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Autore: LiquidScience    21/08/2012    3 recensioni
[Spin-off della serie A-Team]
Ed ecco, quando tutto sembra andare sempre in peggio, che fa la sua ricomparsa l'A-Team, dopo molti anni di inattività. Ma i membri che lo compongono non sono gli stessi, ma i loro figli, riuniti insieme da uno scherzo del Destino.
La storia inizia con il racconto di Mike Murdock, intervistato da una giornalista.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Maddie Murdock stava dando da mangiare agli animali nella clinica, aiutata da Patricia, l’assistente.
Era una mattina piuttosto tranquilla, non era né troppo caldo né troppo freddo e gli animali erano piuttosto tranquilli.
“Bella giornata!” commentò l’assistente.
“Non lo direi così presto, Pat, non è ancora finita” fece notare Maddie.
“Beh, io la penso così” rispose l’altra.
Un  rumore dall’esterno mise in allerta le due ragazze, che abbandonarono momentaneamente il loro lavoro. Uscirono dalla stanza ed entrarono nella sala d’aspetto. Forse erano clienti, dato ce non aspettavano visite. La sala era di medie dimensioni, l’arredamento consisteva in qualche mobile, un banco per annotare le visite e delle sedie imbottite. L’atmosfera era abbastanza accogliente, sembrava quasi un salottino di casa.
Pat si avvicinò alla finestra e guardò fuori.
“No, dannazione! Di nuovo!” esclamò.
“Oh no, non mi dire che sono quelli…” L’altra non fece a tempo di finire la frase che un gruppo di quattro uomini irruppe nella clinica. Maddie tastò in una mensoletta sotto il banco, fino a trovare una strana scatola. Era un congegno che aveva costruito suo fratello Mike con resti di vecchi apparecchi, dopo che, gli stessi brutti ceffi che avevano fatto irruzione, qualche giorno prima avevano quasi distrutto il portico e due finestre.
 Premette un tasto e prese un oggetto somigliante al tappo di una penna da sopra della scatola.
Si avvicinò al capo della banda, un tizio massiccio con due baffi da motociclista e una bandana nera in testa. Indossava un gilet in pelle nera completamente chiuso e un paio di pantaloni del medesimo materiale.
“Ancora voi? Non vi pare di aver fatto già abbastanza guai, qui? chiese Maddie incollerita.
“Cosa volete?” disse Patricia.
“Ehi ehi… Calmatevi, dolcezze! Avete delle birre fredde?” disse quello con i baffi.
“Non le daremo certamente a voi” rispose l’altra ragazza.
“Che ne dici di divertirci un po’, eh?” disse un altro, con lo sguardo che non prometteva nulla di buono.
Maddie si scagliò contro i membri della banda, in collera. Il loro capo prontamente bloccò il pugno della ragazza e lo piegò dietro la schiena, poi con la mano sinistra prese il mento della ragazza e le alzò la testa, in modo da guardarla in faccia.
“Calmati, bella! Non vorresti mica che succedesse qualcosa alla tua preziosa clinica, eh?” disse questi.
Maddie non rispose subito. Non era quella la sua intenzione, la collera era tutta una messa in scena. Nel pugno teneva stretto l’oggetto simile al tappo di una penna. Lo fece scivolare tra l’indice e il pollice, dopodiché lo attaccò al giubbotto del capo.
“Perché continuate a tormentarci, brutti pezzi d’i…” chiese rabbiosamente la ragazza, ma fu interrotta da uno strattone di quello con i baffi, che mollò la presa spingendola in avanti.
L’uomo alla sinistra ruppe la finestra accanto con una mazza di legno.
“Ops” disse l’uomo con la mazza, ridendo. Maddie imprecò, più che furiosa.
“Ehi” prese la parola il capo “Calmati, bellezza! Ce ne andremo, visto che non siamo graditi. Vero?”
“Oh, sì, certo!” risposero gli altri con un tono da finti santerelli.
Uscirono tutti, comprese Maddie e Pat. Volevano assicurarsi che andassero via veramente e non limitarsi a fare il giro dell’edificio.
Uno degli uomini, quello che poco prima aveva rotto la finestra, frugò dentro la jeep e tirò fuori una bottiglia verde con uno straccio infilato dentro per metà. Prese un accendino dalla tasca e diede fuoco al pezzo di stoffa.
“Cosa…?” borbottò Maddie. Quando si rese conto delle intenzioni dell’uomo, sia lei che l’assistente si lanciarono verso di lui, cercando di fermarlo. Questi, lottando per tenere il braccio libero, passò la bottiglia a quello con i baffoni, che la lanciò sul soffitto della clinica.
“NO!!” gridò Maddie.
“Così imparate a mettervi contro di noi!!” ringhiò il capo, dopodiché tutta la banda scoppiò in una risata. Salirono sulle loro jeep e si allontanarono all’orizzonte.
Patricia chiamò immediatamente i vigili del fuoco, mentre l’altra ragazza portava in salvo gli animali.
Si ritrovarono poco dopo, in cortile. Entrambe guardavano il tetto andare a fuoco, le calde lingue infuocate schioccavano sotto il sole del mattino.
“Allora” disse Maddie “Sei ancora convinta che sia una bella giornata?”
 
