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Autore: Jamie___    22/08/2012    3 recensioni
Jaina Prodmoure è una diciottenne isterica e scontrosa uscita da poco dalle superiori con l’intenzione di non andare all’università ma di fare qualcos’altro. Gerard Way, il suo migliore amico, ha una cotta per lei sin dall'elementari e la ragazza non l'ha mai capito tanto da farlo soffrire molto ed essere la sua signora del dolore.
Tutto sembrava andare a gonfie vele quando quel giorno tutto cambiò....
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The words that you whispered
For just us to know
You told me you loved me
So why did you go… away…

…Away

 

Quella notte sembrava intensa, la più lunga di sempre. Non aveva sonno, i suoi occhi erano rimasti tutto il tempo persi nel vuoto dell’oscurità con quelle lacrime che cadevano tranquillamente, senza disturbo. Smise di singhiozzare solamente verso le due di notte, dopo preferì stringere forte il suo cuscino e torturarsi per tutto il tempo il labbro inferiore. Voleva due spilli conficcati negli occhi, voleva sanguinare e dimenticare quello che aveva visto.
Dimenticare quegli occhi castani tendenti al verde che la guardavano pieni di vergona, disprezzo e rabbia. Perché quel suo sguardo, rimarrà difficile da dimenticare. Per quanto il tempo possa servire, rimarrà ancora impresso nella sua mente.
Lei pensava in quel modo.
Proprio in quel momento era sola. Lynz teneva due stanze da letto, dimenticate che avesse una grande casa? Strinse forte la coperta notando la crudele realtà che lui non fosse lì. Quante volte si era addormentata di mezzo lato e al suo risveglio trovava sempre un suo braccio intorno al petto, con un leggero respiro dietro il collo. Anche a lui piaceva trattarla come un peluche quando dormiva. Lei alle volte si stringeva, altre invece si girava lentamente e lo guardava dormire. Quanto era buffo con quelle strane espressioni, si tratteneva sempre dal ridere. Ed era ancora più bello. Ricordò di una volta che lo trovò con la bocca semi aperta e nel momento stesso in cui la chiuse con un bacio, lui avvertì quel contatto non lasciandosi sfuggire quel momento. Aprì gli occhi e sorrise.: “Amo questo risveglio e chi mi ha svegliato in questo modo…” disse lui accarezzandole il viso con un sorriso. Quel sorriso che dentro riusciva a scioglierla e che inseguito baciò. Baciare quelle soffici e carnose labbra e giocare con la sua lingua le mandavano in tilt il cervello, era di sicuro la miglior sensazione del mondo, sopra tutte quelle che aveva mai provato. Quelle che risultavano ancora più provocanti bucate da quel piercing. Divertente per lei da prendere a morsi ma un po’ doloroso per lui. Come si dice, per un amore mille pene!
Per lei il paradiso era quello: stare in quel letto abbracciata con lui, sentire la sua bella voce, inebriarsi col suo profumo, lenti e passionali baci che il più delle volte la lasciavano senza fiato, sorrisi, sguardi intensi e chiacchierate del più e del meno.
Quei ricordi furono come una coltellata al cuore. Dolorosa e sanguinante. Si toccò il petto e si girò dall’altro lato immaginandolo accanto. Allungò la mano cercando di toccare quella ciocca nera sugli occhi, quel viso dai tratti delicati ma niente. La mano toccò solamente il cuscino.
Lui non era accanto a lei, stava solo vivendo di ricordi, dolorosi ricordi. Ed ecco ancora altre lacrime che cadevano, bagnando quel cuscino bianco. Ormai l’aveva perso e non poteva fare a meno di piangere, anche solo per sfogarsi. Molta altra gente si sfogava in altri modi, lei piangeva. In questi casi si direbbe: “Dimenticalo! Ne troverai un altro!”.
