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Autore: Lady Lynx    21/08/2012    2 recensioni
“Il Quidditch è solo uno sport.”
Un sorso di Whisky Incendiario, prima di adagiare il bicchierino sul tavolino di legno e afferrare la Gazzetta del Profeta del mattino.
“Il Quidditch fa guadagnare anche se perdi. Quindi non è importante vincere.” [...]
Il Quidditch era solo un gioco, certo.
Ma la gente non faceva altro che prendersi gioco di lei, da quando il Cercatore della Francia le aveva soffiato il Boccino da sotto il naso durante l’ultima partita.

Sulle note di "Minuetto" di Mia Martini.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Cho Chang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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cap1 Come sempre


Capitolo 1



E' un'incognita ogni sera mia...
Un'attesa, pari a un'agonia. Troppe volte vorrei dirti: no!
E poi ti vedo e tanta forza non ce l'ho!
Il mio cuore si ribella a te, ma il mio corpo no!
Le mani tue, strumenti su di me,
che dirigi da maestro esperto quale sei...

[Minuetto, Mia Martini]



“Il Quidditch è solo uno sport.”
Un sorso di Whisky Incendiario, prima di adagiare il bicchierino sul tavolino di legno e afferrare la Gazzetta del Profeta del mattino.
“Il Quidditch fa guadagnare anche se perdi. Quindi non è importante vincere.”
Le dita si strinsero convulsamente attorno alla prima pagina, le unghie entrarono nella fragile carta lacerandola in più punti, un rumore sinistro si levò nella stanza vuota. Strinse gli occhi per leggere meglio le parole stampate in caratteri minuscoli, quasi illeggibili alla fioca luce delle candele profumate che aveva disseminato attorno a sé.
“La giovane promessa del Quidditch britannico sembra non avere più alcuna intenzione di mantenere le sue promesse. Sarà forse giunto il momento di lasciare spazio a colei che la sconfisse più volte sul campo, ma anche in amore? [Continua a pag. 3]”
Il suo stomaco brontolò, un po’ per la fame, un po’ per il nervoso. Il Quidditch era solo un gioco, certo. Ma la gente non faceva altro che prendersi gioco di lei, da quando il Cercatore della Francia le aveva soffiato il Boccino da sotto il naso durante l’ultima partita.
Era colpa sua se l’Inghilterra non era passata alla semifinale della Coppa del Mondo.
Era colpa sua se i giornali la sbeffeggiavano e i ragazzini stracciavano le figurine che la ritraevano.
Era colpa sua se la Gazzetta tornava ad osannare Ginevra Weasley – una tuttora gravida Ginevra Weasley – e a riproporla come Cercatrice della Nazionale inglese.
Era colpa sua, ma non di lei. Di lui.
La porta si aprì senza il minimo preavviso imposto dall’educazione, alimentando la sua rabbia. Le sarebbe bastato anche solo un leggero bussare o un flebile “permesso”.
Cho non si girò, sapeva già di chi si trattava. Aveva imparato a riconoscere il suo respiro, il rumore dei suoi passi sul parquet del corridoio, i suoi sospiri, e il cuore impazziva quando se lo ritrovava a pochi metri di distanza.
Lo odiava profondamente.
Eppure il suo profumo le era già entrato nelle narici, sovrastando le essenze di vaniglia e patchouli sprigionate dalle decine di candele appostate su ogni superficie disponibile.
 - Spogliati. -
Esplicito e diretto come sempre. Le aveva posato le mani sulle spalle, restando dietro di lei, assumendo il controllo della situazione. Cho arrotolò il giornale che aveva in grembo e lo abbatté con forza su uno degli artigli che tormentavano la sua vestaglia di seta. Lui emise un gemito di sorpresa, più che di dolore, e strinse gli occhi a fessura quando la vide alzarsi fulminea dal divano per fronteggiarlo testa a testa.
- Esci immediatamente di qui. -
- Precisamente, quanti bicchierini di quel coso hai bevuto stasera? - replicò l’uomo con tono di scherno, accennando con la testa alla bottiglia di Whisky mezza vuota abbandonata sul tavolino.
- Non è affar tuo. Esci di qui. -
- Mi sembri nervosa, stasera… -
Cho strinse i denti, frustrata, fissandolo mentre aggirava l’ostacolo del divano per avvicinarsi a lei.
- Colpa della tua presenza qui. -
Lui fu scosso da una risata e si accomodò con noncuranza sul divano,  riempiendo poi di Whisky il bicchierino da cui poco prima aveva bevuto lei e svuotandolo in un solo fiato.
- Bene, se stasera non posso avere direttamente le tue labbra, le avrò indirettamente. Le avrò comunque. -
La lingua uscì dalla sua umida casa per leccare le gocce ambrate rimaste su quei due petali di rosa – troppo morbidi per essere di un uomo – in un chiaro invito. Cho fremette di desiderio e si strinse al petto la vestaglia di seta, prima di parlare.
- Non dovresti bere alcolici, domani hai una partita. -
Lui fece spallucce e allungò la mano destra, approfittando di quel momento di debolezza per accarezzarle la coscia scoperta. Cho sentì le gambe tremare, ma restò a testa alta.
- Allora offrimi un’alternativa. -
La mano salì fino alla cintura, afferrandola. La strattonò verso di sé, facendole perdere l’equilibrio già precario, e lei finì prigioniera tra le sue braccia. Come sempre.