***
 
“Accidenti” esclamò Hun osservando il tetto, carbonizzato per più della metà. Spike entrò dalla porta per guardare meglio dall’interno.
C’erano pezzi di legno carbonizzato ovunque, sparsi per terra. Alcuni oggetti erano completamente seppelliti dalle macerie e, come se non bastasse, questi erano fradici d’acqua a causa dell’intervento dei pompieri.
“Qui servirebbe un miracolo” commentò Spike, guardando attorno.
Maddie era piuttosto preoccupata. Non sapeva che fare, quei delinquenti non avevano mai causato danni così gravi. Per questo aveva chiamato Hun, Spike e James.
Face, per qualche motivo a loro sconosciuto, non aveva risposto a una sola chiamata.
“Non c’è proprio modo di ripararlo?” chiese Kelly. Anche lei, appena saputo dell’accaduto, era accorsa immediatamente. D’altronde, si trattava della sua clinica vetrinaria.
“Signora Murdock, qui si può solo ricostruirlo” rispose Hun.
La veterinaria chinò leggermente la testa e sospirò.
“Se serve aiuto, io sono disponibile” disse Spike, avvicinandosi.
“Esatto. Signore, avete appena ingaggiato in nuovo A-Team” aggiunse Hun sorridendo.
Una luce illuminò i volti di madre e figlia.
“Grazie, ragazzi. Manca solo…” disse Maddie.
“James” la interruppe Smith prendendo in mano il telefono.
 
***
Face stava facendo una romantica passeggiata nel parco con la sua amichetta quando sentì il telefono vibrare. Si scusò un attimo e guardò lo smartphone.
“Adesso ci si mette anche Hun? Uffa!” borbottò sottovoce.
Ignorò la chiamata e continuò a camminare mano nella mano con la sua ragazza.
 
***
 
“Pare che non ne voglia proprio sapere, gli lascio comunque un messaggio.” commentò Hun, armeggiando con la tastiera del cellulare. Quando ebbe finito, lo rimise in tasca.
“Intanto che il bello indaffarato si decide io vado a ritirare mio fratello” disse Maddie, avviandosi verso la macchina.
Sua madre fece per protestare, ma abbandonò le sue intenzioni scuotendo il capo e sorridendo.
 