No, impossibile. Lui non era come tutti gli altri, lui era diverso. A lui piaceva in quel modo, non aveva mai preteso niente, non aveva tentato di cambiarla. Gli piacevano i suoi insulti, il suo dolce sorriso, i suoi occhi azzurri tanto da fissarli di continuo e ripeterle molti complimenti, i suoi lisci capelli neri. Lui la amava e adesso tutto era finito. Sembrava quasi un film che al finale aveva lasciato gli spettatori sorpresi e amareggiati. Realizzò in quel momento quanto fosse orribile sentire la mancanza di una persona, proprio lei che non aveva mai avuto nessuno al suo fianco a parte Gerard. D’un tratto avvertì qualcosa, un ticchettio continuo verso la finestra. Jaina alzò lo sguardo e vide che quel ticchettio era diventato più forte, stava piovendo. Il fatto che si aggiunsero anche tuoni e lampi fece peggiorare tutto. Nel giro di pochi minuti si stava scatenando una temporale e la ragazza impaurita mise la sua testa sotto il cuscino cercando di pensare a una soluzione. Cazzo, il suo cellulare non ricordava dov’era quindi niente musica. Avrebbe venduto la sua anima al diavolo per averlo lì in quel momento, per stare tra le sue braccia ed essere tranquillizzata dai suoi baci e carezze. Voleva tanto possedere il potere della materializzazione, così da levarlo dalla sua mente e averlo lì davanti a lei. Aveva visto troppi film fantasy, lo dimostrava il fatto che da bambina voleva a tutti i costi il potere della telecinesi. Quel temporale non voleva finire e lei, sotto quel cuscino, si chiedeva se per caso stesse pensando a lei.
“Chissà se questo temporale gli ricorda me, e la mia paura soprattutto dei tuoni… chissà se starà pensando a me…”.

 

 

**



If we loved again I swear I'd love you right.
I'd go back in time and change it but I can't.

Mattino, finalmente.
Sentì qualcuno bussare per poi entrare. Si trattava di Lynz con una tazza di caffè bollente tra le mani, si sedette sul letto e posò la tazza sul comodino. La guardò e la vide con lo sguardo fissato al soffitto. Sul viso era sporca di nero, il mascara che il giorno prima aveva ripassato tante volte sulle ciglia. Quei suoi occhi azzurri invece risaltavano molto, contornati dal rosso fuoco presente su tutta la sclera. Erano ancora umidi, forse aveva smesso di piangere da qualche minuto. Le porse un fazzoletto che Jaina prese e strinse con una mano.
<< Adesso hai voglia di parlare? >>. Sapeva che era una domanda stupida, ma la sera precedente le disse che voleva stare da sola a piangere e sfogarsi. Lei capì perfettamente, anche lei aveva provato le sue stesse emozioni quando ruppe col suo ex.
<< Io… mi dispiace di averti sporcato il cuscino… >> si limitò solamente a dire quello. Aveva un gran mal di testa e molto sonno. I ricordi non facevano dormire per niente.
<< Tranquilla. Come ti senti adesso? >>.
<< Io… non lo so… >>.
<< In che senso, non lo sai? >>.
<< Io sono una stupida… cretina. Non mi sono mai accorta di niente e questo è… terribile… pazzesco… anche un po’ raccapricciante non credi? >> domandò alzandosi e sedendosi di mezzo lato, accanto a lei. << Sono stata una brava signora del dolore… >>.
<< Finalmente l’hai capito! Addio ottusità! >>.
<< Lui mi amava da… sempre. Nonostante il mio pessimo carattere lui mi aveva sempre amato, mi ha detto che non sopportava l’idea che Frank stesse con me, ma non solo lui anche un altro… perché lui mi amava veramente. Da come me lo disse sembrava che l’avesse tenuto dentro da molto tempo, dovette dichiararsi ubriaco e drogato che oscenità… >>.
<< Drogato?! >> Lynz sobbalzò, di sicuro questa non se l’aspettava. << Sei davvero sicura che lo fosse? >> continuò sconvolta.
<< Sì, lo conosco bene. Era una difficile situazione e lui si comporta sempre da cazzone in questi casi. Beveva e sicuramente aveva sniffato qualcosa… mi ha mentito per tutto questo tempo, mi fa solamente schifo… >>.
<< Con Frank è andato tutto a puttane, vero? >>.
<< Totalmente… >> mormorò poggiando la tazza sul comodino e affondando le sue dita tra i capelli. << … non vuol più vedermi. Si è sentito preso in giro, lo capisco… >>.
Proprio in quel momento il cellulare di Lynz squillò. Stranita la ragazza rispose e sentì un Mikey Way più sconvolto e agitato del normale. Le disse che era successo qualcosa di terribile e che loro ma soprattutto Jaina dovevano venire all’ospedale.
<< Chi era al telefono? >> domandò Jaina vedendo l’espressione spaventata dell’amica riattaccare. Lei sospirò, sapeva già la sua reazione se le avesse spiegato da situazione. << Allora?! >>.
