nella hall dell’albergo con una pallonata, aveva continuato a urlare e sbraitare facendoli sentire piccoli, piccoli. Se qualcosa non le andava bene o se la deludevi, inveiva contro di te fino a perdere la voce.

Nonna, io vado!” gridò Roxas dal cortile, con in mano lo skate. Lei si affacciò.

Anche oggi? Ma non ti sei allenato abbastanza?” cercò di fermarlo.

No” rispose semplicemente lui.

Potresti fare altro, non credi?” tentò ancora. Ogni volta la stessa storia. Il ragazzo sbuffò.

Del tipo?” chiese. Sua nonna rimase zitta e lui prese il momento e si avviò.

Ci vediamo dopo” la salutò, agitando una mano.

Aspetta!” lo richiamò lei. Adesso iniziava ad innervosirsi.

Che c’è?” domandò in malo modo. La donna iniziò ad attorcigliarsi le mani, nervosa.

Senti, sta’ attento, va bene? Ho sentito al meteo che oggi ci sarà un temporale, e non vorrei che tu ne venissi sorpreso mentre sei in giro” lo avvertì.

Oh. Grazie, nonna, tornerò presto” promise con un sorriso, che lei ricambiò.

Allora divertiti lo salutò.

Un po’ di senso di colpa lo pervase per un istante, ma scomparve subito: in fin dei conti non andava mica a drogarsi, ubriacarsi o a prostituirsi, giusto?

Si mise la tavola da skate sotto i piedi e partì a tutta velocità verso il sentiero.

 

Ahia!” esclamò, quando cadde a terra e un sasso gli lacerò il polpaccio. Strinse i denti e ricacciò indietro le lacrime, cercando di non piangere. Che dolore!

Si controllò la ferita a denti stretti, tentando di non gridare: era parecchio profonda.

Era finito con le ruote dello skateboard sopra un ramo, ed era stato scaraventato a terra, dove un sasso appuntito lo aveva tagliato. Sua nonna lo avrebbe ucciso, di questo era sicuro.

Si mise a sedere sotto un albero per avere un po’ di ombra e cercò di pulirsi come meglio poteva il graffio. Solo a sfiorarlo sentiva un dolore acuto. Perfetto! Mi ci mancava solo questo!pensò arrabbiato. Mancava circa un mese all’inizio della scuola e questo significava che c’era poco tempo per trovare qualcosa di spettacolare per la gara.

L’ultimo giorno di lezioni, infatti, lui e Hayner, dopo un litigio piuttosto acceso (come solito), avevano deciso di sfidarsi con lo skate per finire quella disputa.

Erano nemici da quando avevano cinque anni e lui e i suoi amici lo avevano preso in giro perché sembrava una bambina. Non se l’era mai presa per quell’errore, ma la faccia tosta e il modo in cui gliel’avevano detto lo avevano fatto arrabbiare. Continuavano da quasi quattordici anni a litigare e sfidarsi, ma erano sempre alla pari, e ormai questo non andava più bene. Durante l’ultimo anno di liceo dovevano obbligatoriamente decidere chi dei due era il migliore, o sarebbe stato un problema per la sua salute mentale.

Lui e Sora avrebbero fatto squadra in un percorso a ostacoli che avrebbe preparato Riku, il migliore amico di suo fratello, nonché giudice di gare. Sarebbe stato un due contro due, con la regola che chi cade viene squalificato. Se avesse continuato in questo modo, il primo a esser buttato fuori sarebbe stato lui.

Si fasciò alla meglio la gamba con un fazzoletto e si alzò, provando ad appoggiarsi a terra. Bruciava un po’, ma per il momento poteva andare.

Forza, continuiamo” disse, salendo di nuovo sulla tavola.

 

 

Axel e Larxene avevano passato tutta la mattina oziando e mangiando patatine davanti al televisore. Si erano goduti tre film d’amore e un thriller, poi il ragazzo si era alzato, stiracchiandosi.

Devo tendere i panni” disse, andando alla lavatrice a prendere il bucato.

Guarda che più tardi ci sarà un temporale, non so se ti conviene” lo avvertì l’amica. Lui fissò il cielo, limpido e azzurro, e rise.

Certamente” la assecondò.

Axel, sono seria. Nel primo pomeriggio pioverà molto forte” ripeté, sfogliando una rivista di moda.

E come lo sapresti, di grazia?” si prese gioco di lei.

Lo sento” rispose, alzando le spalle. Lui rimase un secondo basito.

Lo… senti?chiese incuriosito.

