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Autore: cescapadfoot    23/08/2012    10 recensioni
Pochi giorni dopo la litigata con Remus Lupin, Harry trova nella vecchia stanza di Sirius un album fotografico. E per la prima volta scopre qualcosa in più sul suo passato...
[dalla FF]
"E poi c’erano ancora altre foto di lui con i Malandrini e le altre ragazze, ma ciò che gli interessava di più erano le foto con i suoi genitori: erano la prova che loro erano esistiti davvero, che gli avevano voluto bene, sussurrato parole d’amore, magari rimproverato, consolato, coccolato…era la prova che avevano vissuto una vita felice insieme."
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Harry Potter, I Malandrini | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'We will live to fight another day [James Potter/Lily Evans]'
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MEMORIE DI VITE ENERGICHE ORMAI SPENTE


Harry salì su per quelle scale strette e cigolanti, sospirando pesantemente.
Non riusciva proprio a sopportare di stare ancora un altro giorno in quella baracca che aveva ereditato; perché il numero dodici di Grimmauld Place a Londra poteva essere stata un tempo una casa nobile e lussuosa, ma ora era diventata una baracca e già il fatto che ogni particolare testimoniasse avversità contro ciò che non era nella tradizione Purosangue l’aveva resa ancora più lugubre prima ancora di diventare decadente e vecchia.
Poteva immaginare suo padre rinchiuso nella loro casetta di Godrick’s Hollow quando erano sotto l’Incanto Fidelius, ora; non faceva fatica a figurarselo fare avanti e indietro per le stanze della casa come un automa, la preoccupazione che non abbandonava i suoi occhi, l’energia del suo corpo costretta a un controllo forzato.
Poteva capire Sirius, costretto all’apatia e all’inattività quando era stato costretto a nascondersi lì dentro; se lo ricordava ancora, purtroppo, corruciato e infastidito per essere stato messo da parte come un giocattolo rotto a causa della taglia che pendeva ancora sulla sua testa.
Nonostante fosse insieme a Ron e a Hermione e che con loro stesse programmando l’assalto al Ministero per prendere quel maledetto medaglione alla Umbridge, Harry si sentiva in gabbia; odiava essere rinchiuso lì, a ripensare alle parole taglienti che aveva detto a Remus pochi giorni prima, ma sapeva anche che non le avrebbe mai ritratte: nessun bambino doveva essere separato dai propri genitori, mai!
Aprì la porta della camera di Sirius e si distese mollemente sul letto, la testa a penzoloni sul pavimento e lo sguardo al soffitto pieno di ragnatele mentre una o due candele rischiaravano la stanza, domandando che ci fosse un segno, un qualcosa che gli dicesse che doveva restare lì; quanto avrebbe voluto, invece, mettere il naso fuori da quella casa e combattere gli scagnozzi che Voldemort aveva inviato lì per controllare se c’era effettivamente qualcuno, agire, fare qualcosa! Ma sapeva che purtroppo, in quel momento, era impossibile. Sospirando pesantemente un’altra volta, allungò le braccia facendo sfiorare alle dita il pavimento, spedendole sotto le coperte tarmate che toccavano terra; e fu allora che avvertì qualcosa. Corrucciando lo sguardo, il ragazzo si alzò in piedi, fece il giro del letto e, una volta accucciatosi, mise le mani sotto il letto, tirando fuori due album cartonati, uno grosso e l’altro un po’ più sottile.