***
 
Mike stava giocando con la Playstation 3, sdraiato di schiena sul suo letto e con i piedi appoggiati sul paracolpi dietro il cuscino. Guardava insistentemente il piccolo tv a schermo piatto sopra un mobile, vicino al fondo del letto, indaffarato a colpire i nemici virtuali cliccando freneticamente i piccoli tasti del controller.
Squillò il telefono e Mike mise in pausa.
“USS Enterprise NCC 1701” disse il matto tutto ad un fiato.
“Mike?” chiese la voce dall’altro capo.
“Ciao Maddie! Tutto bene?” rispose.
“Sì, tutto bene, grazie. Febbre?”
“Non più da due giorni! Eh eh!”
“Bene, dai! Mike abbiamo bisogno di te. Ti ho lasciato aperta la prima finestra del corridoio in Radiologia. Ti aspetto nel parcheggio lì fuori”
“Ok. Ah Maddie…”
“Sì?”
“Ho finito il gel per capelli”
“Va bene, dopo facciamo un salto al supermercato. Ci vediamo al parcheggio”
Mike salutò, riattaccò e si alzò dal letto. Si stiracchiò per bene, dopodiché spense la Play 3.
La sua stanza nel reparto psichiatrico era piuttosto piccola, l’arredamento consisteva solamente in un letto singolo, un mobile e un comodino. Delle sbarre in ferro alle finestre contribuivano a dare alla camera un aspetto più simile ad una cella di un carcere che a una stanza di un ospedale.
Nonostante questo, Mike aveva saputo darle un po’ di vivacità: sopra il mobile aveva messo un mini televisore al plasma e la sua preziosissima Playstation 3, affianco c’erano due colonnine fatte interamente dalle custodie dei suoi videogiochi.
Appesi alle pareti c’erano tutti i souvenir comprati durante i suoi viaggi o durante le missioni.
Il comodino era vuoto, fatta eccezione del manuale dell’ultimo gioco che aveva preso, aperto con le pagine rivolte verso il basso per tenere il segno. Mike stesso sosteneva di essere l’ultima persona al mondo in grado di aprire, leggere e comprendere le istruzioni dei videogiochi e diceva anche che per questo lo avevano rinchiuso in psichiatria.
Il matto posò due dita in bocca e fischiò. Dopodiché rapido si nascose sotto il letto.
“Cosa è successo?” chiese una voce per il corridoio. Si sentirono rumori di passi, poi il ticchettio delle chiavi e lo scatto della serratura.
“Ah, maledizione!” esclamò la stessa voce, questa volta era dentro la stanza.
“E’ scappato un’altra volta! Dai l’allarme!” ordinò un’altra persona nel medesimo posto.
Entrambe le persone uscirono, lasciando la porta aperta.
Aspettò che si allontanarono, quindi Mike uscì.
Prese le scale antincendio per non incappare in qualche medico, rientrò nell’edificio esattamente in reparto radiologia e attraversò il corridoio. Saltò dalla finestra aperta e atterrò su un’aiuola.
Un gioco da ragazzi.
***
 
Maddie stava aspettando suo fratello in macchina, parcheggiata vicino al reparto radiologia.
Localizzarlo non fu difficile: Soltanto Mike poteva tuffarsi dalla finestra, rotolare sull’aiuola e poi agitarsi per scuotere via la terra dai vestiti ululando come un pazzo.
Il matto si diresse verso l’automobile e ci salì dentro.
“Ciao Mike!” Lo salutò la sorella.
“Hey Maddie! Guarda, sono il signor Spock” disse il matto, con la mano destra in alto e le dita separate due a due. Senza gel il fratello aveva quasi la stessa pettinatura di Spock.
La ragazza sorrise, mise in moto la macchina e partì.
 
***
 
Hun guardò l’orologio da polso per l’ennesima volta, un po’ annoiato. Sia lui che Maddie, Mike e Spike stavano aspettando James, che se l’era presa comoda.
“Mentre Face si da una mossa io e Mike facciamo un salto al supermercato” disse Maddie, prendendo il fratello per il polso e dirigendosi verso l’auto.
“In partenza per esplorare strani, nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prim…” cominciò a recitare Mike a gran voce.
“Sta zitto!” lo interruppe la sorella.
 