<< Era Mikey. Gerard stanotte ha tentato due volte di uccidersi… la prima con un mix di droga e alcool, la seconda tagliandosi le vene con un rasoio. Adesso è in ospedale e mi ha chiesto di andarci… >>. L’espressione di Jaina fu tra la paura e il disgusto ma proprio in quel momento realizzò una cosa.
<< Ora capisco cosa voleva dire quel “non posso vivere senza di te….” >> mormorò con lo sguardo basso. Che brava signora del dolore che era. << Non voglio vederlo... >>.
<< Non puoi abbandonarlo! Queste persone si aiutano, non si mandavo a fanculo! >> sbottò lei. Jaina non era una persona cattiva, non lo era mai stato e in cuor suo sapeva che aveva ragione, ma dopo quello che aveva fatto non l’avrebbe perdonato facilmente.
<< Lynz io lo odio! Non vedi quanto sto soffrendo per colpa sua?! >>. Lei alzò gli occhi al cielo e sospiro, schiarendosi la gola.
<< Io conosco perfettamente quello che stai passando. Ti senti il cuore a pezzi e piangere è il tuo unico mezzo di sfogo… >> disse con lo sguardo basso. Era anche il suo mezzo di sfogo, una cosa in comune. << …però non si può essere tristi e depressi per sempre! La Terra gira ancora e il sole sorge ogni mattina. Jaina, quando ti ho conosciuta, ho subito pensato che eri una ragazzina sciocca e ammetto che provavo dell’invidia. Sì, perché tu sembrava avessi trovato la persona perfetta ed io no. A me piaceva, o piace adesso sono più confusa con questa situazione, un ragazzo totalmente preso da un’altra ragazza e… anch’io sporcavo quel cuscino di mascara… >>.
<< A te piace Gerard vero? >>. Lei la guardò negli occhi con sguardo sorpreso, non le sembrava di parlare con la vera Jaina. Adesso la persona che aveva davanti era così sveglia e perspicace. Tutto quel casino le aveva aperto gli occhi, e di molto. Si limitò solamente a sorridere imbarazzata e un po’ di colorito apparve sulle sue guance. << Mmmh… ho fatto soffrire anche te, è pazzesco… >> disse con una risatina nervosa.
<< Il punto centrale della situazione è questo. Tu devi essere una ragazza forte, non lasciare che la storia con Frank cambi totalmente il tuo futuro. Devi essere forte, saperti rialzare e continuare ad andare avanti! >> esclamò mettendole una mano sulla spalla, ma lei scosse la testa. Ecco di nuovo il suo pessimismo, un’altra rovina della sua vita. Essere pessimisti porta altri guai e lei lo sapeva bene. Quell’ostinata caratteristica però non l’aveva abbandonata perché l’ottimismo non faceva per lei. Non lo era mai stato figuriamoci in un momento simile.
<< Non sono mai stata forte… Gerard lo sapeva bene. Se fuori posso dare questa impressione dentro è diverso… è orribile… >>.
<< Il tuo è solamente stupido orgoglio, e ti dico che non porta nulla di buono. Se la situazione fosse capovolta, secondo me Gerard verrebbe da te… per vederti e per chiederti scusa… >>.
<< Devo chiedere scusa a molte persone e… Dio, è così umiliante… >>.
<< Chiedere scusa il più delle volte è segno di maturità. L’umiltà è qualcosa che nei giorni nostri nemmeno si conosce più perché tutti vogliono avere ragione. Tu potresti fare la differenza, sai? >>.
La differenza, già.
Lei è sempre stata la differenza. Qualcosa di diverso dagli altri, sempre disprezzata per questo motivo, ma ormai era abituata. La sua mente la portò a realizzare qualcosa di geniale, qualcosa che le sarebbe servito in futuro e anche che Lynz aveva ragione, ancora. Doveva rialzarsi e andare avanti, reagire e pensare al futuro. Un futuro totalmente diverso da quello che tutti si aspettavano.
<< Sì, anche questa volta hai ragione. Andiamo in quel dannato ospedale… >> disse alzandosi. << …e scusa Lynz… >>.
