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Autore: Talestri    22/08/2012    0 recensioni
Una storia che avevo scritto tempo fa e ora propongo qui, una storia, la storia di una donna che cerca di tenere le redini di una vita, che le pare distrutta, grazie alla forza di combattere, donatole dagli amici di sempre e da una nuova luce comparsa nella sua vita...
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Drin driin driiin.

Silenzio.

Drin driin driiin. Mary si rigirò nel letto disturbata dall’insistente squillo del telefono, si mise pancia sotto con il cuscino sulla testa.                                                                

Ringhiò:-Diavolo!-                                                                                                                                          

Drin driin driin. Sbuffando decise di rispondere: ormai era sveglia. Afferrò la cornetta e mentre si lasciò ricadere sul letto

 -Pronto!?-                                                                                             

Pochi attimi di silenzio, mentre dall’altro capo della cornetta Louise la avvisava, con tono sussiegoso, che non poteva recarsi a casa sua per farle i capelli quel pomeriggio e  che, logicamente mortificata dell’imprevisto, avrebbe ricontattato lei al più presto l’affezionata cliente. Mary annuiva ascoltandola e stringeva gli occhi infastiditi dalla luce del mattino, che filtrava dalle tende. Salutò la parrucchiera con tutta la cortesia concessogli dal brutto risveglio e riattaccò. Si stropicciò gli occhi, doveva essere tardi  per esserci tutto quel sole, allungò una mano verso il comodino e afferrò la sveglia: le 11 e mezza. Era tardi, ma era martedì e Mary non lavorava il martedì: era il giorno libero concessogli dallo studio di consulenza per cui lavorava come personal shopper. Aveva sempre desiderato lavorare nel campo della moda così, arrivata a Parigi, aveva seguito un corso e aveva iniziato a lavorare come consulente di immagine e moda, il suo lavoro era una delle poche cose che la soddisfaceva nella sua vita in quel momento. Erano passati ormai due anni da quando si era trasferita a Parigi, arrivata lì inizialmente per passarci pochi mesi, si era subito resa conto che rimanerci sarebbe stata la cosa migliore, si trovava bene nell’ambiente, nella città, aveva sempre amato la Francia, parlava il francese, poi le venne l’idea del lavoro e fu definitivo.                                                       
Era ormai sveglia quindi si propose di alzarsi, fare colazione e prepararsi. A mezzogiorno fu pronta. Decise di andare a fare due passi e fermasi a mangiare in un
bistrot.                                                        

Le vie del centro erano affollate da lavoratori, turisti e gente di ogni razza e età. Si avvicinava il Natale, addobbi, decorazioni e alberi sbucavano ad ogni angolo quasi a ricordare a Mary che il suo sarebbe stato un triste Natale: l’avrebbe passato di nuovo lontano da Annette.                                                                                                                                                             
Annette le aveva chiesto di andare da lei per le feste, ma Mary aveva rifiutato perché non si sentiva ancora pronta per tornare a Londra, forse non sarebbe mai più stata pronta, aveva dato un taglio netto alla sua vita, per di più l’ultima e unica volta che era tornata era stato il giorno che si era recata in tribunale per la sentenza di divorzio, il giorno in cui aveva rivisto Jack, che si era presentato accompagnato dalla donna con cui l’aveva scoperto, la quale di fatto era diventata la sua compagna. Per questo motivo Mary non si sarebbe recata a Londra e lì a Parigi aveva solo dei colleghi che di certo avrebbero passato le feste con le loro famiglie e sua sorella, la sorella riscoperta e perdonata di colpe mai avute, che andava a trovare spesso all’ospedale dove lavorava. Se ne avesse avuto la forza, avrebbe dovuto accettare l’invito della sorella, anche se il suo muso lungo ormai era sempre più difficile da mascherare e con esso non avrebbe voluto rovinare la festa a quella ragazza tanto cara e altruista, nei confronti della quale si sentiva in colpa a causa del giudizio maligno che a lungo aveva avuto di lei, accecata dall’ipocrisia della madre e dalla sua gelosia.                                                              
Mentre ragionava sul da farsi, Mary si rese conto che ancora non aveva ancora comprato i regali per quei pochi cari, quindi le parve logico trovare un ritaglio di tempo per girare un po’ di negozi: decise che, uscita da bistrot, si sarebbe fermata un po’ ad osservare gli artisti che facevano i ritratti lungo il corso della Senna: era una cosa che le piaceva molto e che fantasticando con la mente le faceva venire le idee migliori, poi forte delle sue illuminazioni avrebbe girato un po’ in cerca del regalo perfetto.                                                                                                                                                                                                    

