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Autore: Morgaine You    20/08/2012    2 recensioni
[Dedicata a Jo Gates♥]
Purtroppo, non è affatto vero che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e Ji Yong sapeva, sapeva che prima o dopo avrebbe dovuto affrontare quella realtà che ormai da troppo tempo evitava.
Questo é il mio primissimo lavoro sui Big Bang, se vi siete sentiti coinvolti o, al contrario, avete delle critiche, ogni opinione é ben accetta (:
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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The little Lies have different Shades of White

 

 

“Maledizione Ji Yong, si può sapere dove hai la testa?”
Taeyang era furioso.
 Tae non era mia stato un tipo paziente, ma da un paio di settimane il muro di silenzio che Ji Yong si era costruito intorno a se lo irritava oltre ogni possibile immaginazione.
Quella mattina, mentre facevano colazione tutti insieme nel loro piccolo appartamento di Seul, Ji Yong aveva accidentalmente urtato una scodella che, cadendo rumorosamente a terra, era andata in mille pezzi.
“Non l’avevo notata”
Questo era stato l’unico commento del ragazzo biondo.
Il tono era il solito; piatto, incolore.
Sotto lo sguardo impietosito degli altri suoi compagni, si era limitato a raccogliere i cocci, poi se n’era andato.
Se ne andava a leggere, diceva.
 
Questa passione per la lettura era nata da troppo poco per poter definire Ji Yong un vero lettore.

Quando non si impegnava a comporre, girava per la città, il berretto calato sugli occhi languidi e tristi, e s’intrufolava in tutte le librerie che riusciva a scovare, persino quelle più piccole e sconosciute.
La scena si ripeteva ogni volta con meticolosità: uno sguardo veloce agli scaffali, lo scambio di un paio di veloci frasi con la commessa, l’acquisto e l’uscita; senza voltarsi, come se per le strade non ci fosse che lui, ritornava a casa.

 

DaeSung, un giorno, mentre cercava di sistemare quel poco che era rimasto di quella che una volta era la camera che divideva con Ji Yong, spinto dalla crescente curiosità, aveva preso in mano uno dei tanti libri sparsi sul pavimento; erano diventati veramente ingombranti, quegli ammassi cartacei.

Si stupì quando lesse i titoli di quei libri.
Niente horror, niente azione, niente avventure poliziesche.

 I volumi erano tutti alquanto brevi, e tutti, o così gli era sembrato, rigorosamente dello stesso autore.

Amleto, Come vi piace, Riccardo III, Macbeth..
Anche DaeSung conosceva Shakespeare; bhe, infondo tutti lo conoscevano.
Una volta anche lui aveva letto, ai tempi della scuola, una sua opera.
Romeo e Giulietta forse era il titolo; ma non se lo ricordava poi così bene.
Come poi Jiyong riuscisse a comprendere quel linguaggio complicato e arcaico, DaeSung proprio on lo capiva.
Il suo amico era sempre diretto con le parole, a volte anche un po’ sfrontato e poco elegante.

 Mentre rimetteva in ordine, un libro gli cadde a terra, aprendosi nel mezzo.

Oh, guardatevi dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre. Beato vive quel cornuto il quale, conscio della sua sorte, non ama la donna che lo tradisce: ma oh, come conta i minuti della sua dannazione chi ama e sospetta; sospetta e si strugge d'amore!” *

 

 Quando Ji Yong tornò nell’appartamento quella mattina, non vi trovò nessuno.

Solo, un biglietto sul tavolo della cucina lo ammoniva di raggiungerli il prima possibile alla casa discografica.
“Cazzo, le prove…”
Preso com’era dai suoi pensieri, quasi aveva scordato l’impegno preso per quel pomeriggio con i compagni; dovevano girare il nuovo video, che sarebbe uscito tra due giorni esatti.
Pochi, troppo pochi per i suoi nervi già a pezzi.
Non avrebbe sopportato di dover mostrare quello che in realtà non era; la canzone parlava d’amore, un amore felice.
E lui non aveva una storia felice da raccontare.

 Scese le scale in fretta, senza curarsi di prendere qualcosa da mettersi addosso; l’autunno avanzava, e il vento diventava ogni giorno più freddo.

Uscendo dal palazzo, notò una macchina nera, con i finestrini abbassati, vicino al marciapiedi.
All’interno riusciva a vedere, nonostante la nebbia che l’avvolgeva, il volto preoccupato di SeungRi.
Oh no, dei, vi prego.

 Cominciò a correre.

Si diresse alla uscita della stretta via, verso la strada, ma senza guardarla.
Inciampò su una pietra invisibile, e cadde a terra, sulle ginocchia, senza volontà nelle membra; un dolore atroce percosse ogni muscolo, ogni punto del suo corpo.
Iniziò a piangere; pianse forte, forse gridò.
Gli occhi gli bruciavano come fuoco, e portandosi le mani alle gambe, le vide sporche di sangue.
Ma non era il dolore dell’incidente  a farlo accartocciare così inerme, nudo, in mezzo alla strada; tentò di rialzarsi, voleva scappare da quella casa, dai suoi compagni, da quelle piccole bugie dette giorno per giorno, ingoiate come le pillole amare dei malati.
Non sentiva più alcun rumore; ad un tratto pensò di essere morto.
Allungo un braccio, e la mano si sporcò del fango dovuto agli acquazzoni stagionali.
Le grumosità della terra si insinuò fin sotto le sue unghie, e un piccolo pezzo di vetro, resto di una balorda serata di qualche accattone, gli procurò un ferita nel palmo destro.
No, non era morto; era fin troppo vivo.
Un rumore di clacson lo risvegliò dal torpore.
Una voce roca, proveniente dall’automobile che aveva imboccato quella stessa via, gli intimava di togliersi dalla strada; Ji Yong sentì anche qualche bestemmia.
Non aveva la forza di alzarsi, e forse non l’avrebbe mai trovata.
Si spostò, con un movimento sgraziato, di lato, finendo nella pozza di fango, tra i vetri rotti e i resti della triste pioggia dell’alba.

