Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |      
Autore: annies    21/08/2012    2 recensioni
«Prometti che rimarremo insieme qualsiasi cosa accada?» disse lei, con la bocca piena di caramelle e gli occhi socchiusi. Mi faceva la stessa domanda ogni volta che andavamo lì, nel nostro posto segreto.
«Lo giuro sulle mie Haribo!» esclamai contento, allungando una caramella in modo che potesse toccare quella di Naive, come una sorta di “giurin giurello” ma con le Haribo.
«Allora è davvero una promessa importante!» rise lei, e ricordo che mai sentii risata più bella.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



s


'cause lately I've been waking up alone, 
the pain splattertear drops on my shirt 
I told you I'd let them go
 
 

Mi tirai su a fatica, con il broncio, esaminando i graffietti che mi ero procurato, e soprattutto esaminai lo squarcio nei pantaloni buoni che la mamma aveva comprato da poco: e questa come andavo a spiegargliela? Non c’era soluzione, sarei stato in punizione per almeno una settimana, e non avrei potuto scambiare le figurine con Karl. 
«Oh, ma sei proprio una femminuccia, allora!» esclamò Naive, alzandosi da terra e guardandomi con superiorità «È proprio vero che noi ragazze siamo più forti!» il naso arricciato, le labbra corrucciate in un’espressione da quadro di Leonardo Da Vinci. Seppur una bellissima bambina, Naive Pevency era una delle creature più fastidiose e impertinenti del pianeta.
«Naive, credo che l’idea di rotolarci giù per questo burrone non sia stata poi così grande. Stavamo per scivolare giù!» esclamai io, sbuffando e mettendomi a braccia conserte di fronte a lei. Era più alta di me di qualche centimetro e già questo bastava a rendermela antipatica. A dieci anni l’altezza era un problema fondamentale.
«Quante storie fai, Harold! Non sarà mica per i pantaloni!» disse lei, d’un tratto, squadrandomi il ginocchio scoperto e sanguinante. Detto sinceramente, la cosa che più mi preoccupava erano i pantaloni: già la voce isterica di mia madre mi risuonava in testa.
«Me li aggiusti tu, Naive?» risposi impertinente, cercando lo zainetto che avevo scaraventato sull’erba, prima di fare l’enorme idiozia di rotolarmi giù dalla discesa con Naive.
Dello zainetto, però, non rimaneva un granché: il panino con il burro d’arachidi era magicamente scomparso, le figurine erano tutte sparse sull’erba – adesso non rimaneva altro che la faccia del protagonista di un cartone che neanche guardavo – e l’unica cosa che rimaneva intatta era il mio pacchetto preziosissimo di Haribo. Le Haribo ricoperte di zucchero erano le mie preferite: ogni volta che andavo al supermercato con mia madre ne prendevo almeno due pacchi e li nascondevo sotto i cartoni di latte per non farglieli vedere. Lei diceva sempre che cariavano i denti, ma detto francamente, io sarei rimasto dal dentista giorni interi a costo di mangiare le mie caramelle preferite.
Aprii il pacchetto, ma prima che ne potessi prendere una, Naive s’era già avventata su di me con le mani aperte per prenderne almeno un pugno. 
«Naive, aspetta! Sembra che hai le pulci nel sedere!» dissi io, indignato, quando la vidi riempirsi la bocca di caramelle. 
Eravamo amici da ormai cinque anni e ancora non sapeva che la prima Haribo spettava sempre a me? Che amica era?! 
«Sei sempre il solito taccagno» borbottò lei, prima di sedersi con il viso imbronciato rivolto verso le montagne non troppo lontane da lì. Non era tanta, ma si riusciva a vedere ancora un po’ di neve restante dall’inverno appena passato.
«Dai, vieni. Ora puoi prenderle» dissi, sconfitto, allungandole il pacchetto, un po’ irritato. 
Quando vidi il suo viso illuminato e quando mi rivolse quel sorriso così sincero, la mia irritazione passò in un secondo. Mi avvicinai a lei, facendo attenzione a non sporcare il suo bel vestito bianco con il sangue del mio ginocchio sbucciato. 
«Prometti che rimarremo insieme qualsiasi cosa accada?» disse lei, con la bocca piena di caramelle e gli occhi socchiusi. Mi faceva la stessa domanda ogni volta che andavamo lì, nel nostro posto segreto. 
«Lo giuro sulle mie Haribo!» esclamai contento, allungando una caramella in modo che potesse toccare quella di Naive, come una sorta di “giurin giurello” ma con le Haribo.
«Allora è davvero una promessa importante!» rise lei, e ricordo che mai sentii risata più bella.