. Se annuso l’aria posso sentire perfettamente l’odore dell’elettricità” spiegò. Dopo un primo momento di incredulità, il ragazzo rise forte.

Logico, scusami! Come ho fatto a non pensarci prima? Tu annusi l’elettricità” ripeté divertito.

Miscredente, fai come vuoi, ma poi non ti lamentare se i tuoi panni sono bagnati come quelli di un pesce rosso” lo avvertì. Axel ci pensò un attimo.

I pesci rossi non hanno i vestiti” le fece presente, uscendo di casa con la tinozza in mano.

Lo dici tu” ribatté Larxene, quando lui fu fuori portata d’orecchio.

 

 

Quando il sole iniziò a scomparire, Roxas si chiese se per caso non fosse in giro da più di quello che pensava, poi alzò lo sguardo al cielo. Minacciose nuvole nere si erano addensate sopra la sua testa, facendo presagire un temporale di quelli coi fiocchi. Fermandosi di botto, il ragazzo si sentì paralizzare: i tuoni lo spaventavano non poco.

Come richiamato dal suo pensiero, un lampo squarciò il cielo e il rimbombo lo fece sobbalzare. Si strinse lo skate al petto e cercò di rientrare prima di prendere tutta l’acqua, ma la pioggia iniziò a cadere e si ritrovò bagnato come un pulcino in meno di un secondo.

E la nonna me lo aveva anche detto!” si ricordò, maledicendosi.

Era piuttosto lontano da casa, con lo skate ci aveva messo circa venti minuti per arrivare lì se non di più, visto che aveva continuato ad allontanarsi mentre si allenava. Rientrare con quella pioggia era fuori discussione. E’ fuori discussione anche rimanere qui, però: durante i temporali si deve stare lontani dagli alberi, lo dicono tutti che attirano i fulmini. Non voglio fare la fine del pollo arrostoconsiderò.

Decise di continuare lungo il sentiero su cui si stava allenando, invece di tornare indietro, tenendo un passo piuttosto sveglio nonostante la ferita. I capelli, di solito sparati sulla testa e appuntiti, gli ricaddero sulla faccia, appiccicandosi sopra agli occhi e sulle guance. Così sembro un emopensò. Si scansò la frangetta e continuò a camminare, ignorando il dolore e il freddo.

Ecco, se c’era una cosa che odiava di quel posto, era che quando pioveva la temperatura si abbassava notevolmente anche d’estate. Rabbrividì quando il vento soffiò e si strinse nella maglietta bianca. Com’era possibile che in così poco tempo fossero almeno dieci gradi meno di prima che iniziasse a piovere? Ma fisicamente si poteva fare?

Starnutì e maledisse tutta quell’acqua. La nonna mi ammazza

 

 

T’oh, piove” commentò Larxene quando l’acqua iniziò a scrosciare. Axel la fissò.

Ok, questo è strano” decise. Lei sorrise e si batté il naso con l’indice un paio di volte.

Io te l’avevo detto” gli ricordò. Il ragazzo incrociò le braccia.

Non è possibile. Da scienziato quale sono, ti dico che non è possibile che tu sapessi del temporale, a meno che tu non abbia guardato le previsioni del tempo

Non guardavo la televisione da un mese e mezzo, e lo sai. Con quanto mi fai lavorare, non mi rimane quasi nemmeno il tempo per lavarmi” gli fece presente.

E quindi? Come hai fatto?

Te l’ho già detto: ho annusato l’aria ed ho sentito l’elettricità. Non ci posso mica fare niente se con me funziona così” rispose. Axel rimase zitto e si mise a pensare, confuso.

Mettendosi a sedere sul divano, Larxene decise di divertirsi e aspettare qualche minuto prima di ricordarglielo.

Fece girare la bustina del tè dentro alla tazza che teneva in mano, osservando l’acqua colorarsi di ocra, poi si schiarì la voce.

Ehi, scienziato” lo chiamò. Il ragazzo grugnì in risposta.

Ti disturbo se ti dico una cosa?” domandò, ridendo sotto i baffi.

Sì, e parecchio” rispose lui in malo modo. Gli dava noia il fatto che ci fosse qualcosa che non si spiegava.

Ok” accettò lei. Poi, senza riuscire a contenersi, parlò di nuovo.

Tu ti sei laureato in anticipo perché sei un mezzo genio, con una memoria di ferro, dico bene?” chiese.

Sì, e allora?” ribatté lui, irritato. Larxene rise.

Niente, mi stavo solo chiedendo quando ti saresti ricordato dei panni che hai lasciato fuori stesi” rispose.