E vieni a casa mia, quando vuoi, nelle notti più che mai,
dormi qui, te ne vai, sono sempre fatti tuoi.
Tanto sai che quassù male che ti vada avrai
tutta me, se ti andrà per una notte...
... E cresce sempre più la solitudine,
nei grandi vuoti che mi lasci tu!

Respirava profondamente, mentre dormiva. Ormai sapeva che dopo l’amplesso non avrebbe mai ricevuto le coccole che ogni donna desiderava, e si era abituata a quel quieto abbandono. Non poteva pretendere niente da lui, in fondo. Non poteva neanche permettere che qualcuno scoprisse la loro relazione, non poteva fare niente. Era impotente.
Si strinse le braccia attorno al corpo nudo, in un tentativo di abbracciarsi e coccolarsi da sola. Non capiva cosa la facesse sempre cedere alla passione. Era così arrabbiata con lui, quella sera, era furiosa, e poi…
Gli occhi le si chiusero, in un movimento lento, il sonno conciliato dalla monotonia del respiro sibilante che entrava e usciva dal suo orecchio.
“Non posso addormentarmi. No, questa volta lo aspetterò sveglia e poi lo affronterò. Non può cavarsela sempre così…”
Si diede un forte pizzicotto al braccio, sussultando. Il sudore le imperlava ancora la fronte e la schiena, facendola sentire sporca. Per non parlare della situazione disastrosa al piano di sotto.
Si alzò lentamente, attenta a non svegliarlo, ed entrò nel bagno. Lo specchio le rimandò un’immagine di sé scarmigliata e devastata. Si passò distrattamente una lavetta sul corpo accaldato, cercando di pulire almeno il grosso, progettando un lungo e confortante bagno caldo per il mattino seguente.
“Così innocuo mentre dorme, così feroce da sveglio…”
Si infilò di nuovo sotto le coperte, l’umore risollevato dal familiare profumo all’arancia del suo sapone liquido. Si rilassò, in qualche modo. Si tradì da sola, perché si addormentò e quando – all’alba di mezzogiorno passato – riaprì gli occhi, vide che lui non c’era più. Come sempre.

Quella sera non si presentò.
Passata la mezzanotte, Cho si rassegnò a riscaldare la pizza nel forno e a riporre vestaglia di seta e autoreggenti. Si sentiva estremamente stupida ad aspettarlo tutte le sere, vestita nel modo più eccitante possibile, quasi fosse stata una donna di facili costumi in attesa del suo cliente migliore. Tuttavia erano mesi – quasi un anno – che non poteva farne a meno. Quando il sole iniziava a calare, lei apriva il cassetto della sua biancheria intima e pescava qualcosa che fosse degno di una notte di passionale amore.
“Certo, amore, come no. Povera illusa.”
Sapeva benissimo che con lui andava avanti solo per pura attrazione fisica, come sapeva che lui la soggiogava con la sottile minaccia di poterla screditare davanti agli occhi dell’intera Inghilterra magica.
Cho Chang non era mai stato un nome molto apprezzato, ma se la sua relazione – quella relazione – fosse venuta allo scoperto, sarebbe stata la sua rovina. Avrebbe come minimo dovuto cambiare continente, per essere lasciata in pace.
Dopo aver indossato un pigiama di ciniglia, - lilla con pecorelle candide, l’immagine della sensualità -, estrasse la pizza dal forno e si mise a sbocconcellarla.
Nonostante tutto, le mancava. Le sere in cui lui giocava erano sempre vuote, prive di significato. Non c’era neanche il dubbio che potesse arrivare all’improvviso a tenerla sull’attenti, perché era certa che sarebbe stata sola. D’altronde, nemmeno lui poteva essere contemporaneamente in un letto e sul Campo da Quidditch.
Era infinitamente più bello quando si trovavano entrambi nel letto o sul Campo da Quidditch.
Peccato che, per sua disgrazia, non le fosse concesso vincere in nessuna delle due occasioni.


  
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