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Autore: Rota    22/08/2012    1 recensioni
[Takao&Midorima - pre slash]
“Occhio di falco”, così lo aveva denominato la gente del villaggio da cui l'aveva prelevato, otto mesi prima. Otsubo aveva potuto constatare da sé il perché di un soprannome così strano e insolito, persino per un cacciatore come lui, ed era riuscito a sfruttarlo benissimo a proprio vantaggio. Procacciarsi selvaggina in più, in quei luoghi, non era certo una cosa cattiva.
C'era però da dire anche che Takao dimostrava la sua età in ogni occasione possibile, giustificato da un'assenza di malizia di fondo che lo lasciava al sicuro da ogni maligna diceria – come in quel momento, in cui sembrava letteralmente pendere dalle labbra di quel vecchio racconta storie.
Genere: Angst, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Autore: margherota

*Titolo: All in the eyes of a boy

*Fandom: Kuroko no Basket

*Personaggi: Midorima Shintaro/Falco!Midorima, Takao Kazunari, Altri

*Generi: Fantasy, Angst

*Avvertimenti: Bi- Shot, AU, What if...?, vaghi cenni Shonen ai

*Rating: Arancione

*Note: Secondo e ultimo capitolo della mia bi- shot, dove come preannunciato già nel “prologo” ci sarà un incredibile disastro. Presenterò meglio la figura di Midorima che nel primo era solo accennata, magari riuscendo anche a donargli un'identità un pochino più concreta XD

Ho aumentato il rating della storia perché effettivamente quanto succede in questo capitolo non è cosa tanto carina :O spero vogliate perdonarmi (L)

Spero sia una buona lettura :)


 


 

 

Era passato quasi un anno dall'ultima volta che aveva percorso quella strada, eppure Nakatani ebbe di che ragliare per la terza volta prima del concludersi definitivo del viaggio: la strada era rimasta uguale ad allora, in ogni suo singolo sasso, e il povero animale aveva perso un altro pezzo di baldanza giovanile per poter davvero riuscire a sopportare tutto quello. Otsubo gli diede una pacca sulle spalle doloranti, d'incoraggiamento e fiducia, andando poi a frugare nella sacca del cibo ed estraendo quell'unica carota superstite che era rimasta – da quando erano diventati in cinque, nella compagnia, riuscivano a permettersi una quantità di frutta e di verdura tanto ingente da essere sprecata persino per gli animali da soma.
Il cavallo mangiò con gusto e avidità la radice, masticando con i suoi durissimi denti il cilindro arancione e producendo un rumore piuttosto secco. Taisuke ogni tanto aveva il sospetto che la bestia avesse imparato a lamentarsi più spesso proprio per ricevere in compensazione quei piccoli regali di cui era particolarmente ghiotto, ma non aveva mai interrotto il gioco sentendosi intimamente un poco in colpa per tutto il lavoro con cui sovraccaricava la sua schiena.

Il compito della Shutoku non era cambiato col tempo ed era rimasto sempre lo stesso: fungere da tramite e da intermediario tra i vari paesini sperduti arroccati tra le alte valli di quei monti. Anche se la popolazione si era estesa ed erano spuntate nuove case qua e là, le strade si erano allungate e una nuova quantità di merci si era aggiunta al solito carico, lui, Kiyoshi e Kimura non avevano smesso neanche un singolo giorno di fare ciò che andava fatto. Portare l'olio per le lampade era ancora fondamentale, in alcuni casi, e una pelliccia nuova faceva sempre comodo; questi erano i pensieri da cui Otsubo traeva gratificazione per ogni fatica.

Uno strillo acuto, al di là della nebbia opalescente che accerchiava ogni cosa, gli fece voltare il viso in alto alla ricerca di una sagoma scura e ben grande. Sentì prima lo sbattere lento di arti massicci che il vero e proprio Falco nel vento, quando la linea delle ali si materializzò a poca distanza da lui e non notarla sarebbe stato davvero difficile. Miyaji imprecò, con la sua solita grazia di forma, maledicendo quell'uccellaccio e il suo cavaliere. Takao lo sentì e rise di gusto, urlando qualcosa di rimando assolutamente allegro e privo di malizia.