***
 
Face arrivò esattamente qualche minuto dopo il ritorno dei due fratelli.
“Era ora!” commentò Spike.
“Scusa se vi ho fatto aspettare, avevo degli impegni” si giustificò James, uscendo da un’auto d’epoca, una Corvette C4 del 1984.
Anche lui, come Mike, provava un gusto particolare nel ‘prendere in prestito’ qualcosa dal proprio padre.
“La prossima volta che hai intenzione di farci aspettare avvisaci!” lo ammonì Hun.
Ora che erano tutti e che Mike aveva comprato un nuovo gel ripristinando momentaneamente la sua normale personalità, potevano cominciare.
Smith, come prima cosa, distribuì i primi incarichi.
“Face, tu andrai a prendere materiali e attrezzatura. Tutto quello che serve è scritto nella lista che ho compilato mentre ti aspettavamo” disse, sottolineando particolarmente ‘mentre ti aspettavamo’.
L’altro fece per protestare, ma fu zittito immediatamente da Hun.
“Mike e Maddie ripuliranno l’interno dell’edificio dalle macerie, Spike e io ci occuperemo di quelle più pesanti. Chiaro?”
“Signorsì signore!” esclamò Mike tutto ad un fiato, facendo pure il saluto militare. Gli altri si limitarono ad annuire.
“Bene. Al lavoro, squadra!” concluse infine Hun, accendendosi un sigaro.
Mentre Face andava a procurarsi tutto il necessario, gli altri entrarono nell’edificio armati di pale e carriole.
“Secondo te lo troveremo mai l’oro?” chiese Mike alla sorella, appoggiandosi sulla zappa, una volta riempita la prima carriola.
“No, ma ti ritroverai dell’argento in faccia se non la smetti di fare questi discorsi scemi” tagliò corto Spike, non lasciando a Maddie il tempo di rispondere.
Esattamente mezz’ora dopo James tornò con tutto il materiale. Prima di unirsi ai lavori, si cambiò per non sporcare il suo vestito nuovo.
Lavorarono sodo per ore e ore, spalando frammenti di legno bruciato e cenere.
Quando ebbero finito, ammucchiarono tutto un una montagnetta non molto distante.
La clinica, per facilitare le operazioni, era completamente vuota: Patricia si era offerta volontaria di prendersi cura degli animali fino a che l’edificio non fosse tornato agibile.
Spike e Maddie stavano salendo le scale per andare su quello che rimaneva del tetto, quando arrivò Kelly con un vassoio.
“Che ne dite di fare una pausa?  Vi ho preparato latte e biscotti” disse.
“Latte e biscotti?!” esclamò Mike, con l’acquolina in bocca: come sua madre faceva i biscotti non li faceva nessuno.
“Latte e biscotti!” replicò Spike, scendendo di corsa.
Si radunarono tutti attorno a un tavolo improvvisato. Al centro c’era un bicchiere per ognuno, la caraffa di latte e un piatto di biscottini.
Mike bevve un bicchiere di latte con un unico sorso e quando ebbe finito lo appoggiò sul tavolo con un tonfo. Spike, seduto di fronte, scoppiò improvvisamente a ridere, seguito poco dopo dagli altri.
“Ti sono venuti i baffi di latte!” esclamò infine, tra una risata e l’altra.
Anche il matto rise, poi si asciugò la bocca.
“Sono proprio buoni questi biscotti” disse Face, facendo il bis.
“Hai ragione. I miei complimenti alla cuoca!” disse Hun e Kelly sorrise, ringraziando.
Nei minuti seguenti nessuno parlò, l’unico rumore era quello dei bicchieri.
“Maddie” ruppe il silenzio Hun “Hai detto che a dar fuoco al tetto sono stati quattro uomini”
“Esatto. Il loro capo sembrava un motociclista con i baffoni” rispose la ragazza.
“Avevano qualche motivo particolare? Normalmente non si da fuoco a qualcosa senza un perché valido”
“No, è questo il punto! Quei tizi sono venuto qui, hanno tirato fuori qualche scusa banale, fatto danni e poi se ne sono andati via” rispose Maddie, con un tono preoccupato.
Hun non rispose, rimanendo pensieroso. Un motivo ci doveva pur essere stato, anche se non saltava subito all’occhio.
“Ehi! La Scatola Nera!” Esclamò Mike illuminandosi improvvisamente.
“È vero!! La Scatola Nera!” rispose Maddie a sua volta illuminata.
“La Scatola Nera?” Chiese Hun.
“In che senso Scatola Nera?” replicò James.
“Ma che diavolo è questa Scatola Nera?” esclamò Spike, confuso.
“Un registratore collegato a un piccolo microfono che ho costruito per origliare quegli scalmanati e scoprire i loro fini” spiegò Mike con un tono poco serio e la mano destra affianco alla testa muovendo il dito indice in un moto circolare, puntato contro Spike.
“Hmm, interessante. Ottima trovata, Mike!” disse Hun sorridendo.
Quando tutti ebbero finito di mangiare, Maddie andò a prendere la Scatola Nera. L’appoggiarono al tavolo.
Mike aprì un piccolo coperchio e ne estrasse due fili. Li collegò e un ronzio si diffuse nell’aria.
La scatola stava riproducendo tutto quello che aveva registrato, a partire dal dialogo di Maddie con il capo.
Quando arrivò il punto in cui i quattro uomini se ne andarono.
 
