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Autore: Morgaine You    22/08/2012    3 recensioni
[Dedicata a Jo Gates♥]
Purtroppo, non è affatto vero che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e Ji Yong sapeva, sapeva che prima o dopo avrebbe dovuto affrontare quella realtà che ormai da troppo tempo evitava.
Questo é il mio primissimo lavoro sui Big Bang, se vi siete sentiti coinvolti o, al contrario, avete delle critiche, ogni opinione é ben accetta (:
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Nel tepore confortante della doccia di casa sua, i pensieri di Ji Yong fluivano via come il vapore prodotto dall’acqua calda.
Ji Yong non si sarebbe mai perdonato per quel gesto sconsiderato, dettato dalla pura rabbia; e SeungRi stesso, non lo avrebbe mai perdonato.
Aveva colpito il ragazzo che amava; e come vero era il suo sentimento, tanto vero era, ora, il disprezzo chr SeungRi provava per lui.
L’aveva vista nei suoi occhi poco prima, quella scintilla di disgusto misto ad incredulità.
 
Ji Yong si accasciò sul pavimento di marmo bianco della doccia, e pianse; pianse per l’ennesima volta quel giorno.
Acquattato in un angolo, l’acqua che gli scorreva sulla pelle, cercava di dimenticare: dimenticare tutto, i ragazzi, le prove, il freddo autunno che imperversava, le lunghe passeggiate solitarie.
Dimenticare le lunghe ore passate a scrivere i testi che li avevano resi famosi, gli urli isterici di Seung Hyun quando sbagliava un passo, i tatuaggi di Taeyang, la depressione di Daesung.
E, ovviamente, dimenticare SungRi.
Il solo pensiero lo torturava; da tempo sognava di poter accarezzare il suo volto, passandogli con tocco leggero una mano fra i suoi capelli, che Ji Yong considerava meravigliosi.
Quale dolce peso sentiva sullo stomaco al suono della sua voce; ma l’avrebbe ascoltata all’infinito, se mai gli fosse concesso.
L’istinto predatore gli guidava i pensieri; e, nei suoi pensieri, SeungRi gli apparteneva.
Ma la mente, fredda e calcolatrice, controllava le sue azioni.
E ora Ji Yong doveva uscire, dalla quella doccia, se non voleva veder spuntare le branchie.

 Appena si distese sul letto, sentì un rumore di chiavi inserite nella serrature; conosceva ormai a memoria quel rumore sgraziato e metallico.

Un forte scalpiccio di stivali, una sedia che si sposta.
La porta della sua camera si aprì lasciando entrare una forte luce, che lo abbagliò; non fece neanche in tempo ad alzarsi che già Daesung gli era balzato sopra, sul letto.
Perfetto, è la fine. SeungRi gli avrà raccontato tutto.
 
“Ji Yong, per l’amor del cielo, hai preso il raffreddore?”
Daesung si strusciava affettuosamente sulla sua maglietta, sotto lo sguardo stupito di Ji Yong.
“Come?”
“Sì, SeungRi ci ha raccontato che, quando è venuto a prenderti in macchina, tu eri a letto con la febbre.
Sembrava così preoccupato! Noi abbiamo continuato le prove, ma poi eravamo in pensiero per te, e siamo tornati in fretta portandoti qualcosa da mangiare!”
 
Ji Yong sorrise.
Sorrise per la stretta soffocante di Daesung, che non sembrava volerlo lasciare, e per le schifezze da supermercato che Taeyang aveva scelto con cura, conoscendo perfettamente i suoi gusti.
Ma, soprattutto, il fatto che SeungRi non avesse parlato agli altri della loro conversazione ben poco civile della mattinata, lo rese più leggero, e nel profondo nel suo animo sapeva che forse, forse una speranza c’era ancora.
 
Entrando in cucina, Seung Hyun sedeva al tavolo intento a compilare dei fogli.
Non lo salutò nemmeno; solamente, alzando velocemente lo sguardo dalle carte, gli scocco un’occhiata austera, quasi volesse incolpare Ji Yong di qualcosa che andava oltre la sua conoscenza.
“Dov’è SungRi?”
 
