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Autore: ScarlettIvyCH    22/08/2012    1 recensioni
"Quello che si chiama felicità nel senso più stretto corrisponde all'improvviso appagamento di bisogni accumulati e per sua stessa natura può esistere soltanto come fenomeno episodico." Sigmund Freud.
Una citazione che scatena nella mente di una giovane donna riflessioni sui cambiamenti, gli innamoramenti e le finzioni.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Quello che si chiama felicità nel senso più stretto
corrisponde all'improvviso appagamento di bisogni accumulati e
per sua stessa natura può esistere soltanto come fenomeno episodico.”

Sigmund Freud.
Il disagio della civiltà.

 

Stancamente chiudi il libro di testo.  
Tu e i tuoi pensieri da ragazzina vi aspettavate tutt’altro dalla vita.

Non puoi fare a meno di pensare a quanto, in un paio d’anni, la tua visione della vita sia stata così radicalmente sconvolta. Non è la prima volta, ricadi facilmente in quei gironi senza via d’uscita, sei come un cane che si morde in continuazione la coda, ma non ti importa e continui a seguire i tuoi pensieri...

Solo due anni prima la felicità era qualcosa di meraviglioso, delicato e sfuggente di cui godere appieno, qualcosa da cercare nei suoi occhi, nei suoi gesti e nel ricordo di questi. Il suono della sua voce mentre pronunciava il tuo nome, la sua risata, il suo viso. I tuoi occhi troppo spesso su di lei per imprimere nella memoria ogni sfumatura che il sole luminoso creava sul suo volto chino, concentrato  sul libro di testo. Avevi creduto, sperato, desiderato con tutto il cuore che lei si accorgesse di te, di quanta felicità ti donava un suo sorriso se rivolto a te, ma quando lei se ne era accorta tutto ciò che aveva fatto era stato ignorarti, o meglio ignorare i tuoi sentimenti. In un modo egoista aveva trovato la sua felicità. Le eri simpatica, non poteva lasciarti andare, doveva lacerarti e riempirti di dubbi. Nel suo piano tu c’eri: un onore, è questo che ti sei ripetuta a lungo. Avevi accettato il ruolo che lei ti aveva imposto, come un’attrice ancora troppo inesperta che non ottiene il ruolo da protagonista, ma una parte come comparsa e allora, delusa e affranta, cerca di essere la comparsa migliore di tutto il film ripetendosi che è un onore poter esserci, ma la regista decideva per te e non aveva  importanza quanto tu fossi stata lì per lei, quanti sforzi tu avessi fatto, per lei eri  soltanto l’amichetta di cui non parlava mai, la cui presenza era scontata e tu ti ripetevi ancora una volta che potevi migliorare e che c’eri, era un onore. Cercavi con tutta te stessa di apparire più carina, ti interessavi a lei, cercavi di farla ridere, di strapparle un’uscita, di sapere tutto ciò che riguardava i suoi interessi solo per poterci parlare due minuti in più.

Il tempo è passato, un anno, forse due,  e tu non consideri più un onore starle accanto.

Per qualche mese non facevi altro che colpevolizzare te stessa e urlarti contro i più coloriti insulti che ti venivano in mente, poi è stato il suo turno.

I suoi toni da saccente hanno iniziato ad irritarti, le sue frasi più divertenti a sembrarti stupide ed  ogni sua frase la vedevi per quello che era, un insulto alla tua intelligenza.

I giorni, i mesi, sono passati mentre tu recitavi un ruolo che ti riempiva di tagli, dubbi, stupidi segreti, inutili sogni e tutto quello che avevi pensato fosse giusto a poco a poco è cambiato.

Lei non è più la ragazza con quei bellissimi occhi che ti ricordavano la tua prima cotta, non è più un modello da seguire, non è più amabile, bella, gentile.

Ora con gli occhi aperti la guardi, i suoi sono fissi sul libro e sembra come se stessi guardando una fotografia rovinata dal tempo. I colori che una volta erano resi luminosi dalla luce brillante del sole ora ti appaiono spenti e non puoi affermare con certezza che sia tutta colpa del cielo grigio, quel cielo che hai iniziato ad amare. Ami la pioggia, l’hai sempre amata e ora ami anche quel manto grigio che una volta odiavi tanto, quel cielo cupo che non portava a nulla né al sole né alla pioggia. Le cose sono cambiate, ora quel cielo ti sembra così adatto, così sensato e la ragazza davanti a te una brutta e vecchia copia di quello che cercavi.  Oh, certo cerchi ancora la felicità, non puoi farne a meno e ancora fingi, ti perdi in stupidi pensieri, perché ci sono cose che decisamente non cambiano mai. Ma i tuoi sentimenti per lei, quelli sono tutt’altra cosa.

Ti maledici ancora una volta, mandi al diavolo te stessa e i tuoi stupidi sensi. Sei abbastanza grande ormai, non dovresti fare così tanto affidamento sui tuoi impulsi, dovresti saperli dominare!

Invece ti ritrovi a cercare e a inspirare il suo profumo, ad ascoltare il suo respiro calmo e il battito del suo cuore appena puoi, ad ammirare le sue mani e i suoi gesti.   

Ti dai fastidio da sola, ma non riesci a farne a meno perché quando sei con lei e senti il suo profumo, la sua voce, vieni colta da un’improvvisa amnesia. Sai all’incirca che starai male, e quella sofferenza che solo qualche minuto prima sembrava straziante diventa così vaga da cadere nel dimenticatoio. Tutto ciò di cui avevi bisogno veramente diventa completamente superfluo nella tua mente. Avevi bisogno di dirle quanto ti avesse offesa con quella frase? E perché mai?! Ora che lei è qui non senti il costume di scena calzarti a pennello? Suvvia, non si rovina una recita così ben orchestrata, una comparsa che aspira ad un gran successo non lo farebbe mai! Quindi eccoti il copione: scena 3840; La regia non vuole far altro che chiacchierare del più e del meno, la comparsa segua la reginetta della scena comportandosi come se fosse una delle sue migliori amiche. Semplice, no? Sai che puoi farlo, ormai è routine.

Ed è in quel momento che senti come se all’improvviso tutti i tuoi bisogni accumulati siano soddisfatti in un modo che non avevi previsto e ti senti felice.

Fine della scena, si scende dal palco. Ora puoi finalmente sentirti male, sentirti te stessa.

La felicità svanisce insieme al tuo sorriso e i tuoi desideri, i tuoi bisogni ritornano ad essere fastidiosamente insoddisfatti, come un tremendo prurito che non vuole andarsene via anche se cerchi con tutta te stessa di non pensarci o di ingannare la tua mente con false indicazioni... perché quel prurito non c’è, non ricordi? L’hai grattato via pochi minuti fa.  Ma è tornato, ti tormenta ed ora non puoi più ingannare la tua mente, non penserai che possa ingannarsi un’altra volta? E che memoria orrenda, non ricordi nemmeno cos’hai letto qualche minuto fa?! “La felicità per sua stessa natura può esistere soltanto come fenomeno episodico.” Non riflettevi stancamente su quello?

 

 

Grazie per essere arrivati fin in fondo a questa mia fan fiction :D
Se volete lasciare una critica, un commentino o anche solo un parere non esitate a farlo, saranno sicuramente apprezzati molto (purché privi di insulti).
Saluti, CH.

  
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