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Autore: wuopkay    22/08/2012    5 recensioni
When we first moved in together, couldn't keep hands off each other, now we're lying back to back, you would look at me and smile, now we hardly say hello, I don't want to give up yet because, maybe you could stay a bit longer or I could try a bit harder, We could make it work, but maybe, we should stop pretending. {maybe, Emeli Sandé.}
one-shot
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come sempre sono qui pronta a rompervi le scatole, per una volta con una one shot, ammetto che la prima parte mi è venuta molto di getto, però al resto ci ho lavorato su parecchio, diciamo che oramai è quasi un mese che lavoro su sta storiella. Mi ci sono anche parecchio affezionata, e sono le cose tristone che di solo scrivo io, quindi è una cosa buona #backtotheorigins. Ad ogni modo spero che l'apprezzerete almeno quanto lo faccio io.
Ho letteralmente ripreso le parole della canzone 'Maybe' di Emeli Sandé, non so se qualcuno di voi l'abbia mai sentita, ma io personalmente la adoro, potrei scrivere un libro (?) per ogni sua canzone. Con tutto ciò volevo dire che mi sono proprio ispirata a questa canzone, mi ha dato l'idea insomma.
Ultima cosa, nella storia si parla di una Eleanor, state tutti tranquilli NON è ispirata ad Eleanor Calder, proprio per niente, in quel momento però il nome mi piaceva particolarmente, e mi sembrava adatto al personaggio. 


 




 

When we first moved in together
Couldn't keep hands off each other
Now we're lying back to back
And silence in the black

 
 
La neve cadeva morbida, finendo col posarsi sul davanzale della grande vetrata della stanza da letto, impedendo quasi, di vedere oltre. Nonostante ciò, Eleanor la osservava con attenzione, cercando di distinguere i fiocchi l’uno dall’altro, prendendo coscienza del fatto che fosse impossibile molto lentamente.
Tutta quella neve sarebbe andata a compattarsi insieme, a formare un unico grande blocco che poi lentamente si sarebbe sciolto, lasciando il posto solo ad una timida pozza d’acqua.
Le sembrò la metafora giusta per descrivere la sua storia con Liam. Dapprima così perfetti, compatti, uniti, una cosa sola, e poi lentamente sciolti, distaccati, quasi indifferenti alla presenza dell’altro.
Sporadici flashback di momenti insieme, momenti belli, irripetibili, momenti per i quali avrebbe pagato oro, pur di poterli rivivere ancora una sola volta.
Continuò a stare in silenzio, accoccolata sotto il piumone, con la neve che continuava a cadere, mentre la sua mente continuava a riproporle ricordi troppo belli.
Dal loro appartamento, ai loro abiti, ai loro modi di fare con l’altro sembravano la perfezione, la perfezione fatta a persona, come si è soliti dire. Nella loro intimità non era più così, però. Se fuori da quelle mura sembravano tenersi per mano con amore, stringersi in affettuosi abbracci, e baciarsi appassionatamente; dentro non era così. Non era più come all’inizio della loro storia. Non c’era più nemmeno il contatto.
Liam fissava la parete di fronte a sé. Fissava, per essere precisi, la serie di quadri, disposti in modo originale dal tocco sbarazzino di Eleanor, con le proprie fotografie. Fotografie insieme a lei, di momenti passati insieme a lei, momenti in cui non c’erano silenzi imbarazzanti a riempire il vuoto tra loro. Osservando uno scatto in bianco e nero, esattamente come le sensazioni in quella stanza, ricordò un commento fatto quel giorno, commenti sulle proprie labbra, su quanto ad Eleanor piacesse baciarle e sentirle proprie. Erano mesi che non sentiva il tocco delle sue mani sulla propria pelle, o quello delle sue labbra sottili sulle proprie, o il lieve solletico dei sui lunghi capelli che gli ricadevano sul petto mentre facevano l’amore.
Quant’era che non facevano l’amore? Avrebbe saputo dire il numero esatto dei giorni passati dall’ultima volta; ma preferì non pensarlo nemmeno, come se avesse paura che Eleanor potesse leggergli nel pensiero.
Ora non si sfioravano nemmeno. Non si guardavano. Non si parlavano, se non lo stretto necessario per la sopravvivenza.
 