 
Il tetto della palazzina era piatto, e nelle afose giornate estive ci si poteva stendere a godere dei raggi del sole.
Molte piante trovavano posto in quel piano aggiunto e scoperto della palazzina.
Vi erano due limoni, molti bonsai, e qualche basilico profumato; sul lato sinistro della terrazzina, così veniva comunemente chiamata, due vecchi signori, ormai morti da tempo, vi avevano collocato una comoda panchina verde.
SeungRi amava quel luogo.
Quando voleva stare solo ci andava sempre; spesso si addormentava su quella panchina, e si risvegliava infreddolito nel mezzo della notte cadendo sullo sporco pavimento.
Il vento era più forte lì in alto, ma questo non era un problema; SeungRi sopportava facilmente il freddo, e non si ammalava praticamente mai.
Quando  lo vedeva più nella sua stanza, o davanti alla televisione, Ji Yong sapeva dove trovarlo.
 
Dall’ultimo piano, il loro, una rapida sala a chiocciola portava alla terrazzina; Ji Yong la percorse velocemente, non preoccupandosi di poter inciampare di nuovo.
Le ferite alle gambe gli bruciavano ancora, ma erano ben poca cosa.
Doveva parlargli, non poteva trovare più scuse, lo aveva fatto già per troppo tempo.
 
Arrivò sul terrazzino, silenziosamente: il vento continuava a soffiare, ininterrottamente.
Alcune foglie roteavano nell’aria come appese a cielo attraverso fili invisibili.
Poi lo vide.
Vide SeungRi appoggiato alla balaustra in ferro che dava alla strada; le sue spalle, contratte, rivelavano una mente turbata.
Non poteva vederlo in faccia, ma era sicuro che non stesse guardando nulla di particolare.
Semplicemente, fissava il vuoto, e sarebbe rimasto lì, in quella posizione, per ore, se avesse voluto.
 
Ji Yong si guardò intorno. Come al solito, non c’era nessun’altro lì.
Si avvicinò al ragazzo moro piano, quasi a non volerlo disturbare.
Alzò una mano in direzione di SeungRi; avrebbe voluto appoggiarla sulla sua spalla, toccare il tessuto che avvolgeva il suo corpo.
Si bloccò a mezz’aria; esitava.
Cosa gli avrebbe detto poi?
Doveva confessare, confessare che il vederlo ogni giorno e non poterlo abbracciare, toccare, lo stava rendendo pazzo.
E lui come avrebbe reagito? Non gli avrebbe creduto, l’avrebbe deriso, o forse..
“Ti aspettavo”
La voce di SeungRi ruppe l’incantesimo; il tempo sembrava essersi fermato per entrambi.
SeungRi si girò, e si trovò faccia a faccia con Ji Yong, che lo fissava perso a pochi centimetri da lui.
Il labbro era ancora ferito, all’altezza del pugno della mattina.
“Vorrei delle spiegazioni. Perché sono stanco. Stanco di dover sempre fare da intermezzo tra te e Taeyang quando litigate, o con gli altri quando c’è qualche problema”
“Ora, voglio sentirmelo dire apertamente. Vuoi lasciare la band, non è così? Conosco i tipi come te, Ji Yong. Quando si stancano di qualcosa, non hanno il coraggio di affermarlo, e si rinchiudono in se stessi”
“No, SeungRi, non è affatto così! La verità è che..”
“Sta zitto. Ti mostri forte e spudorato, eh? In realtà dentro sei solo un vigliacco. Ricorda che la band non sei tu. Ci siamo anche noi. Anzi, da ora, saremo solo in quattro”
Così dicendo, prese la giacca che aveva appoggiato alla balaustra, e si diresse verso la porta.
Ji Yong era impietrito.
Non aveva saputo rispondere alle false accuse di SeungRi, e ora lui se ne stava andando, per sempre.
 
Non, non avrebbe mai permesso che finisse così.
 