Pieno di curiosità, Harry aprì quello sottile e subito fu costretto a ingoiare un nodo che stava per avvolgergli la gola: erano tutti lì, i suoi genitori e i Malandrini, insieme a delle ragazze che non riusciva a riconoscere.
Lily era seduta su un comodo e largo letto matrimoniale, esausta ma felice e con il volto leggermente madido di sudore, guardando insieme a James un piccolo fagottino fra le loro braccia; alla loro sinistra c’era Sirius che guardava il fagottino tra le braccia dei Potter con curiosità e orgoglio, affiancato da una ragazza piuttosto bassa ed esile con capelli castano chiaro dai riflessi debolmente rossastri e degli stupefacenti occhi blu, arrossati probabilmente per la commozione. Vicino a lei stava una ragazza un po’ più alta con i capelli lisci di un castano un po’ più scuro e vivaci occhi castani, un sorriso divertito in volto. Alla destra di Lily e James c’erano Remus, il volto meno segnato di come era adesso, un sorriso gioioso ad animargli il volto emaciato e una risata che animava le sue labbra; aggrappata delicatamente al suo braccio c’era una ragazza con i capelli un po’ ricci biondo cenere, l’aria stravolta che poteva fare concorrenza a quella di Lily ma ugualmente felice. E accanto a lei, il basso e grassoccio Peter Minus, il volto tondo animato da una forte curiosità.
Harry si concentrò sulle espressioni dei suoi genitori: si scambiavano un’occhiatina complice e felice e poi si focalizzavano su quel fagottino con un sorriso largo a increspare i loro volti; sotto la foto una calligrafia larga e sicura aveva vergato: “31 luglio 1980, Harry James Potter, 01.20 a.m.”.
Harry fissò quella grafia, sentendo la stessa eruzione di felicità che aveva sentito nel leggere quella lettera di sua madre: quella r, lui la faceva uguale. Fissò le tre r del suo nome completo e gli parve, sfiorando con la punta dell’indice quella frase con delicatezza, di sentire il calore della pelle di suo padre mentre la scriveva.
Harry voltò la pagina e vide una foto di lui avvolto in una tutina a body azzurro chiaro accanto a un bimbo biondo un po’ più cicciotto di lui, infilato dentro una sgargiante tutina arancione; per un folle istante pensò fosse una foto con suo cugino Dudley, salvo poi ricordarsi che zia Petunia aveva sempre detestato l’arancione e che mai e poi mai avrebbe permesso che il suo Didino Piccino entrasse in contatto con “quella gentaglia”. Si focalizzò sullo sguardo e riconobbe quello sguardo bonario e gentile: Neville. La foto in basso raffigurava tutti i Malandrini e Lily con le altre tre ragazze della foto precedente più i Paciock; si notava che erano i genitori di Neville, soprattutto Alice: gli assomigliava molto, aveva lo stesso sorriso cordiale e gentile.
Ritornando sulla foto di lui e Neville Harry notò alcune scritte di colori diversi.