<< Sono contenta che hai capito, apprezzo le tue scuse. Sarà meglio che ti dai una sistemata e dopo usciamo! >> con un sorriso uscì dalla stanza e Jaina andò in bagno dove si specchiò. Era orribile, peggio di un mostro di un film horror. Lavò la sua faccia con tanta acqua e sapone e appena si asciugò, decise di mettere in atto il suo piano il giorno stesso. Si toccò i jeans e non trovò il suo cellulare. Cercò nella sua tracolla ma ancora niente. Entrò nel panico maledicendosi tanto e sperando che l’avesse Lynz, ma quando scese e chiese, lei contrò anche nella sua borsa però niente. Il suo cellulare era la cosa più preziosa che avesse, lo considerava una specie di lettore Mp3. Lo usava solamente per ascoltare musica e raramente per chiamate o messaggi. Uscirono si diressero alla macchina e nessuna delle due parlò, o meglio, non era necessario. Lynz sperava che veramente la sua amica avesse capito ma quest’ultima aveva in mente tutt’altro.
Arrivate lì posteggiarono e davanti l’ingresso trovarono Bob che si guardava intorno, sicuramente le stava aspettando. Quando si diressero verso di lui non disse nulla, si limitò a farle strada e giunte a quella porta, dove oltre si trovava Gerard, le guardò preoccupato. Guardò Jaina, preoccupato.
<< Sai, non è stato bello vederlo con un taglio sul polso. Spero lo farai ragionare e non tenta più di ammazzarsi! >> disse nervoso. Jaina spostò lo sguardo e notò che Mikey e Ray erano seduti per terra vicino la stanza. Nei loro volti poteva capire perfettamente che non avevano dormito, come lei. Guardò a destra e sinistra ma niente, Frank non c’era.
<< Se cerchi chi penso io, non lo vediamo da ieri sera. Finito il concerto non l’abbiamo trovato nel furgone, spero che pure lui non abbia commesso qualche cazzata… >> intervenne Mikey. Jaina era sicura che non l’avesse fatto, lui non era come Gerard. Sicuramente sarà stato in giro per tutta la notte a pensare, a farsi una camminata. Lei la pensava in quel modo.
<< Sarà meglio che vado per prima io… >> disse Jaina << …prima lo faccio, meglio sarà… >>. Afferrò la maniglia di quella porta e prima di aprirla sospirò diverse volte, alla decima aprì lentamente ed entrò.
Odiava scusarsi, ricordate? Però in quel momento le scuse facevano parte del suo piano, così dopo non avrebbe avuto rimorsi e aveva fatto il suo dovere. Alla vista di quel taglio sul polso le vennero i brividi. Era veramente caduto così in basso? Sì, perché l’amore non è sempre rose e fiori, l’amore è malefico, una versione della perversione che è solo per la gente fortunata. Su quel letto sembrava stesse a proprio agio, e chi non lo sarebbe in un ospedale?  Infermieri che ti cambiano le lenzuola, ti portano il cibo insomma, gente che si cura di te. La cosa più spiacevole per lui era sicuramente quell’ago conficcato nell’altro polso, dove trasportava qualcosa… forse un tranquillante o medicinali. Forse aveva fallito con quel mix di droga e alcool e si sentiva stordito, magari quel liquido che gli arrivava in vena lo stava aiutando. Lei non si intendeva di queste cose. Appena lui girò la testa e la guardò, sbiancò subito. Si sentiva così umiliato, si era comportato da stronzo con lei, non sapeva nemmeno cosa dire. Non si aspettava una simile visita visto che lei non voleva più vederlo. Regnò il silenzio per qualche minuto, lei con le braccia conserte poggiata al muro, lui sdraiato su quel letto guardando altrove. Non era per niente una bella situazione.
<< Ieri hai detto che per te ero morto, perché sei venuta? >> domandò lui rompendo quell’odioso silenzio.
<< Io mi contraddico sempre, lo sai bene… >>.
<< E’ vero… >> riprese lui sospirando. << …io… io… non mi sono comportato bene con te… mi sento uno schifo. Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto… non meritavi quel trattamento, mi dispiace di averti mentito, mi dispiace per Frank e… mi dispiace per tutto… >>. Lei poté capire che si stava trattenendo dal piangere, lo capì dal tono della sua voce. Vi confesso che in quello stato faceva un po’ pena.
<< No. Sono io a dirti scusa… io non ho mai capito… ti ho fatto solamente soffrire ma non temere, non lo farò più… >>.
Lui la guardò perplesso, non riuscendo questa volta a capirla. Dopo tutto quello che era successo, sembrava che la sua “empatia” fosse svanita. << Che vuoi dire? >>.