Mangiò, osservò per circa un’ ora un certo Pierre dipingere a piccole pennellate il corso ampio e grigiastro della Senna, poi, come risvegliata dalle folate di vento gelido che si era appena alzato, si diresse a un negozietto di bigiotteria, che amava molto, per comprare qualcosa di sfizioso a Ashley. Uscita dal negozio con una busta rosa pallido, contenente un bracciale a tre fili di sfere di lapislazzuli, acqua marina e turchese, alternate ad alcune più piccole di  agata bianca. Credeva sarebbe piaciuto molto a sua sorella. Poi passò davanti a un negozio che produceva giocattoli di vecchio stampo, in legno, fatti a mano. Entrò e uscì con una  locomotiva inlegno di ulivo, abbastanza grande, impacchettata in carta con gli orsetti, dentro una busta rossa. Regalo perfetto trovato anche per il piccolo Fabien. Mancava solo Maurice, il marito di Ashley, di lui oltre che era una persona estremamente cortese e disponibile, che lavorava in banca e che era orfano di madre dall’età di 23 anni, non sapeva granché. Poi si ricordò della passione dell’uomo per la lettura e, accelerando il passo, si diresse nella libreria dietro l’angolo. Entrò, giro tra gli scaffali, scelse un romanzo apparentemente avvincente e uscì soddisfatta con l’ultimo pacchetto, stavolta di un bel verde speranza, d’altro canto era improbabile fare un buco dell’acqua con Maurice: i suoi amici lo avevano da tempo etichettato come un topo di biblioteca.                                                                                                                                                
 Il regalo per Annette lo aveva già comprato da tempo. Era incappata in uno stupendo tubino rosso e nero mentre faceva consulenza ad un’anziana signora, l’aveva subito comprato pensando all’amica che di certo l’avrebbe indossato per l’ultimo dell’anno.                                                                  

Quella sera quando tornò a casa Mary si sentiva stanca e dopo un ora di TV spazzatura si addormentò sul divano stranamente soddisfattaEra il giorno di Natale e Mary a mezzogiorno stava ancora a letto.  


Vibrò il cellulare che teneva   sotto il cuscino ancora attaccato al caricabatterie. Infastidita arricciò il naso, lo afferrò e socchiuse un occhio quanto bastava per vedere il numero sul display: Ashley. Non voleva rispondere, sapeva già cosa le avrebbe detto. Non se la sentiva si andare da lei, sarebbe solo passata più tardi a fare un saluto e consegnare i regali, il tempo di un tè.
Il cellulare smise di vibrare, pochi attimi, poi di nuovo, insistentemente, quasi gorgogliando sotto il cuscino. Mary era esasperata “Perché sempre di mattina mi devono chiamare?” pensava.
D’un tratto silenzio, poi un bip bip: un messaggio.

–Umpf!-

Mary dovette aprire, con grande sforzo, entrambi gli occhi per leggere.

Ashley, ovvio, scriveva: Ascolta Mary, lo scorso anno ti ho lasciato fare, ma il secondo Natale di seguito da sola no, proprio non te lo concedo! Capisco che quando stavi a Londra con nostra madre prima e tuo marito poi non passassi delle grandi feste, ma sola sola?! Mary cara, dopotutto ora che ci siamo ritrovate non mi pare che stiamo male insieme quindi, non transigo sia ben chiaro, alza il tuo bel sederino dal letto (perché lo so perfettamente che stai ancora lì) e conducilo qui seduta stante che il piccolo Fabien aspetta il suo regalo! Ti apettiamo!!                                                                                                                   
Sbadigliò, guardò la sveglia, si stiracchiò e barcollò sonnecchiante fuori dal letto. Dopotutto era da egoisti ignorare il loro impegno: Ashley e Maurice ce la mettevano tutta per farla sentire a suo agio.

Girò per la casa con fare lento, prima con una gonna in mano, poi un pantalone, un paio di scarpe, sbuffando insoddisfatta e a ogni svolta, a ogni corridoio o stanza in cui si imbucava c’era un cambio d’idea. Alla fine si decise e dopo la dovuta sosta al bagno per il trucco e il parrucco, afferrò la sua borsetta rossa in pelle “Alquanto natalizia!” pensò con un ghigno, vi mise dentro i vari effetti personali, prese i regali e passando contemplò di sfuggita la sua mise nell’enorme specchio nell’ingresso. Scese le scale.

Prese un taxi, che proseguiva a singhiozzi, per via del traffico, mentre lei, seduta sul sedile posteriore, osservava Parigi attraverso il finestrino e pensava assorta. Mary ricordava com’era bello il Natale quando era bambina, si sentiva ricoperta di attenzioni, non era eclissata dalla sorella, né aveva motivo di nascondersi in qualche angolo, c’era solo tanta gioia, regali e parenti carichi di pupazzi e cioccolatini, che sbucavano da ogni dove.
Da adolescente il Natale aveva perso buona parte della sua magia, ma era sempre un momento da passare in pace e allegria tutti assieme, il che non era poco. Dopo essersi sposata di Natali particolarmente allegri non ne aveva vissuti tranne qualche cena da parenti o amici di Jack dove si era divertita abbastanza e l’unico anno che ricordava di essere rimasta veramente entusiasta: l’anno stesso che si era sposata, Jack e lei erano andati in Australia e avevano ballato in costume sulla spiaggia, dopo un allegro barbecue il 24 sera, il 25 invece si erano alzati tardi, avevano pranzato sulla spiaggia con una coppia di amici di Jack, che li aveva raggiunti in un secondo momento, avevano passato il pomeriggio in giro per Sidney, vi avevano cenato e passeggiato fino a tardi, era stata proprio una bella esperienza.                                                 

–Eccoci.- disse il tassista e riportò Mary al presente, il giorno di Natale sì, ma di diversi anni dopo. Ringraziò, pagò e, davanti alla casa di Ashley, compose il viso a tutta la grazia e allegria possibile e suonò il campanello.