 

We used to laugh until we cried
You would look at me and smile
Now we hardly say hello
And feelings never show

 

Liam rientrò in casa di soppiatto, come fosse mezzanotte, invece che le undici del mattino. Forse lo fece per il sorriso che ancora portava sul viso, e che sarebbe scomparso non appena avesse incontrato gli occhi verdi e profondi di Eleanor, che lo guardavano dolcemente, sperando che un po’ di quella felicità venisse da lei, anche se sapeva non essere così.
Si tolse velocemente il pesante cappotto e lo lasciò nell’ingresso, con lo zainetto che spesso portava con sé. Fece un giro di perlustrazione della casa alla ricerca della ragazza, fino a quando non la trovò in camera da letto, ancora rannicchiata sotto le coperte, con il computer portatile sulle ginocchia, intenta a svolgere, probabilmente il proprio lavoro.
Accennò un flebile «ciao!» Speranzoso di attirare la sua attenzione un minimo di più, che non semplicemente comparendo sulla soglia della camera. Non udì risposta fino a quando si fu voltato.
Tornò in cucina senza sapere veramente per quale motivo proprio in quella stanza.Si lasciò cadere su una delle sedie intorno al lungo tavolo di design, cominciando a guardarsi intorno ancora sorridente di aver almeno ricevuto una risposta. Rifletté su quel “Hey” a lungo, ripensandoci avrebbe quasi detto che fosse allegra o, per lo meno, molto più di quanto lo fosse stata negli ultimi mesi.
Era così assopito dalle proprie fantasie che quasi non si accorse del suono che provenne dalla camera da letto. Non aveva distinto la fonte, o il suono esatto, ma corse velocemente nell’altra stanza per controllare cosa fosse successo; era indeciso se fosse un pianto isterico o una risata troppo forte e sentita.
Quando entrò nella grande camera la ragazza era ancora sul letto, con il computer sulle ginocchia, a ridere convulsivamente. Liam si aspettò che smettesse non appena i suoi occhi castani avessero incontrato quelli verdi di lei. Ma non successe.
Eleanor lo guardò divertita, come se avesse ritrovato il motivo per il quale si fosse tanto invaghita di lui, il motivo per il quale aveva messo in gioco tutto ciò per cui aveva lavorato, e tutto ciò che aveva sacrificato. «Sei magnifico,» si limitò a spiegare, come se quella reazione fosse completamente normale. Indicava lo schermo del portatile, continuando a ridere.
Liam, senza capire, si avvicinò al letto, si mise a gattoni e raggiunse la ragazza, osservando lo schermo del computer per vedere ciò di cui stava ridendo la mora. Era un video. Un semplicissimo video, di lui, e i suoi quattro compari, alcuni anni prima, che si dilettavano nel fare i cretini, come facevano sempre. Si ricordava di quel video. Ed anche Eleanor, che imperterrita continuava a guardare quei due secondi di Liam a ripetizione. Ridendo, ogni volta.
Il biondo si sedette accanto alla mora, stando attento a non toccarla, come se avesse potuto ferirla, lasciandosi andare contro la testiera del letto, appoggiando il capo contro quello di lei, che andò a sistemarsi nell’incavo tra la spalla e il collo, sentendosi più vicina a lui di quanto fosse mai stata. Cercò le forti mani del ragazzo, e finì per incastravi le sue.
«Mi sei mancato da morire.» Forse era proprio così non avere lui, come voleva, come era stato da un anno a quella parte; un supplizio anormale.
«Anche tu.» Sospirò lui, stringendo più forte la sua mano, voltandosi poi, per baciarla delicatamente sulla fronte.
Rimasero lì in silenzio a guardare fan video, cullati dalle loro stesse risate divertite, fino a quando, lentamente, crollarono in un sonno profondo e riconciliatorio.
Quando Liam si svegliò di soprassalto, tormentato da un incubo tetro e malsano, si accorse che di tetro e malsano nella sua realtà non c’era niente, se non forse il giorno che lentamente lasciava il posto ad una fredda notte invernale. Si guardò intorno spaesato, cercando di ricordare a sprazzi la giornata vuota e silenziosa appena trascorsa, quando un rumore di vetri infranti lo fece trasalire. L’istinto prevalse su tutto facendolo correre in cucina, da dove proveniva il rumore. Disorientato si guardò intorno titubante, e solo facendo il giro del grande bancone si accorse della presenza di Eleanor.