-Ecco là il villaggio!-

Ancora una volta, fu il suo dito a indicare la posizione della meta ultima: non erano lontani.


 

“Occhio di Falco” non era cambiato affatto, almeno non nella sua integrità. Rimaneva un bambino un po' troppo cresciuto agli occhi di Otsubo, un ragazzetto vivace senza peli sulla lingua ma capace di grande professionalità ogni volta che serviva – un giovane, in poche parole, degno della sua più totale fiducia. Aveva scoperto che era molto bravo a conciare le pelli, per di più, cosa che gli aveva garantito la fabbricazione propria di alcune pellicce particolarmente pregiate che gli aveva fruttato un grosso guadagno.

L'unico problema era che si affezionava alle persone sbagliate.

La prima volta che aveva visto il Grande Dominatore non aveva rischiato troppo di rimanere sul posto, dacché il Falco aveva deciso di presentarsi a loro in un formato assai ridotto, appollaiato come un trofeo magnifico sulle spalle di un Kazunari appena tornato dalla sfida più ardua della sua vita – Otsubo aveva impiegato il suo tempo più a sgridarlo che a preoccuparsi della provenienza di quell'animale da compagnia che si era procurato. Quando invece si era trasformato in un ragazzo giovane, dagli occhi chiari e dalla corporatura snella, improbabili capelli verdi e una cecità che pareva assoluta, quasi fosse stata una presa in giro bell'e buona nei confronti della fama che lo traeva come il cacciatore infallibile, aveva rischiato di rimetterci cuore e cervello assieme al resto della compagnia. Aveva impiegato diverso tempo a fidarsi completamente di lui, o almeno a smettere di credere che fosse capace di ucciderlo nel sonno appena lui avesse abbassato la guardia.

Midorima Shintaro, così si era presentato, da quel momento in avanti si era comportato come un essere umano come tutti gli altri.

-Questa cosa... è commestibile?-

Anche in quel momento non smentiva il proprio brutto carattere: dietro ad occhiali procacciati con grande sforzo e sudore, il suo sguardo chiaro si posava senza pietà sulla zuppa biancastra che gli era stata servita come mensa cercando di capire se fosse meglio andare a passare due ore per riuscire a cacciare una lepre cruda oppure rimanere fermo in quel posto e ingerire altri tre cucchiai di pappa di rapa e altre radici. Sembrava davvero che si stesse convincendo della bontà della prima ipotesi, a giudicare dalla smorfia orrenda che fece quando sentì il “plop” basso che produsse il cibo quando lo sollevò con la posata e poi lo fece cadere di nuovo nella ciotola.

-Non fare tanto il difficile, Shin-chan! Hai presente quanto devono aver lavorato i contadini di qui per offrirci questo cibo? Mangia e ringrazia!-

Usando il cucchiaio come arma intimidatoria, Kazunari lo apostrofò con non poca severità, ricordandogli così come dovesse stare al mondo. Midorima, quantomeno, evitava di persistere in quello stato che lo avrebbe reso malvisto dal resto della popolazione umana – anche se questo non gli evitava l'irritazione di Miyaji, poco propenso a essere gentile, e lo scherno di Kimura.

Anche Taisuke continuò a mangiare la propria porzione di cibo e, intanto, fece ruotare gli occhi su tutte le pareti della lunga stanza in cui loro cinque si trovavano: la taverna aveva acquisito una fattezza più decisa, qualche altro tavolo, un po' di sedie e un paio di barili di alcool in bella vista vicino al bancone. C'era ancora il caminetto acceso e il vecchio cantastorie, come se certe cose non conoscessero mai la propria fine.