<< All’inizio mi hai detto che non volevi casini ed io ne ho combinati troppi. Non voglio fare altri danni, ne ho già fatti parecchi. Il disco, il gruppo e tutto il resto vanno alla grande e sono convinta che in futuro sarete ancora più famosi, ma per far sì che accada questo io devo farmi da parte. Devo andarmene… >>. La sua voce era ferma e la sua espressione seria, fin troppo seria. Riteneva giusta quella decisione, non voleva altri problemi.
<< Lascerai il tuo lavoro da manager?! >> domandò ancora incredulo, sconvolto.
<< Lascio la città, la questione è diversa… >>. Doveva andare via.
Scommetto che nessuno si sarebbe aspettato un’idea del genere. Era da tremendi egoisti, ammettiamolo. Dopo quello il casino di cui era la responsabile, decide di andarsene e lasciare tutto com’era. Gerard per primo rimase colpito da quella frase, che sembrava una decisione sofferta. In effetti, per Jaina pareva l’unica soluzione.
<< Lynz ha ragione. Non posso stare sempre triste e depressa, ho bisogno di dimenticarti… di dimenticare soprattutto Frank… di dimenticare i My Chemical Romance e… >> disse non distogliendo lo sguardo dal pavimento fatto di mattonelle bianche. Non riusciva a guardarlo negli occhi, se lo faceva ricordava la sua dichiarazione da mezzo drogato e ubriaco. Ma adesso stava per dire una frase che lei reputava importante, così raccolse tutte le sue forze e guardò fisso quegli occhi verdi << …non provare assolutamente a cercarmi… >>.
Per Gerard quello sguardo freddo fu peggio di quell’ago attaccato al suo polso. Quella frase veniva da un cuore deluso, un cuore che aveva sofferto molto, un cuore ridotto in mille pezzi… come un vetro rotto. Quegli occhi ormai non lo guardavano più come prima, pieni di entusiasmo e gioia, lo schifavano e lui lo capiva perfettamente. Quello sguardo per lui sembrava il suo colpo di grazia e ne sentiva le conseguenze: tristezza e rabbia.
<< …non voglio più vederti… Gerard io… ti odio… e non scherzavo sul fatto che per me sei morto o puoi andare all’inferno, lo pensavo sul serio e lo penso tuttora. Se veramente mi amavi, non dovevi metterti in mezzo facendomi lasciare con l’unico ragazzo che ho veramente amato in tutta la mia vita, che mi ricambiava. Sarà dura dimenticarlo ma devo provarci… >>. In quei minuti l’aveva spiazzato più volte, non riuscendo a formulare una frase ma se ci riusciva sicuramente non sarebbe cambiato niente. Stava in silenzio, capendo che meritava tutto quell’odio nei suoi confronti. << …spero tanto che il gruppo andrà avanti, mi piace la tua musica… lo sai bene… >> disse voltandosi e uscendo da quella stanza.
Quello era un addio e non uno di quelli che si vede nei film. Un addio dolce per quel complimento sulla musica, ma con un retrogusto amaro sul fatto che lo odiasse. Tutti la guardarono curiosi, volevano sapere cosa gli aveva detto.
<< Ragazzi, vi auguro tutta la fortuna di questo mondo perché a differenza di quell’idiota là dentro siete brave persone… >> disse fingendo un sorriso. Mikey si sentì malissimo, come se avesse un nodo alla gola. Il primo responsabile di tutto quel casino era in parte anche lui, ma non lo disse a Jaina. Non era un tipo coraggioso, preferiva tenersi tutto dentro e soffrire come suo fratello. Fuori erano diversi ma dentro molto simili.
<< Con questo cosa stai cercando di dire? >> domandò Lynz.
Jaina la abbracciò forte. Non voleva che quello fosse un abbraccio da addio, non dalla persona che l’aveva aiutata tantissimo e che l’aveva sempre sostenuta e mai abbandonata. Sapeva perfettamente che Lynz le sarebbe mancata moltissimo, tutti le sarebbero mancati in quel corridoio. Dopo si staccò.
<< Me ne vado. Ho bisogno di cambiare aria, città soprattutto… >>.
<< Cosa?! >> dissero tutti in coro. << Sei la nostra manager, non puoi farlo! >> aggiunse Ray.
<< Tranquilli. Conosco una persona che sicuramente mi sostituirà e che sarà più brava di me. Fidatemi di me, è la persona giusta… >>.