«Scusami, non volevo svegliarti!» Lo informò rammaricata, non appena si accorse della presenza del ragazzo.
«Tranquilla,» la rassicurò dolcemente il biondo, chinandosi accanto a lei, per aiutarla a raccogliere i vetri del barattolo dei biscotti, in frantumi sul pavimento. «Era anche ora, nemmeno gli orsi in letargo dormono così tanto,» fece notare, scatenando una risata divertita della ragazza.
«Sì, però tu sei più un panda,» lo canzonò la mora, mentre lui gli sistemava una ciocca di capelli dietro un orecchio, e scoppiavano a ridere entrambi, per poi cadere nuovamente in un silenzio nel quale l’unico rumore erano i pezzi di vetro infranti che cozzavano tra loro.
Rimasero in silenzio a lungo, mentre finivano di raccogliere i cocci e cominciavano a preparare la cena, ognuno assorto nei propri pensieri e ricordi, che sembravano essere troppo lontani e oramai sbiaditi.
Cominciarono a fare battute, e scherzare, come se i due mesi precedenti non fossero mai esistiti, quando, senza farlo apposta Liam schizzò Elanor spremendo un limone.
La ragazza si voltò, mettendo insieme, come poteva, una faccia stizzita che si sciolse presto in un sorriso, quando, con una bottiglia d'acqua ancora fredda di frigo, colpì il ragazzo sul sedere, a mo’ di mamma arrabbiata, che lasciò l’impronta della condensa sui jeans del ragazzo.
«Questo sì, che mi ha fatto male,» la accontentò Liam, disarmando Eleanor strappandole la bottiglia di mano, causando un contatto diretto; l’ampio petto del ragazzo creava il perfetto scudo per quello di lei, che sentiva caldo a contatto con il proprio. Abbandonò la bottiglia sul ripiano di cucina accanto a sé.
Osservò Eleanor per un attimo, prima di cingerle completamente i fianchi, con le sue grandi e forti braccia allenate. L’aveva immobilizzata. Completamente. Avrebbe potuto fare qualunque cosa avesse voluto a quel corpo snello e praticamente perfetto; ma si limitò ad abbassare lo sguardo, e incastrare i suoi occhi scuri e profondi, con quelli chiarissimi e vispi di lei. Sostenne il suo sguardo a lungo, studiandone perfettamente le sfumature. Studiò tutto il viso della ragazza, come se in quei pochi mesi fosse cambiato, e quella che aveva conosciuto non fosse più lei. Si rese conto in fretta che, invece, quella era esattamente la ragazza di cui si era innamorato. Osservò la linea sottile delle labbra; ne ricordava la morbidezza. Si avvicinò rovinosamente al volto di lei, avrebbe potuto baciarla, ma si limitò a starle così vicino, perdendosi nuovamente nei suoi occhi.
Eleanor rimase inerme. Senza accennare al minimo movimento. Quando finalmente Liam si avvicinò così tanto al suo viso sentì una scarica di adrenalina percorrerle la schiena. Lasciò che i loro respiri si confondessero. Continuava a disegnare con gli occhi il profilo delle labbra del ragazzo, fino a farlo, inconsciamente, con l’indice; seguire esattamente le forme delle labbra carnose del ragazzo. Sentì ancora quella scarica adrenalinica, quando, con la punta del dito, raggiunse l’angolo della bocca, dove leggerissime rughe di espressione scoprirono un sorriso appena accennato. Prese il viso del ragazzo tra le mani, si alzò sulle punte dei piedi, e impresse le sue labbra su quelle del biondo.
Liam sollevò Eleanor, cosicché le sue lunghe gambe gli cingessero i fianchi, e la fece sedere sul bancone della cucina. Quel bacio appena accennato si trasformò in qualcosa di più; le loro lingue si cercavano reciprocamente, vogliose, e desiderose. Le mani di Eleanor erano rimaste sul viso del ragazzo, come per impedirgli di scappare, e lasciarla lì, da sola. Quelle del ragazzo erano altrettanto possessive, stringevano con forza e passione le cosce della ragazza, proseguendo lungo i fianchi, la schiena.
Quell’impeto di passione li avrebbe trascinati ben oltre, ma bastò il solo suono del timer da cucina, per farli ritornare con i piedi per terra, scusandosi reciprocamente di ciò che era appena successo.
 