“Ben fatto, uomini!” disse il loro capo.
“Gli abbiamo inflitto un duro colpo, eh, capo? Ha ha ha!” rispose un altro.
 
“Chissà se sanno cos’è un dizionario di grammatica” commentò Face dopo aver sentito l’errore dell’uomo.
“Con il tetto ridotto in quel modo saremo sicuri che non ficchino il naso nelle nostre operazioni per un po’” disse il capo.
 
“Le cose si fanno interessanti” esclamò Hun.
Per alcuni minuti nessuno della banda parlò, si sentirono solo i rumori delle ruote delle Jeep sullo sterrato.
Ad un certo punto, le auto si fermarono e gli uomini scesero.
 
“Ecco, abbiamo la roba” disse il capo.
“Bene. Siete sicuri che nessuno vi abbia seguito?” chiese una voce estranea, non appartenente alla banda.
“Certo, questo posto è quasi desertico tranne per la clinica poco lontano, ma li abbiamo sistemati per bene prima di venire. Saranno occupati anche durante il prossimo scambio” rispose l’altro.
“Bene bene. Portatemi la roba” ordinò lo sconosciuto.
 
Si sentirono dei rumori, come se qualcuno stesse scaricando dei pesanti scacchi.
Il capo contrattò il prezzo con lo sconosciuto, le cifre erano da capogiro.
 
“Bene, bene. Quando mi porterete altra roba?” chiese lo sconosciuto.
“Fra due giorni. Un carico di sola er…”
 
Si sentì un forte rumore, come uno scroscio, poi più nulla.
“Deve essere caduto il microfono…” ipotizzò Mike.
“Ecco. Gli aggeggi che costruisce il pazzo non funzionano mai bene!” disse Spike.
“Beh, almeno funzionano. Adesso sappiamo quando ci faranno visita” lo corresse James.
“Ma non cosa trasportano, per avere così tanto bisogno di segretezza” aggiunse Hun.
Tutti tornarono al lavoro. Mike, Maddie e Spike si sedettero a cavalcioni sul tetto, mentre Hun e James passavano loro delle travi nuove. Successivamente, anche loro salirono. Hun stringeva sottobraccio una cartina e la distese sotto gli occhi di tutti. Erano i progetti dell’edificio, servivano per sapere dove posizionare le travi di legno.
Mike aveva portato con sé un megafono, che momentaneamente teneva dietro la schiena. Chissà a cosa sarebbe servito, tutti se lo chiedevano tra sé e sé.
A fine pomeriggio avevano piazzato le travi principali di metà buco. Avevano fatto un buon lavoro, ma erano tutti esausti.
“MUOVERSI! SIAMO IN RITARDO DI 7 ORE CON I LAVORI E LA FAMIGLIA PUPPY TORNERA’ PRESTO!” urlò Mike al megafono e tutti si tapparono le orecchie.
“Ah dannazione, Mike!” disse sua sorella con le orecchie tappate e facendo una smorfia.
“EH?” chiese il matto puntando il megafono verso la sorella e facendole quasi perdere l’equilibrio.
“Niente…”
“OK. FORZA SQUADRA!” urlò Mike agli altri.
Spike corse immediatamente da lui e gli rubò il megafono, riponendolo lontano dalla portata del matto.
Mike prese un po’ di chiodi e riprese il suo lavoro.
“Some nights I stay up cashing in my bad luck, some nights I call it up a draw. Some night I wish that my lips could build a castle, some nights I wish they’d just fall off…”canticchiò Mike sconsolato per la sua perdita, con alle spalle il sole al tramonto.
 