L'uomo anziano, appoggiato al proprio bastone e con la schiena rivolta al fuoco, sentendosi notato alzò il viso e incrociò il suo sguardo; gli sorrise con dolcezza e lo salutò con un cenno del capo.

-Sei proprio un moccioso, Kazunari!-

La voce di Miyaji, dolce al suo solito, lo fece voltare velocemente e rivolgere quindi al tavolo che condivideva con i quattro compagni. Subito, sentì Takao lamentarsi.

-Cosa c'è di male nell'ascoltare qualche storiella? Sono molto interessanti! E poi Shin-chan non ne ha mai ascoltata una! Di sicuro si divertirà anche lui!-

Midorima cercò di obiettare qualcosa, lo si notò dal gesto che fece nel portarsi la mano al volto per sistemarsi gli occhiali sul viso, ma Kiyoshi fu più rapido e veloce di lui: gli diede una pacca tale sulle spalle da farlo piegare in avanti e fargli cadere gli occhiali sul tavolo.

-In effetti anche lui è un moccioso tuo pari, ma non è neanche tipo da stare attento a certe cose!-

Era intuibile che Kiyoshi non trovasse molto simpatico Shintaro, ma d'altronde era innegabile che il Falco fosse molto utile alla compagnia per tantissime cose – anche se la sua mania di leggere gli oroscopi di notte attraverso le stelle, quando tutti cercavano di dormire quelle poche ore loro disponibili, indisponeva tantissimo anche il Capitano.

Takao si imbronciò non poco ma appena vide il solito gruppo di mocciosi, magari un poco più cresciutelli, accerchiare il vecchio, fece un sorriso gioioso con tutta la sua faccia e prese per mano Midorima, trascinandolo via.

-Vieni, Shin-chan! Vieni che comincia!-

Colto alla sprovvista il giovane demone non riuscì a fare molta resistenza, tuttavia si poteva intuire la sua irritazione dall'espressione scocciata che palesò nei primi cinque minuti – e le smorfie che faceva tutte le volte che incrociava lo sguardo allibito di uno di quei poveri bambini sorpresi. Pian piano, mentre la voce calda del vecchio riempiva tutta l'aria della stanza, le sue spalle si rilassarono assieme alla sua rigida postura, anche se ovviamente non arrivò ai livelli di coinvolgimento di Takao.

-Sono proprio due mocciosi...-

Otsubo brindò alla cosa, sollevando il proprio boccale di sidro e facendolo scontrare sia con quello di Miyaji sia con quello di Kimura.


 

Lo svegliò nel bel mezzo della notte un peso consistente sul proprio stomaco; quando Midorima aprì gli occhi e rivolse lo sguardo in basso già era scocciato, già sapeva chi avrebbe visto.

-Ti va di fare un giro, Shin-chan?-

Il vento pensò bene di soffiare gelido proprio in quel momento, filtrando assieme alla luce lunare dalla piccola finestra aperta – Midorima non riusciva a sopportare le stanze senza almeno due vani di accesso o di uscita, lo faceva letteralmente impazzire non sentire l'aria accarezzargli la pelle o le piume.

Sbuffò con tutta la dignità del mondo e si girò sotto le proprie lenzuola, in modo tale da far quasi cadere Takao dal proprio ventre e quindi dal letto. No, non aveva intenzione di muoversi da quel posto e no, non voleva scorrazzare da qualche parte quell'umano poco serio e fin troppo infantile.

Ma Kazunari aveva imparato presto come trattare con Shintaro, che se alle volte l'insistenza non era sufficiente allora conveniva fare leva su altri metodi. Per esempio, la riconoscenza o quella cosa strana chiamata orgoglio che imponeva ai proprio possessori di regolare qualsiasi debito avessero con le persone.

-E dire che io ti ho portato in giro senza dire nulla per tutti questi giorni, Shin-chan...-

Aveva gli occhi chiusi quindi non poteva vedere davvero la sua espressione, tuttavia il demone sapeva che l'altro stava cercando di insinuarsi nelle sue difese solo per ottenere ciò che desiderava. Maledetto, si sentiva come si divertisse a prenderlo in giro.