 

All the signs seem to say love is lost
I don't want to give up yet because
 
Maybe you could stay a bit longer
Or I could try a bit harder

                                                                                                                                          
 
Eleanor uscì dal bagno, dopo essersi fatta la doccia, indossando, come fosse una camicia da notte, una t-shirt extra large, da poco conto, di Liam, abbandonata in giro dal ragazzo.
Indossava quelle maglie, non tanto perché gli piacessero, tanto quanto perché era un modo per sentirsi più vicina a Liam, per poter sentire ancora il suo profumo sulla pelle, per sentirlo suo. Suo e di nessun altro.
«Che ha detto, prima, Marco, di nuovo?» Domandò Liam, catturando l’attenzione della ragazza.
Eleanor si limitò a fare spallucce, raggiungendo il ragazzo, sistemandosi alle sue spalle, mentre era ancora intento a provarsi un completo formale, davanti allo specchio. «Niente di particolare,» commentò, infine. «Solo che da domani devo ricominciare a lavorare.» Concluse infine, senza tanti giri di parole. Liam le sorrise allo specchio, eccitato esollevato. Ciò che era successo, o stava per succedere, in cucina, non era stato un caso, pensò tra se e se.
La mora, dal canto suo, sentì un brivido percorrerle la spina dorsale. Ci stava riflettendo solo in quel momento che ‘ricominciare a lavorare’ era l’equivalente di ‘passare i prossimi nove mesi, — come minimo, — sempre insieme a Liam.’ Si rese conto che era esattamente quello che voleva. Un’atmosfera completamente differente da quella in casa, in cui passare il proprio tempo a fare ciò che amava, con chi amava.
Il biondo si voltò a guardarla curioso. Le scrutò il volto cercando di capire a cosa pensasse, e su cosa si stesse arrovellando. Le sistemò l’ennesimo ciuffo ribelle dietro un orecchio e finì con lo squadrare la maglietta che indossava la ragazza, pensando che la trovava sexy, anche così, e forse di più, che non con i tailleur e i vestiti perfetti e sempre eleganti che indossava quando lavorava.
La baciò istintivamente, eccitato per la possibilità di averla sempre con lei, e perché aveva appena cancellato i due mesi precedenti in maniera definitiva. Aveva capito che tutto ciò che voleva in quel momento era che le cose tornassero al loro posto. La sua lingua si era oramai insinuata tra le labbra sottili di Eleanor, sferzando vogliosa quella di lei che, per gli stessi motivi del ragazzo, non aveva minimamente provato a sottrarsi a quel bacio assolutamente non innocente. Senza staccare le labbra da quelle della ragazza, Liam afferrò voglioso la coscia della mora, portandola accanto al proprio fianco, intimandola ad imitare il gesto con l’altra gamba, così da poterla prendere in braccio.
In pochi secondi le gambe della mora avevano catturato il bacino del biondo, cingendolo completamente, finendo ad incastrarsi dietro la sua schiena; mentre le sue mani erano andate ad intricarsi tra i capelli oramai disordinati e scompigliati del biondo.
Le mani di lui esploravano vogliose sotto la t-shirt, il corpo della ragazza, oramai più che conosciuto, cercando di seguire le sue linee pressoché perfette.
Liam adagiò Eleanor sul bordo del loro letto, e vi si inginocchiò davanti, cosicché lei potesse aiutarlo a svestirsi, senza comunque staccare le labbra dalle sue.