Londra di notte è probabilmente uno degli spettacoli più belli che un uomo possa vedere. Neanche ad un concerto dei Ramones i miei occhi avrebbero brillato così tanto. Avevo quasi dimenticato, dopo un anno in America, il profumo della mia Inghilterra, il London Eye e tutti i palazzi illuminati come se ogni giorno ci fosse sempre festa.
Avevo promesso a me stesso e alla mia Londra che sarei tornato, prima o poi. A dire la verità lo promisi anche alla persona più importante di tutte, quella che mi aveva dato il primo bacio, quella con cui avevo provato l’emozione della prima notte, quella che avevo amato con tutto il mio cuore, ma lei se n’era andata da un pezzo, e di lei non mi restava nient’altro che un maglione verde acqua lanoso e sgualcito. Nient’altro. 
Tutte le promesse che c’eravamo fatti sin dai primi anni di vita erano andate perse, erano finite come le Haribo nel mini pacchetto: in un batter d’occhio.
Aprii il portoncino scricchiolante che una sera d’Agosto avevamo tinto di azzurro, insieme, e trovai il vuoto. Apparente.
Un odore improvviso di caramello e di zucchero bruciato perforò le mie narici e notai che man mano mi avvicinavo alla cucina, l’odore si faceva sempre più insistente, tanto che ormai il mio olfatto si stava anche abituando all’odore forte.
Naive stava lì in piedi di fronte ai fornelli, e più che la mia Naive adesso mi sembrava un’Hermione Granger in una lezione di Piton.
Aveva addosso il suo maglione verde acqua, con tutto che ad Agosto, a Londra non è che ci fosse poi freddo, e i suoi folti capelli neri erano raccolti in una crocchia malmessa che non aveva proprio l’aria del perfetto chignon da ballerina che faceva sempre. 
«Buonasera, Harold. Com’è stato il viaggio?» la guardai confuso, probabilmente con il più ebete dei sorrisi stampato sulle labbra. Naive mi faceva sempre questo strano effetto quando mi parlava. 
«Come mai sei tornata?» domandai io, con la voce tremante. Era più di un anno che non la vedevo dentro casa mia. Casa nostra.

La guardai correre su e giù per la stanza: stava raccattando ogni singolo oggetto che le apparteneva là dentro. La nostra casa, la casa che avevamo comprato il giorno del suo compleanno. L’avevamo sempre voluto una casa a Londra, lontani da Holmes Chapel e da ogni cosa che potesse ricordarle la sua famiglia. Sapevo che voleva stare lontana da sua madre e soprattutto da suo padre. Conoscevo Naive a memoria, eppure non avevo calcolato che questa distanza, questi tour e quelle fan scalmanate potessero allontanarla da me. 
«Stai lontano da me, Harry Styles, non ti voglio mai più vedere» urlò lei, lanciandomi quel maglione orribile che le regalai per il suo sedicesimo compleanno: ancora le stava alla perfezione, come se in quei due anni non fosse cambiata o cresciuta di un centimetro.
«Io ti amo» dissi quasi in lacrime di fronte a lei.
La consapevolezza di averla lasciata sola per più di tre mesi, piena di speranze mi faceva stringere il cuore. Ero io il colpevole. Solo io.
«Mi avevi promesso che la prima volta che avresti visto New York saresti stato con me, Harold. E invece con chi ci sei andato? Con quei quattro amichetti che ti sei fatto a quello stupido programma!» esclamò lei, indignata, buttando la cornice con la nostra foto a terra, facendola ridurre in nient’altro che pezzi.
«Non venirmi a cercare, io non lo farò» proseguì lei.
Quella di New York non era stata che la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. In effetti le avevo promesso proprio quello: l’America era il posto che da sempre volevamo visitare insieme. Avevamo già progettato di prendere un piccolo pullman in stile figli dei fiori e girare per l’America un mese intero, ma il tour e i viaggi per la promozione del nuovo cd mi avevano impedito di mantenere la promessa.
«Non andare via» implorai io, cercando di trattenerla per un polso. 
Si scostò in modo così violento che per un attimo neanche la riconobbi, la mia dolce e delicata Naive. 
Se ne andò sbattendo la porta, e lasciandomi in un mare di macerie, e con la nostra foto sgualcita in mano.