Imprecando, Axel corse fuori dalla porta per recuperare i vestiti.

 

 

Roxas continuava a camminare senza meta. Sapeva che stava per allontanarsi dal boschetto che contornava il sentiero perché gli alberi erano sempre più radi, ma non aveva la più pallida idea di dove si trovasse. La pioggia era diminuita e i tuoni avevano smesso di rimbombare già da un po’, però i suoi vestiti erano sempre molli zuppi, così come i suoi capelli e qualsiasi altra parte del suo corpo. Non era stata una grande idea quella di allontanarsi da casa, soprattutto visto che, una volta asciutto, avrebbe dovuto rientrare. Come glielo spiegava a sua nonna che si era perso a causa del panico? L’unico che sapeva della sua paura dei temporali era suo fratello, e lui non avrebbe fatto niente affinché gli altri ne venissero a conoscenza. Si vergognava da morire di questo, anche perché gli sembrava una fobia da bambini, ma non riusciva a superarla.

Scorse in lontananza una casetta, e si chiese se non fosse un miraggio. Il taglio sul polpaccio aveva continuato a pulsare mentre camminava, protestando per tutto il tempo in cui aveva camminato, ma lo ignorò. Accelerò un po’ il passo per avvicinarsi alla costruzione e vedere se era abitata e, nel caso, chiedere di poter usare il telefono per chiamare i suoi e rassicurarli sulle sue condizioni.

Perché diventa tutto sfocato?” si chiese, iniziando a barcollare. Il freddo e l’acqua gli erano entrati nelle ossa e si sentiva stanco e affaticato. La testa gli girava e aveva le guance in fiamme.

N-no, non ora… non svenire” si disse, incitandosi. Gli bastava fare solo qualche altro passo…

 

 

Axel era rientrato in casa di malumore, con i capelli bagnati, i panni in mano completamente molli e i vestiti che aveva indosso zuppi. Aveva continuato a imprecare e a maledire Larxene fino a quando non era entrato in doccia e si era lavato con l’acqua calda.

Lo vedi, signor genio, che anche tu hai le tue debolezze?” lo prese in giro l’amica, entrando in bagno mentre lui si metteva lo shampoo.

Mi perseguiti anche mentre mi lavo? Guarda che potrei dirlo a Demyx

Fai pure, tanto di te non è geloso. Tu sei come una sorella, per me, e io di certo non mi vergogno a vederti nudo” rispose con un’alzata le spalle. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, arrendendosi.

Comunque sta iniziando a smettere, se esci velocemente puoi vedere il tuo tanto amato tramonto” lo avvisò, ancora con la tazza del tè in mano.

Sono molle, e fuori è freddo. Solo un idiota uscirebbe così” le fece presente.

E’ per questo che te l’ho detto” rise Larxene.

Veloce come una pantera, Axel prese l’asciugamano e glielo tirò dritto in faccia.

Qualche minuto dopo, quando uscì dalla doccia, il ragazzo guardò fuori dalla finestra. Forse, se si fosse asciugato almeno addosso, avrebbe potuto affacciarsi in veranda e godersi il tramonto.

Era una fissa che aveva sin da piccolo, quella del crepuscolo: si metteva seduto sul cornicione della finestra e guardava il sole scomparire, aspettando il momento in cui tutto si sarebbe colorato di rosso fuoco. Era per quello che aveva tinto i suoi capelli di quel colore.

Quando si era trasferito lì, due anni prima, aveva subito notato che il sole, scomparendo dietro alle cime degli alberi, creava un gioco di luce quasi magico, con i raggi che sembravano quasi psichedelici quando venivano tagliati dai tronchi per poi uscire dal bosco con una forma sempre diversa.

Mandando al diavolo i capelli molli, s’infilò una tuta e si mise un asciugamano intorno alla testa, per poi uscire.

Si beò della vista di quel tramonto, fin quando il sole non fu quasi tutto sotto l’orizzonte. Sentiva il vento freddo sferzargli le guance e ascoltava in un silenzio assoluto i rumori della foresta: gli uccellini che cinguettavano, cercando di asciugare le proprie piume; le foglie che si muovevano; un ramo che si spezzava; dei passi un po’ zoppicanti che risuonavano sul ghiaino. Passi zoppicanti?si chiese. Abbassò lo sguardo e vide un’ombra nera camminare incerta uscendo dal bosco, indefinita perché il sole dietro la rendeva sfocata. Sembrava un’apparizione divina.

Non fece in tempo a stupirsene, che quell’ombra cadde a terra, svenuta.

 

  
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