Il sangue sembrò scorrergli nuovamente nelle vene, dopo essersi fermato per quegli istanti infiniti.
Afferrò SeungRi per la maglietta, strappandogliene il lembo inferiore.
Il ragazzo moro, accortosi quasi all’improvviso di quello che stava accadendo, si voltò di scatto, pronto a dare una lezione fisica e definitiva a quel bastardo che insisteva nella sua stupida recita.
Chiuse il pugno destro con forza, le unghie a ferirgli il palmo.
Si preparò a colpire in pieno volto Ji Yong, ma le sue labbra vennero catturate da quelle dell’amico.
Finirono a terra; ma Ji Yong non mollò la presa, e bloccò a terra il suo maknae.
Il pavimento era freddo, ma il corpo di SeungRi emanava un calore tale che Ji Yong non sentì quasi il freddo marmo sotto di loro.
Ji Yong serrò le sue labbra con ancora più forza a quelle del ragazzo moro.
Niente l’avrebbe portato via da lui, mai.
E, stranamente, SeungRi non si muoveva; quando Ji Yong aprì gli occhi, si accorse che l'altro lo fissava, dolcemente.
Quello sguardo gli fece mancare il fiato; era peggio di un pugno allo stomaco.
Richiuse gli occhi; SeungRi gli aveva aperto i recessi più nascosti della sua bocca, senza che lui lo chiedesse.
Ji Yong ad un tratto si  fermò, e alzò leggermente quel che restava della maglia di SeungRi.
“Che fai?”
“Voglio…voglio sentire il calore della tua pelle”
Ji Yong posò la mano sul ventre del più giovane, sentendolo vibrare leggermente al suo tocco.
Dei, quella pelle era come la seta.
Una seta bianca, leggera, che si può facilmente disfare.
 
Ji Yong aiutò SeungRi ad alzarsi, e, quando gli prese la mano, non riuscì a trattenere le lacrime.
“Lo capisci, ora?” quasi non si accorse di urlare “Capisci quello che fino ad ora non sono riuscito a dirti?”
Gli occhi di SeungRi erano fissi nei suoi, e lo imploravano di perdonarlo per non aver saputo capire.
“Ogni singolo giorno, per tanto, troppo tempo, venivo all’alba nella tua stanza, di nascosto. Tu dormivi profondamente, e io passavo le ultime ore di semi oscurità a guardarti. Accarezzavo con lo sguardo i tuoi lineamenti, e allineavo il tuo respiro al mio.
Ma poi arrivava il giorno, e con la luce del sole non potevo permettermi di passare le ore accanto a te.
Così me ne andavo il più lontano possibile, in città, lontano da te”
Appoggiato al petto di SungRi, Ji Yong sfogò tutta la sua rabbia per aver ferito l’amico, la sua unica ragione di vita.
Sfiorò con il dorso della mano il suo labbro gonfio, adagiando un’altra volta poi, delicatamente, le labbra sulle sue.
“Mi dispiace. Non avrei mai dovuto ferirti, amore mio. Non so veramente cosa mi fosse preso; ero accecato dalla rabbia, dalla frustrazione, e non sono riuscito a fermarmi nemmeno davanti a te. Non permetterò mai a nessuno, soprattutto a me stesso, di toccarti di nuovo”
A quelle parole, SeungRi cadde sulle ginocchia, e baciò delicatamente le ferite di Ji Yong, ancora insanguinate e sporche.
Voleva solo guarirlo con tutto l’amore che poteva dargli.
 
Se una macchina fotografica avesse potuto catturare quel momento, sicuramente SeungRi avrebbe tenuto quella foto sotto il cuscino, la notte, in ricordo di quel giorno così umido e freddo, in cui la sua vita era cambiata per sempre.
“Andiamo a casa” gli aveva detto Ji Yong, accarezzandogli i capelli.
“Sì, andiamo”
 
Chiudendosi la porta della terrazzina alle spalle, Ji Yong ebbe come la sensazione di essere osservato; guardò nuovamente intorno a se, ma non c’era assolutamente nessuno.
Neppure quei deliziosi merli dal manto corvino che normalmente affollavano il tetto.
Eppure, non si sentiva tranquillo; sentiva come una presenza, pronta ad afferrarlo alla sua prima distrazione.
Non aveva notato la finestrella del piccolo edificio che permetteva di accedere alla terrazzina.
   
 
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