 Non gli importava di alzarsi; stranamente, la fitta che pulsava nel suo ginocchio gli procurava un certo sollievo interiore, gli alleviava la pena che, ormai da troppo tempo, portava nel cuore.

Alzò gli occhi al cielo, e si perse tra le immensità di esse.
L’armonia che quella giornata autunnale gli trasmetteva, l’odore d’erba bagnata, la sporca strada sterrata sotto di lui, gli fecero desiderare di rimanere lì per sempre.
Ma, purtroppo, non è affatto vero che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e Ji Yong sapeva, sapeva che prima o dopo avrebbe dovuto affrontare quella realtà che ormai da troppo tempo evitava, nascondeva.
E quella realtà aveva un nome e un cognome.

 “JI YONG!”

L’urlo roco e rotto dal pianto di SeungRi, a poca distanza da lui, sembrò rompere le barriere del tempo.
Da quanto tempo si trovava disteso lì, a terra?
“Ji Yong, cosa diamine ti è preso? Volevi ammazzarti? Se fosse arrivata una macchina in velocità… cosa… parlami, piccolo bastardo!” SeungRi aveva preso il biondo per il colletto della maglia, e lo strattonava violentemente.
L’altro, gli occhi vacui ancora rivolti verso un punto indefinito sopra di lui, si rifiutava di guardarlo.
“Guardami, Ji Yong, cazzo! Sono io, mi riconosci? Diamine, parlami!”
Ji Yong finalmente si voltò verso di lui.

 SeungRi non aveva mai visto una tale espressione negli occhi del suo amico.

Tratteneva a stento le lacrime, ma era anche arrabbiato; eppure, c’era qualcos’altro nei suoi occhi, un guizzo d’orgoglio che gli ricorda un animale ferito, in attesa che i segugi del cacciatore lo vengano a prendere come trofeo.
Ma quelll’animale sapeva di aver lottato prima di morire.

 SeungrRi mollò un poco la presa; forse strattonarlo in quel modo non era stato la mossa giusta.

In risposta, Ji Yong gli assestò un violento pugno sul volto.
Un gesto improvviso, impulsivo, senza una ragione precisa.
Un rivolo di sangue uscì dal labbro inferiore di SeungRi che, paralizzata dall’assurdità di quel gesto, non reagiva.

 “S-Scusa SeungRi, non so cosa mi sia preso…”

“Sta’ zitto”
Le parole di SeungRi risuonavano come tamburi alle orecchie di Ji Yong.
“Sta’ zitto, non voglio più sentire le tue stronzate”

 Smettila SeungRi, ti prego.

“Anzi, ti dirò di più. Non farti più vedere finchè non risolvi questo tuo problema con il mondo intero. Non so cosa ti stia succedendo, e sai, non lo voglio neanche sapere. Ci stai trattando come degli estranei, delle pezze da piedi; e non abbiamo fatto nulla per meritarci questo trattamento. Quindi, se hai ancora intenzione di essere il leader del gruppo, comportati come tale”
SeungRi fissò il ragazzo biondo per qualche secondo, prima di voltarsi; non aveva più nulla da dirgli, ormai, e le prove erano già iniziate.
Salì in macchina, e premette il pedale dell’acceleratore in un modo così violento che i pneumatici lasciarono delle scure tracce sull’asfalto.
Ji Yong si scontò per lasciarlo passare.

 Una leggera pioggia si mescolava ora con le lacrime, lacrime dovute a quella realtà da cui Ji Yong aveva tentato inutilmente di scappare.

 

 

 

 

 

 

 -Spazio Autrice-

Allora…avevo in mente questa storia da tempo, ma solo oggi, leggendo un libro sulla guerra civile spagnola (?) mi è venuta l’ispirazione.
E’ la mia prima FF sui Big Bang, quindi abbiate pietà.
Per  i nomi, ho usato quelli originali per DaeSung e G-Dragon, mentre per Taeyang e SeungRi ho dovuto usare quelli più conosciuti, perché quello di Tae suonava malissimo, mentre quello di Seu si sarebbe confuso con l’originale di TOP, che apparirà nel prossimo capitolo e per cui userò l’originale
*Frase tratta dall'Otello, di William Shakespeare, primo e unico con questo nome.
 

Jo Gates, mia piccola patatinah. Ti avevo detto(trollandoti) che avrei scritto qualcosa sui BB. E ora, Boom Shakalaka BD. Spero ti sia piaciuto il primo capitolo, e se vorrai leggere i prossimi ne sarò colo che felice. Ti voglio bene.

   
 
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