I meglio della brigata!!!
Ho paura per quando Harry e Neville vorranno fare lotta libera per giocare.
(Frank Paciock)
No, conosco il mio campione, è troppo furbo per farsi mettere sotto!
James, è nato stanotte, come fai a dire subito che non si farà mettere sotto?
Andiamo Lils, sono suo padre, è palese!
È vero!
Ripeto: a voi due la gravidanza ha fatto male!!!
A me e Lily?
No, a te e a quel diabetico con il quale convivo.
Si, Meadowes, ti adoro anche io.


Meadowes…
Quel cognome fu come un campanello per Harry, che si ritrovò a frugare nella sua memoria; si ricordava della sera prima di partire per Hogwarts per il suo quinto - terribile!- anno che Malocchio aveva portato la foto dell’Ordine originario e gliel’aveva indicata, dicendogli che era stato Voldemort stesso a ucciderla. Si ricordava anche che la sera dopo quel Natale passato a Grimmauld Place Remus aveva portato altre foto di un Natale passato assieme a tutti i membri dell’Ordine e si ricordava di una foto dove Sirius faceva il solletico alla ragazza con gli occhi blu, a quella Dorcas. E si ricordava del tono malinconico che aveva assunto la voce di Sirius quando gliel’aveva indicata, capendo da lì che fra lui e quella Dorcas c’era stato qualcosa di profondo, lo stesso sentimento che c’era stato fra i suoi genitori.
Harry andò avanti, guardando se stesso in una culla spaziosa e intento a guardare l’obiettivo con uno sguardo curioso per avere già poche manciate di vita; il suo sguardo indugiò a lungo sulla sua fronte sgombra da cicatrici e coperta solo da un ciuffo scomposto di capelli scuri e arruffati.
Nella foto seguente vide se stesso addormentato accanto a un James nel mondo dei sogni; il suo sguardo corse al braccio del padre che cingeva con delicatezza il figlio a sé, la testolina del bimbo affondata nel petto paterno, entrambi i corpi che si alzavano e si abbassavano a ritmo dei loro respiri regolari. Sotto notò la calligrafia della madre che aveva vergato: “I miei ometti fanno la nanna…”.
Harry andò avanti a sfogliare l’album, preso da una sorta di curiosità per una vita che sapeva aver vissuto ma della quale non conservava alcun ricordo: da lì scoprì che subito dopo la sua nascita aveva passato le vacanze con mamma e papà in Irlanda, lo dedusse dalle foto dove stringeva tra le dita grassocce un quadrifoglio, dai paesaggi magnifici pieni di verde brillante o dalle scogliere a picco sull’Oceano Atlantico.
Andando avanti notò un’altra foto: lui in braccio a James insieme ai Malandrini e a Frank con in braccio Neville; sotto Remus - se ne ricordava la grafia grazie alle correzioni dei suoi compiti di Difesa contro le Arti Oscure al terzo anno - aveva scritto: “La seconda volta che Sirius indossa una cravatta fuori da Hogwarts”. E Sirius aveva scritto in risposta: “E non accadrà più un’altra volta, sia chiaro!!!”.
E ce n’era un’altra, di sua madre insieme alle amiche e lui: Lily che abbracciava con dolcezza Harry, che sgambettava cercando di toccare Neville accanto a lui, in braccio ad Alice; c’era Dorcas che sorrideva felice e le altre due ragazze, quella mora e quella bionda che ridevano allegramente.
In un’altra foto lui era in braccio a Sirius, che rideva mentre Dorcas teneva dietro le orecchie del bimbo un paio di occhiali da sole; in un’altra ancora era in braccio a Remus insieme alla ragazza bionda. Sotto Sirius aveva scritto: “Remmie, tu e la McKinnon quando scodellerete un erede?”. Harry spalancò gli occhi verdi, osservando come Remus guardava Marlene McKinnon: sorrideva felice e anche un po’ stupito, quasi non ci credesse che loro due stessero insieme; Marlene sorrideva felice, la testa appoggiata alla spalla di Remus e un dito che era prigioniero della manina di Harry. In quella seguente era in braccio alla ragazza mora insieme a Minus; fu stupito dello sguardo di quest’ultimo: gli occhi sbiaditi di lui rilucevano di gioia e felicità. “Non li aveva traditi ancora…” pensò Harry con una punta di amarezza mentre leggeva sotto una frase scritta da una chiara ed elegante grafia femminile: “Mary MacDonald e Peter Minus: il duo malefico ;)”
Mary MacDonald. Doveva essere un’amica dei suoi genitori, presumibilmente.