***
 
Il giorno dopo i cinque continuarono il lavoro. Hun e Spike sedevano a cavalcioni sulle travi già posizionate, Mike e James  da terra passavano loro le altre e Maddie controllava che tutto fosse a posto, dando una mano a Smith a fissare gli assi, dopo che Baracus l’ebbe posizionata.
“TUTTO A POSTO LASSU’?” urlò Mike con il suo megafono. Tutti e tre diedero una risposta affermativa.
Spike si avvicinò al bordo.
“Passatecene un'altra!” ordinò.
Gli altri due annuirono e corsero subito verso la catasta. Mike camminava in un modo strano.
“Che fai? Balli?” chiese James.
“I don’t feel like dancin’, no sir, no dancin’ today!”cantò il matto.
“Ah. Come no. Certo” rispose Face scuotendo la testa.
Il matto continuò a cantare anche mentre lui e James stavano portando a Baracus un altro po’ di travi.
“Oh no, cacchio!” imprecò Spike, infastidito.
“Di cosa ti lamenti? Sta andando benissimo, abbiamo pure la radio!” disse Hun sorridendo.
Maddie rise mentre stava picchiettando con il martello e Spike scosse la testa, sussurrando tra sé parole che gli altri due non udirono.
A fine giornata, mancavano solo tre assi da posizionare. Stavano andando con calma, Hun diceva sempre ‘Meglio fatto con calma ma duraturo piuttosto che fatto di fretta ma difettoso’.
 
***
 
Il giorno dopo Hun redistribuì gli incarichi. Quello era il giorno in cui la banda si sarebbe fatta viva di nuovo e non dovevano coglierli impreparati. Aprì il bagagliaio della sua Ford.
“Accidenti!” esclamò Face.
Dentro al baule c’erano quattro fucili mitragliatori Ruger Mini 14, due pistole Smith & Wesson 639 e un grande M60.
Ma dove le prendeva tutte quelle armi?
Consegnò i mitragliatori a Spike, James e Mike.
“Sai maneggiare un mitra?” chiese a Maddie prima di darle l’ultimo.
“Certo” rispose la ragazza, noncurante.
“Sono caricati a salve, comunque” disse Smith consegnando l’arma.
“Ho fatto alcune partite multiplayer con un gioco sparatutto contro mio fratello” aggiunse Maddie mirando agli alberi poco lontani.
“Sì, ma perdevi sempre!” Ci tenne a precisare Mike.
Hun prese una pistola e se l’assicurò nei pantaloni, in modo che venisse coperta dal giubbotto. Non si sa mai.
Mentre prendeva l’M60 arrivò Kelly, rimanendo sorpresa.
“Ha! Incredibile! Non credevo che le avessi ancora!” disse e Hun sorrise.
Kelly si avvicinò al figlio e passò un dito su un graffio nel corpo del fucile.
“Questo graffio! Lo fece tuo padre quando sbatté il mitra contro l’asfalto, cadendo” disse.
“Non mi dirai che…” cercò di dire Face, fissando Hun.
“Esatto. Le ho trovate rimettendo a posto la soffitta, poco tempo fa, piene di polvere. Era un peccato che si rovinassero in quel modo” spiegò Smith.
Dopodiché, illustrò alla squadra il piano che aveva in mente.
 
