The
little Lies
have different Shades
of White
Taeyang era furioso.
Tae non era mia stato un tipo paziente, ma da un paio di settimane il muro di silenzio che Ji Yong si era costruito intorno a se lo irritava oltre ogni possibile immaginazione.
Quella mattina, mentre facevano colazione tutti insieme nel loro piccolo appartamento di Seul, Ji Yong aveva accidentalmente urtato una scodella che, cadendo rumorosamente a terra, era andata in mille pezzi.
“Non l’avevo notata”
Questo era stato l’unico commento del ragazzo biondo.
Il tono era il solito; piatto, incolore.
Sotto lo sguardo impietosito degli altri suoi compagni, si era limitato a raccogliere i cocci, poi se n’era andato.
Se ne andava a leggere, diceva.
Questa passione per la lettura era nata da troppo poco per poter definire Ji Yong un vero lettore.
Quando non si impegnava a comporre, girava per la città, il berretto calato sugli occhi languidi e tristi, e s’intrufolava in tutte le librerie che riusciva a scovare, persino quelle più piccole e sconosciute.
La scena si ripeteva ogni volta con meticolosità: uno sguardo veloce agli scaffali, lo scambio di un paio di veloci frasi con la commessa, l’acquisto e l’uscita; senza voltarsi, come se per le strade non ci fosse che lui, ritornava a casa.
Niente horror, niente azione, niente avventure poliziesche.
Anche DaeSung conosceva Shakespeare; bhe, infondo tutti lo conoscevano.
Una volta anche lui aveva letto, ai tempi della scuola, una sua opera.
Romeo e Giulietta forse era il titolo; ma non se lo ricordava poi così bene.
Come poi Jiyong riuscisse a comprendere quel linguaggio complicato e arcaico, DaeSung proprio on lo capiva.
Il suo amico era sempre diretto con le parole, a volte anche un po’ sfrontato e poco elegante.
“Cazzo, le prove…”
Preso com’era dai suoi pensieri, quasi aveva scordato l’impegno preso per quel pomeriggio con i compagni; dovevano girare il nuovo video, che sarebbe uscito tra due giorni esatti.
Pochi, troppo pochi per i suoi nervi già a pezzi.
Non avrebbe sopportato di dover mostrare quello che in realtà non era; la canzone parlava d’amore, un amore felice.
E lui non aveva una storia felice da raccontare.
All’interno riusciva a vedere, nonostante la nebbia che l’avvolgeva, il volto preoccupato di SeungRi.
Oh no, dei, vi prego.
Inciampò su una pietra invisibile, e cadde a terra, sulle ginocchia, senza volontà nelle membra; un dolore atroce percosse ogni muscolo, ogni punto del suo corpo.
Iniziò a piangere; pianse forte, forse gridò.
Gli occhi gli bruciavano come fuoco, e portandosi le mani alle gambe, le vide sporche di sangue.
Ma non era il dolore dell’incidente a farlo accartocciare così inerme, nudo, in mezzo alla strada; tentò di rialzarsi, voleva scappare da quella casa, dai suoi compagni, da quelle piccole bugie dette giorno per giorno, ingoiate come le pillole amare dei malati.
Non sentiva più alcun rumore; ad un tratto pensò di essere morto.
Allungo un braccio, e la mano si sporcò del fango dovuto agli acquazzoni stagionali.
Le grumosità della terra si insinuò fin sotto le sue unghie, e un piccolo pezzo di vetro, resto di una balorda serata di qualche accattone, gli procurò un ferita nel palmo destro.
No, non era morto; era fin troppo vivo.
Un rumore di clacson lo risvegliò dal torpore.
Una voce roca, proveniente dall’automobile che aveva imboccato quella stessa via, gli intimava di togliersi dalla strada; Ji Yong sentì anche qualche bestemmia.
Non aveva la forza di alzarsi, e forse non l’avrebbe mai trovata.
Si spostò, con un movimento sgraziato, di lato, finendo nella pozza di fango, tra i vetri rotti e i resti della triste pioggia dell’alba.
L’armonia che quella giornata autunnale gli trasmetteva, l’odore d’erba bagnata, la sporca strada sterrata sotto di lui, gli fecero desiderare di rimanere lì per sempre.
Ma, purtroppo, non è affatto vero che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e Ji Yong sapeva, sapeva che prima o dopo avrebbe dovuto affrontare quella realtà che ormai da troppo tempo evitava, nascondeva.
E quella realtà aveva un nome e un cognome.
Da quanto tempo si trovava disteso lì, a terra?
“Ji Yong, cosa diamine ti è preso? Volevi ammazzarti? Se fosse arrivata una macchina in velocità… cosa… parlami, piccolo bastardo!” SeungRi aveva preso il biondo per il colletto della maglia, e lo strattonava violentemente.
L’altro, gli occhi vacui ancora rivolti verso un punto indefinito sopra di lui, si rifiutava di guardarlo.
“Guardami, Ji Yong, cazzo! Sono io, mi riconosci? Diamine, parlami!”
Ji Yong finalmente si voltò verso di lui.
Ma quelll’animale sapeva di aver lottato prima di morire.
Un gesto improvviso, impulsivo, senza una ragione precisa.
Un rivolo di sangue uscì dal labbro inferiore di SeungRi che, paralizzata dall’assurdità di quel gesto, non reagiva.
Le parole di SeungRi risuonavano come tamburi alle orecchie di Ji Yong.
“Sta’ zitto, non voglio più sentire le tue stronzate”
SeungRi fissò il ragazzo biondo per qualche secondo, prima di voltarsi; non aveva più nulla da dirgli, ormai, e le prove erano già iniziate.
Salì in macchina, e premette il pedale dell’acceleratore in un modo così violento che i pneumatici lasciarono delle scure tracce sull’asfalto.
Ji Yong si scontò per lasciarlo passare.
E’ la mia prima FF sui Big Bang, quindi abbiate pietà.
Per i nomi, ho usato quelli originali per DaeSung e G-Dragon, mentre per Taeyang e SeungRi ho dovuto usare quelli più conosciuti, perché quello di Tae suonava malissimo, mentre quello di Seu si sarebbe confuso con l’originale di TOP, che apparirà nel prossimo capitolo e per cui userò l’originale
*Frase tratta dall'Otello, di William Shakespeare, primo e unico con questo nome.
Jo
Gates,
mia piccola
patatinah. Ti avevo detto(trollandoti) che avrei scritto qualcosa sui
BB. E ora, Boom Shakalaka BD. Spero
ti sia
piaciuto il primo capitolo, e se vorrai leggere i prossimi ne
sarò colo che
felice. Ti voglio bene.