C’erano altre foto, poi, di lui avvolto in un grandissimo accappatoio blu, quel ciuffetto scomposto di capelli che, a causa dell’acqua, gli si era appiccicato in fronte mentre James rideva divertito e Lily gli mangiava le guance di baci.
E poi c’erano ancora lui e Neville seduti sul pavimento e circondati da sgargianti cuscini all’uncinetto mentre giocavano con dei pupazzi e con dei blocchi di plastica con disegnati sopra stelle e Boccini.
E ancora loro due con due maglioni grigio chiaro, quello di Neville con una zucca che faceva l’occhiolino, quello di Harry con un pipistrello che aveva grandi occhioni e faceva la linguaccia con un ghigno divertito e buffo; sotto la foto suo padre aveva scritto: “31 ottobre 1980”.
E poi c’erano ancora altre foto di lui con i Malandrini e le altre ragazze, ma ciò che gli interessava di più erano le foto con i suoi genitori: erano la prova che loro erano esistiti davvero, che gli avevano voluto bene, sussurrato parole d’amore, magari rimproverato, consolato, coccolato…era la prova che avevano vissuto una vita felice insieme.
Rimase fermo a guardare incantato una foto di lui addormentato fra le braccia di Lily, la manina serrata a pugno che stringeva una ciocca di capelli rosso scuro; Lily lo cullava, sorridendo all’obiettivo e passando una mano lungo la sua schiena piccola o fra i suoi capelli disordinati.
Le foto continuavano e ne vide un’altra di gruppo, ma gli sembrava strana, quasi incompleta; contò i presenti e vide che erano nove. Fece mentalmente il giro dei nomi quando puntò lo sguardo su ognuno di loro e vide che all’appello mancava Mary MacDonald; guardò i loro sguardi e notò una tristezza latente ma visibile nei loro occhi e allora capì: Mary MacDonald doveva essere stata uccisa, altrimenti perché quegli sguardi tristi? La conferma gli venne quando voltò la pagina e vide un foglio spiegazzato della Gazzetta del Profeta; Harry lo aprì e lesse le prime righe: “Ieri, quattro febbraio 1981, è stata assassinata Mary Anneliese MacDonald, la giornalista che ha scritto la verità sugli omicidi di Charles Strong e famiglia e di Dorea Gwendolen Black in Potter”.
Il ragazzo fissò con sconcerto quella pagina, ma non fin troppo sorpreso: se bastava che qualcuno scrivesse la verità di un processo ben fatto per morire…
Dorea Gwendolen Black in Potter…doveva essere la sua nonna paterna. Come era morta? Doveva essere morta in un modo così doloroso da destare scalpore se c’era stato un processo di grandi proporzioni.
Con un sospiro Harry proseguì con le foto, notando che i suoi genitori sembravano sorridere veramente quando erano con lui, quasi fosse la loro sola consolazione in mezzo a quel mondo così marcio; ma si notava anche un forte fondo di preoccupazione nei loro sguardi: che avessero già saputo della Profezia della Cooman? E come avevano reagito? Cos’avevano detto al riguardo? Ne avevano mai parlato tra di loro? Erano tutti interrogativi che Harry si poneva.
Arrivò a delle foto dove lui era al mare con la sua mamma e il suo papà; forse c’erano stati per una giornata, oppure per pochi giorni, non lo sapeva. Vedeva se stesso sguazzare felice in acqua, tenuto saldamente da James; vedeva i primi passi incerti che muoveva sulla riva, tenuto saldamente dalle mani di mamma e papà; lui seduto sulle spalle di Sirius, fotografato insieme a James. A colpire Harry fu l’espressione sul viso di Sirius: il sorriso sembrava posticcio, quasi una smorfia, e non si estendeva agli occhi tristi. A rispondere al suo perché fu un altro pezzo di un articolo del Profeta che trovò nella pagina dopo: “Ieri, ventisei aprile 1981, un’Auror del Ministero della Magia, Dorcas Valerie Meadowes, è stata assassinata dal Signore Oscuro in persoma dopo un’incursione di quest’ultimo e i Mangiamorte durante una ronda degli Auror a Diagon Alley”.
Harry tornò un attimo indietro alla foto di lui insieme a Sirius e Dorcas e diede uno sguardo alla ragazza: era molto esile e bassa, sembrava quasi fragile; cos’aveva fatto per scomodare Voldemort in persona e costringerlo ad ucciderla?