«Prometti che rimarremo sempre insieme, qualunque cosa accada?» disse lei, imitando la mia voce bianca, da bambino. 
Quella volta, a dieci anni, nel nostro posto segreto era rimasta la volta della “promessa”. Naive citava sempre quel momento con i suoi amici. 
«Oh, Naive» dissi io, facendo per abbracciarla, ma lei si girò di colpo, con il mestolo in mano e con un sorriso preoccupante addosso. Era buffa, e assomigliava davvero molto ad Hermione Granger. Risi, per l’assurda somiglianza, e posai le labbra sulle sue, assaporando di nuovo quel sapore di caramello e cioccolato che sempre avevano avuto. Anche a dieci anni. 
«Ho provato a fare le Haribo. Ho cercato la ricetta online, ma mi sa che sono venuto proprio un pasticcio» disse lei, allontanandosi dai fornelli per un secondo e prendendo dal frigo delle strane cose gommose che più che caramelle sembravano cacca di piccione. 
«Mi sa che non sono venute proprio bene, eh?» domandai io, prendendone una e portandola alle labbra. 
Dure come il cemento. 
«Sono state ventiquattro ore nel frigo, e con tutto ancora non hanno l’aspetto delle caramelle» pronunciò lei, chiaramente delusa. 
Adoravo la sua espressione corrucciata e il suo nasino all’insù. Adoravo tutto di Naive Pevency sin dalla mia prima sbucciatura al ginocchio. Era stato come un colpo di fulmine, il nostro.
La prima volta che mi disse quel ti amo così stentato, ricordo che sorrisi e la baciai, sotto la pioggia ridi, risi per ore. Era strano vedere come Naive Pevency finalmente si fosse innamorata.

«Ti prometto che non partirò mai più senza di te. Giuro sulle mie Haribo» dissi io, estraendo dal borsone enorme che mi portavo dietro sin dal mio arrivo a Heathrow, un enorme pacco di caramelle.
Subito il suo viso si illuminò, ed estrasse dal pacco già aperto e già quasi finito, tra parentesi, una caramella rossa, invitando me con un cenno del capo, a prendere un'altra. 

«Allora è davvero una promessa importante!» esclamò lei, ridendo e mangiando la sua caramella, fiondandosi tra le mie braccia. 





_____________


Chiamatemi pure cretina, ma vi giuro che io un giorno senza scrivere non ci so stare! AHAH, oggi stavo leggendo - purtroppo - 50 Sfumature di Nero (non ve lo consiglio per niente!) e mangiavo un paio di Haribo. Mio fratello è venuto da me con l'iPod e mi ha detto "di chi è questa canzone  troppo bella?" - ha nove anni. Quando ho sentito che si trattava di "Give me love" di Ed Sheeran la mia mente malata ha cominciato a partorire questa cosa. Se non vi piace potete tranquillamente dirmelo, però almeno una recensione lasciatela, le dita non entrano in cancrena, tranquilli :)
p.s la mia Naive è come al SOLITO Lily Collins. 
Vi saluto e vi mando come sempre un grande bacio!
Annie (che ha cambiato nick in haroldssrose)

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: annies