-Ero un piccolo falchetto pesante non più di cinque chili. Le tue spalle sono forti abbastanza da sopportare un peso simile. E poi non sono sempre stato appollaiato sopra di te!-

Resistenza. Strenua resistenza. Inutile resistenza. Come il fatto che a quel punto Midorima rotoli di nuovo sotto le lenzuola, dando la schiena al ragazzo.

-Così però mortifichi soltanto lo sforzo che ho fatto, Shin-chan! Non hai proprio più rispetto per me?-

Cercò di non dargli affatto corda, ma il silenzio che ne seguì gli suggerì che effettivamente Takao fosse dispiaciuto – e che il solo fatto di averlo pensato e di essersi dispiaciuto a propria volta sanciva una sconfitta totale. Sbuffò sonoramente e non solo una volta, anche se alla fine acconsentì d'accompagnarlo per un giretto aereo che durò quasi due ore.

Perché, lui non l'avrebbe mai davvero ammesso, ma era splendido sentire la voce di Takao mentre gridava di gioia e accompagnava il suo volo con grida piene di felicità: lo faceva sentire vivo, leggero, utile.


 

Quando giunse ai carri e alla roba da scaricare, Otsubo trovò soltanto Miyaji e Kimura già all'opera – di Takao e Midorima neanche l'ombra. Non servì che facesse domande perché Kiyoshi gli rispondesse, decisamente scocciato e alterato.

-Gli altri due stanno ancora dormendo come sassi nei loro letti!-

Toccò però a Kimura precisare la motivazione di un tale ritardo, mostrando al Capitano le carcasse afflosciate di due caprioli morti da non molto.

-Sono stati alzati tutta la notte, ieri...-

Taisuke represse un sospiro irritato, immaginando benissimo da sé la scena. Kazunari adorava volare, ad ogni ora del giorno, e a conti fatti anche a Midorima non sembrava dispiacere avere un nuovo cavaliere tutto per sé. Due bambini erano e due bambini sarebbero rimasti – almeno avevano la buona creanza di non sprecare completamente il loro tempo. Otsubo estrasse un lungo coltello dalla propria cintura, avvicinandosi ai due animali con fare pensieroso.

-A questi ci penso io. Avere un po' di carne fresca da vendere non è una brutta cosa. Miyaji, procurati qualcosa con cui essiccarla. Kimura, passami il sale e le spezie che si trovano nel tuo carretto: dobbiamo insaporirla un po'.-

Avvicinandosi vide i segni non solo delle frecce scoccate ma anche dei grossi artigli da rapace lungo i dorsi degli animali con cui il Falco li aveva afferrati e quindi trasportati. Questo implicava che la pelle sarebbe andata sprecata, almeno in parte, ma per quanto riguardava la carne non c'era alcun tipo di problema. Si mise al lavoro senza più pensare ad altro.

Fu quando ormai il fumo per l'essiccazione era già alto nel cielo e un profumo di spezie si era sparso un po' ovunque che Kiyoshi sentì i primi nitriti in lontananza. Lui era quello più vicino allo strapiombo che isolava quel pezzo di montagna dal resto del mondo, con una vista del circondato che era totale ma anche che faceva rendere conto di quanto fosse profondo e radicato l'isolamento cercato dai paesani: di strade per andare e venire ce n'era soltanto una ed era impervia e terribile. Non per questo una lunga fila di figure, che persino da lontano si potevano definire cavalieri dall'armatura e da tutto ciò che indossavano, la stava percorrendo, bizzarri e alquanto strani. Miyaji rise della loro idiozia, senza troppi pensieri.

-Guardate quegli idioti che si arrampicano sulle montagne con tutta quella roba addosso!-

Kimura alzò la testa e dopo aver scrutato per bene davanti a sé rise a sua volta, tornando quindi alle proprie faccende e alla carne che stava sfrigolando. Anche Miyaji lo imitò e riordinò con pazienza le cose sui banchetti ormai pronti.