Il ragazzo andò avanti e vide un’altra foto insieme a una Marlene McKinnon dallo sguardo triste che il sorriso in volto faceva fatica a scacciare; Remus non c’era, c’erano solo lui e lei in quella foto. Che si fossero lasciati quando era stata scattata quella foto? Poteva essere probabile e si chiese quanti cuori infranti avesse lasciato Remus dietro di sé a causa della sua natura; come poteva la sua natura di lupo mannaro segnare così tanto la vita di una persona normale? Perché per lui Remus rimaneva una persona normale.
Andò avanti a sfogliare l’album e vide un altro ritaglio del Profeta che diceva: “Ieri, 25 luglio 1981, i Mangiamorte hanno compiuto una strage nel Wiltshire, dove si nascondeva la famiglia McKinnon. Nessuno dei membri è stato risparmiato, venendo uccisi brutalmente dai Mangiamorte - sono accusati e ricercati per l’omicidio Julian Travers e Caleb Mulciber e si pensa ci fosse anche il Signore Oscuro in persona. Il membro più giovane della famiglia, Marlene Margareth McKinnon, aveva ventun anni e in quanto tirocinante presso l’Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche si era mostrata testimone chiave nel processo per l’assassinio di Dorea Potter”.
Un’altra morte; doveva essere quella della quale parlava Lily nella lettera a Sirius che Harry aveva trovato pochi giorni prima. Si chiese qual era stata la reazione di Remus alla notizia della morte dei McKinnon; aveva pianto? Si era disperato? O si era chiuso in se stesso, senza aprirsi con suo padre o con Sirius? Era anche per questo che all’inizio non voleva mettersi insieme a Tonks? Perché sentiva ancora il peso della morte di Marlene sulle sue spalle? Magari si era anche colpevolizzato per non averla protetta al meglio?
Proseguì con le foto e vide se stesso da piccolo davanti a una torta enorme al cioccolato con glassa bianca e verde menta e una candelina a forma di uno; accanto a lui c’erano Lily e James che lo aiutavano a spegnere la candelina. Poi vide suo padre aiutarlo a scartare i regali, si vide sgambettare e battere le manine dalla felicità quando vide la famosa scopa giocattolo che Sirius gli aveva regalato e di nuovo un’altra foto di lui che la cavalcava, stavolta inseguendo un Boccino presumibilmente di gomma-piuma; nell’altra foto si vide sulle spalle di James, il Boccino nella sua manina e l’espressione di suo padre piena di orgoglio e felicità e sua madre che rideva spensierata. Forse era da tanto che Lily non rideva, secondo Harry; in fondo, in quel periodo aveva già perso tre amiche, magari tutto quello che le bastava semplicemente era una risata.
Arrivò ad un’altra foto: lui in braccio a James e circondato dagli altri tre Malandrini; dovevano essere riusciti a venire a trovarli un’ultima volta…prima della fine.
Guardò gli sguardi di ognuno di loro: James lo teneva in braccio, era felice, ma nei suoi occhi c’era un velo di preoccupazione; Remus aveva un dito imprigionato nella manina di Harry, lo sguardo però pieno di tristezza; Sirius sorrideva, ma era un sorriso meno brillante e il suo sguardo aveva una piccola punta di sospetto quando lanciava un qualche sporadico sguardo a Remus; nello sguardo di Peter c’era del terrore nascosto da un sorriso timido che sembrava più una smorfia. Che fosse consapevole che quella sarebbe stata l’ultima volta che li avrebbe visti vivi? Ma poi come avrebbe affrontato la sua coscienza, sapendo che si stava rendendo complice dell’omicidio di un suo amico e della sua famiglia? Perché Harry sapeva benissimo quanto, ora della fine, Codaliscia ci stesse male per ciò che aveva fatto.
L’ultima foto era invece una polaroid, ma comunque grazie a un qualche incantesimo le persone ritratte si muovevano; Harry era in braccio a Lily, che cercava invano di afferrare da sopra la spalla della madre gli occhiali di James, che gli scompigliava affettuosamente i capelli. Sotto la foto c’era scritto con la grafia di Lily: “31 ottobre 1981”.
La loro ultima foto insieme.
Harry rimase a guardare quella foto; loro tre erano insieme, felici, ignari di quello che sarebbe successo quella sera. Cercando di ignorare il nodo alla gola che si era fatto ancora più evidente, il ragazzo notò che c’erano due lettere, indirizzate a lui; curioso, aprì la prima.