***
 
Qualche ora dopo, arrivarono le Jeep della banda, ma solo due (il capo e il suo secondo) scesero.
Nel soffitto c’era solo Hun che fingeva di picchiare dei chiodi, mentre a terra Mike, Maddie e Kelly che parlavano.
“Vedo che hai compagnia, bellezza!”  esclamò quello con i baffoni.
“Non sono affari tuoi, bellimbusto!” rispose Mike, irritato.
“Oh, ma quanto siamo arrabbiati, eh?” lo canzonò il vice capo.
“Senti, Custer, perché non te ne vai a Little Bighorn e ci lasci in pace una buona volta?” disse Hun da sopra il tetto.
L’altro sembrò molto irritato, tanto da tirare fuori una pistola e sparare un colpo.
Mancò di molto il polpaccio di Hun e questi capì all’istante che voleva ferirlo in modo non grave, così da tenere gli altri occupati. Prevedibile.
Il capo sparò un altro colpo e Hun si accasciò sul tetto con un lamento di dolore.
Quello con i baffoni rise. Sia lui che il suo vice tornarono alle Jeep e si allontanarono.
Dietro alla clinica, gli altri due membri del Team erano pronti con un pick-up. Spike Guidava, mentre James da dietro teneva d’occhio i fuoristrada della banda con un binocolo.
“Tutto ok, Hun? Ci hai fatto preoccupare!” Disse Maddie mentre l’altro scendeva dal tetto.
“Ci sono cascati in pieno, eh? Sono un attore nato! He he!” esclamò Hun.
Successivamente, i due fratelli e Smith salirono sul loro fuoristrada e pedinarono la banda.
 
***
 
I quattro uomini stavano contrattando con un altro, un tipo vestito con uno smoking nero, quando L’A-Team sbucò da dietro gli alberi, circondandoli con le armi puntate.
“Ma che… io ti…” disse quello con i baffoni, incredulo di vedere Hun ancora in piedi.
“Mia nonna ha una mira migliore” lo canzonò Smith, imbracciando l’M60.
L’altro fu piuttosto turbato.
“Non possiamo metterci d’accordo? Vi offro 500.000$ per dimenticare di averci visto” azzardò l’uomo con lo smoking.
“Questo è un tentativo di corruzione” precisò Hun, avvicinandosi.
Andò verso dei sacchi ai piedi di uno della banda. Lo aprì rivelando dei sacchettini con dentro una polvere bianca. Infilò un dito su uno e poi assaggiò.
“Questa non sembra affatto farina. Questa è cocaina!” esclamò.
“E c’è anche rima!” aggiunse Mike.
“Contrabbando e vendita di sostanze stupefacenti, tentativo di corruzione… beh Hun credo che avranno molto tempo per riflettere sui loro errori, in cella” disse James.
“Spike!” chiamò Hun. L’altro avanzò con una corda a tracolla e in men che non si dica tutti i malviventi erano belli e legati come salami.
“Maddie?” disse Smith.
“Fatto. La polizia sarà qui fra poco” rispose la ragazza, mettendo via il cellulare.
Hun ripose per un attimo l’M60 a terra, tirò fuori un blocchetto di post-it e scrisse qualcosa. Una volta finito, lo staccò e lo appiccicò su una delle Jeep.
Il biglietto, di un giallo sgargiante, recitava:
‘Arrestateci: siamo dei contrabbandieri di cocaina. Vi farà piacere sapere che abbiamo cercato inutilmente di corrompere l’A-Team’
“Un piano ben riuscito, eh?” disse Mike, guardando Hun.
“Già! Ma la cosa che mi piace di più dei piani ben riusciti è quando li eseguiamo tutti insieme” precisò Hun, sorridendo.
 
***
 
Il nuovo A-Team stava uscendo da un ristorante, felici. A lavoro finito, Maddie aveva promesso di offrire la cena a tutti in un ristorante consigliato da James.
“Accidenti, qui si che si mangia bene!” commentò Spike.
“Eh, io me ne intendo di ristoranti” disse James.
Camminarono un po’ per il marciapiede, discutendo e facendosi i complimenti a vicenda della buona riuscita della missione.
“E così voi siete quelli che si fanno chiamare il nuovo A-Team” disse un vecchietto alzandosi da una panchina.
I cinque si fermarono e tacquero immediatamente.
“Sì. Dove vorresti arrivare, Roderick?” chiese Hun, serio. Sembrava che i due si conoscessero già.
“Eseguirete missioni, aiuterete le persone, certo, ma rimarrete sempre una copia. Non sarete mai all’altezza del vecchio A-Team a cui davo la caccia ai miei tempi!” disse il vecchietto con un tono minaccioso.
“Ma almeno noi siano qui” precisò Hun e il vecchietto se ne andò scuotendo la testa.
  
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