Quando il biondo fu senza panciotto e camicia fece stendere la ragazza, che immediatamente ebbe la meglio e lo obbligò a sistemarsi sotto di lei. I suoi lunghi capelli castani ricadevano sciolti sul petto di Liam, solleticandolo, facendo comparire un sorriso dolce sul suo viso. Si mise a disegnare il profilo dei suoi addominali con la punta dell’indice cercando di rimanere seria, e assumere quell’aria autoritaria e seria che aveva in tacchi a spillo e tailleur durante il lavoro, cosa che sapeva fin troppo bene, a Liam piaceva. Si spostò lentamente verso il basso, disegnando il percorso con le dita, fino a quando arrivò sopra la cintura in pelle e i pantaloni di lino grigi, ancora praticamente stirati. Appoggiò le labbra tra l’ombelico e l’inguine, vi lasciò un delicatissimo baciò, e sentì il corpo del ragazzo fremere sotto di sé. Gli sfilò la cintura, i pantaloni e infine i boxer attillati che il ragazzo portava, facendoli finire, insieme alla camicia e al panciotto, sul pavimento in legno scuro della camera. La ragazza notò l’oramai avvenuta erezione del ragazzo, e tornò a lascare un altro delicato bacio sull’ombra del precedente, prima di tornare velocemente a cercare le sue labbra carnose.
Il respiro di Liam era affannoso e carico d’eccitazione. Non appena la ragazza fu di nuovo su di lui le sfilò la maglietta, lanciandola da qualche parte nella stanza, per poi bearsi del suo corpo nudo. Posò le mani suo suoi fianchi, e risalì incerto fino a fermarsi sui seni, che cominciò a palpare voglioso. Si alzò lentamente, mettendosi a sedere, ed obbligando Eleanor a mettersi a cavalcioni sopra le sue gambe. Riprese a baciare la ragazza, ma sul basso ventre, sotto l’ombelico, alternando i baci a innocui morsi. Le sue dita finirono per infilarsi sotto gli slip di pizzo nero di lei, continuando ad esplorare quel corpo tanto amato. Le sfilò gli slip, seguendo il loro percorso con le mani, scivolando dalle natiche, lungo le cosce scolpite. Riprese a baciarla, a mordicchiare le sue labbra sottili, per seguire il suo profilo, dal mento fino alle orecchie, e poi giù, sul collo, lungo le clavicole, e tra i seni, che riprese a palpare.
«Oh,» sussurrò Eleanor, tra i gemiti, sentendo l’erezione del ragazzo premere sul suo fondoschiena.
Il ragazzo le cinse i fianchi, la fece sdraiare sul letto, ed infine, lentamente, scivolò dentro di lei oramai in estasi. Ripeté il gesto più e più volte, aiutato dalla mora che cominciò ad assecondarlo mentre le sue mani si aggrovigliavano eccitate tra i capelli biondi di lui, inarcando la schiena per assecondare i movimenti del ragazzo.
«Oh, Liam!» Urlò infine, raggiungendo il culmine del piacere e venendo, oramai esausta. Qualche istante dopo, anche il ragazzo venne, urlando una contorta versione del nome “Eleanor.” La mora si lasciò pervadere dai postumi di quella sensazione magnifica appoggiandosi al corpo scolpito e statuario del ragazzo, respirando affannosamente oramai senza forze.
Liam sollevò la ragazza, senza il minimo sforzo, uscendo lentamente dal suo corpo. Lasciò che rimanesse appoggiata a lui mentre si sistemavano, stremati, sotto le coperte invernali, facendosi sopraffare dalla stanchezza e lo sforzo fisico, cadendo in un sonno profondo.
 