Solo Otsubo impiegò qualche secondo di più a fissare i nuovi arrivati, i loro cavalli e gli strani abbigliamenti che da quella distanza può solo largamente intuire. Ma le bandiere no, quelle le vide perfettamente, perché portavano uno stemma tanto nobile che pochi al mondo sarebbero davvero riusciti a dimenticare, anche in quei tempi – anche in paesini sperduti nelle montagne a più di mille metri di altitudine rispetto al livello del mare.

Lo stemma imperiale.


 

Lo aveva svegliato una bruttissima sensazione, di botto e di colpo, ritrovandosi a occupare un letto all'improvviso troppo piccolo e una sorta di peso troppo ingente al proprio braccio. Volgendosi di lato, aveva visto Kazunari ancora profondamente addormentato che insistentemente rimaneva attaccato al suo arto senza dare l'impressione di volersene staccare per nulla al mondo. Gli diede una pacca sulla guancia per liberarsi e allo stesso tempo svegliarlo. Quello si lamentò, o almeno tentò di farlo, e non capì davvero come mai Midorima fosse così tanto scocciato da lui da saltare fuori dal letto con così tanta energia e appropinquarsi alla finestra, rimanendone però di lato.

-Shin-chan, neppure di mattina sei gentile! Che diamine ti prende?-

Quello gli intimò con un'occhiataccia di stare zitto e appoggiò la schiena contro il muro, prestando attenzione ai rumori che provenivano dall'esterno. Cavalli, tanti cavalli, e voci di uomini che non aveva mai sentito con accenti troppo gravi per essere del posto, metallo che strideva – e all'improvviso anche grida, di dolore e di terrore.

-Shin-chan?-

Che Takao si lamentasse ancora era solo un problema suo, a quel punto. Midorima, colto da un'improvvisa temerarietà, scostò appena la tenda della finestra e sbirciò fuori. Vide qualche sagoma nera, stemmi che non riconosceva ma in cui intravedeva simboli reali di indubbia interpretazione, e poi la direzione di quelli che variava e che si dirigeva verso la locanda in cui erano alloggiati.

Un terrore antico si impadronì di nuovo di lui, facendolo appiattire alla parete per qualche minuto senza la capacità di muoversi e quasi di respirare; Takao dovette alzarsi e andare da lui per calmarlo perché riprendesse a essere cosciente di sé stesso e di ciò che gli stava attorno.

E la prima cosa che vide fu appunto Takao. E il primo pensiero che ebbe non fu tanto rivolto alla propria sopravvivenza quanto piuttosto a quella di quell'essere umano, indifeso da chiunque se non da lui medesimo.

Lo prese quindi per le spalle, isterico come può esserlo solo una creatura che sa di avere il predatore a soffiargli contro il collo. Lo spinse nonostante le proteste, lo fece arretrare e, notando non troppo tardi il letto che occupava un lato della stanza, vi si nascose sotto assieme a lui. Gli tappò ad un certo punto anche la bocca per non sentirlo più lamentarsi ma non dovette fare più tanta resistenza quando entrarono quei cavalieri ammantati di nero, introducendosi nella stanza con un calcio rumoroso e potente che andò a far fracassare la porta contro il muro.

Ne entrò dapprima uno che aveva un paio di stivali dalle ricuciture abbastanza preziose e un drappo che strascicava a terra tale da far presupporre che fosse il capobranco – seguito da tre dei suoi che trascinarono dentro anche Otsubo, Miyaji e Kimura di forza. Kazunari li sentì e dovette trattenere un sussulto quando vide i lividi violacei e rossissimi suoi loro corpi e percepì la fatica estrema nella voce roca di Miyaji, che dopo aver sputato qualcosa e raschiato la gola pronunciò frasi di scherno.