Dentro si sentì un vociferare composto, un urletto,

 –Vai ad aprire a zia, Fabian!-

la porta di aprì e il bambino si manifestò sulla soglia, saltellando con in volto scritto palesemente “ Dov’è il mio regalo?”. Mary sorrise: era stata proprio una sciocca a pensare di non andare.                                                                                                                                      

–Posso entrare, tesoro?-                                                                                                                                         

Il bambino annuì e si spostò per farla passare dalla porta. Mary se la chiuse alle spalle.                                       

–Dopo ti do il tuo bel regalo!-                                                                                                                                   

-Perché non me l’ha portato Babbo Natale?-                                                                                                 

Mary, sempre sorridendo, rispose prontamente:

-Perché ci tenevo particolarmente a dartelo di persona, glie l’ho chiesto io a Babbo Natale, tanto lui ce ne aveva tanti di giochi da portarti!-                                       

Fabian mostrò un sorriso a trentadue denti:

- Hai fatto bene zia! Guarda che mi ha portato!- e tutto eccitato indicò un mucchio di regali posati sotto l’albero –Li ho aperti tutti stamattina!-                         

-Oh! Beh allora vuoi aprirlo adesso questo?- fece Mary allungando la busta rossa al bambino.                                  

–No, no! Prima si mangia!- Rispose Ashley dalla sala da pranzo posando un vassoio con gli antipasti sulla tavola ben apparecchiata con posate d’argento,
bicchieri di cristallo e i piatti del servizio bello.

Maurice si alzò e si avvicinò a Mary :

-Auguri cara! Dallo a me il cappotto!-

-Auguri! Grazie tante soprattutto per l’invito!-

-E di che?!- fece Ashley cercando disperatamente una forchetta per gli antipasti.

Mary posò i regali a terra accanto a un tavolino in un angolo della stanza, poi si sedette dove gli indicò il nipotino e il pranzo cominciò senza il minimo imbarazzo grazie a un :

-Io ho fame!- di Fabian.

Il pranzo passò in fretta come sempre quando si è in buona compagnia: tra una chiacchiera e un complimento alla cuoca.

Arrivò il momento dei regali. Maurice scartò il suo già soddisfatto intuendo cosa fosse dal pacchetto, poi una volta avuto il romanzo tra le mani lesse la traccia e esclamò entusiasta :

-Grazie! Cavolo, sembra avvincente!-                                                         

-Perfetto, stasera lo finisce!- sghignazzò Ashley-                                                                                               

– Quel tomo?- ribatté Mary.                                                                                                                                        

La sorella fece cenno di sì con lo sguardo grave poi scoppiò a ridere – Io ci metterei un mese!-                            

-Minimo.- La schermì Maurice, al quale Ashley fece la linguaccia e poi aggiunse incuriosita                                    

-Adesso apriamo il mio!- afferrò la busta rosa pallido –Promette bene però io preferisco il blu!.-                   

-Lo so!- disse Mary soddisfatta.                                                                                                                                                            

Ashley quindi curiosa più che mai fece uno strappetto alla busta per aprirla uscendo con un :- Tanto porta bene!- ed estrasse il bracciale e rigirandolo tra le mani ammirava le piccole sfere blu, turchesi verde acqua e bianche che formavano i tre fili.

– Che bello!- fece mettendoselo al polso.                                             

–Ti piace davvero? Sennò lo puoi anche cambiare!- disse Mary con disinvoltura già consapevole della risposta.                                                                                                                                                                                                        

–Ma certo che mi piace grazie!- poi girandosi al bambino – Ora tocca a te Fabian!-                                                        

Lui, che non aspettava altro, si avventò senza troppi convenevoli sulla busta rossa, strappo la carta con gli orsetti e tirò fuori il gioco.

–Mamma, mamma guarda!- gridò il bambino alzando la locomotiva in legno, poi la illustrò al padre e corse subito in soggiorno a provarla. La madre lo fermò:

- Come si dice Fabian?-                                                                                                                             

- Lascia non importa! L’importante e che gli piaccia!- concluse Mary.                                                                 

Il piccolo Fabian però si avvicinò alla zia, le dette un bacio sulla guancia e esclamo :- Grazie tanto tanto!- e corse via a giocare.                                                                                                                                    

–E’ sorprendente quanto basti poco a renderli felici eh?- soggiunse Ashley.                                                                                       

Mary svegliata dai suoi pensieri chiese :-Chi scusa?-                                                                                                

-Ma mi stavi ascoltando? I bambini, dicevo come si divertono con poco i bambini-                                                                                     

Mary di nuovo assorta annuì con un flebile :-Già.-
  
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