29 ottobre 1981


Ciao, Harry!

Lo so che ti potrà sembrare strano leggere questa lettera, se mai la leggerai; forse, quando la leggerai, sarai grande. Al momento sei soltanto un buffissimo e divertentissimo bambino di un anno che se ne sta seduto sulla poltrona del cosiddetto ufficio a giocare con i tuoi peluches preferiti, a volte con il Boccino di gomma-piuma e a volte con il piccolo Bambi che io e la mamma ti abbiamo regalato a Natale. Ogni tanto mi chiami per mostrarmi quanto sei bravo a prendere il Boccino, per chiedere aiuto quando si allontana troppo o per mostrarmi mille volte quanto è bello il tuo cerbiatto, o semplicemente per regalarmi una risata.
E mamma e papà ne hanno bisogno, Harry. Abbiamo tanto bisogno di ridere, di ridere fino ad avere il mal di pancia e non riuscire più a respirare. Ma purtroppo ridere di questi tempi è difficile e io molte volte ti invidio: sei ancora un bambino, non sai ancora cosa vuol dire dover lottare per non soccombere, starsene rintanati controvoglia in casa per proteggere se stessi e aver paura; eh sì, Harry, il tuo papà ha paura in questo momento: paura di vedere la sua famiglia crollare miseramente come un castello costruito con le carte da gioco, paura di non vedere più il sorriso della tua mamma…e paura di perdere te. Ho detto che sono rintanato qui controvoglia: è vero, perché io vorrei combattere là fuori per te e la mamma, per evitare che gli uomini cattivi che vogliono ucciderci arrivino a voi due; ma se sono rintanato qui è perché comunque voglio proteggervi da ogni male che sta rovinando il mondo qua fuori, per proteggere te che sei sempre il centro dei miei pensieri e per proteggere la mamma, la sola donna che continua a mantenere vivo il mio cuore.
Sai, di solito non sono così stucchevole - almeno credo. La mamma, ovviamente, dice che da quando sto con lei sono diventato un diabetico e che attento apposta alla sua acidità; detto tra noi, però, la mamma già da quando stava con me era diventata un pochino diabetica, e non puoi immaginare quanto lo sia diventata ancora di più da quando ti abbiamo con noi. Ma quando parlo di te e della mamma divento così: perché voi due siete la cosa più importante per me, insieme allo zio Sir, allo zio Rem e allo zio Petey.
Con questa lettera voglio solo dirti una cosa: che io e tua madre saremo sempre accanto a te, che sei la nostra ragione di vita per la quale combattiamo; così, se io dovessi morire per voi due so che sarebbe una buona causa.
Ti voglio tanto bene, Harry, sappilo.


Papà Ramoso.




Harry sbattè un paio di volte le palpebre, sentendo un grande vuoto: anche se da giovane era stato uno sconsiderato, si era dimostrato un buon padre per lui, anche se non ne conservava ricordo se non per quelle foto appena trovate e per quella lettera appena letta. Deglutì, sospirò pesantemente e aprì la seconda lettera, riconoscendo immediatamente la scrittura della madre.


