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Autore: BlackKay97    21/08/2012    2 recensioni
Storia scritta da:
DRANZERKAY97
Dopo il tradimento di Luke, Rick Riordan è passato ad un secondo libro saltando più o meno un periodo pari ad un anno scolastico. I sentimenti verso il tradimento sono visti dal punto di vista in particolare di Percy, un po' di Annabeth.
Ma tutti gli altri?
Ma i suoi FRATELLI???
Ed è di questo che voglio narrare... ho scritto questa raccolta immedesimandomi in alcuni personaggi a me cari (tra cui Connor Stoll, Travis Stoll ed Hermes), raccogliendo tutte le sensazioni che avrebbero potuto provare ed ho cercato di "colorarvi" la pagina, come fossero schizzi di una pittura indelebile.
Spero che vi trasmetta delle emozioni e che sia una serie drammatica come la volevo.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ermes, Luke Castellan, Travis & Connor Stoll
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Siamo davvero dei genitori così terribili? -

Era fermo a guardare il tramonto in un istante di tregua dal lavoro.

Era madido di sudore, nonostante la natura divina.

- Sono stato davvero così terribile, Luke? -

In molti gli avevano chiesto di fermarsi un attimo. Il suo fratellone Apollo gli aveva anche offerto una

tazza di tè giapponese. Non era certo la coca-cola, però non doveva essere male da quello che il dio

del Sole si perdeva spesso a raccontare. Ma lui aveva sempre e comunque rifiutato sbrigativamente.

Si perdeva, in quei giorni, nel lavoro.

A lungo aveva soffocato i propri sentimenti, rinchiudendoli, bloccandoli, nascondendoli.

Ora che aveva finito ogni consegna... non sapeva che fare.

Aveva moltissime lettere da consegnare, lui. Se, però, trovava il tempo di stare con le mortali, allora

voleva dire che il lavoro non lo prendeva poi così tanto ed ora che si era buttato a capofitto nelle

consegne... il tempo perso lo aveva trovato. Purtroppo.

Raccolse le gambe al petto.

- Luke...- mormorò nostalgicamente al calar del Sole.

Quello era un altro giorno che se ne andava. Uno come i tanti trascorsi, solo... più vuoto.

-... mi dispiace...- la bocca gli si incrinò in una smorfia leggera.

Avrebbe voluto parlarne tante volte. Con il suo fratellone Febo, magari. Lui doveva saperlo. Era il dio

della profezia. Ma parlare del futuro di Luke sarebbe stato come confermare ed ammettere il suo

destino.

I semidei sono convinti che gli dei siano crudeli con i propri figli, ma sbagliano.

Ermes non era stato a guardare: aveva fatto il possibile per suo figlio.

Un dio non può stare accanto alla propria prole.

Deglutì a fatica lasciando scendere per la gola quell’amaro sapore d’incomprensione finita troppo male.

-... così tanto.- chiuse gli occhi azzurri con delicatezza ed una lacrima cristallina scappò giù per la

guancia.

Il dio vi passò un dito raccogliendola e se ne stupì: era raro piangere per un dio.

Luke lo rimproverava di non essergli stato vicino, ma che doveva fare?! Lui era andato una volta. Ed

era stato odiato. Respinto con disprezzo. Doveva andare prima? Non è così facile... Zeus deve

approvare e se non approva... lui non poteva farci niente all’ora.

S’alzò in piedi ed una lieve brezza lo carezzò. Incrociò le braccia come a creare una barriera invisibile

tra sé ed il mondo che ammirava da quel suo angolino. Le mamme che facevano rincasare i bambini

piccoli, i padri e qualche donna che tornavano a casa dal lavoro per riabbracciare la famiglia. Qualche

giovane che andava a sbronzarsi con gli amici in un locale. Scene di tranquilla ed allo stesso tempo

caotica vita quotidiana.

Lui era lì. Da solo. Senza poter salutare una delle sue amanti e senza poter stringere anche solo uno

degli amati figli.

Il sole scomparve completamente e fu buio.

In particolare uno non avrebbe più potuto abbracciare. Luke...

Tirò leggermente su col naso reprimendo le lacrime.

- Qualche problema? - da dietro il dio arrivò quella voce. Era accompagnata da un leggero bagliore.

Ermes la riconobbe subito e provò sentimenti contrastanti. Da una parte era felice d’averlo accanto.

Non si sarebbe mai stancato della sua compagnia.

Dall’altra voleva tenersi ancora stretti quei pensieri suoi e solo suoi... solo un altro po’...

- Allora, fratellastrino? - Apollo gli si affiancò.

- Hai finito di lavorare? -

- Diciamo di si... -

Ermes abbassò gli occhi. Febo si sedette a terra.

Rimasero così per un po’, poi Ermes gli si mise accanto.

- Lo so! - sospirò il riccio. L’altro gli scoccò un’occhiata incerta. Il dio del sole alzò un sopracciglio:- Ehi,

ti conosco abbastanza bene per capire a che pensi... con un po’ d’aiuto chiesto ai miei poteri di

veggente... - cercava di farlo ridere, ma Ermes non aveva voglia di ridere. - Fratellone, vorrei soltanto

rivederlo. Mi basterebbe una volta. Una sola. È chiedere troppo forse? -

- Sai, tutti abbiamo qualcosa da rimpiangere... Io ho... Dafne, Giacinto... tu hai... - lasciò la frase in

sospeso. Ermes sapeva perfettamente chi doveva rimpiangere... e adesso c’era anche Luke. Apollo gli

appoggiò una mano sulla spalla:- Tu sei il più giovane di noi ma... sei comunque immortale e questo

vuol dire essere costretti a veder morire. -

Era vero. Ermes annuì. Lo sapeva bene.

Apollo s’alzò:- Devo andare. Il mio è un compito che mi prende ventiquattro ore su ventiquattro. - l’altro

non rispose né fece cenni, allora il riccio si abbassò a guardarlo negli occhi:- Mi dispiace... per quel che

è successo e per doverti lasciare così adesso... ma se lo vorrai... ti basterà battere le ali e venire a

trovarmi. Per te io ci sarò... sempre. - sorrise amorevolmente ed in un fascio di luce scomparve.

Ermes rimase lì. In un certo senso si sentiva meglio ed era grato al fratello maggiore per questo. Febo

Apollo era il suo medico: il fratellone dolce sempre pronto ad ascoltarti ed a perdonarti per le marachelle

che commettevi. Comunque non poteva dimenticare. Non avrebbe mai dimenticato. Luke sarebbe

sempre stato una cicatrice nel suo cuore. Una cicatrice che non pulsava finchè non la guardavi, ma

sempre dolorosa.

La vibrazione del telefono lo informò che aveva del nuovo lavoro da sbrigare.

Si alzò da terra e controllò a chi doveva recapitare il messaggio questa volta. Guardò il nome e sorrise.

APOLLO

Perfetto. Forse non era finita la loro conversazione. Forse non subito.
   
 
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