Jaina era sicura che lei avrebbe fatto una statua d’oro in suo onore, perché lei amava quella band ed esserne la manager era qualcosa di pazzesco. Salutò tutti a malincuore e arrivata a Mikey, per ultimo, lo abbracciò forte. Si era sempre comportata in modo orrendo soprattutto con lui, l’aveva sempre trattato male rifiutando sempre i suoi sentimenti e adesso era così dispiaciuta, piena di rancore.
<< Mikey mi dispiace… sei la terza persona cui oggi do le mie scuse, non so se le accetterai visto il mio comportamento passato nei tuoi confronti… sono stata solamente una stupida ottusa bimbetta acida e senza cuore nei tuoi confronti. Sicuramente tutte quelle volte che ti ho rifiutato ti sentivi esattamente come me… mi dispiace davvero… >> gli sussurrò all’orecchio. Lui non rispose, ancora una volta non aveva il coraggio. Gli stampò un bacio sulla guancia per poi sorridergli. Dopo guardò tutti per un’istante, si girò e iniziò a camminare quando venne fermata da una domanda.
<< Dove andrai? >> continuò Bob.
<< Non lo so. Deciderò all’aeroporto… non siete tenuti a saperlo… >>.
Da dietro d’un tratto si sentì abbracciare da qualcuno, era Lynz. << Sappi che mi mancherai tantissimo! Jaina, io sono la tua migliore amica, dimmi dove andrai non lo dirò a nessuno, promesso! >> insistette come una bambina di quattro anni.
<< Mi dispiace ma nessuno deve sapere dove vado. >>. Si voltò e vide che l’amica stava piangendo. Prese un fazzoletto e lo porse, come tutte quelle volte che lei fece quando la vedeva piangere. I ruoli si erano scambiati. << Non uscirò dall’America. Non sono molto brava con le lingue straniere… >>.
<< Promettimi che avrai cura di te! >> disse prendendo quel fazzoletto e asciugandosi gli occhi.
<< Te lo prometto… >> sorrise e si allontanò. Camminando arrivò all’uscita quando i suoi occhi videro una persona. Lui.
L’ultima persona cui doveva le sue scuse.
Lui appena la vide si bloccò mettendo subito una mano in tasca ed estraendo qualcosa, il suo cellulare. Perché lo aveva lui? Adesso Jaina ricordava. La sera passata lui aveva il telefono scarico e lei gli prestò il suo per fare una telefonata. Lo avrà dimenticato e lo tenne lui.
<< Lo cercavo disperatamente, grazie! >> disse con un sorriso prendendolo. Era felice di vederlo, a lei bastava anche quello per essere felice. Lui invece dall’espressione e i modi di fare sembrava freddo, distaccato. << Sei venuto per Gerard? >>.
<< Mi hanno avvertito… >> mormorò annuendo.
“Nemmeno mi guarda in faccia… fa male…” penso mordendosi un labbro. << Frank, io me ne vado… in un’altra città… e volevo chiederti scusa, scusa per tutto… >>. Anche lui non si aspettava una simile decisione, ne rimase sorpreso. La notte passata nemmeno era tornato a casa. Aveva bevuto qualcosa in un bar e poi aveva fatto quattro passi in una città che di notte sembrava disabitata. Odiava le bugie, odiava quando gli mentivano. Lei non lo sapeva ma quella stessa sera l’aveva odiata, come aveva odiato Gerard. Sì, odiava entrambi. Il motivo di quella visita era solo per parlare con gli altri e decidere cosa fare, a loro avrebbe detto la sua decisione riguardo il gruppo.
<< E quindi? >>. Sembrava proprio che non aveva accettato le sue scuse. Lei poteva leggerglielo in faccia.
“Che razza di domanda è?! Davvero sei bravo a far soffrire la gente, idiota!”.
<< Niente, siccome lo sanno tutti dovevi saperlo anche tu… >>.
<< Ah… però questa cosa me l’hai detta. Non l’hai tenuta per te solo per non litigare… >> disse con tono antipatico. Quel tono che Jaina non aveva mai sopportato di lui e che adesso le stava rinfacciando un suo errore. Odiava quando una persona le rinfacciava qualcosa, era umiliante, faceva male e non era bello.