30 ottobre 1981


Caro Harry,
È la tua mamma che ti scrive. Scrivo a te, il mio piccolo ometto, la cosa che ci tiene in vita in questa prigionia autoimposta: tu sei ancora piccolino, non te ne rendi ancora conto perché sei soltanto felice di vedere mamma e papà insieme ogni giorno, pronti a giocare con te e a ridere dei tuoi buffi balbettii e delle tue buffe prestazioni su quella dannata scopa giocattolo che mi fa’ ammattire; in realtà è da quest’estate che siamo chiusi in questa casa sotto un potente incantesimo che dovrebbe nasconderci da una persona cattiva che vorrebbe farti del male. Siamo qui nascosti per proteggere te, il nostro tesoro più grande, il nostro orgoglio, la cosa che ha unito ancora di più me e il tuo papà.
Tu non hai idea di quanto tu sia importante per noi: è da molto tempo che papà è nervoso, e tu sei il solo che riesce a fargli passare il cattivo umore con le tue risatine e i tuoi versetti; è da molto tempo che io sono triste, eppure mi basta stringerti tra le mie braccia per stare meglio, per capire che la ragione di sorridere a questo schifo che ci circonda sei tu.
Mi avete resa una persona migliore, tu e il papà; perché il tuo papà è una persona forte, mi ha fatto capire l’importanza di sorridere davanti a ogni cosa, bella o brutta che sia, quanto ogni piccolo insignificante particolare possa risaltare sotto una determinata luce.
Perché è grazie al tuo papà se ho te, adesso; perché tu e lui siete ciò che mi sorregge in questa oscurità, perché senza di voi adesso cadrei nel vuoto. Tu e il tuo papà mi avete sostenuto quando zia Mary, zia Cassie e zia Lene sono volate in cielo; tu a modo tuo mi coccolavi per farmi capire che non volevi vedermi triste e il tuo papà mi è stato accanto e ha asciugato le mie lacrime. Si, perché anche la mamma piange, tesoro mio; anche la mamma ha paura. Spero tu conosca il più tardi possibile la paura, Harry, e soprattutto spero tu conosca il più tardi possibile il dolore e la sofferenza di perdere le persone alle quali vuoi più bene al mondo; quindi goditi più che puoi questo periodo di felicità e innocenza, piccolo mio, e spero continuerai farci ridere ancora con le tue buffe parole e i discorsi incoerenti.
Non posso prometterti che usciremo presto da questa situazione, Harry, né che riusciremo a camminare finalmente sotto il sole, ma posso prometterti la stessa cosa che ti promisi appena sei nato: non sarai mai solo, Harry; io e papà saremo sempre accanto a te. È una promessa.
Ti voglio bene, mio piccolo cerbiatto.


Mamma




Le lacrime stavolta non furono trattenute, ma scivolarono prima bollenti e poi gelide lungo le sue guance non ancora rasate; tirò su con il naso e si asciugò rudemente le lacrime con il dorso della mano, sentendo la tristezza acuirsi ancora di più. Ma da un altro lato sentì una sorta di bolla calda riempirgli felicemente il petto: era stato felice un tempo, e lo sarebbe stato anche in futuro; così come i suoi genitori avevano combattuto ed erano morti per lui, allo stesso modo lui avrebbe combattuto per loro e per la vita che avrebbero dovuto vivere.
Mise i due album sul comodino; il secondo l’avrebbe sfogliato domani. Si mise il pigiama e prima di infilarsi sotto le coperte si diresse verso la finestra della stanza che dava sulla piazza; notò che alcuni Mangiamorte erano ancora lì davanti a vegliare silenziosamente, ma il cielo era trapuntato di stelle. Harry alzò lo sguardo verso il cielo notturno e mormorò con voce roca e rotta:
- Vi voglio bene…
Poi si diresse di nuovo verso il letto, si mise sotto le coperte tarmate e spense le due candele che illuminavano flebilmente la stanza.















NOTE: ok, "piccolo" sclero mentale delle dieci e passa di sera, ma era da un po' che mi frullava per la testa.
come spero abbiate capito, è ambientata pochi giorni dopo la litigata con Remus a Grimmauld Place nel settimo libro e ben prima che il Trio Miracoli (in senso affettivo, eh???) decida di andare a rubare il medaglione alla vecchia rospaccia in rosa. ovviamente Harry non sa ancora cos'è successo a Mary (lo scoprirà guardando i ricordi di Piton nel Pensatoio) così come è comprensibile degli sguardi un po' sospettosi di Sirius verso Remus: d'altronde, nel terzo si capisce che il povero Remmie era sospettato di essere una spia solo perchè era un lupo mannaro; secondo me Sirius non ne era pienamente convinto, ma vista la tensione degli ultimi eventi era probabile che potesse aver avuto un qualche sospetto...
come mai l'idea dell'album? beh, tutti i genitori fanno un album sul figlio appena nato; tranne i miei, che però con mia sorella l'hanno fatto. insomma, è per compensare quella che io definisco una piccola ingiustizia (perchè mia sorella sì e io no???????)
bene, dopo queste noiose note vi lascio, con al promessa che appena posso pubblicherò un'altra FF sull'altro album :)
aspetto le vostre recensioni, ciao :)
  
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