-Tutto questo casino per niente. L'Imperatore ha fatica e tempo da sprecare, noto!-

Qualcuno lo fece stare zitto con un colpo e lui sputò ancora sangue a terra. Il capo prese Otsubo per il colletto della maglia che indossava, lo buttò sul letto ed estrasse la propria arma, una spada lunga e pesante.

-Dov'è il ragazzino che ha risvegliato il Grande Dominatore?-

Takao, a quella domanda, si fece rigido e ancora più pallido del solito; Midorima lo strinse a sé, terrorizzato dal fatto che le proprie previsioni si erano rivelate esatte. Ma ancora più terribile fu il tono piatto e glaciale con cui Taisuke rispose, completamente padrone di sé stesso.

-Non so di chi tu stia parlando...-


 

Quella frase fu solo l'inizio della tortura. I cavalieri ammantati di nero non si limitarono a colpire con i loro pugni di metallo il corpo scoperto di Otsubo ma tagliarono con le loro spade affilate, davanti agli occhi del Capitano, uno a uno gli arti di Miyaji e Kimura, finché non vi più più niente da mozzare. Kazunari, stretto com'era al corpo di Midorima, non riuscì a vedere gli sguardi che Taisuke scambiò con i propri compagni, il tacito accordo che se ormai la loro sorte era stata decisa avrebbero allora protetto anche con quello che rimaneva della loro vita l'ultimo superstite della compagnia Shutoku. Dovettero guardarsi negli occhi più volte, perché una volta che Kiyoshi venne definitivamente ucciso Shinsuke ebbe qualche secondo di esitazione e gridò pietà, pietà e perdono, che voleva vivere e non morire come un cane – ma alla domanda “dove fosse Occhio di Falco” non rispose e si mise a piangere piuttosto che sputare qualche parola.

Otsubo fu l'ultimo a cui tagliarono la testa e lo fecero in pubblico, in quell'unico posto che i poveri del luogo con un po' di fantasia potevano definire “piazza”.

Accusa di alto tradimento nei confronti dell'Imperatore: questa era l'accusa per la quale la scure calò sulla sua nuca e il suo corpo esposto per due giorni di fila all'entrata di quel villaggio.

E quando i locandieri entrarono nella stanza di quei mercanti disgraziati la trovarono vuota come avevano presupposto.


 

-Shin-chan?-

La voce di Takao era ormai diventata meno stridula, più calma e posata, insicura come quella della preda che ancora non ha capito se poter uscire dalla propria tana oppure no.

-Shin-chan, pensi che aver paura sia una cosa da codardi?-

Il Falco sbatté le possenti ali attraverso le nubi scure della notte. Pensò per sé che sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe parlato di Akashi, dell'Imperatore Celeste e della funzione delle sue Armi – magari però quando la preda avrebbe scelto per sé e da sé la via del cacciatore. Pensò per Takao, perché attraverso il pensiero lo sentisse, qualcosa di diverso.

-Non necessariamente. Può aiutarti ad analizzare la situazione con una razionalità diversa da coloro che non provano alcun timore e quindi non prendono in considerazione ogni eventualità.-

Il giovane si strinse al suo collo, cercando calore tra le sue piume. Cercò di non essere troppo stizzito dal gesto, specialmente quando sentì il calore delle suo guance contro di sé: doveva aver pianto ancora una volta e da poco.

-In queste eventualità c'è anche la mia sopravvivenza, Shin-chan?-

Midorima dovette rimanere in silenzio qualche secondo di troppo per rispondere, perché per farlo dovette ricordare il suo sguardo allegro, il suo sguardo pieno di gioia, e il suo sguardo triste e terrorizzato, da anima in pena. Dovette ricordarsi l'umanità in quei due occhi tanto adorabili e degni d'essere amati tanto da votare la propria vita per quelli, di contro a tutto ciò che fosse logico e giusto.

-Rimanendo con me, sicuramente.-

Si sentì stringere, e il suo cuore ebbe un doloroso spasmo – giurò alla Luna che sarebbe morto pur di realizzare quella sporca e dolcissima bugia.

   
 
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