<< Sappi che non voglio più rivedere Gerard, lo odio. E sappi che tu mi mancherai di più di tutti… >> rispose sentendo una lacrima rigare la sua guancia sinistra. Abbassò lo sguardo e andò via. Che egoista a non capire che anche lui in futuro avrebbe sofferto molto. Lui d’impulso si passò una mano tra i capelli, una mano coperta da un guanto a scheletro.
Lei intanto con diversi autobus riuscì ad andare a casa di Frank e fare la valigia. Guardò più volte camera sua, quella camera piena di ricordi stupendi come quella volta che lui la beccò in intimo e diventò più rosso di un peperone, quella volta che le portò un’orribile colazione a letto. Frank non sapeva cucinare bene ma la ragazza apprezzò il pensiero. Quella volta che si svegliò spaventata perché lui aveva indossavo una maschera spaventosa, una di uno zombie. E poi… baci, sguardi intensi, carezze, complimenti e paroline dolci sono sottointese giusto? Così come il suo profumo che la inebriava parecchio non riuscendo a staccarsi da lui. Quest’ultimo lo sentì in ospedale, quando sfiorò la sua spalla e avvertendo la scia. Anche quello le mancherà tanto. Svuotò completamente la sua parte di armadio e alla fine vide una busta. Lì c’erano dei soldi, quelli che aveva sempre tenuto in queste occasioni di emergenza. Alcuni erano addirittura del suo vecchio lavoro di cameriera, altri li aveva guadagnati facendo la manager. Erano tanti, le bastavano per un biglietto aereo. Prese qualche bigliettone e il resto lo mise dentro la valigia. 
Chiuse tutto per bene, scese le scale e uscì sentendosi tremendamente vuota. Gran parte dei suoi bei ricordi sono in quella casa e ci saranno per sempre. Sospirò e andò alla fermata dell’autobus, doveva recarsi in centro e prendere un taxi che l’avrebbe portata all’aeroporto. Prese il suo cellulare, ricordandosi di avvertire una persona di tutto questo. Compose un lungo messaggio e inviò, attendendo una risposta. Nello stesso tempo, si toccò il petto e notò che indossava ancora la collana di Gerard. La levò e la guardò per un attimo.
“Scusa Gee ma non credo di tenerla per sempre al mio collo…” pensò buttandola per strada e in quel momento una macchina la disintegrò. D’un tratto il telefono squillò, qualcuno la stava chiamando. Rispose premendo il tasto verde.
<< Che cazzo significa quello che mi hai scritto? Pensi di risolvere tutto mandandomi un comune messaggio e… cazzo, non ci credo… sarebbe il miglior lavoro di sempre, tutto quello che ho sognato... Dio, potrò stare sempre con loro! Seriamente parti e lasci il tuo lavoro a me? >> disse una parlantina veloce, ancora tutta allegra ed eccitata.
<< Sì. Michelle, sono successe tantissime cose che adesso non mi va di parlarne. Se vuoi potrai chiedere a Lynz, lei sa tutto. Tu ami quella band e sicuramente svolgerai meglio il mio lavoro, io me ne vado… >>.
<< L’ho letto nel messaggio, dove andrai? >>. Il suo tono sembrava preoccupato.
<< Sicuramente non a casa dei miei. Ho aspettato tanto per andarmene, non ritornerò lì… non lo so, decido all’aeroporto. Anche tu mi mancherai tantissimo… >>.
<< Tu di più, scommetto che se lo dico al coreografo tenta di uccidersi! >> disse divertita, ma a lei quella frase non fece ridere giacché ricordava troppo Gerard. Sospirò.
<< Adesso vado, sta venendo l’autobus. Ci sentiamo presto… >> chiuse e fermò il mezzo. Salì e si sedette agli ultimi posti. Decise di ascoltare un po’ di musica quando si rese conto che una canzone era ferma a metà. Sicuramente Frank aveva ascoltato qualche canzone dal suo telefono e arrivato in ospedale, avrà stoppato. Una stretta al cuore troppo forte e una lacrima le cadde appena avviò quella canzone.

“…The regrets are useless,
She's in my head,
From so long ago
And in the darkest night,
If my memory serves me right,
I'll never turn back time
Forgetting you, but not the time…”

PS: Ed eccoci qui! Io ho molte idee per questa ff e avevo intenzione di creare altre due "serie". Sì, come se fosse un telefilm. Questa è la fine della prima, che si è conclusa un po' amaramente, ma ho già pronto il seguito quindi... se vi è piaciuta sarò contenta se leggerete anche il seguito :) xoxoxo. Jamie.
  
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