 

We could make it work
 
But maybe, we should stop pretending
We both know we’re hurting

 
 
Liam dischiuse lentamente gli occhi, cercando di farli abituare alla fioca luce delle prime ore del giorno. Scrutò il cielo al di fuori della grande vetrata della stanza, e notò piacevolmente che aveva smesso di nevicare e prometteva di essere una giornata, miracolosamente, soleggiata.
Con altrettanto piacere scoprì che Eleanor era ancora accoccolata accanto a lui, la mano destra nella sua sinistra, la testa appoggiata al suo fianco, ed ogni fibra della parte frontale del corpo della ragazza toccava quello di Liam, che in quel momento ne poteva sentire il calore sulla propria pelle. Sentiva quel calore bruciare, da quanto gli era mancato.
Chiuse gli occhi, lasciandosi andare a mille pensieri, e alle mille ragioni per le quali quel tocco contasse così tanto.
Perché la amo,’ pensò realizzando per la prima volta dopo quattro anni, la profondità del suo sentimento, per Eleanor. Amava quella ragazza, la amava con tutto se stesso, avrebbe dato ogni cosa pur di poter passare ogni attimo, ogni secondo, con lei, per il resto della propria vita. Quello era lo stesso motivo per il quale non l’aveva lasciata quando rifiutava perfino di guardarlo in faccia, seppur cosciente lui avesse colpa tanto quanto lei. La colpa non era di nessuno dei due, né prima, né dopo, ma, instancabilmente, per mesi, avevano incolpato Liam, troppo innamorato perfino per contraddirla.
Nei mesi precedenti il solo silenzio li aveva aiutati, a fare chiarezza, e a smetterla di incolparsi inutilmente; entrambi troppo indeboliti e feriti.
Come se quel ragionamento silenzioso di Liam avesse potuto disturbare, Eleanor aprì dolcemente gli occhi, ancora appesantiti dal sonno; distese i muscoli allungando le gambe, stiracchiando le braccia, sistemandosi poi, come meglio poteva, il ancora più vicino al ragazzo. «Hey,» sussurrò alzando lo sguardo quel tanto che bastava per incontrare gli occhi castani di Liam, stupiti e pensierosi.
«Ciao,» la salutò a sua volta, il biondo, stringendola a sé, mentre le regalava un dolce bacio sulla testa. «Dormito bene?» Chiese, schivo, senza alludere a nient’altro.
La mora annuì goffamente, «decisamente.» Si stiracchiò nuovamente braccia e gambe, per poi alzarsi sui gomiti, ed appoggiarsi sui pettorali scolpiti del biondo, con le mani giunte sotto il capo, per sorreggerla.
Il ragazzo le sistemò alla buona i capelli ribelli, per poi mettersi ad accarezzarla lentamente, scese sulle gote arrossate, il collo lungo, e infine le spalle, dove indugiò per un lungo momento, cominciando a ripetere il gesto infinite volte.
Volontariamente la ragazza estrasse la mano destra da sotto il mento, sistemando il braccio, cosicché anche Liam potesse vedere ciò che, lei, stava guardando; il tatuaggio che si era fatta al loro terzo anniversario. Si trovava sul polso; un semplicissimo simbolo dell’infinito, sulla destra del quale la linea prima di ricongiungersi formava il nome ‘Liam.’ Lo osservarono entrambi a lungo. Innumerevoli volte, nell’arco degli ultimi mesi, Eleanor, aveva pensato a come togliere quel segno indelebile dalla propria pelle, per giungere sempre alla stessa conclusione, ‘non se ne sarebbe mai andato,’ esattamente come Liam, sarebbe rimasto con lei qualunque cosa succedesse.
«Ti amo,» sussurrò Liam, seguendo con le dita il simbolo inciso sulla pelle della ragazza.
«Lo so,» commentò per tutta risposta la ragazza. «Però dobbiamo smettere di fare finta che vada tutto bene.» Aggiunse, appoggiando la testa di lato, sul petto del ragazzo, che si abbassava e alzava fin troppo lentamente.
«Va tutto bene, però.» La contraddisse con una velocità irrealizzabile, Liam, scandendo, nonostante tutto, le parole con lentezza.
Eleanor lo guardò stizzita, preoccupandosi di dover cominciare a litigare ancora prima di aver risolto qualunque altra cosa, ormai giunti a quel punto.
«Abbiamo fatto finta che andasse tutto bene quando tutto andava male, siamo stati male, siamo stati feriti, fin troppo in profondità.» Sussurrò il biondo, prendendo il viso accaldato della ragazza tra le mani, «però lentamente tutto sta tornando al proprio posto, ora come ora va tutto bene. Abbiamo capito che siamo gli stessi di quando ci siamo incontrati per la prima volta. Imbarazzati. Abbiamo appena parlato di quello che è stato. Abbiamo appena realizzato che siamo ancora qua. Abbiamo fatto l’amore. Non possiamo tornare indietro nel tempo, questo no; non possiamo modificare ciò che è successo, e non possiamo cancellarlo. Ma abbiamo ancora tutto il tempo del mondo, per avere un figlio, e renderci conto di amarlo ancora prima di averlo mai visto o sentito.»
Eleanor lo guardò ammirata, e sopraffatta, da talmente tante emozioni da non sapere come reagire, se non piangere, silenziosamente.
Liam le asciugò delicatamente quelle poche lacrime calde, per poi posarle un dolce bacio sulle labbra, anch’esse inumidite da lacrime salate.
«Possiamo far funzionare, tutto, di nuovo.» Sospirò persuasa, Eleanor, con ancora il respiro caldo di Liam sulle proprie labbra.

  
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